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UCRAINA: ABBIAMO LA PRIMA VITTIMA

NATURALMENTE SI TRATTA DELLA VERITA’

Russi e Americani si sono già accordati per accanirsi sul cadavere martoriato della verità. La follia neocon che cospira per avere una nuova guerra, ha un nome e cognome.

Victoria Nuland, – diplomatica, già consigliere di politica estera del vicepresidente Dick Cheney – oggi diventata sottosegretario del governo di Joe Biden, viene ricordata sopratutto per la famosa frase “fuck the EU” intercettata quando l’ambasciatore USA a Kiev le chiese se avesse interpellato gli europei prima di scatenare la rivolta di piazza contro il governo legittimo.

Questa signora, all’epoca già obesa e in menopausa, ammise candidamente di aver speso cinque miliardi di dollari per fomentare la rivolta ucraina che defenestrò violentemente il legittimo – e tremebondo- presidente Viktor Yanukovich é probabilmente la forza trainante di questa crisi iniziata otto anni fa sotto la sua supervisione come rappresentante USA all’ONU e ripresa con vigore dal momento del suo ritorno al governo dopo una parentesi come borsista ALBRIGHT a causa delle le dimissioni dal Dipartimento di stato con cui precedette il licenziamento da parte del presidente Donald Trump.

Si tratta di una delle Erinni neocon sostenute dalle lobbies dell’industria bellica USA.

L’Ucraina é solo un pretesto e gli USA hanno molto da guadagnare da questa crisi mentre quasi tutto il mondo pagherebbe un prezzo.

Intanto, rinfocolare la rivalità russo-germanica sull’Ucraina é un buon pretesto di per sé. L’unico pericolo per l’egemonia USA nel mondo é una intesa tra i due paesi del tipo di quella vaticinata fin dal XIX secolo da Bismark. Le risorse russe e la tecnologia tedesca metterebbero in crisi geopolitica gli Stati Uniti.

L’Ovest tedesco industrializzato aveva tradizionale equilibrio nella Prussia agricola; nel dopoguerra, mutilata dell’est ” democratico e popolare” l’equilibrio lo ottenne con l’intesa con la potenza agricola della Francia. Una volta riunificata, la Germania si accorse che l’est agricolo era stato industrializzato a tappe forzate e giocoforza lo sguardo si allungò verso il “granaio d’Europa” come i nostri padri chiamavano l’Ucraina.

Offrire una influenza decisiva alla Germania (nessuno vuole gli ucraini nella NATO) sull’Ucraina sarebbe una bella dote di fidanzamento duraturo.

L’Ucraina, d’altro canto, vive di rimesse degli emigranti in occidente ( aerei- cargo, basi per lanci satellitari, mercenari e badanti.) , di esportazione dell’ olio di soia in Russia, nonché di royalties delle pipeline del petrolio russo in viaggio verso l’Europa occidentale. Dei 41 milioni di abitanti, 17 sono russi e la religione prevalente é quella ortodossa.

L’entrata in una alleanza occidentale con i protestanti tedeschi , consumatori di burro e margarine, disinteressati alla siderurgia obsoleta delle province orientali, sarebbe contro natura a meno di non godere di un trattamento di rendita privilegiata, ma con una agricoltura ( oggi esportatrice a costi con valuta debole) che entrerebbe in competizione con la francese e la nostra.

Tenere occupato e sotto pressione Vladimir Putin, lo distoglie dal Vicino e dal medio Oriente dove la sua posizione é divenuta troppo forte e va ridimensionata.Valga per tutte l’atteggiamento di Israele che si é ben guardato dal prendere posizione, nella crisi ucraina, a favore degli Stati Uniti benché venga rappresentato come l’alleato più fedele e collaborativo…

Forti vantaggi per gli USA anche nella commercializzazione dl petrolio e gas di scisti che dati gli alti prezzi possono essere venduti all’Europa solo in caso di limitazioni importanti delle esportazioni dall’ESt che si verificano sia in caso di sanzioni antirughe che di guerra sul territorio ucraino.

