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E’ LA VALMY ASIATICA. LA CINA SI FA PORTAVOCE DI DUE TERZI DEL MONDO: DALLA RUSSIA ALL’INDIA, DALL’AZERBAJAN ALLO YEMEN.

Nel ventesimo anniversario dell’attacco all’Irak, Il Presidente cinese XI Jinping ha piazzato tre “ banderillas” sul dorso del toro americano distratto dal panno rosso: la ripresa delle relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita, la visita di Stato a Mosca ad onta del “ mandato d’arresto” CPI a Putin e la visita in Cina dell’ex presidente di Taiwan.

A conclusione, la ciliegina sulla torta : “ Nessun paese può dettare l’ordine mondiale,” vecchio o nuovo che sia. Non si poteva dir meglio.

L’annuncio della ripresa dei rapporti diplomatici tra sauditi e iraniani con la mediazione cinese, mi ha ricordato la battaglia di Valmy contro la prima coalizione.

Non successe praticamente nulla, cannoneggiamenti lontani, una scaramuccia con quattrocento morti, ma gli storici l’hanno identificata come il momento in cui la rivoluzione francese fece il suo ingresso in Europa.

Il compromesso Iran-Arabia ha identica valenza. Ha dato diritto di cittadinanza alla politica di rifiuto dell’uso della forza, alla scelta indiana della neutralità e rivitalizzato i paesi non allineati a partire dall’Azerbaijan ultima recluta. La prossima tentazione potrebbe averla la Turchia.

Con questa mossa. La Cina é comparsa sul palcoscenico del mondo mediorientale come autorevole arbitro imparziale, partner affidabile e patrono dell’idea di sicurezza collettiva. Non c’é stato bisogno di sconfessare le politiche dei vari Kerry, Bush, Obama, Clinton, Trump, Biden. A ricordarli, é rimasto solo Netanyahu, sconfessato dall’ex capo del Mossad Efraim Halevy ( su Haaretz) che propone un appeasement con l’Iran con toni che riecheggiano Kissinger.

Con la visita a Mosca XI Jinping ha delegittimato la pagliacciata della Camera Penale Internazionale, ormai specializzatasi nei mandati di arresto a carico dei nemici degli Stati Uniti ( Hissen Habré, Gheddafi, Milosevic, ) e gestita da un mercante di cavalli pakistano tipo Mahboub Ali.

Poi, con la prossima visita di dieci giorni dell’ex presidente di Taiwan, Ma Ying Jeou, ha mostrato di non aver bisogno di dar voce al cannone per affermare la consustanziazione tra l’isola e il continente e di considerare superato l’uso della forza in politica estera, inutile l’accerchiamento dell’AUKUS nel Pacifico, assennando con questo un colpo contemporaneo anche alla mania russa di imitare servilmente gli americani anche – e sopratutto- nei difetti.

Da giovedì, Putin dovrà scegliere tra l’accettazione dei dodici punti del piano di pace cinese e l’isolamento internazionale. La strategia sarà però quella cinese che considera la guerra uno strumento obsoleto e non la brutalità cosacca vista finora.

Come potrà l’ONU rifiutare il ruolo di sede arbitrale del mondo che la Cina gli offre senza squalificarsi definitivamente ? I paesi del Vicino e Medio Oriente, dopo i pesantissimi tributi di sangue pagati per decenni, sono ormai tutti consapevoli e convinti della inutilità delle guerre – dirette come con lo Yemen o per procura come con la Siria- e della cruda realtà delle rapine fatte a turno a ciascuno di loro:Iran, Irak, Libia, Siria, con la violenza e agli altri paesi dell’area con forniture , spesso inutili, a prezzi stratosferici: Katar, Arabia Saudita, o col selvaggio impadronirsi di risorse minerarie come col Sudan e la Somalia.

Certo, senza il conflitto in atto che ha predisposto alcuni schieramenti ( specie africani) e senza la capacità di mobilitazione di quindici milioni di uomini, la voce della Cina non risuonerebbe alta come rischia di accadere, ma anche con questo accorgimento, assieme alla discrezione assoluta di cui hanno goduto i colloqui di Pechino, l’effetto sarebbe minore, ma ugualmente evocativo in un mondo che non sente il bisogno di una dittatura a matrice primitiva.

Ora Biden, tra un peto e l’altro, dovrà decidersi a leggere i dodici punti di XI e smettere di litigare con Trump sul costo di una puttana, oppure affrontare il mondo intero col sostegno di Sunak e Meloni.

BIDEN ABBASSA LA CRESTA. DA “CI SARANNO CONSEGUENZE” A ” VOGLIAMO COMPETERE”

ALL’INTERVENTO A MUSO DURO DEL NUOVO MINISTRO DEGLI ESTERI QUIN GANG , IL GOVERNO USA ABBASSA I TONI E CERCA DI RAFFREDDARE LA POLEMICA. SI RIVELA LA TIGRE DI CARTA PROFETIZZATA DA MAO.

Il tono minaccioso e la lista delle posizioni criticabili della Cina rispetto alla guerra Ucraina ( mancata condanna della Russia all’ONU, rafforzamento della collaborazione economica russo-cinese, possibilità di invio di armi e munizioni ai russi) si sono dissolte come neve al sole.

Il tono irritante del dipartimento di stato e i solenni avvertimenti a non toccare Taiwan anche. Lo sceriffo si é reso conto di avere a che fare con un osso duro ed é diventato più conciliante. Niente più oscure minacce di ritorsioni: qua la mano !

Nel link sottostante troverete il testo che Biden finse di snobbare, inducendo molti alla imitazione, e che adesso dovrà imparare a memoria. E’ il decalogo cinese per essere coerenti col concetto di pace.

https://corrieredellacollera.wordpress.com/wp-admin/post.php?post=35641&action=edit

In effetti, la storia degli Stati Uniti é caratterizzata dalla violenza e dall’espansione il suo budget assomma al 40% di quello di tutti i paesi del mondo messi insieme ed hanno 800 basi militari sparse in paesi esteri, senza contare le flotte. Difficile dire che lo fanno per la pace.

Aver fatto notare queste verità che sono sotto gli occhi di tutti, la Cina si é vista sbeffeggiare dal presidente Joe Biden che ha snobbato il documento, implacabile ma pacato. Poco dopo il nuovo ministro degli Esteri cinese, ha cambiato il tono ed ha dichiarato che se gli USA continueranno con questi comportamenti miranti a soggiogare, prima psicologicamente, poi economicamente, la Cina, ” lo scontro sarebbe inevitabile”. Una notizia d’agenzia ha fatto circolare la cifra dei coscritti possibili: 20 milioni.

Gli USA – che sono già stati impressionati dal richiamo alle armi di trecentomila uomini fatto dalla Russia e memori della definizione di “unwise” data da Henri Kissinger all’atteggiamento bullesco di affrontare due crisi in contemporanea – hanno cambiato tono e smesso di cercare di stanare la Cina. Ancor oggi non sono riusciti a capire fino a che punto il celeste impero sia coinvolto con l’impero del male. Il timone punta a neutrale.

XI JINPING ha infatti confermato che non c’é stata nessuna cessione di armi ai duellanti, non ha dedicato una sola riga all’Europa e si é concentrato sui temi anticinesi degli USA: Taiwan, TIK TOK vessata quotidianamente, Huawei, le strumentali campagne per i diritti umani a favore degli Uiguri ( una delle sedici etnie presenti in Cina); la costruzione di una catena strategica attorno alla Cina ( AUKUS) , mirante a mortificarla nel suo mare, l’appoggio dato alla Filippine per il contenzioso per le isole Spratly, il riarmo accelerato giapponese. Tutte questioni sollevate ( o risollevate) dagli USA nell’ultimo anno miranti a indebolire XI.

La superiorità intellettuale cinese ha fatto fronte a tutte questi ostacoli affrontati senza ai usare toni aggressivi.

In questo secondo link troverete un estratto di un documento americano che tratta a un dipresso degli stessi temi del cinese, ma lo fa concentrandosi sulla Russia, al punto che affronta la situazione globale senza mai nominare Cina e India, nel tentativo di affrontare un avversario alla volta. Forse pensano che i cinesi siano tanto sciocchi da non averci pensato.

https://corrieredellacollera.wordpress.com/wp-admin/post.php?post=35317&action=edit

L’ultimo link é al più completo documento Rand sulla Russia: Extending Russia ci ho messo un pò a capire che intendevano l’espansione delle spese russe a causa di guerre e rivolte ( indicate analiticamente) fino al punto da provocarne il crollo. Ed é qui che risalta il concetto di competitive advantage, ossia ottenere un vantaggio competitivo provocando una proxy war ( guerra per procura). Non si sono resi conto che , a partire da oggi, molti, sentendo parlare di competition la prenderanno per un sinonimo di guerra. Dovranno spolverare il vocabolario.

https://www.rand.org/pubs/research_reports/RR3063.html

GUERRA E PACE: VIDEOCONVERSAZIONE DI APPROFONDIMENTO CON ANTONIO DE MARTINI

STALLO MILITARE, PROSPETTIVE DI PACE E SANZIONI

UN SONDAGGIO DEL COUNCIL FOR FOREIGN RELATIONS SUL PRIMO ANNO DI GUERRA. APRIRE IL CONFRONTO.

BIDEN HA CONQUISTATO I GOVERNI EUROPEI A PREZZO DEL RESTO DEL MONDO. IL SONDAGGIO HA DOMANDE AMBIGUE, NON INTERVISTA MOLTI PAESI “ FILO RUSSI” AFRICA E AMERICA LATINA OLTRE CHE IL MONDO ARABO E NON DEFINISCE TERMINI COME “ AVVERSARIO” , MA EMERGE UGUALMENTE LA VOLONTA’ DI “ NON GUERRA” E “ NON BIPOLARISMO” . MENO CHE MAI “UNIPOLARISMO”. IL NUOVO RUOLO MONDIALE DI INDIA E TURCHIA .

