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E’ LA VALMY ASIATICA. LA CINA SI FA PORTAVOCE DI DUE TERZI DEL MONDO: DALLA RUSSIA ALL’INDIA, DALL’AZERBAJAN ALLO YEMEN.

Nel ventesimo anniversario dell’attacco all’Irak, Il Presidente cinese XI Jinping ha piazzato tre “ banderillas” sul dorso del toro americano distratto dal panno rosso: la ripresa delle relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita, la visita di Stato a Mosca ad onta del “ mandato d’arresto” CPI a Putin e la visita in Cina dell’ex presidente di Taiwan.

A conclusione, la ciliegina sulla torta : “ Nessun paese può dettare l’ordine mondiale,” vecchio o nuovo che sia. Non si poteva dir meglio.

L’annuncio della ripresa dei rapporti diplomatici tra sauditi e iraniani con la mediazione cinese, mi ha ricordato la battaglia di Valmy contro la prima coalizione.

Non successe praticamente nulla, cannoneggiamenti lontani, una scaramuccia con quattrocento morti, ma gli storici l’hanno identificata come il momento in cui la rivoluzione francese fece il suo ingresso in Europa.

Il compromesso Iran-Arabia ha identica valenza. Ha dato diritto di cittadinanza alla politica di rifiuto dell’uso della forza, alla scelta indiana della neutralità e rivitalizzato i paesi non allineati a partire dall’Azerbaijan ultima recluta. La prossima tentazione potrebbe averla la Turchia.

Con questa mossa. La Cina é comparsa sul palcoscenico del mondo mediorientale come autorevole arbitro imparziale, partner affidabile e patrono dell’idea di sicurezza collettiva. Non c’é stato bisogno di sconfessare le politiche dei vari Kerry, Bush, Obama, Clinton, Trump, Biden. A ricordarli, é rimasto solo Netanyahu, sconfessato dall’ex capo del Mossad Efraim Halevy ( su Haaretz) che propone un appeasement con l’Iran con toni che riecheggiano Kissinger.

Con la visita a Mosca XI Jinping ha delegittimato la pagliacciata della Camera Penale Internazionale, ormai specializzatasi nei mandati di arresto a carico dei nemici degli Stati Uniti ( Hissen Habré, Gheddafi, Milosevic, ) e gestita da un mercante di cavalli pakistano tipo Mahboub Ali.

Poi, con la prossima visita di dieci giorni dell’ex presidente di Taiwan, Ma Ying Jeou, ha mostrato di non aver bisogno di dar voce al cannone per affermare la consustanziazione tra l’isola e il continente e di considerare superato l’uso della forza in politica estera, inutile l’accerchiamento dell’AUKUS nel Pacifico, assennando con questo un colpo contemporaneo anche alla mania russa di imitare servilmente gli americani anche – e sopratutto- nei difetti.

Da giovedì, Putin dovrà scegliere tra l’accettazione dei dodici punti del piano di pace cinese e l’isolamento internazionale. La strategia sarà però quella cinese che considera la guerra uno strumento obsoleto e non la brutalità cosacca vista finora.

Come potrà l’ONU rifiutare il ruolo di sede arbitrale del mondo che la Cina gli offre senza squalificarsi definitivamente ? I paesi del Vicino e Medio Oriente, dopo i pesantissimi tributi di sangue pagati per decenni, sono ormai tutti consapevoli e convinti della inutilità delle guerre – dirette come con lo Yemen o per procura come con la Siria- e della cruda realtà delle rapine fatte a turno a ciascuno di loro:Iran, Irak, Libia, Siria, con la violenza e agli altri paesi dell’area con forniture , spesso inutili, a prezzi stratosferici: Katar, Arabia Saudita, o col selvaggio impadronirsi di risorse minerarie come col Sudan e la Somalia.