Ultimo vantaggio: buttano Putin in braccio ai cinesi che diventano il suo cliente unico se si chiudono i rubinetti a Ovest.

Ognun vede come , a ciascun vantaggio USA, corrisponde uno svantaggio di uno o più paesi europei. Di qui, un affannarsi disgiunto di Macron, Scholtz, Draghi verso Mosca che già in sé rappresentano il fallimento del progetto di politica unitaria europea e anche questo può essere visto a Washington come un fringe benefit.

Per avere ragione di tanto attivismo, la strategia migliore che i russi possono adottare é quella del ” wait and sei” di britannica memoria: la sola presenza di un’armata corazzata che manovra in prossimità della frontiera ha aiutato il presidente ucraino a non farsi soverchie illusioni: commerci si, alleanze no.

Per capire meglio la straordinaria preparazione e l’analoga impreparazione della controparte americana, vale la pena fissare alcuni punti.

In questa vicenda tutti mentono e l’analogia più ficcante é da ritrovarsi in situazioni ben documentate dato il tempo trascorso: L’accordo di spartizione Sykes -Picot di cui tutti parlano, ma a vanvera.

E’ ormai appurato, che il trattato Sykes-Picot non é mai esistito veramente e la sua storia può aiutarci a capire il castello di bugie che nasconde la realtà di chi vuole smantellare un impero.

Già a metà ottocento, lo zar Alessandro aveva deciso di riprendere la marcia di Pietro il grande verso i mari caldi e cercò – trovandoli tra i francesi e gli inglesi- partner per la spartizione dell’impero ottomano che possedeva gli stretti che portano dal mar nero al Mediterraneo. Dopo qualche malinteso iniziale , la guerra di Crim

ea, l’accordo fu trovato e, mentre gli occidentali iniziarono a soffocare finanziariamente il Sultano di Costantinopoli, la Russia iniziò a fomentare i sudditi cristiani della sublime porta dal Balcani al Caucaso. Fu lo zar a lanciare lo slogan de ” il malato d’Europa” e stimolare le guerre di indipendenza balcaniche, con la sola eccezione di quella greca di cui l’Inghilterra si incaricò.

la mente dietro il piano fu, in ogni momento, il ministro degli esteri russo Sergei Sazonov ( vedi foto)

Il ministro degli esteri russo Sazonov fu la vera testa forte del progetto di smembramento dell’impero ottomano. La Russia si sarebbe impadronita degli stretti mentre gli anglofrancesi degli attuali Irak e Siria. Alla caduta dello Zar l’accordo fu considerato decaduto e l’occupazione dei territori suggerita a Italia e Grecia. La resistenza di Ataturk e Karabekir che frustrarono sul campo le mire greche ( e inglesi) vanificarono il sogno e la pace di lLosanna del 1923 diede riconoscimento alla Turchia moderna.Nel Caucaso, il successore di Sazonov, Cicerin non mantenne gli impegni con gli Armeni che furono eliminati e sostenne Mustafà Kemal ( poi Ataturk) in odio agli inglesi che avevano sbarcato truppe nella Russia per schiacciare i bolscevichi. La tradizione di Sazonov continuò con Molotov, Scepilov e ora con Sergej Lavrov

IL regime sovietico, insediatosi e trovato lo schema dell’accordo di spartizione, lo pubblicò sulla Pravda creando uno scandalo in Occidente, presto soffocato dalla narrativa Sykes-Picot per non dare a vedere che gli accordi datavano dall’aprile 1915. Per conoscere i dettagli abbiamo aspettato cento anni e per conoscere la verità sull’ucraina, vi do appuntamento al 2122.

Ma quel che é certo, é che anche a quel tempo si capirà che la teste pensanti vengono dall’est e non dalle avidi rettilinei di Washington che hanno dimenticato di essere diventati grandi con le politiche di immigrazione e con l’applicazione – specie in casa – dei principi democratici che oggi sono riservati all’export.

