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IRAN E ARABIA SAUDITA RIPRENDONO LE RELAZIONI DIPLOMATICHE. IL MEDIATORE É PECHINO.

CAMBIA IL QUADRO IN YEMEN, LIBANO SIRIA. TUTTI I PAESI DELL’AREA SPERANO IN SVILUPPI POSITIVI. ANCHE ISRAELE. NIENTE É’ CAMBIATO MA ADESSO TUTTO PUÒ’ CAMBIARE.

http://italiaeilmondo.com/2023/03/13/14901/

GEOPOLITICA DELLA GEOLOGIA SIRIANA E TURCA

DANNI E VANTAGGI OTTENUTI DAI PAESI , GOVERNI E PROFUGHI COLPITI DAL SISMA.

Tutto é stato detto e scritto sull’ondata di sofferenze e disagi abbattutisi su Turchia del sud est e Siria del Nord ovest. Ora é tempo di trarre le somme ed esaminarne gli effetti economici e politici.

Erdogan e Assad possono , nel segreto delle rispettive alcove ammettere di essere stati politicamente e militarmente miracolati: l’area colpita dalla catastrofe collima a un km presso con la zona di inaffidabilità politico-militare che li affliggeva. La Turchia vede dimezzata la zona in cui i suoi oppositori avevano la maggioranza e votavano per il leader filo curdo Demirktash e Assad ha visto colpiti quasi tutti i villaggi controllati dai jihadisti insediati nella zona di Idleb. Aleppo, la lealista, coi suoi trenta morti, é sufficientemente colpita da aver diritto agli aiuti, ma non tanto quanto i poveri villaggi dei suoi dintorni.

La campagna di relazioni pubbliche pacifiste ad oltranza fatta nell’ultimo anno ha fruttato una partecipazione planetaria di aiuti giunti persino dalla Mongolia e dal Burkina Faso.

L’impatto, a una prima valutazione, costa almeno 80 miliardi di euro di patrimonio devastato ( il 10% del PIL turco) e probabilmente si assesterà sul 15-17 % .

Quel che la stampa mondiale ha omesso di dire é che si tratta della zona più depressa del paese, dove la riforma agraria non aveva ancora prodotto effetti e nessuna area veramente produttiva é stata colpita, salvo ( immagino ma non ho notizie) l’oleodotto che sbuca ad Iskenderun (Alessandretta) nell’omonimo sangiaccato che affaccia sul golfo di Adana.

Il planetario plebiscito di solidarietà, che si é esteso fino a rivali geopolitici tradizionali come la Grecia e Israele, ha smantellato il lavorio sotterraneo dei paesi NATO che miravano da un anno a far sentire ai turchi tutta la riprovazione per le ormai frequenti prese di distanza di Erdogan e sui veti posti alla partecipazione Svedese ( meno per la finlandese) al Patto Atlantico. La proposta di blocco nelle forniture di F16 del Senatore Cruz, rimane sospesa ma imbarazza e l’uscita del segretario Generale NATO Jens Stoltenberg durante la visita ad Ankara, “ Questo é il momento di dire si alla Svezia nella NATO” é risuonato come un ululato di uno sciacallo sulle macerie di un paese.

Un altro coyote si é affacciato alla TV italiana a proposito della Siria, ventilando la possibilità che il siriano Assad possa “ sfruttare politicamente” gli aiuti dandoli prima ai suoi adepti. Ma come? Non hanno detto fino allo sfinimento che la Siria era tutta contro il regime Baathista? Sono stati smentiti da tutti i patriarchi delle chiese d’oriente che hanno invitato a togliere le sanzioni al paese. Sono almeno centomila voti alle elezioni americane.

Il ministero del tesoro USA é stato quindi costretto a emettere un nuovo regolamento che sospende per centottanta giorni ogni tipo di sanzione esistente a carico della Siria. Un’altra notizia sfuggita ai reporter senza vergogne della nostra stampa.

L’isolamento politico della Siria, ha subito anch’esso gravi danni: per la prima volta in un decennio, un aereo Saudita con venti tonnellate di aiuti é atterrato in Siria e altri ne seguiranno. Sbloccata l’Arabia Saudita, liberi tutti. La solidarietà interaraba ha fatto il resto: aiuti stanno giungendo dal piccolo e disastrato Libano, aiuti e squadre di soccorso dalla Giordania e dall’Irak si sono aggiunti alla Russia che é giunta per prima come avvenne da noi per il terremoto di Messina del 1908.