Certo, senza il conflitto in atto che ha predisposto alcuni schieramenti ( specie africani) e senza la capacità di mobilitazione di quindici milioni di uomini, la voce della Cina non risuonerebbe alta come rischia di accadere, ma anche con questo accorgimento, assieme alla discrezione assoluta di cui hanno goduto i colloqui di Pechino, l’effetto sarebbe minore, ma ugualmente evocativo in un mondo che non sente il bisogno di una dittatura a matrice primitiva.

Ora Biden, tra un peto e l’altro, dovrà decidersi a leggere i dodici punti di XI e smettere di litigare con Trump sul costo di una puttana, oppure affrontare il mondo intero col sostegno di Sunak e Meloni.

NATO O ESERCITO EUROPEO? IL FALSO DILEMMA.

L’articolo cinque del trattato NATO fu concepito perché gli USA si impegnassero, automaticamente o quasi, a difendere l’Europa dall’aggressione sovietica. Invece é stato usato per farci intervenire in Afganistan come truppa ausiliaria degli USA contro un’orda di pastori spacciati per terroristi.

Non era una guerra difensiva e non l’abbiamo nemmeno vinta. La base giuridica del nostro intervento militare in Afganistan era che – In base all’articolo 5 del trattato NATO, applicato per la prima volta dalla sua esistenza- gli Stati Uniti d’America erano “stato aggredito” ( ma certamente non dall’Afganistan).

Su ventuno assalitori diciannove erano sauditi, uno libanese e comunque nessun afgano.) e l’intero dispositivo militare concepito per difendere l’Europa si é attivato per sguarnire di truppe il continente, violare sia la Costituzione italiana (art 11) e quella tedesca che proibiva interventi all’estero; favorire la costituzione di una forza multilaterale a conduzione statunitense mirante a occupare un paese di circa quaranta milioni di abitanti col pretesto che “ospitava terroristi ricercati”.

Anche questa asserzione é falsa. Non é mai stato spiccato un mandato di cattura internazionale a carico di Osama Ben Laden o del Mullah Omar, pur avendo arrestato, in giro per l’Asia e L’Europa – Italia inclusa- circa 750 persone rinchiuse nella base militare di Guantanamo ( a Cuba), nessun capo di imputazione é stato formulato a loro carico. A diciannove anni di distanza dalla cattura ( e detenzione) degli stessi, non si é proceduto nemmeno alla contestazione di un capo d’accusa. Poiché Guantanamo non é territorio degli Stati Uniti, nessun magistrato é mai intervenuto, fino a che un avvocato é riuscito a incardinare un giudizio in Florida contro i guardiani che procedevano alla alimentazione forzata di alcuni detenuti che protestavano col digiuno. Il ( la ) giudice trovò regolare ala procedura di ingozzare a forza i prigionieri quattro volte al giorno con un imbuto.

Tutti temi che oggi vengono trattati per analizzare la situazione afgana, ma che io preferirei oggi analizzare sotto il profilo NATO. Il trattato transatlantico nacque per interessare le aree occupate dagli alleati vincitori della seconda guerra mondiale alla data del 1 aprile 1948 ed era stato concepito come alleanza difensiva di fronte alla minacciosi attribuita a Stalin e alla Unione Sovietica che aveva dimostrato di perdere sei milioni di uomini senza che la nazione perdesse coesione o il governo autorevolezza.

Per rendere più ” operativa” l’alleanza, gli Stati Uniti videro con favore anche l’idea di creare una Comunità Europea di Difesa( CED) in analogia con la CECA ( Comunità Carbone e Acciaio), L’EURATOM e il Consiglio d’Europa e questa coincidenza di intenti federativi si protrasse fino alla morte di Stalin nel 1953 ( a marzo). A quel punto l’unità di intenti si spostò verso il disinteresse e il partito gollista francese affondò il progetto di esercito comune ( 1954) che finì nel dimenticatoio.