United West, diviso dal resto: l’opinione pubblica globale a un anno dalla guerra della Russia contro l’Ucraina

Timothy Garton Ash

Ivan Krastev

Mark Leonard

SOMMARIO

VAI IN CIMA

  1. Riepilogo
  2. Introduzione
  3. Ferma la guerra contro vinci la guerra
  4. Non fare tutto sulla democrazia
  5. Ulteriore ascolto
  6. Frammentazione v polarizzazione: cosa definirà il prossimo ordine mondiale?
  7. India e Turkiye come grandi potenze (ri)emergenti
  8. Conclusione: Il paradosso dell’unità occidentale e della disunione globale
  9. Metodologia
  10. Informazioni sugli autori
  11. Ringraziamenti

Riepilogo

  • Un nuovo sondaggio suggerisce che la guerra della Russia contro l’Ucraina ha consolidato “l’Occidente”; i cittadini europei e americani hanno molte opinioni in comune sulle principali questioni globali.
  • Gli europei e gli americani concordano sul fatto che dovrebbero aiutare l’Ucraina a vincere, che la Russia è il loro avversario dichiarato e che il prossimo ordine globale sarà molto probabilmente definito da due blocchi guidati rispettivamente dagli Stati Uniti e dalla Cina.
  • Al contrario, i cittadini di Cina, India e Turkiye preferiscono una rapida fine della guerra anche se l’Ucraina deve concedere il territorio.
  • Anche le persone in questi paesi non occidentali, e in Russia, considerano più probabile l’emergere di un ordine mondiale multipolare di un accordo bipolare.
  • I decisori occidentali dovrebbero tenere conto del fatto che il consolidamento dell’Occidente sta avvenendo in un mondo post-occidentale sempre più diviso; e che potenze emergenti come India e Turkiye agiranno alle proprie condizioni e resisteranno a essere coinvolte in una battaglia tra America e Cina.

Introduzione

Un anno dopo l’invasione russa dell’Ucraina, non c’è dubbio che la guerra sia un punto di svolta nella storia mondiale. Il conflitto ha sfidato i presupposti più basilari degli europei sulla loro sicurezza, ha riportato lo spettro del confronto nucleare nel loro continente e ha sconvolto l’economia globale, lasciando le crisi energetiche e alimentari nella sua scia.

Eppure, mentre l’aggressione della Russia è un evento di importanza globale, le persone in diverse parti del mondo l’hanno vissuta e interpretata in modi diversi. Secondo un ex consigliere per la sicurezza nazionale del primo ministro dell’India, “per molte parti del mondo, un anno di guerra in Ucraina ha fatto meno per ridefinire l’ordine mondiale che per metterlo ulteriormente alla deriva, sollevando nuove domande su come affrontare le sfide transnazionali urgenti”. In contrasto con l’opinione in Occidente, le persone in molti paesi non occidentali sembrano credere che l’era post-guerra fredda sia finita. Non si aspettano che il prossimo ordine internazionale sia caratterizzato dalla polarizzazione tra due blocchi guidati dagli Stati Uniti e dalla Cina; invece, vedono come più probabile una frammentazione in un mondo multipolare.

I risultati chiave di un nuovo sondaggio globale multi-country indicano che, un anno dall’inizio della guerra della Russia all’Ucraina, gli Stati Uniti e i suoi alleati europei hanno riacquistato la loro unità e il loro senso di intenti. Ma lo studio rivela anche un ampio divario tra l’Occidente e il “resto ” quando si tratta dei loro risultati desiderati per la guerra e di diverse comprensioni del perché gli Stati Uniti e l’Europa sostengono l’Ucraina. Il sondaggio si è svolto nel dicembre 2022 e gennaio 2023 in nove paesi dell’UE e in Gran Bretagna, e in Cina, India, Turkiye, Russia e Stati Uniti (i paesi CITRUS, per utilizzare la scorciatoia del progetto Europe in a Changing World dell’Università di Oxford). I suoi risultati suggeriscono che l’aggressione della Russia in Ucraina segna sia il consolidamento dell’Occidente che l’emergere dell’ordine internazionale post-occidentale annunciato da tempo.

Ferma la guerra contro vinci la guerra

Il nuovo consenso tra i governi europei è che solo una vittoria ucraina fermerà la guerra di Putin. Anche se un numero significativo di cittadini europei desidera ancora che la guerra finisca il prima possibile, il sondaggio sembra mostrare una chiara tendenza nell’ultimo anno a preferire l’Ucraina alla vittoria anche se il conflitto dura qualche tempo più a lungo. Allo stesso modo, gli americani credono che l’Ucraina debba riconquistare il suo territorio se si vuole garantire una pace duratura.

Al contrario, le persone nei paesi non occidentali hanno una chiara preferenza per la fine della guerra ora, anche se ciò significa che l’Ucraina debba rinunciare al territorio. In Cina, una pluralità di coloro che gli è stato chiesto (42 per cento) concorda sul fatto che il conflitto tra Russia e Ucraina deve finire il prima possibile, anche se significa che l’Ucraina dà il controllo delle aree del suo territorio alla Russia. Questo desiderio di porre fine alla guerra presto è ancora più forte in Turkiye (48 per cento) e in India (54 per cento). Vale la pena notare, tuttavia, che quasi un terzo delle persone in entrambi questi paesi preferirebbe che l’Ucraina recuperi tutto il suo territorio, anche se ciò significa una guerra più lunga o più ucraini uccisi e sfollati.

La crescente ostilità degli europei nei confronti della Russia si riflette nella loro preferenza a non acquistare combustibili fossili russi anche se si traduce in problemi di approvvigionamento energetico. Questa è l’opinione prevalente in ciascuno dei nove paesi dell’UE intervistati, con una media del 55 per cento di questi cittadini dell’UE che lo sostiene. Al contrario, solo il 24 per cento è favorevole a garantire l’approvvigionamento energetico senza ostacoli continuando a comprare dalla Russia.

Non fare tutto sulla democrazia

I pubblici non occidentali studiati differiscono dai pubblici occidentali non solo nei risultati che desiderano per la guerra, ma in ciò che pensano del perché gli Stati Uniti e l’Europa stanno aiutando l’Ucraina.

Il presidente Joe Biden ha inquadrato la guerra come una lotta tra democrazia e autoritarismo e ha cercato di usare la difesa della democrazia come un grido di battaglia in patria e all’estero. Negli Stati Uniti, il linguaggio della leadership del “mondo libero” è tornato.

Mentre le figure occidentali possono rappresentare il conflitto in questi modi per unificare l’Occidente, non offre un modo sicuro per fare appello ai cittadini dei paesi non occidentali. Al contrario: secondo molte persone al di fuori dell’Occidente, i loro paesi sono anche democrazie – e sono forse anche le migliori democrazie. Alla domanda su quale paese si avvicina di più a una “vera democrazia”, il 77 per cento in Cina risponde “Cina”; il 57 per cento degli indiani risponde “India”. Le risposte sono meno chiare in Russia e Turkiye, ma, tuttavia, la risposta più frequente dei turchi è il loro paese (36 per cento). Il sondaggio rileva che il 20 per cento dei russi assegna il riconoscimento alla Russia, che è anche la migliore risposta sostanziale. (Tuttavia, quasi un terzo degli intervistati in Russia non ha scelto alcun paese come avente una vera democrazia.)

Altri risultati del nostro sondaggio suggeriscono inoltre che le persone in Cina, India e Turkiye sono scettici sulle affermazioni sulla difesa della democrazia.

Molti in Cina affermano che il sostegno americano ed europeo all’Ucraina è guidato dal desiderio di proteggere il dominio occidentale. E per la stragrande maggioranza dei cinesi e dei turchi, il sostegno occidentale all’Ucraina è motivato da ragioni diverse dalla difesa dell’integrità territoriale dell’Ucraina o della sua democrazia.

Tra le potenze emergenti, l’India è un’eccezione, dove (simile agli Stati Uniti) più della metà degli intervistati indica una di queste due ragioni per spiegare la solidarietà occidentale. Tuttavia, la mancanza di democrazia in Russia non impedisce agli indiani di avere una visione generalmente positiva di quel paese: il 51 per cento lo descrive come un “aiale” e un ulteriore 29 per cento lo vede come un “partner”.

Il sondaggio rivela che la guerra di aggressione di Vladimir Putin e i suoi fallimenti militari durante il conflitto non sembrano aver indotto le persone nei paesi non occidentali a declassare la loro opinione sulla Russia o a mettere in discussione la sua forza relativa. La Russia è un “aale” o un “partner” per il 79 per cento delle persone in Cina e il 69 per cento in Turkiye. Inoltre, circa tre quarti in ciascuno di questi due paesi e in India credono che la Russia sia più forte, o almeno altrettanto forte, rispetto a come dicono di averla percepita prima della guerra.

Ulteriore ascolto

Podcast “Mark Leonard’s World in 30 minutes” – Mark Leonard, Timothy Garton Ash e Ivan Krastev discutono i principali risultati dell’ultimo sondaggio di opinione dell’ECFR in questo episodio.

Frammentazione v polarizzazione: cosa definirà il prossimo ordine mondiale?

Uno dei risultati più sorprendenti dell’indagine riguarda le diverse idee sul futuro ordine mondiale. La maggior parte delle persone sia all’interno che all’esterno dell’Occidente crede che l’ordine liberale guidato dagli Stati Uniti stia scomparendo.

In modo paradossale, la nuova unità dell’Occidente in risposta all’aggressione della Russia non segnala una resurrezione di un ordine internazionale guidato dall’America. Solo il 9 per cento delle persone negli Stati Uniti, il 7 per cento nei paesi dell’UE intervistati e il 4 per cento in Gran Bretagna vede la supremazia globale americana come la situazione più probabile tra un decennio.