Il riavvicinamento già iniziato da tempo con la Turchia, adesso ha un terreno di sviluppo nella comune sventura. Dei nemici che hanno appoggiato l’aggressione la Siria, tre hanno smesso l’appoggio. Restano USA, UK, Francia ( che pure ha mandato una squadra) e Canada. Nemici lontani, direbbe Al Jawahyri.

Nullo “l’effetto rancore” verso i rispettivi governi delle popolazioni colpite: stavano già molto male prima del terremoto presi nella morsa della guerra e del freddo. La casa non gliela aveva distrutta il terremoto, ma i bombardamenti aerei russi e americani e israeliani. A migliaia vivevano già sotto le tende. Nelle scorse settimane avevo pubblicato sulla mia pagina facebook foto di profughi siriani minorenni in balia del gelo. Adesso hanno compagnia e qualche coperta in più. Anche per loro , in fondo, é stato un affare.

ECCO le foto di profughi minorenni che ho pubblicato su facebook nelle scorse settimane ben prima del terremoto. Come potete constatare il loro status non può che migliorare e mi ricorda qualche frase del Manzoni sulla Divina provvidenza.

LA QUESTIONE CURDA. IL SOLITO COSTOSO BAZAR?

DURA ORMAI DA OLTRE UN SECOLO E SERVE DA ALIBI AD OGNI AVVENTURA POLITICA E MILITARE NEL VICINO E MEDIO ORIENTE. ORA METTE ALLA PROVA LA STRATEGIA E COESIONE DELLA NATO

I Curdi non hanno mai avuto uno stato, perché la stragrande maggioranza non l’ha mai voluto. Non ne capiscono l’utilità e le funzioni. Vivono in clan e non vogliono padroni. Sono in gran parte nomadi e grazie al nomadismo difendono il loro stile di vita tradizionale, in questo simili agli iraniani.

Quando vessati, o ricercati dalle autorità, migrano in uno dei quattro stati di cui occupano una porzione ( Iran, Irak, Siria e Turchia). Il nomadismo e la latitanza, ne hanno spinte frazioni fin verso est – in Armenia- e ovest – in Libano.

Nessuno sa quanti siano, ma tutti si sbizzarriscono a dare i numeri che variano da 15 a 30 milioni a seconda della convenienza politica dei valutatori.

Il centro del Vicino Oriente si trova ad est della Mesopotamia, é un altopiano ed é abitato dai curdi. Vengono definiti ” una popolazione Indo europea” che vuol dire che non sono semiti come gli arabi e gli ebrei e – contrariamente agli iraniani- sono sunniti.

Quando col XIX secolo e la scoperta del petrolio gli europei iniziarono a praticare il ” divide et impera” , furono scoperti e valorizzati dai tedeschi prima ( contro gli inglesi), dai russi poi ( contro la NATO) ed infine dagli israeliani in cerca di contrappesi geopolitici agli arabi. Ma procediamo con ordine…

UN PO DI STORIA

Dai tempi di Dario e Ciro ( VIII secolo a.c.) i popoli dell’altopiano furono leali sudditi e soldati degli imperi che si sono succeduti nell’area, fino a che con la battaglia di Cialdiran ( 23 agosto 1514) che segna la massima espansione turca verso est, il territorio abitato dai curdi venne diviso in due tra gli imperi safavide e ottomano.

La situazione restò inalterata – turchi e persiani non si sono più combattuti da allora – fino alla fine della prima guerra mondiale (1918) quando le potenze vincitrici si spartirono il territorio ricco di petrolio.

Da quel momento, dopo un periodo di euforia post bellica in cui alla Società delle Nazioni si parlò di un Kurdistan indipendente, come vaticinato dai tedeschi perché si armassero contro gli inglesi che occupavano l’Iran, l’area abitata dai curdi risultò divisa in quattro: Iran, Siria e Irak – i due stati satellite di Francia e Inghilterra – e Turchia, dato che nessuno volle proseguire la guerra contro la neonata Repubblica turca di Mustafa Kemal che aveva dimostrato di voler combattere e aveva sconfitto in Anatolia greci e francesi e la cui guardia personale era composta da un battaglione curdo.