Ecco un media inglese degli anni sessanta che trattava della guerra segreta tra Francia e USA e che portò alla defezione di Arnaud de Borchegrave capo centro dello SDECE a Washington

L’arrivo di De Gaulle al potere ( 1958) scatenò una guerra segreta con gli USA e l’Inghilterra che culminò nella uscita della Francia dal dispositivo militare NATO (1966, ma rimase nel Patto Atlantico); nella cattura del più alto funzionario francese nella NATO per spionaggio a favore della URSS ( il dr Pasqua) e nella rinunzia di Nixon a mantenere la convertibilità del dollaro con l’oro che segna l’inizio della fine del dominio post bellico USA. Il comando NATO si trasferì da Parigi alla periferia di Bruxelles. Segno di competizione con l’UE, perché logica strategica avrebbe voluto una posizione inglese o spagnola e logica politica la Germania. La Francia di Sarkozy rientrò nel dispositivo militare atlantico ( 2009)argomentando che ” non potevamo restare soli”, ma le frizioni e l’emulazione continuano e Macron ha riscoperto l’Europa non essendo riuscito ad ottenere il comando militare dell’alleanza.

Ora che la Francia attraversa uno dei suoi flussi periodici marziali, spinta dalla necessità di conservare il suo impero coloniale e consapevole che dal 1940 ad oggi non ha più vinto una battaglia perdendo brandelli d’impero in Asia, Macron cerca di risuscitare il fantasma della CED a dispetto della NATO di cui sarebbe un doppione, ma che sancirebbe la supremazia francese per via dell’armamento nucleare che ala sola ad avere dopo l’uscita della Gran Bretagna. L’idea in sé non sarebbe malvagia se preceduta dalla integrazione delle rispettive politiche estere e dalla unanimità dei paesi membri. Mentre è parzialmente comprensibile la nascita della moneta comune condivisa da19 paesi su 28, la creazione di un esercito cui contribuirebbero solo alcuni paesi creerebbe un caos politico, militare e di educazione e formazione ( basti pensare a Elettronica, telecomunicazioni e distribuzione delle truppe sul territorio

COSA CAMBIEREBBE ? NULLA SE NON IN PEGGIO.

In buona sostanza, si creerebbe un nuovo comando che andrebbe a giustapporsi a quelli già esistenti, senza eliminarne alcuno. L’esempio più calzante – e meno convincente- sarebbe la ricostituzione dell’area ABDA ( American, British, Dutch, Australian ) creato nel 1941/42 affidato al generale Wavel ( inglese) che fu descritta da Churchill nelle sue memorie come “un enorme numero di telegrammi” e che incassò tutte le sconfitte in Asia nella primavera del 1942 quando fu sciolta. Un altro tentativo di integrazione militare fu fatto negli anni 60 per creare una Forza Multilaterale NATO principalmente aeronavale e che naufragò anch’esso. Comando ABDA,

Gli ostacoli di sempre sono stati il controllo dei missili nucleari e il comando della coalizione. I missili tattici potevano essere gestiti anche a livello brigata, ma il comando strategico della coalizione capace di decidere se spedire missili a lunga gittata ( scatenando così rappresaglie verso il territorio USA) doveva restare in mani americane.

Servirebbe quindi una strategia chiara e condivisa tra tutti, in quanto la NATO, sorta in funzione antirussa, guarda – o dovrebbe guardare- a est e fronteggiare il ” patto di Varsavia” che fu sciolto trenta anni fa. Alcuni suoi partner ora fanno addirittura parte della NATO. Tentativi nuovi di trovare una mission comune a tutti i partner, sono falliti, vuoi per opposizione Germanica e Turca all’operazione Libia, che per ostruzionismo francese all’intervento in Irak nel 2003, che per la svogliatezza degli altri meno coraggiosi ma ugualmente stanchi.