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AFGANISTAN: CHI HA COMINCIATO ?

A NATALE 1979 l’URSS HA INVASO L’AFGANISTAN. MA E’ STATA DAVVERO LEI IL PRIMO ATTACCANTE DELLA GUERRA DI 40 ANNI ?

La storia ufficiale dell’Afganistan odierno, dice che il 24 dicembre del 1979 l’Unione Sovietica ha invaso l’Afganistan, provocando nel 1980 l’intervento statunitense, dapprima obliquo e segreto ed infine diretto e solare nel 2001.

Se si approfondisce in cerca della verità, si scopre che la prima direttiva del presidente Carter per dare aiuti al regime comunista di Kabul porta la data del 3 luglio 1979, ossia sei mesi prima dell’occupazione militare russa.

E’ in questa data , infatti, che scrissi al presidente che il nostro aiuto avrebbe provocato un intervento sovietico. Non era certo, ma abbiamo scientemente aumentato le probabilità che avvenisse.”

Così si esprime Zbiniew Brzezinski, all’epoca Consigliere per la sicurezza del presidente James Carter ( 1977-1981) In una intervista al “ Nouvel Observateur” nel numero uscito nella settimana 15-21 gennaio 1998.

Ecco la parte più significativa dell’intervista: ” N.O. L’Unione Sovietica giustificò il suo intervento citando, non creduta, ” L’ingerenza segreta degli Stati Uniti”. Alla luce degli avvenimenti successivi, rimpiange quella scelta?”

Z.B. “ Rimpiangere cosa? Questa operazione segreta fu un’ottima idea. Ebbe l’effetto di attirare i sovietici nella trappola afgana e lei vuole che io mi penta?” ” Il giorno in cui i sovietici varcarono ufficialmente la frontiera afgana, ho scritto, grosso modo, al Presidente Carter ” adesso abbiamo l’opportunità di dare all’URSS il suo Vietnam”.

in effetti, Mosca ha dovuto subire- per circa dieci anni- una guerra insopportabile per il regime, un conflitto che ha comportato la demoralizzazione ed infine l’implosione dell’impero sovietico.”.

N.O. Non rimpiange nemmeno d’aver favorito l’integralismo islamico e d’aver dato armi e consigli ai futuri terroristi?

Z.B. Cosa é più importante per la storia del mondo? I Talebani, o la caduta dell’impero sovietico? Un pugno di fanatici islamisti o la liberazione dell’Europa centrale e la fine della guerra fredda?

Fermandoci a questo settore, é buona e cinica geopolitica. Allargando la visuale – ad esempio al Sudan– il 1997 é l’anno in cui i sudanesi informarono il governo USA che erano pronti ad arrestare Osama Ben Laden e consegnarlo loro anche ” brevi manu” , oppure a ucciderlo, a condizione che gli USA se ne prendessero il merito e la responsabilità( l’uccisione di un ospite é atto riprovevole e riprovato dall’etica araba). Quando gli USA risposero picche a entrambe le proposte, i sudanesi risposero proponendo di cacciarlo e spedirlo in Afganistan , paese dove non avrebbe potuto nuocere granché. Gli USA risposero che trovavano la proposta ” un’eccellente idea”.

E’ certamente possibile che l’aver deciso di concentrare armi e terroristi nello stesso paese e in contemporanea sia frutto di uno sciocco e tragico vuoto di coordinamento e che l’idea di attirare i sovietici in una trappola tipo Vietnam sia effettivamente balzata all’epoca alla mente degli strateghi della Casa Bianca.

Ma allora non é comprensibile né giustificabile il fatto che nel 2001 gli USA si siano gettati a capofitto nella trappola scavata da loro stessi e destinata ai russi.

Tutto diventa comprensibile invece se si immagina che la lobby del bilancio della Difesa abbia più voce in capitolo rispetto ai cittadini americani e che la spesa di un trilione di dollari in armi e logistica militare valga la pena di duemilacinquecento morti USA ed altrettanti di militari NATO. Senza contare i centocinquantamila afgani sacrificati al Moloch bifronte che ha il volto di Dick Cheney e Donald Rumfeld e il neurone solitario di George Bush il piccolo.