Dopo la seconda guerra mondiale, con l’ingresso della Turchia nella NATO ( a seguito della sua partecipazione nella guerra di Corea a fianco degli USA) la questione curda non si risvegliò fino a metà degli anni 80 , quando, istigati dall’URSS e in funzione anti NATO, il PKK ( partito curdo dei lavoratori) insorse in armi contro la Repubblica turca promuovendo azioni di guerriglia usando la tattica di rifugiarsi nei paesi vicini dopo le incursioni.

l più grosso sforzo per sedentarizzarli lo fece lo Scià Reza I, padre dell’ultimo regnante di Persia, ma la possibilità di spostarsi in uno dei paesi vicini, li ha sempre protetti anche contro queste “razionalizzazioni.”

I Curdi hanno combattuto contro ognuno dei paesi ospitanti, spesso contemporaneamente, finanziati da chi li combatteva in casa propria e usava a sua volta i curdi del vicino con finalità di disturbo analoghe.

Hanno preso le armi contro i turchi in Turchia (su mandato dell’URSS in funzione anti NATO), ma poi, su mandato siriano, quando la Turchia varò il grande piano agricolo dell’est costruendo molte dighe – 32 – minacciando, come poi avvenuto, di ridurre di oltre il 40% del gettito dell’Eufrate e dando il via alla crisi agricola che é stata una delle cause del conflitto in atto.

Il rapporto con gli israeliani, iniziato in funzione anti irachena ed ereditato poi dagli USA ha prodotto anche cocenti delusioni per via degli stop and go  ( specie nel 1991 e nel 2003) e dei finanziamenti a singhiozzo che seguivano l’andrivieni degli interessi USA.

Grazie alla lunghezza del conflitto siriano (per ora 12 anni) e della riluttanza israeliana e americana a intervenire direttamente con truppe proprie, una qualche stabilità di collaborazione sembra essere stata trovata, ma ha suscitato dubbi e sospetti della Turchia che dovrebbe considerare nemici i curdi del PKK e amici gli stessi guerriglieri se abbigliati come miliziani delle forze democratiche curde di indipendente siriana…  

Fino a poco tempo fa, il solo paese con cui i curdi erano in pace era l‘Iran col quale condividono anche la struttura della lingua, benché – secondo la narrativa USA- dovrebbero essere in frizione in quanto sunniti. Oggi, il 90% dei partecipanti alla recente rivolta repressa nel sangue in Iran, é risultato di etnia curda e su di essi si é abbattuta la repressione degli Ayatollah, annullando l’ultimo rifugio oltrefrontiera di cui disponevano. Incassati i quattrini degli americani e l’amnistia degli Ayatollah, non c’é ragione che la situazione non torni tranquilla.

LA SITUAZIONE OGGI

Con i turchi esiste un residuo di guerra ex URSS gestito dal PKK ( partito curdo dei lavoratori) e da Abdullah Ocalan che tutti conosciamo per essere stato consegnato ai turchi da un altro avanzo del comunismo questa volta italiano.

Coi siriani esiste uno stato di pace, di guerra e di cooperazione ad un tempo: cooperano per difendere i villaggi curdi dall’ISIS e dai turchi che cercano di penetrare in territori siriani. Cooperano anche con gli USA per mantenere viva la leggenda dell’esercito libero siriano, zeppo di curdi e carente di arabi siriani. Non si tratta di incoerenza, bensì di residui di lealtà personali acquisite negli anni dai vari capi clan. L’idea base é che gli americani vanno sfruttati, coi siriani ci si arrangia comunque. Coi turchi no.

Sui curdi rimasti sull’altopiano, troneggiano le due famiglie egemoni da sempre: i Talabani che dominano nella zona di Erbil e i Barzani  che comandano nella capitale Sulmanya.

Un tentativo di impadronirsi di Mossul (e zone petrolifere adiacenti) e zone adiacenti, fu frustrato dal nuovo esercito iracheno.

La chiave di lettura della intera vicenda  è che i curdi, in realtà detestano il centralismo e lo combattono. Loro stanno sugli altopiani e gli arabi in pianura. Perché obbedirgli? 

Noi europei, crediamo che combattano per la democrazia, sconosciuta da queste parti, e ci stanno simpatici perché le foto delle soldatesse curde sono tutte  belleSono modelle israeliane fotografate per la propaganda anti Assad pagata dallo zio Sam.