Invece, in Europa e in America, l’opinione prevalente è che il bipolarismo stia tornando. Un numero significativo di persone si aspetta un mondo dominato da due blocchi guidati dagli Stati Uniti e dalla Cina. I ricordi della guerra fredda probabilmente modellano il modo in cui americani ed europei vedono il futuro.

Nel frattempo, fuori dall’Occidente, i cittadini credono che la frammentazione piuttosto che la polarizzazione segnerà il prossimo ordine internazionale. La maggior parte delle persone nei principali paesi non occidentali come Cina, India, Turkiye e Russia prevede che l’Occidente sarà presto solo un polo globale tra i tanti. L’Occidente potrebbe essere ancora il partito più forte, ma non sarà egemonico.

La visione più popolare in Russia e Cina è quella di aspettarsi una distribuzione più uniforme del potere globale tra più paesi, vale a dire che emerga la multipolarità. Anche più del 20 per cento dei turchi e degli indiani si aspetta questo. Questo nonostante il fatto che più indiani prevedino il dominio degli Stati Uniti, mentre le risposte in Turkiye sono quasi equamente divise tra l’anticipazione dell’egemonia americana, l’egemonia cinese, un mondo bipolare e la multipolarità.

Tutto sommato, per il 61 per cento delle persone in Russia, il 61 per cento in Cina, il 51 per cento in Turkiye e il 48 per cento in India il futuro ordine mondiale sarà definito dalla multipolarità o dalla dominanza cinese (o altra dominanza non occidentale). Questa opinione è condivisa negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e negli Stati dell’UE intervistati, rispettivamente, solo il 37 per cento, il 29 per cento e il 31 per cento delle persone.

India e Turkiye come grandi potenze (ri)emergenti

Nel tipo di scenario mondiale bipolare atteso da americani ed europei, il ruolo di paesi come l’India e il Turkiye potrebbe essere stato di scafatto che – per quanto riluttanza – saranno costretti a definire la loro lealtà e prendere posizione.

Ma il sondaggio suggerisce che questo non è il modo in cui questi paesi vedono se stessi o il loro ruolo nel prossimo ordine internazionale. In un mondo sempre più frammentato e polarizzato, paesi come l’India e la Turkiye sembrano attratti dal sovranismo fluttuante, dove ogni conflitto tra superpotenze diventa un’opportunità per affermare la propria rilevanza e capacità di prendere decisioni sovrane.

India

L’India è il paese globale più importante di questa persuasione – e i suoi cittadini sembrano avere una chiara nozione del posto del loro paese nel mondo. Gli intervistati al sondaggio in India si distinguono nel descrivere sia gli Stati Uniti (47 per cento) che la Russia (51 per cento) come un “ale” – il che è probabilmente in parte perché, per loro, la Cina è un “avversario” (39 per cento) o un “rivale” (37 per cento). Anche le percezioni dell’Unione europea e della Gran Bretagna sono prevalentemente positive: gli indiani li vedono come un “ally” o un “partner”.

La maggior parte del pubblico indiano percepisce quasi tutti gli altri poteri – compresi gli Stati Uniti (70 per cento), la Russia (63 per cento), la Cina (53 per cento), l’UE (67 per cento), la Gran Bretagna (63 per cento) e l’India stessa (68 per cento) – come “più forti” di quanto dicono di pensare prima della guerra totale della Russia all Sono gli unici ad avere una tale visione di tutti gli Stati Uniti, la Russia, l’UE, la Gran Bretagna e il proprio paese.

Gli indiani sembrano sentirsi positivi sul futuro. Le loro principali risposte quando gli viene chiesto di descrivere il loro paese sono che è “in aumento” (35 per cento), “forte” (28 per cento) e “pace” (18 per cento). Solo una piccola percentuale crede che sia “in calo” (8 per cento) o “debole” (7 per cento). A titolo di confronto, il 31% degli americani e dei britannici caratterizza il proprio paese come “in declino”.

L’India è anche, come notato, l’unico paese CITRUS in cui l’opinione prevalente è che gli Stati Uniti (28 per cento) e l’Europa (36 per cento) sostengano principalmente l’Ucraina per difenderla come democrazia – questo potrebbe riflettere il senso di sé dell’India come la più grande democrazia del mondo.

Turkiye

Più vicino all’Europa, Turkiye si considera svolgere un ruolo simile a quello a cui l’India aspira a livello globale. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha usato il conflitto per affermare il ruolo del suo paese come attore inevitabile nella politica europea. È riuscito ad essere sia un fornitore cruciale di armi per l’Ucraina che uno dei partner economici più fidati della Russia.

Il pubblico turco ha una visione del mondo comparabile, vedendo quasi tutti prevalentemente come un “partner”, che si tratti degli Stati Uniti (51 per cento), della Cina (47 per cento), della Russia (55 per cento) o dell’UE (53 per cento). Quando si tratta delle percezioni di altre popolazioni su Turkiye, queste opinioni sono ricambiate. Turkiye è considerata principalmente come un “partner” in Russia (60 per cento), Cina (38 per cento) e India (39 per cento) – anche se un terzo dei cinesi e degli indiani descrive il paese come un “rivale” o un “avversario”.

In Occidente, la gente vede anche per lo più Turkiye come un “partner”. Tuttavia, una percentuale sorprendentemente alta di intervistati negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e nell’UE – tra il 40 e il 50 per cento – afferma di non sapere come definire Turkiye. La ragione di questa incertezza occidentale deriva probabilmente dalla ostentazione da parte di Turkiye della sua nuova politica estera sovrana pur rimanendo, almeno sulla carta, un membro della NATO.

Conclusione: Il paradosso dell’unità occidentale e della disunione globale

Durante la guerra in Iraq del 2003, importanti intellettuali europei come Jacques Derrida e Jürgen Habermas hanno cercato di definire l’identità politica dell’UE in contrasto con quella degli Stati Uniti. Hanno celebrato il potere civile dell’Europa come l’ultimo contrappunto alla potenza militare americana. Nell’ultimo decennio, e in particolare dopo gli anni di Trump negli Stati Uniti, le nozioni di sovranità europea e autonomia strategica si sono nuovamente spostate nel cuore dei dibattiti europei. Ma la realtà è che l’invasione su larga scala della Russia dell’Ucraina ha confermato la rinnovata centralità del potere americano per l’Europa, con miliardi di dollari spesi per mantenere lo sforzo bellico, che ha sostenuto l’unità attraverso l’Atlantico su sanzioni e posizioni diplomatiche nei confronti della Russia e ha dato una nuova prospettiva di vita alle istituzioni guidate dall’Occidente come la

Questa realtà non è passata inosservata al pubblico globale. Le potenze emergenti considerate in questo studio spesso vedono l’Europa e l’America come parte di un unico Occidente. Il settantadue per cento delle persone in Turkiye, il 60 per cento in Cina e il 59 per cento in Russia vedono poca differenza tra le politiche dell’UE e degli Stati Uniti nei confronti dei loro paesi (senza dubbio alla delusione del presidente Emmanuel Macron e di altri campioni dell’autonomia strategica europea). Detto questo, come notato, rimangono ancora alcune importanti sfumature, in particolare quando si tratta della posizione degli Stati Uniti e dell’Europa in India e Cina.

Ora è chiaro che, contrariamente alle aspettative del Cremlino, la guerra ha consolidato l’Occidente, piuttosto che indebolirlo. Se il rischio di una scissione transatlantica esiste ancora, viene dall’interno: una possibile vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane del 2024 potrebbe essere più minacciosa per l’unità occidentale di qualsiasi cosa che la Russia sia stata finora in grado di raccogliere.

L’Occidente potrebbe essere più consolidato ora, ma non è necessariamente più influente nella politica globale. Il paradosso è che questa nuova unità sta coincidendo con l’emergere di un mondo post-occidentale. L’Occidente non si è disintegrato, ma il suo consolidamento è arrivato in un momento in cui altre potenze non faranno semplicemente come vuole.

I leader occidentali e le società occidentali sono pronti per questo nuovo mondo? I nostri sondaggi mostrano che molte persone in Occidente vedono il prossimo ordine internazionale come il ritorno di un bipolarismo di tipo guerra fredda tra Occidente e Oriente, tra democrazia e autoritarismo. In questo contesto, i decisori negli Stati Uniti e nell’UE potrebbero sentirsi inclini a considerare paesi come l’India e il Turkiye come stati oscillanti che possono essere cacciati a schierarsi con l’Occidente.

Ma le persone in quei paesi si vedono in modo molto diverso: come grandi potenze emergenti che possono schierarsi con l’Occidente su alcune questioni ma non su altre. A differenza dei giorni della guerra fredda, oggi i principali partner commerciali non sono di solito i propri partner di sicurezza. Anche quando le potenze emergenti sono d’accordo con l’Occidente, spesso manterranno buone relazioni con la Russia e la Cina. Questo è anche ciò che il Brasile sta facendo attualmente: il presidente Lula parla a favore della conservazione della neutralità del suo paese nei confronti dell’Ucraina e della Russia, per evitare “qualsiasi partecipazione, anche indiretta”, anche se accetta che la Russia “stava torto” nell’invaso il suo vicino.

Potrebbe deludere gli europei che i governi e i pubblici in luoghi come l’India e la Turchia tendano a vedere l’aggressione della Russia attraverso il prisma del loro interesse nazionale piuttosto che i principi universali. Ma non dovrebbero essere eccessivamente sorpresi. Molte nazioni non occidentali hanno avuto i loro momenti di delusione nel modo in cui i paesi occidentali hanno trascurato crisi che erano esistenzialmente importanti per questi attori. Parlare di ipocrisia occidentale è più acutamente visibile nel trattamento differenziato esteso ai rifugiati provenienti dall’Ucraina e dalla Siria, ma questa è solo la punta dell’iceberg per quanto riguarda molte potenze emergenti.