Gli altri, Obama, Trump, Biden, Clinton lei, pesci piccoli in balia della risacca.

QUALI CONSEGUENZE AVRA’ IL BIDONE “UKAUS” DI BIDEN ALL’EUROPA E A MACRON ?

L’ultimo “tradimento” della settimana a Macron l’ha fatto Yves Le Drian, il ministro degli Esteri, che , nel richiamare gli ambasciatori a Washington e a Canberra , ha precisato – a scanso di equivoci- di averlo fatto “ su richiesta del Presidente della Repubblica”. Richiamato all’ordine ha ecceduto drammatizzando forse più del necessario.

La Francia ha mal digerito l’essere stata esclusa – lei membro permanente del Consiglio di sicurezza e alleata degli USA fin dalla guerra di indipendenza americana- dall’area indopacifico dove ha possedimenti ( la Nuova Caledonia e la Polinesia) e truppe ( ottomila uomini) e un milione e seicentomila elettori.

Il gesto non é inconsueto – la Francia lo fece, ma per un paio di giorni, nel 2019 anche verso l’Italia di Luigi Di Maio che flirtava con i maillot jaunes– Ma è la prima volta che la reazione francese assume questa intensità multipla, anche se non é la prima crisi franco americana.

Charles De Gaulle mise in difficoltà gli USA chiedendo il rimborso in oro di due importanti partite di dollari che misero la parola fine al sistema di Bretton Woods, ma fu una guerra segreta.

Ecco un articolo inglese anni sessanta che parla di ” guerra segreta ” di De Gaulle con gli USA. Ora la guerra diventa pubblica e apre spazi all’Italia.

Il Ministro degli Esteri Michel Rocard criticò Russia e USA accoppiati per essere contemporaneamente i più grandi produttori di petrolio al mondo e pretendevano di essere anche i rappresentanti dei paesi che ne volevano l’abbassamento del prezzo.

Dominique de Villepin – ministro degli Esteri- nel 2003 in piena assemblea dell’ONU si dichiarò contrario alla guerra irachena di Bush jr e compari, scoprendo gli altarini della cricca di Dick Cheney.

Questa volta la crisi é più importante perché investe il Presidente della Repubblica, perché lo scontro non é rimasto nel chiuso delle cancellerie e perché la partecipazione alla “ congiura” ha coinvolto anche l’Inghilterra – da poco uscita dalla UE , il che dà un tocco antieuropeo alla mossa americana – poco dopo la solenne promessa di Joe Biden di non fare più come Donald Trump e consultarsi sempre con gli alleati europei, prima di fare scelte importanti.

Ma il Donald non avrebbe saputo far meglio: uno schiaffo politico, diplomatico e industriale ad un tempo a un alleato di sempre cui ha mandato un avviso di sfratto dal Pacifico…

Questa crisi giunge alla vigilia delle elezioni presidenziali francesi, in un momento di vuoto di potere in Germania, proprio in contemporanea alla proposta di creazione di una forza armata europea autonoma e alla fine di una settimana in cui il Presidente Mattarella ha giurato fedeltà alla NATO e all’Europa a due giorni di intervallo. La nostra intelligence non é tale se permette un contropiede di questa portata al Presidente della Repubblica.

Peggiore, se possibile, la situazione con l’Inghilterra. La Francia l’ha snobbata non richiamando l’ambasciatore come ha fatto coi protagonisti dell’Indopacifico dove gli inglesi non contan più, ma il gesto di Boris Johnson ha reso irrevocabile e geopolitica la secessione commerciale già consumata e questa scelta – se non sconfessata dal Parlamento britannico – potrebbe avere influenza su tradizionali ” amici” dell’Inghilterra, Italia inclusa, anche se sto pensando all’Ungheria e ai paesi del patto di Visegrad.