La perdita di credibilità e leadership statunitense non ha fatto che aumentare nel decennio che ci ha preceduto e la sequela di sconfitte politiche ( Siria, Irak, Libano, Somalia, Yemen, Turchia,) subite non ha migliorato la situazione. Molti ormai sono i partner occidentali che si chiedono se la leadership del mondo libero possa ancora essere affidata agli Stati Uniti. In questo contesto, voler riformare la NATO o eseguire una sostituzione surrettizia – più debole- con un esercito o un corpo di spedizione a intervento rapid europeo, non sia un’idiozia partorita da geronti italiani con attitudine genetica all’ambiguità e al tradimento.

In questo momento storico, L’Unione Europea non ha nemici, ma corteggiatori e gli USA non hanno più alleati ma é circondata da avversari dichiarati e potenziali, tra cui l’Europa che guarda ai mercati dell’est e ha capito che l’emigrazione é diventata un tallone d’Achille. Senza prima chiarire all’interno e all’esterno dell’Unione questi due punti, ogni ristrutturazione é inutile e la sua direzione strategica é minata dalla perdita di credibilità accumulata nel decennio scorso e indebolita dalla uscita del Regno Unito dalla UE.

A FINE LUGLIO BARAK OBAMA VA IN ETIOPIA E INCONTRA ANCHE L’AFRICAN UNION PER IGNORARE IL NON RISPETTO DEI DIRITTI UMANI ETIOPICI

Era inizialmente nato come un viaggio-nostalgia nella terra degli avi ma, forse anche per evitare accuse di interesse privato in atti di ufficio, il portavoce della Casa Bianca ha annunziato che, sulla via del ritorno, Barak Obama si fermerà ad Addis Abeba per ” incontri bilaterali col governo” e con ” la leadership della Unione Africana” che verrà probabilmente convocata in assemblea per l’occasione. Continua a leggere

AFRICA. MALI: : ARRIVA IL SECONDO PRIMO CITTADINO CITTADINO AMERICANO A SPIEGARE COME GOVERNARE. di Antonio de Martini

I nostri lettori, ricorderanno come l’anno scorso segnalammo l’ ascesa al potere somalo – come primo ministro – di un cittadino americano di colore che aveva come elemento distintivo un periodo di impiego presso il comune di New York nel settore assistenza sociale. Certo, non esistendo uno Stato dal 1991, un somalo, una cittadinanza deve pur averla per poter viaggiare..

L’iniziativa del Primo ministro a doppia cittadinanza deve essere stata giudicata un successo, se dall’Africa Orientale e ( italo)anglofona, si è passati all’Africa Occidentale francofona: il Mali .

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LA STRATEGIA USA VERSO LA CINA SCALA DI UN PASSO VERSO LA GUERRA, MA LA RISPOSTA SARA’ ECONOMICA O NON SARA’

29 ottobre 2011. Chi tra i lettori di questo blog si sia preso la briga di leggere i post della scorsa primavera, forse ricordera’ come abbia seguito con attenzione le mosse strategiche di Obama riguardo alla Cina e che riassumiamo:

A) tutto lo staff militare della casa bianca proviene dall’ area del Pacifico .
B) i viaggi del presidente USA in India, Indonesia, Corea e Giappone , fatti in un ideale accerchiamento commerciale della Cina.
C) Il viaggio in America Latina a ridosso dei viaggi e accordi commerciali cinesi ( Brasile).
D) ho letto anche la campagna di Libia e il fomento della primavera araba in chiave di “containement” della Cina e della sua espansione commerciale.
E) ho anche segnalato le contromosse cinesi per tenersi libere le rotte commerciali ( un istmo bis rispetto a quello di Kra che e’ controllato da Singapore e un passaggio ferroviario sul territorio colombiano per poter fare a meno del canale di Panama. Investimenti questi di 70 e 40 miliardi di dollari rispettivamente.).
F) la “richiesta di spiegazioni ufficiali”alla Cina da parte degli USA alla notizia di forti investimenti miranti a far diventare la Cina una potenza militare anche marittima.
La mia imperizia fotografica ha fatto si che mandassi la foto del nuovo modello di portaerei cinese solo ai trecento ” abbonati” di cui posseggo l’ indirizzo mail e me ne scuso.
Vi basterà’ comunque sapere che gli ingegneri del celeste impero – pardon rossa repubblica – hanno avuto l’ idea semplice per eccellenza : fare una portaerei-catamarano.
Due scafi, quindi doppio ponte di volo, doppio degli aerei imbarcati, doppia velocità’ di messa in aria degli aerei e sopratutto, costo che e’ un terzo di quello americano per costruire una portaerei a ponte singolo.
La portaerei di nuova concezione entrerà’ in funzione nel 2015 e da quel momento la superiorità’ marittima degli USA sarà’ in pericolo, così’ come la sicurezza degli alleati dell’America nell’area.
La Clinton, reduce dal lifting col quale conta di vincere le prossime elezioni presentandosi al posto di Obama, ha immediatamente fatto un giro nell’ Asia ex sovietica ” i cinque stan” mettendoli in guardia contro il pericolo del fanatismo islamico , che da quelle parti non c’e mai stato, pronunziando la frase ” siamo tornati” che suona strana sulla bocca di un paese che mantiene da quaranta anni in Asia 6 delle 12 portaerei che possiede oltre a centomila uomini , senza contare i corpi di spedizione afgani e irakeni, oltre ad aver fissato a Bahrein la base della quinta flotta ( Oceano Indiano).
Obama si e’ fatto fotografare per la centesima volta con il Dalai Lama ( ma non si era dimesso da padreterno?)
Poi l’escalation militare ha preso il via: il. Giro dell’ Asia lo sta facendo Leon Panetta , segretario alla Difesa, che abbandonati i convenevoli di Washington coi mini alleati, ha iniziato a visitare una serie di paesi alleati, portando buone e cattive nuove.
A) la Corea del Sud e Okinawa sono state definite “indifendibili” in caso di conflitto e destinate al,
non immediato, abbandono, anche in forza dell’odio ormai radicato della popolazione dell’isola stanca dei soprusi dei militari di stanza in loco dal 1945.
Il probabile fronte arretra verso Giappone e Australia e Nuova Zelanda coi quali Leon Panetta ha avuto accenti tali da ricevere una rettifica dallo stesso Obama che lo ha invitato ad abbandonare i toni da anni cinquanta.
B) In occasione del sessantesimo anniversario della firma del loro primo accordo difensivo, Panetta e Clinton si sono incontrati coi loro omologhi australiani a S Francisco ed hanno deciso di intensificare le manovre aeronavali congiunte sia per quantità’ che per qualità’.
C) Panetta ha annunziato a Tokio, lo scorso giovedì il rafforzamento del dispositivo americano nel Pacifico , pur senza accennare alla necessita’ di aumentare il numero già alto di portaerei nel Pacifico. La parola miracolosa e’ ” rebalancing” del potere militare in zona, ma il vero punto e’ che gli USA devono vincere la battaglia dell’ economia asiatica se vogliono recuperare la credibilità’ perduta .
Gli interventi militari di “rebalancing” , la vendita di quasi 6 miliardi di aerei a Taiwan, l’intensificazione del ritmo delle manovre aeronavali nel sud ovest Pacifico , la decisione australiana di accettare le donne nelle unita’ combattenti entro cinque anni, le foto col Dalai Lama, non valgono il surplus finanziario della Cina di un solo anno. O l’America si inventa un nuovo plus tecnologico, o innova la produzione industriale nei processi e nei costi, o perderà’ ancora .
Intanto il dividendo della pace del ritiro USA da Irak e Afganistan, va in fumo per mantenere queste nuove posizioni, mentre avrebbe potuto essere impiegato nel rilancio economico.
In questa strategia globale , ancora troppo militare e poco economica, l’Africa e’ stata subappaltata ai suoi macellai di sempre : gli anglofrancesi. la Francia si sta segnalandosi per il suo attivismo anche nell’ Africa Orientale ( dopo Tchad, Senegal, Costa d’Avorio, Togo,)da dove si era prudentemente allontanata dopo aver causato la guerra civile tra Hutu e Tutsi che e’ costata oltre un milione di morti. Adesso Sta aiutando e incoraggiando il Kenia ad attaccare i somali e spera di fare altre forniture militari.
Come, ad esempio, quella che gli ha valso la denunzia della “Federazione Internazionale della Lega per i diritti dell’ Uomo” che ha scoperto che la società’ francese AMESYS aveva in appalto tutti i sistemi di sorveglianza informatica con i quali Gheddafi terrorizzava i libici, tenendoli in pugno. Voglio proprio vedere se la processeranno.
nonché sta triplice alleanza che ragiona con criteri ottocenteschi non capisce che la contesa deve essere combattuta sul piano sociale, finanziario ed economico, MA NON militare, se ad ogni successo dell’ economia cinese reagiranno con la forza, l’ aver condizionato con bombe e sovversione il nucleo base dei paesi “ex non allineati”, ( dalla ex Jugoslavia, all’ Italia, all’ Indonesia,) non basterà’ a coalizzare il mondo dalla loro parte quando sarà’ il momento.
Fanno i conti con o senza la Russia?