In Svezia, rifugio gradito fino a ieri anche ai turchi perché lontano, gli esuli si sono organizzati, ormai sono centomila e – grazie alle superiori capacità di empatia tipiche dei levantini – radicati anche politicamente. Da bravi mediorientali idolatrano le bionde queste li apprezzano per l’attaccamento alla prole e la notizia che la Svezia richiede di associarsi alla NATO ha scatenato la fantasia mercantile di turchi e curdi che intendono sfruttare questa opportunità per ottenere vantaggi da tutte le parti in causa facendo sospirare indefinitamente la loro approvazione gli uni e sabotandola gli altri.

In realtà, per gli USA é un fatto di coerenza della loro narrativa anti russa, ma l’apporto militare svedese (e finlandese) é certamente minore di quello turco. Militarmente i Turchi possono reggere con oltre un milione e mezzo di uomini e il controllo degli stretti, il fronte sud della NATO mentre la Svezia esce da due secoli di neutralità durante la quale ha fornito all’ONU funzionari e caschi blu in gradite zone semitropicali.

Per i russi é importante propagandisticamente che la Scandinavia resti ufficialmente neutrale anche se sanno che é schierata con l’occidente (segnatamente gli inglesi) da sempre. Sono come l’Ucraina: di fatto sono già NATO, formalmente evitano di ostentare.

Nella realtà, la vicenda é stata sottovalutata dagli Europei del Nord e gli USA, pensando che Erdogan volesse solo mercanteggiare a fini elettorali e sopravvalutata da Erdogan che deve aver deciso che era il contenzioso che gli avrebbe risolto la vita.

Avrebbe sistemato in contemporanea la vicenda degli S400 russi ( comprati, irritando gli USA, per assicurarsi la supremazia aerea), la vicenda dell’ammodernamento dell’aeronautica con gli F16, sanando le casse dello stato con Putin e assicurandosi la rielezione a maggio. La campagna elettorale USA nel 24 e il recente terremoto hanno complicato la situazione, al punto che persino il cautissimo Consiglio supremo della Difesa italiano ha recentemente emesso un comunicato chiedendo più attenzione e il rafforzamento del fianco destro ( se preferite il fronte sud) della NATO rispetto al nord pompato per ragioni di polemica anti russa.

In questa differenza di valutazione tra i due più forti eserciti dell’Alleanza Atlantica potrebbe inserirsi la Russia con, ad esempio, una donazione di dieci tonnellate annue di oro per due lustri e la fornitura semi gratuita di greggio e gas per dieci anni, in cambio di un raffreddamento – già avviato da noi – con l’occidente.

Scompaginerebbe la NATO, comprometterebbe il controllo occidentale degli stretti e del Levante, costerebbe meno di una guerra e cambierebbe la carta geopolitica del mondo, chiudendo la porta dell’Asia agli USA e aprendo quella del mediterraneo alla Russia.

LA STRATEGIA DI PAPA FRANCESCO NON É’ ESTEMPORANEA E POGGIA SU DUE SECOLI DI PRECEDENTI.

SBARCA NEI DUE PAESI-PREDA DEI MERCANTI DI MINERALI E CANNONI E LANCIA L’OFFENSIVA DI PACE APPOGGIATO DALLE ALTRE CONFESSIONI CRISTIANE. NON E’ PIÙ’ TEMPO DI FINEZZE TEOLOGICHE. VUOLE APPLICARE I VANGELI. PARADOSSALE IMBARAZZO TRA I CATTOLICI DI GOVERNO E SOLIDARIETÀ’ DAI PROTESTANTI.

Gli stati non allineati con la politica russa del governo americano suscettibili di produrre effetti “domino,” sono tre: India Turchia e Vaticano.

L’India si rifiuta ostinatamente di prendere posizione sul conflitto ucraino rievocando il movimento neutralista dei “non allineati” della guerra fredda capitanati da Jawaharlal Nehru, Tito, Gamal abd el Nasser e l’indonesiano Kusno Sukarno ( semplificazione di Sosrorihardjo) che ebbe grande successo tra i paesi del terzo mondo. Sterminata da assassini politici la dinastia Nehru-Gandhi l’attivismo diplomatico indiano langue, ma il rifiuto a schierarsi é netto.