ORMAI LA RIFORMA DELLA N.A.T.O. LA VUOLE ANCHE PRODI.

L’ammiraglio Mike Mullen, supervisore dell’attacco alla Libia del 2011

Domenica 29 agosto, Romano Prodi su ” Il Messaggero” inaugura la ripresa politica con un articolo di fondo su “Ripensare la NATO. La Lezione afgana”.

Il tempo é scelto bene, non gli argomenti.

Vorrei cogliere il destro per riprendere questo tema dopo aver esaminato assieme gli argomenti che usa questo sperimentato navigatore uso a bandiere altrui.

Inizia annunziando che la NATO non é in discussione, bensì un suo serio” ripensamento, che – a ben vedere- si traduce in un cerchiobbottismo democristiano DOC.

In sostanza rimprovera gli USA di non aver tenuto informati gli alleati e cita la motivazione addotta dal segretario Generale ( in carica dal 1 ottobre 2014)Jens Stoltenberg,che gli alleati europei partecipano ” solo al 20% delle spese dell’alleanza, quindi sarebbe giusto non informarli. Dato che gli accordi di Doha coi talebani risalgono al 2018, entrambi ritengono che gli alleati non leggano i giornali.

Salta quindi alla conclusione che diventi necessaria ” una difesa europea” argomentando, non senza parvenza di ragione, a favore di una leadership francese, e chiedendo a Macron uno sforzo degno di De Gaulle di che ” ha dimostrato, nel caso dell’Algeria, che gli interessi di lungo periodo del proprio paese vengono garantiti da decisioni che, rompendo gli schemi del passato, preparano il futuro”.

Necessita, secondo Prodi, una intesa tra la UE e l’Unione Africana, che sole potrebbe garantire la difesa degli interessi francesi nel Mediterraneo e in Africa. Interessi francesi cui vorrebbe partecipare. Ignoro, Prodi non specifica, se a titolo personale o nazionale.

Conclude chiedendo un “accelerato rafforzamento dell’Eurocorpo affiancato dalla capacità operativa del Comitato Militare dell’Unione Europea, visibilmente accresciuta da quando al suo vertice siede il generale Claudio Graziano“.

Per chi non lo ricordasse, il generale Claudio Graziano ha avuto l’onore di una foto su fb in cui 3 o 4 anni fa, dava la mano a un manichino in uniforme a una mostra di elettronica militare….

Vediamo di dipanare la matassa tra un paio di considerazioni giuste ed altre da bottegaio ( su questioni di soldi) ed altre da democristiano in malafede o rincoglionito come il generale Graziano.

1COSTI: argomento specioso e oggettivamente non comparabile. La macchina economica USA – specie quella militare- é succuba di un lobbismo avido e corruttore che ha generato una cultura consumistica e di spreco insostenibile per qualsiasi altra organizzazione militare del pianeta.

Il grande vantaggio economico USA é che spera sia l’Europa ad essere il campo di battaglia del futuro, limitando al vecchio continente le devastazioni nucleari al campo tattico grazie a un accordo di fatto che limiti al campo di battaglia l’uso dell’arma nucleare risparmiandosi vicenda i territori metropolitani dei grandi avversari. Inoltre, per dimostrare un forte divario di costi, il Prodi, enuclea Canada, Turchia, Inghilterra e Norvegia dal conteggio e isola contabilmente l’UE dagli altri Partners non USA. Un ambiguo artifizio da tre lire.

2 IL NUCLEARE: anzitutto, non si può continuare nella litania della ” lotta al terrorismo” come nemico principale e poi dire che la leadership toccherebbe alla Francia in virtù del possesso dell’armamento nucleare, certamente insufficiente a garantire la Difesa dell’intero continente. L’impiego del nucleare nella lotta al terrorismo non é stato teorizzato nemmeno da Dick Cheney. Non trascurabile il fatto che un esercito europeo integrato significherebbe l’accesso della Germania all’armamento nucleare oppure a una replica dell’egemonia americana in salsa francese. La NATO dei poveri….