A nostro avviso, l’Occidente sarebbe bene a trattare l’India, la Turkiye, il Brasile e altre potenze comparabili come nuovi soggetti sovrani della storia mondiale piuttosto che come oggetti da trascinare sul lato destro della storia. Questi paesi non rappresentano un nuovo terzo blocco o polo nella politica internazionale. Non condividono un’ideologia comune tra di loro. In effetti, hanno spesso interessi divergenti o concorrenti. Sanno di non avere l’influenza globale degli Stati Uniti o della Cina. Ma certamente non si accontentano di adattarsi ai capricci e ai piani delle superpotenze. E il loro pubblico sostiene tale approccio, come dimostrato, per esempio, dalla loro riluttanza a considerare i problemi relativi all’Ucraina come una delle loro attività. Piuttosto che aspettarci che sostengano gli sforzi occidentali per difendere lo sbiadimento dell’ordine di guerra post-cold, dobbiamo essere pronti a collaborare con loro nella costruzione di uno nuovo.

La vittoria dell’Ucraina nella guerra sarà fondamentale per la forma del prossimo ordine europeo. Ma è altamente improbabile che ripristini un ordine liberale globale guidato dagli Stati Uniti. Invece, l’Occidente dovrà vivere, come un polo di un mondo multipolare, con dittature ostili come la Cina e la Russia, ma anche con grandi potenze indipendenti come l’India e la Turchia. Questo potrebbe finire per essere la più grande svolta geopolitica rivelata dalla guerra: che il consolidamento dell’Occidente sta avvenendo in un mondo post-occidentale sempre più diviso.

Metodologia

Il sondaggio e l’analisi contenuti in questo documento politico sono il risultato di una collaborazione tra il Consiglio europeo per le relazioni estere e il progetto Europe in a Changing World del programma Dahrendorf presso il St Antony’s College, Università di Oxford.

Questo rapporto si basa su un sondaggio di opinione pubblica delle popolazioni adulte (di età pari o superiore a 18 anni) condotto alla fine di dicembre 2022 e all’inizio di gennaio 2023 in dieci paesi europei (Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Polonia, Portogallo, Romania e Spagna) e in cinque paesi al di fuori dell’Europa (Cina, India, Turkiye Il numero totale di intervistati è stato di 19.765.

In Europa, i sondaggi sono stati effettuati per ECFR come sondaggio online attraverso Datapraxis e YouGov in Danimarca (1.064 intervistati; 3-11 gennaio), Francia (2.051; 3-12 gennaio), Germania (2.017; 4-11 gennaio), Gran Bretagna (2.200; 4-10 gennaio), Italia (1.599; 4-12 gennaio), Polonia (1.413; 3-20 gennaio), Portogallo (1. In tutti i paesi europei il campione era rappresentativo a livello nazionale dei dati demografici di base e del voto passato. Nel Regno Unito, il sondaggio non riguardava l’Irlanda del Nord, motivo per cui il documento si riferisce alla Gran Bretagna.

Al di fuori dell’Europa, i sondaggi sono stati condotti dalla Gallup International Association (GIA) attraverso partner locali indipendenti come sondaggio online negli Stati Uniti (1.074; il 17 gennaio; attraverso Distance/SurveyMonkey), Cina (1.024; 3-17 gennaio; Distance/Dynata) e Turkiye (1.085; 3-19 gennaio; Distance/Dynata); e attraverso La scelta delle indagini face-to-face negli ultimi due paesi è stata diretta dalla tesa situazione politica e sociale interna in Russia e dalla scarsa qualità di Internet nelle città più piccole dell’India. In Turkiye e negli Stati Uniti, il campione era rappresentativo a livello nazionale della demografia di base. In Cina, il sondaggio includeva solo relatori provenienti dagli agglomerati di Shanghai, Pechino, Guangzhou e Shenzhen. In Russia, solo le città di più di 100.000 abitanti sono state coperte. E in India, le aree rurali e le città di livello 3 non erano coperte. Pertanto, i dati provenienti da Cina, Russia e India dovrebbero essere considerati rappresentativi solo per la popolazione coperta dal sondaggio. Ultimo ma non meno importante, considerando l’ambito del sondaggio e il questionario, i risultati della Russia e della Cina devono essere interpretati con cautela, tenendo presente la possibilità che alcuni intervistati si siano sentiti costretti a esprimere liberamente le loro opinioni.

Informazioni sugli autori

Timothy Garton Ash è professore di studi europei all’Università di Oxford e co-dirige il progetto Europe in a Changing World. Il suo nuovo libro, Homelands: A Personal History, viene pubblicato questa primavera.

Ivan Krastev è presidente del Centro per le strategie liberali, Sofia, e membro permanente presso l’Istituto per le scienze umane di Vienna. È l’autore di Is It Tomorrow Yet?: Paradoxes of the Pandemic, tra molte altre pubblicazioni.

Mark Leonard è co-fondatore e direttore del Consiglio europeo sulle relazioni estere. Il suo nuovo libro, The Age of Unpeace: How Connectivity Causes Conflict, è stato pubblicato da Penguin in brossura il 2 giugno 2022. Presenta anche il podcast settimanale “World in 30 Minutes” dell’ECFR.

Ringraziamenti

Questa pubblicazione non sarebbe stata possibile senza lo straordinario lavoro del team Unlock di ECFR. Gli autori vorrebbero ringraziare in particolare Pawel Zerka e Gosia Piaskowska, che hanno individuato alcune delle tendenze più interessanti e svolto un lavoro scrupoloso sui dati che sono alla base di questo rapporto, così come Marlene Riedel e Nastassia Zenovich, che hanno lavorato alla visualizzazione dei dati. Adam Harrison è stato un editore ammirevole. Andreas Bock ha guidato la sensibilizzazione strategica dei media, mentre Lucie Haupenthal e Michel Seibriger sono stati cruciali nel coordinare gli sforzi di advocacy. Susi Dennison, Josef Lolacher e Anand Sundar hanno fatto suggerimenti sensibili e utili sulla sostanza. Gli autori desiderano inoltre ringraziare Paul Hilder e il suo team di Datapraxis per la loro paziente collaborazione con noi nello sviluppo e nell’analisi del sondaggio di cui si fa riferimento nella relazione. Nonostante questi molti e vari contributi, qualsiasi errore rimane di proprietà degli autori.

Questo sondaggio e analisi sono stati il risultato di una collaborazione tra l’ECFR e il progetto “L’Europa in un mondo che cambia” del programma Dahrendorf presso il St Antony’s College dell’Università di Oxford. L’ECFR ha collaborato con la Fondazione Calouste GulbenkianThink Tank Europa e il Centro internazionale per la difesa e la sicurezza su questo progetto.

Il Consiglio europeo per le relazioni estere non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni ECFR rappresentano solo le opinioni dei singoli autori

VIDEO DIBATTITO SU VISIONE TV :COME SI ESCE DALLA GUERRA DI UCRAINA. IL DISCORSO DI PUTIN. LA POSIZIONE DELL’OCCIDENTE.

PARTECIPANO: VINCENZO CAMPORINI EX CAPO DI S M DELLA DIFESA, SARA REGINELLA E ANTONIO DE MARTINI

PUTIN, LA CRISI UCRAINA E LA VISITA DI BIDEN A ZELENS’KYJ. CHI BLUFFA E CHI NO.

MINACCIATO DI PARALISI DALLA MAGGIORANZA REPUBBLICANA AL CONGRESSO, OFFRE A ZELENS’KYJ IL SUO SOSTEGNO PSICOLOGICO E FA PROMESSE, MA NULL’ALTRO E A KIEV LO SEGUE SOLO LA MELONI.

Il primo segnale che si stava facendo strada tra gli ucraini un impellente desiderio di negoziato si é avuto con l’articolo apparso su “ War and Strategy”di STEPHEN BRYEN – già sottosegretario alla Difesa USA ( ed ex presidente di Finmeccanica USA) – con l’articolo pubblicato anche su Asia News nei giorni scorsi, in cui tra le ragioni addotte per l’asserito rifiuto ucraino al negoziato, si inseriva l’elemento territorio come dirimente.

L’articolo di Asia News , un blog con sede a Washington, consente la rilettura della crisi ucraina alla luce di una rivelazione – nota ma passata sotto silenzio- ribadita anche nel sottotitolo del post: il veto assoluto a negoziati, é stato imposto dal governo USA e non dalla dirigenza ucraina che, per rassicurare l’alleato, ha dovuto promulgare un apposito decreto.

Naftali Bennet – all’epoca primo ministro d’Israele– al primo accendersi degli scontri, si precipitò in loco avvantaggiato dagli eccellenti rapporti con entrambe le parti. La prima diede subito la sua disponibilità al negoziato, ma l’Israeliano si trovò di fronte al muro americano che gli proibì ogni ulteriore passo. Ora Bennet non é più il premier di Israele..

All’annuncio di “una iniziativa di pace” che la XI Jinping avrebbe avanzato tramite il suo consigliere Wang Hi, fu a tutta prima annunziato un viaggio del segretario di Stato Antony Blinken a Pechino e poi messa in opera a freddo la crisi dei palloni meteo che anche se immediatamente sgonfiati, diede modo ai cinesi di misurare contro quale muro pubblicitario sarebbero andati a sbattere. L’iniziativa é stata subito degradata a “ proposta” e condita con l’impegno a non rifornire i russi. Di più: Wang Hi prima di andare a Mosca, ha ritenuto opportuno passare per Washington…

Anche la irremovibile neutralità indiana si é vista aggredita in casa: la BBC ha improvvisamente rispolverato il coinvolgimento del premier Narenda Modi nel pogrom di mussulmani avvenuto nel lontano 2002, con un servizio mandato in onda in India. Modi ha reagito con una perquisizione degli uffici della BBC indiana durata tre giorni interi intendendo con questo chiarire agli inglesi che il loro protettorato era cessato nel 48.