L’accerchiamento politico della Turchia é iniziato con una serie di frizioni che si sono innestate sul preesistente conflitto curdo ( paradossalmente ereditato, via Israele, dall’URSS che l’aveva creato nel 1987 per disturbare il fianco destro dell’alleanza atlantica) per estendersi al settore delle forniture militari (l’estromissione dalla produzione degli F35 prima, il limbo sugli ammodernamenti degli F16 ora) e una serie di iniziative miranti a isolare i turchi in seno all’alleanza declassando indirettamente il fianco sud ( esistente )per potenziare l’ala scandinava ( potenziale) e culminato con cauti ammiccamenti para elettorali all’opposizione ( l’entrata in vigore in Svezia di una legge antiterroristica – richiesta da Erdogan- ma che andrà in vigore solo dopo le elezioni turche in maniera da non avvantaggiare il governo uscente), la chiusura dei consolati di otto paesi NATO ( Italia, Francia, Belgio, Olanda, UK, Svezia, Germania, USA, più la Svizzera) nelle città principali ( Ankara, Istanbul, Smirne, Alessandretta) pretestando pericoli di terrorismo per scoraggiare l’imminente stagione turistica fonte primaria di reddito del paese.

Più sofisticata, e appena iniziata, la fronda contro le insistenti esternazioni papali a favore della pace, scontate ma disturbanti, con una campagna di esaltazione della figura e ruolo di Benedetto XVI.

Ma la controffensiva vaticana é stata immediata, a suo modo violentissima e strategicamente brillante, realizzata con alleati impensabili e si é sviluppata nel continente che gli americani nell’ultimo decennio avevano costellato di basi militari e consideravano dover contendere solo alla Cina: l’Africa.

PERCHÈ L’AFRICA

Il 2 marzo 2022, un’Africa sconosciuta alle cancellerie occidentali si affacciò nella sala delle assemblee dell’ONU: al momento della votazione della risoluzione che deplorava “ l’aggressione militare russa all’Ucraina” e chiedeva “l’immediato ritiro delle truppe dal paese aggredito”, si é scoperto che il 50% dei paesi che non hanno votato la mozione era africano.

Su 35 paesi che non avevano votato a favore, 17 erano africani ( più la solita Eritrea che ha votato contro). Oltre a questi diciassette, otto altri paesi africani – collegati agli USA da motivi di assistenza- hanno giocato la carta dell’assenza al momento del voto.

Diciassette, più otto, più uno, fa ventisei paesi africani che hanno compiuto un sorprendente gesto di ribellione contro l’occidente, mostrando di aver più memoria e senso di giustizia di tutti i paesi europei che continuano stancamente a sostenere tesi ormai insostenibili.

In Africa, ha suscitato ironie la pretesa di usare due pesi e due misure per la Russia mentre non c’é quasi paese africano che non porti nelle sue carni i segni di un bombardamento, una invasione o una spedizione punitiva anglo o franco o americana oppure congiunta, fatta in barba ai principi dell’ONU, come é avvenuto in Siria, a partire dalla Libia di Mohammar Gheddafi, per risalire, attraverso gli interventi militari del Belgio in Congo ( e l’assassinio di Patrick Lubumba – eroe dell’indipendenza congolese – ammesso dalla CIA qualche anno fa), gli interventi francesi con mercenari in Biafra e in Ruwanda fino alla spedizione di Suez nel 1956 per limitarci a rimanere in Africa, in epoca post coloniale.

Il fatto nuovo é stato la spontaneità della reazione corale, che dimostra un rancore covato per due secoli ed ora esploso con l’approvazione popolare. Per saperne di più vedi il link del mio articolo del 2014 sulle crudeltà europee in Africa: https://corrieredellacollera.com/2014/05/06/i-rapimenti-di-donne-e-bambini-in-africa-sono-stati-introdotti-dallamministrazione-coloniale-e-denunziati-da-savorgnan-di-brazza-che-pago-il-suo-gesto-con-la-vita-pubblicato-il-suo-rapporto-dopo-10/

Un segno del nuovo equilibrio politico é rappresentato dall’invito del Burkina Faso ( miniere d’oro) alle truppe francesi di evacuare il paese entro 30 giorni.

Un altro ancora: in Etiopia, l’Abuna Mathias , patriarca della chiesa copta ortodossa ha scomunicato tre vescovi che vedano aderito – appoggiati dal governo centrale (presieduto da Abyi Ahmed, nativo dell’Oromo e premio Nobel per la pace ) – a uno scisma “nazionale” nello stato dell’Oromo ( ex Galla negli anni trenta) e, a seguito degli attentati ai fedeli che hanno causato decine di morti ( il governo ne ammette tre), ha querelato le autorità preposte alla sicurezza dello stato Oromo ( omissione atti d’ufficio) per non aver protetto i fedeli radunati nelle chiese assaltate. Rivolta morale impensabile fino a un anno fa. L’inviato dell’Abuna Mathias in Oromia é stato accolto da una folla oceanica.