3) L’INTEGRAZIONE DELLA INDUSTRIA MILITARE: Costruire un esercito europeo senza prima integrare le rispettive industrie militari esporrebbel’Italia a un processo di cannibalizzazione che ridurrebbe a niente il ferro di lancia della nostra residua potenza industriale. La Francia ha incassato il prezzo richiesto per la propria industria cantieristica di Cherbourg dalla Fincantieri per poi rifiutare di cederne in controllo.

Leonardo, ha già cambiato il nome di FINMECCANICA, forse perché troppo italiano , mentre il nome Leonardo é accettabile, specie dai francesi e le nostre intese con l’industrie aeronautiche USA naufragherebbero a tutto vantaggio della Dassault e dei consorzio Airbus franco-tedesco.

Inoltre- e va detto anche in questa sede- l’Italia possiede autoblindo ( Centauro) ottime per attività da cavalleria esplorante e su terreni semi desertici ( terreno sabbioso ma compatto tipo SARIR, tanto é vero che ne abbiamo venduti alla Giordania), ma i nostri carri armati più moderni datano l’acquisto agli anni settanta…. Viaggereste, non dico combattereste, con un’auto che ha quarant’anni di rattoppi?

Senza prima una intesa globale europea sulla integrazione industriale e della politica degli armamenti, siamo destinati a uno scioglimento nel nulla come é già avvenuto per la vendita del gruppo SME, la liquidazione dell’IRI e dell’industria siderurgica, materie in cui il Prodi é più che esperto.

Senza industrie aeronautiche private del subappalto F35 e dei ricambi, con la cantieristica coi fondi prosciugati dai francesi e con armamento terrestre vecchio di mezzo secolo ( e il 40% degli assaltatori ultra quarantenni) cosa potremmo fare? fornire il servizio cucine?

4) IL POSIZIONAMENTO STRATEGICO: Iniziamo col dire che in caso di guerra globale, vincerà chi si assicurerà l’alleanza e la collaborazione della UE che é certamente l’ago della bilancia mondiale delle forze presumibilmente opposte tra gli USA , da una parte e il complesso militare russo-cinese dall’altra, dando per scontata la neutralità e inadeguatezza militare indiana, la vita finora stentata, dell’esercito britannico e il folclore latino americano.

La seconda ipotesi é quella della “ lotta al terrorismo” che ha dimostrato mancanza di motivazione da parte occidentale e forte resilienza da parte dei cosiddetti ” terroristi” che in realtà tendono a rifiutare l’invasività occidentale attuata con metodi ormai limitati a statunitensi e francesi, mentre cinesi e russi usano – in maniera ancora rozza ma efficace- maniere diplomatiche e formule finanziarie più familiari a noi italiani basate su una maggiore cooperazione e tecnologie non d’avanguardia invece che sulla intimidazione ( Brinkmanship) e la forza.

Per stornare dall’Europa la minaccia terrorista, basta non aggredire militarmente e culturalmente i popoli emergenti stanchi dello sfruttamento coloniale e di importare nevrosi occidentali.

Nell’ultimo libro di Gilles Kepel, una mappa degli attentati terroristici in Europa nell’ultimo mezzo secolo, mostra che l’Italia non ne ha subito nessuno e i franco-inglesi fin troppi. In questo campo potremmo assumere la leadership, invece di fornire carne da franchi-tiratori alla Francia nel Sahel come vorrebbe ( non é la prima volta che lo propone) Prodi e persino il mite Paolo Gentiloni quando era premier.

Le lezioni politiche che possiamo trarre dall’Afganistan sono due: Il tempo di dover fare ” bella figura” con gli alleati più potenti, é finito. Camillo Cavour é morto e con esso la mania di offrire bersaglieri in cambio di benevolenza.