L’irrigidimento americano dell’assedio alla Russia é giustificato dai rischi che il partito democratico e non più il solo Biden corre dato l’approssimarsi dell’appuntamento elettorale presidenziale e la “ ribellione” che l’intelligence community sta mettendo in opera con la rivelazione a Seymour Hersh dei dettagli del sabotaggio al gasodotto north stream, posseduto solo per un quarto dalla Gasprom russa mentre il restante pacchetto azionario é detenuto da tre società occidentali con sedi rispettivamente in Francia, Germania e Svizzera.

In pratica, mentre la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato – che dipendono dal presidente- stanno facendo pressing per rafforzare tempi e modalità dell’assedio, l’intelligence community sta prendendo le distanze assieme a una fetta dell’opinione pubblica USA ( il 26% degli americani e il 50% degli inglesi dichiara “eccessivo” l’aiuto dato agli Ucraini) e il Congresso ( in specie la Camera dei rappresentanti che – sola- ha i cordoni della borsa), pur non volendo rovesciare platealmente la politica estera adottata, ha iniziato a fare le bucce al presidente chiedendosi per quanto tempo ancora si vorrà fragilizzare il dollaro , sotto attacco da parte dei BRICS, rafforzare la posizione interna di Putin, inamovibile finché dura lo scontro, fragilizzare l’ONU e la posizione di Israele ( il Consiglio di sicurezza ha pena votato all’unanimità una mozione di condanna per gli insediamenti nei territori occupati con la guerra del 1967), fragilizzare l’alleanza con gli europei che possono ormai lamentare anche lo svuotamento dei magazzini militari oltre che delle rispettive economie. L’Unione Europea sta disgregandosi (Biden telefona e Meloni va e fa, mentre fino a che lo diceva la VDL ha marcato visita) mentre la Cina sta capitalizzando sulle frizioni tra i blocchi e ha la certezza di non essere disturbata fintanto che dura la crisi in Europa. In pratica, Cina e USA e Putin convergono solo sulla opportunità che la Russia resti impantanata, ma su null’altro, ma i poveri ucraini non ce la fanno più e nemmeno noi.

Alle beffarde affermazioni televisive di Biden che si reca in Ucraina per dare a Zelens’kyj il sostegno psicologico necessario a continuare non avendo ormai la certezza di poter inviare armi e denari, Putin ha chiarito – in Parlamento- che l’opzione nucleare che ha ventilato riguarda più gli USA che l’Europa. E’ con la anticipata consapevolezza di questo pericolo concreto che l’intelligence community ha deciso di contrastare il presidente a colpi di indiscrezioni e distinguere le responsabilità?

QUALE DESTINO RISERVANO USA E SATELLITI ALLA REPUBBLICA ALGERINA ( e a noi) ?

ASSIEME ALLA RUSSIA E ALL’IRAN, L’ALGERIA HA LA PALMA DELLA INIMICIZIA AMERICANA. ALLA PRIMA OCCASIONE GLI RISERVERANNO IL DESTINO DELLA LIBIA? E NOI CI PIEGHEREMO ANCORA?

Per i prossimi tre/cinque anni, la Repubblica Algerina sarà la Nazione più ricca d’Africa oltre che la più vasta e militarmente equipaggiata. Forte della indipendenza conquistata nel 1962 con gli Accordi di Evian che il generale De Gaulle definì «la pace dei valorosi» piegando le resistenze politiche e militari caratterizzate da miopia e ribellismo fine a se stessi.

Richiamato dall’esilio di Colombey les deux Églises dove i partiti lo avevano ghettizzato, nella speranza che risolvesse la crisi creatasi con la ribellione algerina del 1954 e la conseguente rabbia dei militari incapaci di aver ragione dei fellagha appoggiati dai vicini arabi ( Tunisia ed Egitto) e dall’ENI di Enrico Mattei, il generale realizzò uno spettacolare rétablissement e negoziando direttamente con la la Nuova Algeria, subendo un tentativo di Putsch di «  un quartetto di generali » disarmati con un discorso in Tv, superando un attentato da parte di Bastien Thierry e i sospetti americani che lo considerarono sempre « un fascista che si era trovato dalla parte sbagliata del fronte. »

Un destino e una definizione che affibbiano a chiunque nutra ambizioni nazionali come le loro…

La Nuova Repubblica algerina, da allora é sempre stata diretta con mano ferma, alcuni che non conoscono il paese dicono troppo ferma, da componenti del FLN ( Fronte di liberazione Nazionale) che diresse la guerra di indipendenza e gli accordi – paritari e leali- con l’ENI fornirono i mezzi per il sostentamento del bilancio nazionale. Il presidente Addelaziz Bouteflika (ultimo ex FLN,era il segretario di Houari Boumedienne) recentemente sostituito da Abdelmajid Tabboune dopo un periodo di movimenti popolari a seguito dell’annuncio che il Bouteflika aveva deciso di brigare un quinto mandato.

La tradizione ribellistica che ha piegato la Francia ha ancora radici democratiche possenti.

Superando d’un balzo mezzo secolo di storia il cui fatto saliente é un decennio di guerriglia Jihadista finanziata dall’Arabia Saudita negli anni novanta – sospetto incoraggiata dagli americani anche per vecchi rancori legati alla distanza presa dagli USA e la scelta della Russia come fornitore di armi e formatore del corpo degli ufficiali ( mentre mandarono gli ingegneri a studiare negli USA) – arriviamo ai giorni nostri ed al secondo «sgarbo» fatto agli USA di sostenere la Libia di Gheddafi ( e ospitarne la famiglia) nel suo scontro con la NATO.

Il primo sgarbo fu l’aver dato asilo politico ai pochi esponenti delle pantere nere americane sfuggite alle uccisioni della polizia USA e l’asilo dato all’Assange degli anni settanta, il professore universitario Timothy Leary, uno psicologo ribellatosi alle follie della CIA e servizi annessi e ai loro esperimenti con l’LSD.

Craxi e Andreotti rinnovarono e rafforzarono gli accordi con Algeri e la rottura con le forniture russe volute dal PCI-PDS-PD ha spinto Mattarella, Draghi e Meloni a rinnovare e ampliare gli accordi tradizionali e l’incauta premier é giunta a confessare in pubblico l’ambizione di vedere l’Italia diventare «  l’hub europeo del gas algerino ». La dichiarazione ha avuto l’attenzione dei principali media occidentali e probabilmente a palazzo Chigi sarà stato considerato un successo.

L’Algeria, invece, ha reagito stipulando una convenzione militare con la Russia e aumentando di più del 127% il proprio bilancio della Difesa che passa da 10 a 22 miliardi di euro; facendo richiesta ufficiale di aderire al gruppo BRICS ( Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) blocco in consolidamento che punta tra l’altro a sostituire il dollaro USA nel commercio internazionale e creare una alternativa al FMI ( fondo Monetario Internazionale), candidandosi quindi al ruolo di liberatore dell’Africa dal servaggio economico occidentale in aperta contrapposizione con la politica USA e anglo-francese).

Il già florido bilancio statale algerino sta diventando ricchissimo grazie alla surroga della Russia come fornitore privilegiato dell’Europa. Il governo Biden ha dovuto naturalmente evitare di obbiettare a questo nuovo partner della UE che spera di soppiantare in un prossimo futuro coi giacimenti del mediterraneo orientale ( Leviathan e Tamar) e i nuovi giacimenti trovati dall’ENI «  nelle acque profonde del mediterraneo di fronte al delta del Nilo » e che dovremo spartire per evitare nuovi casi Regeni volti a porre cunei nella nostra collaborazione con l’Egitto e il mondo arabo in generale.

A settembre, i soliti membri del Congresso USA asserviti alle lobby delle armi e il senatore Cruz – noto per essere il ricattatore della Turchia per alcune forniture militari – ha già rispolverato contro l’Algeria, il CAATSA ( Countering America’s Adversaires Through Sanctions Act), una legge demenziale che autorizza il Senato a irrorare sanzioni a qualsiasi paese non compri armamenti made in USA), ma si tratta di un’arma quasi spuntata dato che non sono riusciti a applicare questa legge alla Turchia che ha acquistato l’eccellente sistema contraereo russo S400 che é un autentico « game changer » nel Mediterraneo Orientale.

Gli algerini, oltre al sistema S400 ormai molto desiderato, hanno ordinato sottomarini capaci di lanciare missili e equipaggiato 4 reggimenti di mezzi terrestri mobili con gli stessi scopi. Hanno inoltre iniziato a comprare dalla Cina per evitare strozzature russe dovute al conflitto ucraino.

La rendita idrocarburi, gli algerini la stanno utilizzando per rompere l’isolamento costruito dagli occidentali appartenenti alla NATO. A questo gli italiani stanno contribuendo anche se con qualche ambiguità e sospetti dovuti alla mancata osservanza del protocollo Berlusconi con la Libia e alle ingenuità politiche del nostro segretario Generale della Difesa Luciano Portolano che vaneggia definendo l’Algeria « un importante partner UE e NATO ». Il paese ha combattuto duramente, subito un attacco dal Marocco e uno dai sauditi e alla indipendenza da tutti ci tiene.

Hanno anche iniziato con la ricerca della solidarietà araba – assumendo la difesa-rappresentanza dei palestinesi e ospitando la prima riunione della LEGA ARABA ad Algeri, a lungo deserta ( 3 anni) per via dei contrasti interni e dell’epidemia mondiale di Covid. Con la sola eccezione di Mohammed Ben Salman che si é dichiarato ammalato, ma non ha avuto la forza di rifiutare, hanno partecipato tutti ( Marocco incluso, benché il contenzioso sul Sahara ex spagnolo li divida a tratti anche aspramente) ed é stato un gran successo politico e diplomatico.

Ci sono tutti gli ingredienti di inimicizia e rivalità per organizzare un trappolone contro gli algerini al momento adatto ( e se vincono in Ucraina…), ma fino a che durerà il conflitto ucraino, l’Algeria si sentirà al sicuro da attacchi ,incerta però quanto ai rifornimenti di armamenti strategici.