Ancora uno : il 7 novembre scorso, é giunta la richiesta ufficiale dell’Algeria di aderire al gruppo BRICS ( Brasile, India, Russia, Cina e Sud Africa) che mira a soppiantare il dollaro nel commercio internazionale, rafforzato dalla vittoria di Lula in Brasile e che vede la credibilità mondiale del biglietto verde scesa al 60%, dall’80% degli anni 70.

L’ultima novità, ma solo per non annoiare: all’ONU si parla di allargare il Consiglio di sicurezza, con un seggio all’Unione Africana. Ormai tutti riconoscono che che l’assenza di un paese africano dal Consiglio sia un fatto scandaloso, ma solo adesso la musica sta cambiando. D’altronde all’atto della fondazione dell’ONU i paesi aderenti erano 51 con 11 membri del Consiglio di sicurezza e i paesi africani indipendenti quattro. Ora le Nazioni presenti sono 193 i membri del Consiglio 15 e i paesi sovrani d’Africa 54…

In questa situazione si é inserita la visita papale in Congo, (grande dieci volte l’Italia) un paese senza pace dal 1960, e all’ultimo nato, il Sud Sudan (due volte l’Italia e zeppo di petrolio), sorto dalla scissione del Sudan dopo guerriglia ultradecennale ora trasformatasi in guerra civile, dove, per mancanza di denaro contante, i miliziani vengono pagati in donne da usare a piacimento.

Francesco é stato ricevuto come un redentore con folle in preghiera, attente e plaudenti e autorità intimidite dal tono profetico del Pontefice. Semplice il messaggio: basta guerre, basta denari grondanti sangue, basta depredare l’Africa. Non sono stati fatti i nomi dei predoni. Li conoscono, li conosciamo tutti. L’assassinio dell’ambasciatore Luca Attanasio (sposato con una splendida fanciulla di origine marocchina e mussulmana, tre figli) del suo autista congolese ( Mustafa Milambo) e di un carabiniere di scorta (Vittorio Iacovacci) ha completato l’assalto dei martiri pacifisti al forziere delle multinazionali, spazzando via ogni differenza razziale e religiose.

Dalla generica richiesta di pace o almeno di una tregua in Ucraina – presentando alla processione del giovedì santo una famiglia ucraina ed una russa trascinare assieme una croce – siamo fulmineamente passati a colpire al cuore il capitalismo da rapina, lo sfruttamento selvaggio degli esseri umani, esponendo di fronte al mondo intero il movente : Diamanti, Uranio, Oro, Tungsteno, Cobalto, Coltan, Stagno e cento altre risorse indispensabili alla tecnologia, ai cellulari, all’industria spaziale, a chiedere, anzi a pretendere “ in nome di Dio” una pace immediata e “ su tutti i fronti di guerra.”

Prevedendo l’isolamento del Vaticano e attacchi al Pontefice da parte delle potenze dove hanno sede le società colpevoli di questi misfatti secolari, il Papa si é accompagnato, a sorpresa, con il moderatore della chiesa di Scozia e dell’arcivescovo di Canterbury Welby. La ingiunzione non é quindi venuta dal solo mondo cattolico, ma dall’intero mondo cristiano, salvo quegli ortodossi con cui l’occidente é in guerra, la cui posizione nel conflitto é scontata e che sarebbe stata facilmente criticabile.

I PRECEDENTI VATICANI

La posizione del Papa non é censurabile neppure sotto il profilo dottrinale. A parte che ha condannato l’aggressione russa fin dal 27 febbraio ed é andato personalmente dall’ambasciatore russo presso il Vaticano per chiedere udienza a Putin , ripete il 14 aprile la sua condanna ( “ L’Ucraina é stata aggredita e invasa”) e ha definito il Patriarca Kirill “ragazzo del coro ” di Putin.

La crisi di Cuba ha visto Papa Giovanni XXIII intervenire favorendo il negoziato tra il presidente USA Kennedy e il segretario generale del PCUS Nikita Krusciov. Poi, sempre per Cuba, quello il lavorio tra presidente americano Barak Obama e Fidel Castro che ha posto fine all’embargo che durava dal 1960.