La seconda lezione é che senza gli Stati Uniti e la loro macchina logistica l’UE ( più gli inglesi e gli australiani e i canadesi) non é in grado da sola di tenere nemmeno sgombro un perimetro aeroportuale ( cosa che a Dien Bien Phu ai francesi gli riuscì per un paio di mesi) ed ha il sacro terrore dello scontro armato tra fanterie che al primo morto farebbero cadere un governo.

Senza gli americani non si va da nessuna parte. Era una lezione da imparare fin dalla crisi di Suez del 1956, ma a quanto pare, nessuno ha tratto ammaestramento.

Quando la Francia contestava apertamente la leadership USA e il NYT rispondeva

Se ne deduce ragionevolmente che per creare un esercito europeo l’Ue ha bisogno di sangue nuovo e diventa necessario ipotizzare un esercito europeo che integri la Turchia ( analogamente a come Prodi ipotizza un numero di paesi partecipanti “non coincidente con tutta la UE, come nel caso dell’euro” si potrebbe integrare la Turchia nel solo esercito continentale, restando in attesa di ” progressi civili in altri campi”. Ritengo che Erdogan sarebbe felice di togliersi un pò di militari da torno e noi disporremmo di truppe scelte e capaci di sacrifici e tenacia senza i quali le battaglie non si vincono). Il compianto ministro Beniamino Andreatta teorizzava che l’eroismo può esistere solo al di sotto di una certa cifra di reddito medio che in Europa abbiamo ormai superato da un pezzo.

Una seconda deduzione potrebbe essere la constatazione della inadeguatezza politica del vertice della NATO ossia del segretario Generale Stoltenberg troppo prono al volere del grande fratello, il quale deve capire che molto forte ma inadeguato intellettualmente.

La guerra vittoriosa e la politica sono essenzialmente attività prima intellettuali e di cultura, due caratteristiche che gli Stati Uniti hanno dimostrato di non possedere in aggiunta alla indiscussa ricchezza e capacità logistica e tecnologica.

Non si può – rebus sic stantibus- “ripensare la NATO” come vorrebbe chi lavora per fare gli interessi di Macron, si può, invece parlare francamente all’alleato e dirgli a muso duro che l’Europa non può essere rappresentata da un altro Quisling norvegese più servile del primo e la Segreteria Generale deve andare a un italiano, e non a un, senza offesa, Pontecorvo qualsiasi, ma a un ex militare ben collaudato che consenta loro di ricevere in cambio la lealtà che un diplomatico o un politico di lungo corso non possono garantire se non a chiacchiere.

A un italiano, perché finora Manlio Brosio ( che non era un diplomatico di carriera) é stato il miglior segretario, perché é bene che i tedeschi non abbiano quel posto ancora per un pezzo, perché un francese farebbe politica per conto del suo governo e portoghesi e bulgari sono già impiegati abbondantemente….

L’Europa intera ha avuto una gradita sorpresa di vedersi salvata dalla intelligenza e tenacia di Mario Draghi, la NATO potrebbe avere una sorpresa analoga.

SIRIA: C’E’ CHI VUOLE UNA ESCALATION ( MODERATA e CONTRO ASSAD) NEL DOPO OBAMA di Antonio de Martini

Dopo a stravagante uscita dei ” Diplomatici dissidenti” del dipartimento di stato, ( cinquanta dei quali solo uno appartenente all’ufficio che si occupa della Siria. Vorrebbero liberarsi della grana scaricandola sui militari) adesso abbiamo l’aspirante ( autocandidata)  futura segretaria di Stato alla Difesa Michèle Flournoy  N° 3 del Pentagono fino al 2012, la quale dimostra che la possibilità di una donna di dire grandi corbellerie è pari – se non superiore – a quella di un generale con l’Alzeimer , ma può far danni considerevoli perché una donna ha un vissuto genericamente pacioso e le si perdonano le carenze tecniche. Continua a leggere

RAZVITIE: LA PROPOSTA YAKUNIN OLTRE IL FOLCLORE DELLA CRISI DI CRIMEA di Antonio de Martini