Per uscirne,conta sul rafforzamento delle forze armate e il ricordo i vecchi aiuti forniti con correttezza e generosità a molti ( compresi noi: fu il servizio segreto algerino ad avvertirci che Abu Nidal ci avrebbe attaccato indicando obbiettivi, giorno e ora. Fummo noi a non saper sfruttare l’aiuto. L’attacco a Fiumicino costò due vite e alla sinagoga quella del piccolo Tasché).

Cosa faremo se si dovesse ripetere uno scenario di tipo libico? Siamo disposti a subire ancora una volta? Cominciamo a chiedercelo e smettiamo di fare confusione tra gli interessi del governo americano ( e francese) e i nostri legittimi interessi. L’Algeria ha appena rotto i rapporti con la Spagna ( e li ha pessimi con Macron) proibendo l’importazione di merci da quel paese mostratosi troppo favorevole al Marocco nel contenzioso sahariano. Noi possiamo sostituire anche la Spagna a patto che impariamo a fare gli affari nostri e non quelli di Biden e Cruz e ricordiamoci che l’Algeria ha creato una NATO in miniatura coi paesi del centro Africa e può anche influire sui flussi migratori.

LA STRATEGIA DI PAPA FRANCESCO NON É’ ESTEMPORANEA E POGGIA SU DUE SECOLI DI PRECEDENTI.

SBARCA NEI DUE PAESI-PREDA DEI MERCANTI DI MINERALI E CANNONI E LANCIA L’OFFENSIVA DI PACE APPOGGIATO DALLE ALTRE CONFESSIONI CRISTIANE. NON E’ PIÙ’ TEMPO DI FINEZZE TEOLOGICHE. VUOLE APPLICARE I VANGELI. PARADOSSALE IMBARAZZO TRA I CATTOLICI DI GOVERNO E SOLIDARIETÀ’ DAI PROTESTANTI.

Gli stati non allineati con la politica russa del governo americano suscettibili di produrre effetti “domino,” sono tre: India Turchia e Vaticano.

L’India si rifiuta ostinatamente di prendere posizione sul conflitto ucraino rievocando il movimento neutralista dei “non allineati” della guerra fredda capitanati da Jawaharlal Nehru, Tito, Gamal abd el Nasser e l’indonesiano Kusno Sukarno ( semplificazione di Sosrorihardjo) che ebbe grande successo tra i paesi del terzo mondo. Sterminata da assassini politici la dinastia Nehru-Gandhi l’attivismo diplomatico indiano langue, ma il rifiuto a schierarsi é netto.

L’accerchiamento politico della Turchia é iniziato con una serie di frizioni che si sono innestate sul preesistente conflitto curdo ( paradossalmente ereditato, via Israele, dall’URSS che l’aveva creato nel 1987 per disturbare il fianco destro dell’alleanza atlantica) per estendersi al settore delle forniture militari (l’estromissione dalla produzione degli F35 prima, il limbo sugli ammodernamenti degli F16 ora) e una serie di iniziative miranti a isolare i turchi in seno all’alleanza declassando indirettamente il fianco sud ( esistente )per potenziare l’ala scandinava ( potenziale) e culminato con cauti ammiccamenti para elettorali all’opposizione ( l’entrata in vigore in Svezia di una legge antiterroristica – richiesta da Erdogan- ma che andrà in vigore solo dopo le elezioni turche in maniera da non avvantaggiare il governo uscente), la chiusura dei consolati di otto paesi NATO ( Italia, Francia, Belgio, Olanda, UK, Svezia, Germania, USA, più la Svizzera) nelle città principali ( Ankara, Istanbul, Smirne, Alessandretta) pretestando pericoli di terrorismo per scoraggiare l’imminente stagione turistica fonte primaria di reddito del paese.

Più sofisticata, e appena iniziata, la fronda contro le insistenti esternazioni papali a favore della pace, scontate ma disturbanti, con una campagna di esaltazione della figura e ruolo di Benedetto XVI.

Ma la controffensiva vaticana é stata immediata, a suo modo violentissima e strategicamente brillante, realizzata con alleati impensabili e si é sviluppata nel continente che gli americani nell’ultimo decennio avevano costellato di basi militari e consideravano dover contendere solo alla Cina: l’Africa.

PERCHÈ L’AFRICA

Il 2 marzo 2022, un’Africa sconosciuta alle cancellerie occidentali si affacciò nella sala delle assemblee dell’ONU: al momento della votazione della risoluzione che deplorava “ l’aggressione militare russa all’Ucraina” e chiedeva “l’immediato ritiro delle truppe dal paese aggredito”, si é scoperto che il 50% dei paesi che non hanno votato la mozione era africano.

Su 35 paesi che non avevano votato a favore, 17 erano africani ( più la solita Eritrea che ha votato contro). Oltre a questi diciassette, otto altri paesi africani – collegati agli USA da motivi di assistenza- hanno giocato la carta dell’assenza al momento del voto.

Diciassette, più otto, più uno, fa ventisei paesi africani che hanno compiuto un sorprendente gesto di ribellione contro l’occidente, mostrando di aver più memoria e senso di giustizia di tutti i paesi europei che continuano stancamente a sostenere tesi ormai insostenibili.

In Africa, ha suscitato ironie la pretesa di usare due pesi e due misure per la Russia mentre non c’é quasi paese africano che non porti nelle sue carni i segni di un bombardamento, una invasione o una spedizione punitiva anglo o franco o americana oppure congiunta, fatta in barba ai principi dell’ONU, come é avvenuto in Siria, a partire dalla Libia di Mohammar Gheddafi, per risalire, attraverso gli interventi militari del Belgio in Congo ( e l’assassinio di Patrick Lubumba – eroe dell’indipendenza congolese – ammesso dalla CIA qualche anno fa), gli interventi francesi con mercenari in Biafra e in Ruwanda fino alla spedizione di Suez nel 1956 per limitarci a rimanere in Africa, in epoca post coloniale.

Il fatto nuovo é stato la spontaneità della reazione corale, che dimostra un rancore covato per due secoli ed ora esploso con l’approvazione popolare. Per saperne di più vedi il link del mio articolo del 2014 sulle crudeltà europee in Africa: https://corrieredellacollera.com/2014/05/06/i-rapimenti-di-donne-e-bambini-in-africa-sono-stati-introdotti-dallamministrazione-coloniale-e-denunziati-da-savorgnan-di-brazza-che-pago-il-suo-gesto-con-la-vita-pubblicato-il-suo-rapporto-dopo-10/

Un segno del nuovo equilibrio politico é rappresentato dall’invito del Burkina Faso ( miniere d’oro) alle truppe francesi di evacuare il paese entro 30 giorni.

Un altro ancora: in Etiopia, l’Abuna Mathias , patriarca della chiesa copta ortodossa ha scomunicato tre vescovi che vedano aderito – appoggiati dal governo centrale (presieduto da Abyi Ahmed, nativo dell’Oromo e premio Nobel per la pace ) – a uno scisma “nazionale” nello stato dell’Oromo ( ex Galla negli anni trenta) e, a seguito degli attentati ai fedeli che hanno causato decine di morti ( il governo ne ammette tre), ha querelato le autorità preposte alla sicurezza dello stato Oromo ( omissione atti d’ufficio) per non aver protetto i fedeli radunati nelle chiese assaltate. Rivolta morale impensabile fino a un anno fa. L’inviato dell’Abuna Mathias in Oromia é stato accolto da una folla oceanica.

Ancora uno : il 7 novembre scorso, é giunta la richiesta ufficiale dell’Algeria di aderire al gruppo BRICS ( Brasile, India, Russia, Cina e Sud Africa) che mira a soppiantare il dollaro nel commercio internazionale, rafforzato dalla vittoria di Lula in Brasile e che vede la credibilità mondiale del biglietto verde scesa al 60%, dall’80% degli anni 70.

L’ultima novità, ma solo per non annoiare: all’ONU si parla di allargare il Consiglio di sicurezza, con un seggio all’Unione Africana. Ormai tutti riconoscono che che l’assenza di un paese africano dal Consiglio sia un fatto scandaloso, ma solo adesso la musica sta cambiando. D’altronde all’atto della fondazione dell’ONU i paesi aderenti erano 51 con 11 membri del Consiglio di sicurezza e i paesi africani indipendenti quattro. Ora le Nazioni presenti sono 193 i membri del Consiglio 15 e i paesi sovrani d’Africa 54…

In questa situazione si é inserita la visita papale in Congo, (grande dieci volte l’Italia) un paese senza pace dal 1960, e all’ultimo nato, il Sud Sudan (due volte l’Italia e zeppo di petrolio), sorto dalla scissione del Sudan dopo guerriglia ultradecennale ora trasformatasi in guerra civile, dove, per mancanza di denaro contante, i miliziani vengono pagati in donne da usare a piacimento.

Francesco é stato ricevuto come un redentore con folle in preghiera, attente e plaudenti e autorità intimidite dal tono profetico del Pontefice. Semplice il messaggio: basta guerre, basta denari grondanti sangue, basta depredare l’Africa. Non sono stati fatti i nomi dei predoni. Li conoscono, li conosciamo tutti. L’assassinio dell’ambasciatore Luca Attanasio (sposato con una splendida fanciulla di origine marocchina e mussulmana, tre figli) del suo autista congolese ( Mustafa Milambo) e di un carabiniere di scorta (Vittorio Iacovacci) ha completato l’assalto dei martiri pacifisti al forziere delle multinazionali, spazzando via ogni differenza razziale e religiose.