Antonio de Martini

Africa. Attacco alla Libia. ecco spiegazioni inedite, ma convincenti. VEDREMO SE E’ VERO. di Antonio de Martini

 Quale può essere il fil rouge che collega tutti  i paesi attaccati – e presi di mira  in varie forme –  dagli USA e Gran Bretagna con l’aiuto di una serie di ausiliari tradizionali  più o meno consapevoli? Continua a leggere

Africa :inizia la cooperazione transfrontaliera, mentre il governo del sud sudan pensa di fare “il dispetto del marito” a Khartoum. Somalia: c’è un primo ministro con passaporto USA. di Antonio de Martini

 La vita va avanti e noi siamo ancora  benvenuti nei paesi del corno d’Africa.  Il Sudan ha  appena concluso un accordo di Joint Venture con la italiana Eridania Sadam Continua a leggere

Egitto: la prima uscita è verso il Sudan: cercano acqua e Petrolio. di Antonio de Martini

Il nuovo primo ministro egiziano, Essam Sharaf ( sharaf, in arabo,  significa onore) domenica sarà al suo primo viaggio ufficiale all’estero: Khartoum e il Giuba  ( nord e sud Sudan). Continua a leggere

GEOPOLITICA DELLA FAME da Mogadiscio a Tunisi: finché c’è guerra, c’è speranza.

Nessuno ha veramente chiare le idee  su quel che succederà nei paesi  in via di (semipermanente) sviluppo e nel loro rapporto con noi europei.

Grazie   ad un periodo  svolto da Segretario Generale del COMITATO FAO e ad un amico poi scomparso e che rimpiango, Giovanni Posani, ho potuto fare una esperienza straordinaria :quella di osservare lo scandalo della fame in un mondo di abbondanza nella indifferenza dei più e l’infamia di una serie di organizzazioni e singoli che vivono sulla carità internazionale come gli avvoltoi si nutrono di carogne.

Ho avuto modo di osservare  da vicino i meccanismi che regolano il funzionamento  degli enti dell’ONU  che lottano contro la fame  – operano tutti a Roma – quali la FAO ( è il più conosciuto) Il PAM ( programma alimentare mondiale) e l’IFAD ( il più ricco).  Hanno responsabilità marginali,  messi come sono all’angolo dall’OMC ( Organizzazione Mondiale del Commercio), ma non fanno nemmeno il poco che potrebbero. Burocrazia si, passione, no. Continua a leggere