Credo di avere più volte illustrato il dibattito interno agli Stati Uniti dove ormai vige un clima di guerra civile che si svolge tra le quinte tra la fazione ” guerrafondaia” ( Newt Gringrich, John McCain, Dick Cheney, Paul Wolfowitz, Hilary Clinton) da una parte e la Presidenza Obama nel suo ultimo biennio dall’altra. Continua a leggere

CRISI UCRAINA IN CRESCENDO PER SUPPLIRE ALLA IMPOSSIBILITA’ MILITARE DI INTERVENTO N.A.T.O. E SODDISFARE A PAROLE LA FAZIONE BELLICISTA. di Antonio de Martini

http://corrieredellacollera.com

La Francia, dopo aver aderito completamente alla linea americana di sospensione dei lavori preparatori del G8 di giugno a Sochi ed annunziato che non intende partecipare,  si è contemporaneamente offerta per una mediazione.

Insomma anche in questa vicenda, sembra che il Presidente Francois Hollande cerchi di tenere il piede in due scarpe.

La sola mediazione suscettibile di qualche chance di riuscita è quella di Julia Timoschenko che essendo riuscita a completare il mandato con una buona dose di ambiguità,  gode della sfiducia di entrambi i contendenti reali ( USA e Russia). Continua a leggere

ARABIA SAUDITA. PREPARA LA JIHAD NEL CAUCASO PER LE OLIMPIADI ? di Antonio de Martini

Il legame tra Arabia Saudita e Stati Uniti ha quasi la stessa età dello sfruttamento del petrolio.  E’ noto come  Roosevelt morente al ritorno dall’ultima conferenza che spartì il mondo tra i vincitori della seconda guerra mondiale, sostò al largo della costa saudita per ricevere il re Abd el Aziz – fondatore della dinastia – a bordo dell’incrociatore Quincy .

i due suggellarono il patto petrolio contro protezione.

Dal gennaio 1945 ad oggi, hanno filato il perfetto amore. Poi il capo dei servizi segreti sauditi ha dichiarato ufficialmente  ( usurpando il ruolo del ministro degli esteri Saud el Faisal) che l’Arabia Saudita ha deciso di prendere le distanze dagli Stati Uniti.

Dubito. Continua a leggere

Una precisazione su Israele, Dick Cheney, i francesi e i moralisti in genere.

http://corrieredellacollera.com
una mia frase parentetica nello scorso post ha suscitato piu attenzione del periodo principale e dell’argomento cardine.
Citavo Cheney, Rothshild e Murdoch come partners di una concessione petrolifera sulle alture del Golan che Israele stessa riconosce essere territorio siriano occupato.
Da piu parti e con intenti diversi mi si chiede la fonte.
Eccola: http://genie.com/media/genie-energy-in-the-media/

Si tratta del bilancio di una società nel cui Strategic Advisory Board si trovano

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MORIRE PER TEL AVIV? LA STDELLA BOMBA IRANIANA E IL BUCO NELL’AQUA CON L’IRAK RENDE CAUTI TUTTI. di Antonio de Martini

l’Ombudsman del Washigton Post Patrick Pexton è intervenuto per rettificare una dichiarazione del “prestigioso” quotidiano, in data 9 dicembre 2011 con queste parole:

“Ma la AIEA ( Agenzia per l’energia atomica delle Nazioni Unite ndt) non dice che l’Iran ha una bomba, ne dice che ne sta costruendo una, bensi che il suo sforzo pluriennale di raggiungere la tecnologia nucleare è sofisticato e sufficientemente vasto da essere compatibile con la costruzione di una bomba”.

Il giornale ha tolto il paragrafo incriminato, senza però dare conto del cambiamento avvenuto, come si è soliti fare.

In pratica il termine TECNOLOGIA è stato sostituito dal termine ARMA, il che non è proprio la stessa cosa. Lo stesso è accaduto al New York Times.

Credo che l’evento vada segnalato perché questi due giornali sono gli stessi che hanno bombardato i nostri titoli di stato con lo stesso interessamento che hano verso la causa della pace mondiale.

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