Dalla generica richiesta di pace o almeno di una tregua in Ucraina – presentando alla processione del giovedì santo una famiglia ucraina ed una russa trascinare assieme una croce – siamo fulmineamente passati a colpire al cuore il capitalismo da rapina, lo sfruttamento selvaggio degli esseri umani, esponendo di fronte al mondo intero il movente : Diamanti, Uranio, Oro, Tungsteno, Cobalto, Coltan, Stagno e cento altre risorse indispensabili alla tecnologia, ai cellulari, all’industria spaziale, a chiedere, anzi a pretendere “ in nome di Dio” una pace immediata e “ su tutti i fronti di guerra.”

Prevedendo l’isolamento del Vaticano e attacchi al Pontefice da parte delle potenze dove hanno sede le società colpevoli di questi misfatti secolari, il Papa si é accompagnato, a sorpresa, con il moderatore della chiesa di Scozia e dell’arcivescovo di Canterbury Welby. La ingiunzione non é quindi venuta dal solo mondo cattolico, ma dall’intero mondo cristiano, salvo quegli ortodossi con cui l’occidente é in guerra, la cui posizione nel conflitto é scontata e che sarebbe stata facilmente criticabile.

I PRECEDENTI VATICANI

La posizione del Papa non é censurabile neppure sotto il profilo dottrinale. A parte che ha condannato l’aggressione russa fin dal 27 febbraio ed é andato personalmente dall’ambasciatore russo presso il Vaticano per chiedere udienza a Putin , ripete il 14 aprile la sua condanna ( “ L’Ucraina é stata aggredita e invasa”) e ha definito il Patriarca Kirill “ragazzo del coro ” di Putin.

La crisi di Cuba ha visto Papa Giovanni XXIII intervenire favorendo il negoziato tra il presidente USA Kennedy e il segretario generale del PCUS Nikita Krusciov. Poi, sempre per Cuba, quello il lavorio tra presidente americano Barak Obama e Fidel Castro che ha posto fine all’embargo che durava dal 1960.

Giovanni Paolo II e Ronald Reagan hanno collaborato attivamente per far cadere il muro di Berlino, ma questo non ha impedito al Vaticano di criticare l’invasione dell’Irak ( altra licenza poetica americana rispetto alla carta dell’ONU) sia nel 1991 che – in special modo- nel 2003. Il discorso di Paolo VI alle Nazioni Unite nel 1965 va in questo senso, senza bisogno di scomodare Benedetto XV e le sue invocazioni contro la prima guerra mondiale. Posso capire l’imbarazzo di quanti si dicono cristiani e il timore di essere presi tra l’incudine elettorale e il martello americano, ma specie gli italiani, dovrebbero rileggersi il passo del concordato del 1929 in cui é previsto il diritto vaticano all’intervento in questa materia. Bisogna che anche Biden e Blinken – e chi per loro – si rassegnino: la difesa della pace e della vita umana fa parte, per dirla con parole che possono capire, del core business del Papato, per unanime riconoscimento.

L’ultimo appello di Francesco prima di lasciare Kinshasa é rivolto alla gente comune e non ai potenti:“Non lasciatevi manipolare da individui o gruppi che cercano di servirsi di voi per mantenere il vostro Paese nella spirale della violenza e dell’instabilità, così da continuare a controllarlo senza riguardi per nessuno” ( da “Avvenire” del 5 febbraio u.s.) mi ha ricordato l’inno dei giovani di Nuova Repubblica scritto da Randolfo Pacciardi, uomo di diversa cultura ma di identico sentire verso i suoi simili “ studenti ed operai/ borghesi e proletari/ chi vi divide impera / facendo i propri affari”. Deve essere il motivo per cui di questo Papa mi piace la comunicazione planetaria e trovo abbia ragione: il Cristianesimo non é una scienza. E’ una prassi.

LA GUERRA UCRAINA: QUANTO SARA’ LUNGA?

CHI VUOLE CHIUDERLA E CHI NO. I PRO E I CONTRO

Il mese di gennaio 2023 é stato particolarmente prolifico per la RAND Corporation sul tema della guerra ucraina. I temi sono sempre più delicati: ” OPERATIONAL IMPERATIVE” é un tentativo maldestro di indirizzare l’escalation dell’avversario verso una rappresaglia circoscritta e rivela il timore che – cercando di estendere il conflitto- si ottenga invece una escalation qualitativa verso un conflitto nucleare contro gli USA e l’altro, ” AVOIDING A LONG WAR” sembra una risposta a quanti insistono per far cessare lo scontro. La RAND insiste sui vantaggi di un prolungamento, evidentemente ignara , o noncurante, della frase di SUN ZU ” La guerra é simile al fuoco, quando si prolunga mette in pericolo chi l’ha provocato”. Al solito, trovate i link qui sotto per farvi una opinione personale leggendo i rapporti. spero di provvedere presto a una traduzione imperfetta.

https://www.rand.org/pubs/perspectives/PEA1996-1.html

https://www.rand.org/pubs/perspectives/PEA2510-1.html

La RAND CORPORATION , certamente a seguito delle pressioni papali ( oltre un miliardo di cattolici nel mondo e una crescente influenza sul mondo ortodosso – oltre 200 milioni di fedeli e la prospettiva di un concordato con un miliardo e quattrocento milioni di cinesi- che viene indicato con uno sbrigativo ” other western capitals” di certo non quelle che riforniscono armamenti) ha risposto a due importanti preoccupazioni del governo americano anche se presentate come una ricerca commissionata da enti non bene identificati.

La prima preoccupazione é riassumibile nel timore di una “unintended escalation” russa contro gli USA e il documento N1 ( Operational imperative) cerca di attirare l’attenzione suggerendo la stravagante ipotesi di un attacco a una base USA oltremare. Lontana dal territorio degli Stati Uniti.

Immagino che si sia trattato dei risultati del colloquio avvenuto in Turchia tra i capi dell’intelligence russo e quello americano: nessuno colpirà il territorio dell’altro per evitare “ uncontrolled escalation.” In realtà, si tratta di un tentativo di sviare una rappresaglia dagli USA e servirebbe solo a rinsaldare i paesi satelliti attorno alla nave ammiraglia in cerca di finanziamenti e protezione. Il documento dispensa infatti consigli vecchi di mezzo secolo sulla creazione di ostacoli passivi in cemento e hangar a orientamento variabile per evitare ad aerei attaccanti di colpire più mezzi con un solo passaggio aereo.

Poiché un blitz armato non potrebbe comunque sostanziarsi in un colpo mortale e definitivo, credo che i russi dovrebbero porsi come obbiettivo strategico non tanto la distruzione di beni materiali quanto la distruzione del prestigio degli Stati Uniti in misura uguale o maggiore dei colpi inferti alla Russia con gli attentati al ponte di Crimea o a basi interne al territorio moscovita in analogia all’attacco alle due torri di Manhattan ( World trade Center) dell’11 settembre 2001 effettuato da Osama Ben Laden con il solo sacrificio materiale di venti uomini.

Non vorrei passare per il basista di un’azione di questo tipo, ma se dipendesse da me, manderei un paio di navi mercantili e disarmate, cariche di cemento precompresso, nel canale di Panama all’altezza delle chiuse dove potrebbero scontrarsi o comunque autoaffondarsi bloccando il passaggio nevralgico tra le coste est ed ovest degli Stati Uniti per un tempo da definire, ma congruo.

Un tiro mancino del genere, inferto, senza sparare un colpo, creerebbe un ostacolo strategico tra la flotta Atlantica e quella del Pacifico, tra le basi di Norfolk e quella di San Diego, obbligherebbe gli Stati Maggiori a rivedere una montagna di calcoli.

Il baricentro strategico passerebbe nelle mani della Marina e costituirebbe un fiero colpo al prestigio politico e militare degli USA specie nei confronti del mondo latino americano e quello medio orientale, sensibili ai coups d’eclat dando una boccata di ossigeno agli alleati europei sottoposti finora a incessanti pressioni da uno stato maggiore che, oggi, ha come unico focus la questione ucraina e domani dovrebbe decidere come far riacquistare la flessibilità operativa strategica al suo strumento di dominio principale e con quali tempi.

Più articolato e interessante il secondo documento (avoiding a long war) col quale si vuole rispondere con argomentazioni strutturate al grido di dolore che da tante parti del mondo si alza ormai contro la guerra che ha già dimostrato di essere a lunga durata. Questo mia risposta serve a dimostrare che la risposta é meno strutturata, logica e realistica di quel che appare a una lettura superficiale o non competente.

Innanzitutto, quando si affronta un tema gremito da – lo riconosce anche la RAND- stakeholders, bisogna esaminare le posizioni e il peso di tutti. Errore grave, da matita blu, per chiunque abbia velleità di suggerire strategie globali, ignorare parti del problema sperando nessuno se ne accorga. Nel documento non si citano , nemmeno di sfuggita, la Cina e l’Unione Europea. Il termine “NATO” viene usato per mascherare le scelte degli Stati Uniti e la posizione subordinata della Unione Europea spesso citata come ” alleati”. Ma le posizioni dei vari alleati sono variegate e spesso contrastanti anche se, per ora, coperte da dichiarazioni ambigue e ringhi a mezza bocca. Mi viene a mente l’espressione “ Drowsy dog” termine con cui la NATO indicava esercitazioni improvvise fatte a mò di cani ancora sonnacchiosi ma già ringhianti.

Alcuni punti fermi condivisibili sono: il fatto che con la dichiarazione del 21 settembre e il richiamo alle armi di 300.000 uomini, Putin ha dato il segnale che la guerra si sarebbe prolungata, che i negoziati segreti tra le parti per fermarsi prima dell’irreparabile sono cessati a maggio e che il possibile fronte di guerra si estende per mille km.

A questi vanno aggiunti quattro dei cinque punti di valutazione che cito in inglese per evitare equivoci:

1possible Russian use of nuclear weapon

2Possible escalation to a Russia-NATO conflict

3Territorial control

4Duration

5War termination

COMMENTO PERSONALE

Il grosso dell’argomentazione americana del punto 1 si aggira attorno al possibile uso di armi nucleari ricorrendo alla distinzione tra armi nucleari strategiche e tattiche e il tema si confonde col punto 2 circa una possibile escalation del conflitto tra la Russia e la NATO.

Entrambe queste argomentazioni servono ad affermare l'”ubi consistam” degli USA nell’alleanza ( il nucleare) e a creare l’abitudine a considerare come luogo privilegiato del conflitto, il Continente Europeo, sviando l’attenzione dal più vulnerabile territorio americano.

La Russia ha oltre 17 milioni di chilometri quadrati di territorio e un maggior numero – rispetto agli USA- di città industriali con uno/due milioni di abitanti. Gli USA hanno metà superficie ( 9 milioni ) e quindici grandi città che costituiscono il nerbo finanziario e industriale del paese. Distrutte – in tutto o in parte- queste, degli Stati Uniti resterebbe, al più, una flotta imponente senza territorio in grado di chiamarsi Patria.

La teoria MAD ( mutually assured destruction)risale agli anni 80 ed é una teoria americana che mirava a proteggere proprietà, industrie, infrastrutture e banche private. Valutazioni non tutte valide per la Russia e certamente non valide per una Russia portata alla disperazione.

Il punto 3 “territorial control” non vale proprio la pena di soffermarcisi per la non necessità di territorio dei russi e la strumentalità delle argomentazioni moralistico-giuridiche. Nel 2012 o 13, fui in Russia e venni interpellato da un Think Tank con cui ero in rapporto, circa la possibilità di recuperare o vendere le industrie ucraine definite “improduttive e obsolete”. Risposi dicendo che il solo asset che potevano trarre era la popolazione acculturata, vista la decrescita demografica in atto in Russia. Mi pare che abbiano tratto le stesse conclusioni.

Sulle considerazioni umanitarie, giuridiche ed etiche, ripeto che non vale la pena soffermarsi data la strumentalità dell’argomento e dell’uso che se ne fa in questo documento.

Nel caso della crisi e successiva guerra di Serbia e la creazione del protettorato USA del Kosovo ( che peraltro quasi nessuno ancora riconosce come stato), gli USA si comportarono esattamente come russi con l’Ucraina, quindi considero le argomentazioni moralistiche come una boutade buona per i governanti di complemento raccattati per l’occasione: le varie Liz, Annalena, Giorgia, Sanna, Ursula Rishi e Guido il laureato.

Non riuscendo a sostenere decentemente “l’interesse degli USA” (lo definisce così il documento in più di un punto) senza mentire o omettere, gli estensori se la cavano citando una frase di Biden e prevedendo, invece di una lunga guerra, ” una durata media”.

Nei documenti Usa si evoca spesso la sostituzione di Putin al potere e mai il fatto che l’anno prossimo é un anno elettorale negli Usa e che i bookmaker danno Biden perdente netto e – altro fatto incontrovertibile- che gli apparati di sicurezza di matrice comunista non hanno mai subìto un colpo di stato ( Da Menghistu a Fidel Castro).

In tutta questa analisi, la Cina si fa finta che non esista ( mentre in caso di scambio nucleare sarebbe la sola vincitrice e in caso di scontro “tradizionale” sarebbe l’arbitro della partita) e sul finire appare il solo innegabile vantaggio per gli USA: ” Allies ( leggi EU) may further reduce Energy dependance on Russia and increase spending on their down Defence” con la spiegazione ” the trend appear to be well established already”. Già, ma vorrei chiedere “for how long” comprimeremo la domanda per far funzionare le Sanzioni alla Russia e riempire i forzieri dei petrolieri USA.

La guerra durerà fintanto che la popolazione europea non inizierà a dimostrare di essere stanca e fintanto che il Papa, forte di questo primo successo di opinione non deciderà di passare dalla predicazione all’azione, magari attraendo attorno a sé tutti gli amici della pace e usando la minaccia della scomunica ai cattolici guerrafondai: non si può servire ad un tempo Dio e Mammona. E molti dei 470 deputati europei citati da ” Avvenire” di avant’ieri che hanno respinto una mozione ” invitante alla ricerca ANCHE di una via diplomatica”sono cattolici. E anche Biden é come un Doroteo veneto dei bei tempi: é sotto elezioni.

La vera guerra sta per iniziare adesso ed é tra chi vuole l’allargamento della guerra europea e chi vuole il negoziato. E siamo la stragrande maggioranza.

K CONTRO K : UNA MINI POLEMICA CHIARIFICATRICE CHE MOSTRA L’IRRITAZIONE USA PER DUE COLPI DI KISSINGER ANDATI A SEGNO.

UN FORSE AMERICANO CON NOME FORSE RUSSO INTERVIENE INVITANDO A NON CREDERE A KISSINGER E ALLA SUA IDEA METTERNICHIANA DI NEGOZIATO BASATO SULLA REALTA,’ CONTRO LE OPZIONI POLITICHE DETTATE DA COMPUTER GESTITI DA STAGISTI

L’attacco frontale di Kissinger all’amministrazione Biden aveva due cariche esplosive: una di critica alla mancanza di idee dell’amministrazione democratica della crisi ucraina e l’altra diretta al Pentagono e alla sua mania di rivolgersi a società di consulenza che a loro volta si affidano al software dei computers per compiere scelte che richiedono esperienza e cultura politica, economica e geografica che manca ai giovanotti impiegati dalle varie fondazioni e Think tank, con la conseguenza che le scelte governative sono scelte senza memoria e senza cultura.

Per consentire al lettore di ricostruire i termini della questione, ecco qui sotto il link dei primi due tempi della divergenza tra la tesi di Kissinger e le critiche di un certo Anrew Kobriko, contributo di L’Italia e il mondo, blog cui contribuisco anch’io. Su questo terreno d’incontro misto, ci siamo scontrati.

Non è possibile che Kissinger si aspetti che qualcuno prenda sul serio la sua ultima proposta di pace, di ANDREW KORYBKO

Ecco una delle solite conseguenze delle sanzioni: in Russia, é nata una concorrente della Coca Cola. Si chiama Cola e costa 82,3 rubli ( pari a un dollaro e diciannove cento ovvero un euro) nella confezione da un litro e mezzo.

Meno della quasi omonima bevanda americana qui in Italia.

Nella foto: due confezioni in offerta speciale in un supermercato moscovita.

Andrew Koribko, ha come tanti, troppi, russi, il complesso del «cornuto amareggiato »nei confronti del rapporto Ucraina-USA e – non potendo vendicarsi sul troppo robusto marito – si accanisce sulla ormai ex moglie cercando di portarle via i gioielli, i figli, i ritratti di famiglia.  


Litiga anche con i parenti di lei ( noi europei) sottolineando il fatto che é alla Russia che dobbiamo la nostra prosperità basata sull’energia a ( relativamente) basso costo. Fa un ricatto economico, incapace di ricorrere alla mozione degli affetti che gli avrebbe procurato almeno un pò di comprensione.
Le accuse? Sono tutte vere, da entrambe le parti, ma tutto inutile. La realtà non cambia.


La Merkel ha dichiarato in una recente intervista che la sua politica, con gli accordi di Minsk ha fatto guadagnare tempo prezioso all’Ucraina  e agli USA che ne hanno approfittato per addestrare ed equipaggiare gli ucraini e realizzare una sorpresa in campo tattico ai danni dei russi.
Il ricorso dei russi all’utilizzo dello strumento militare, per dirla con Talleyrand, «  é stato peggio di un crimine: é stato un errore. »


Dal dopo Khrushev in poi, la Russia ha collezionato una serie impressionante di successi diplomatici, dall’ Asia all’ America Latina, e rovesci militari ovunque abbia cercato di usare lo strumento militare :  da Cuba, alla Cecoslovacchia, all’Afganistan, al patto di Varsavia, all’Ucraina.
D’altra parte, gli USA hanno caldamente sfruttato i punti deboli della mentalità russa per procurare loro la pessima fama di macellai, smerdare la classe militare impreparata e negligente, creare fratture in seno alla dirigenza del Cremlino e recuperare credibilità nei confronti degli alleati europei, anche se hanno dimostrato che gli USA sono pronti a tutto tranne che a intervenire in difesa degli amici, altro che con crediti e prestiti.


Per venire all’articolo su Kissinger, Kobriko ha commentato in maniera maldestra e inadeguata per «  analista di politica internazionale ».
La politica, la geopolitica se preferite,  si fa con quel che c’é  e concludere una tregua/ pace/ negoziato, usate i termini che preferite, restituirebbe a chi la promuove la capacità di iniziativa politica oggi carente e autolesionista.

Per non avere la NATO a 450 km da Mosca, adesso i russi hanno la NATO, con la Finlandia, a venticinque km da San Pietroburgo. Gli USA, invece, hanno “difeso” l’Ucraina dimostrando l’inutilità della NATO stessa: per inviare armi e fare prestiti basta una buona intendenza e magazzini non c’é bisogno di truppe che non si vogliono usare per paura di veder colpito il territorio statunitense.


Sono entrambi indifendibili. Entrambi stanno radunando i propri satelliti agitando spauracchi e aumentando le vendite di armi.

Entrambi sono stati disturbati dagli interventi del Papa, di Kissinger e – perché no- di Erdogan a gamba tesa che dimostrano la possibilità di una tregua e il desiderio di tutti di vivere in pace.

Che per gli americani ci sia stata premeditazione, é dimostrato dai due link sottostanti di studi della RAND Corporation datati gennaio e febbraio 2020 che illustrano una serie di opzioni identificate dai computer e commentate da ragazzini inesperti. E’ così che scoppiano le guerre, dalla mancanza di memoria e di cultura. E’ per questi commenti di Kissinger ricchi di memorie e di cronologie che si vogliono dimenticare che c’é stata la prima convergenza tra russi e americani a sbarazzarsi dei vecchietti con la memoria infallibile.

https://www.rand.org/pubs/perspectives/PE331.html

https://www.rand.org/pubs/perspectives/PE338.html