Giovanni Paolo II e Ronald Reagan hanno collaborato attivamente per far cadere il muro di Berlino, ma questo non ha impedito al Vaticano di criticare l’invasione dell’Irak ( altra licenza poetica americana rispetto alla carta dell’ONU) sia nel 1991 che – in special modo- nel 2003. Il discorso di Paolo VI alle Nazioni Unite nel 1965 va in questo senso, senza bisogno di scomodare Benedetto XV e le sue invocazioni contro la prima guerra mondiale. Posso capire l’imbarazzo di quanti si dicono cristiani e il timore di essere presi tra l’incudine elettorale e il martello americano, ma specie gli italiani, dovrebbero rileggersi il passo del concordato del 1929 in cui é previsto il diritto vaticano all’intervento in questa materia. Bisogna che anche Biden e Blinken – e chi per loro – si rassegnino: la difesa della pace e della vita umana fa parte, per dirla con parole che possono capire, del core business del Papato, per unanime riconoscimento.

L’ultimo appello di Francesco prima di lasciare Kinshasa é rivolto alla gente comune e non ai potenti:“Non lasciatevi manipolare da individui o gruppi che cercano di servirsi di voi per mantenere il vostro Paese nella spirale della violenza e dell’instabilità, così da continuare a controllarlo senza riguardi per nessuno” ( da “Avvenire” del 5 febbraio u.s.) mi ha ricordato l’inno dei giovani di Nuova Repubblica scritto da Randolfo Pacciardi, uomo di diversa cultura ma di identico sentire verso i suoi simili “ studenti ed operai/ borghesi e proletari/ chi vi divide impera / facendo i propri affari”. Deve essere il motivo per cui di questo Papa mi piace la comunicazione planetaria e trovo abbia ragione: il Cristianesimo non é una scienza. E’ una prassi.

LA DECOSTRUZIONE DELLA POTENZA GERMANICA PRESENTATA COME CRISI DELLA UNIONE EUROPEA ENTRA NELLA FASE ACUTA.

DALL’ULTIMO DECENNIO DEL 900 E PER TUTTO QUESTO QUARTO DEL NUOVO SECOLO OGNI SILURO ALL’UNIONE EUROPEA E’ STATO UN ATTACCO ALLA GERMANIA PER SCOMPAGINARNE LE ALLEANZE, LA CONSISTENZA POLITICA, ECONOMICA E FINANZIARIA E SMANTELLARNE O SVIARNE OGNI TENDENZA UNITARIA E IMPULSI DI SVILUPPO DEL NOSTRO CONTINENTE VERSO L’ASIA.

La costruzione all'”American Century” e del ” Nuovo Ordine Mondiale“, fin dal 1991 – quando George Bush gettò la maschera della democrazia per annunziare al mondo che si apriva una nuova era – Il governo degli Stati Uniti si é premurato di trasformare ogni organizzazione internazionale in coalizione militare indicando come nemico N1 del mondo civile, progressivamente personaggi e paesi satelliti, resi prima sospetti poi impopolari agli occhi della opinione mondiale fino a renderli odiati, prima di annunziare punizioni esemplari, per ordine della ” Comunità internazionale“da loro rappresentata, ed eseguita dai più zelanti tra gli alleati ” volenterosi”nel caso di dissensi in sede ONU.

La prima coalizione militare seria (l’Irak) raccolse trentun paesi, l’ultima, quest’anno, cinquantuno.

Ognuna di queste coalizioni ha indicato – in un crescendo rossiniano- un “nemico pubblico” diverso, ma il risultato dell’azione é stato sempre a favore del governo degli Stati Uniti e il costo sopportato da altri, in particolare dall’Unione Europea o alcuni dei suoi componenti.

La sequenza delle “ punizioni” esemplari iniziata – a mò di manovra a fioco realistica- con l’isoletta caraibica di Granada, é giunta al confronto col primo avversario veramente pericoloso dato l’armamento nucleare di cui dispone e il fatalismo patriottico dei suoi abitanti. La Russia.

Per raggiungere questo obbiettivo mirante all’affermazione egemonica, il governo USA non ha esitato, dopo 75 anni di pace, a portare il conflitto nel cuore dell’Europa, dopo aver promosso la “secessione” dell’Inghilterra dalla UE, incoraggiato atteggiamenti di insofferenza verso la confederazione da parte di paesi europei tradizionalmente filo britannici come la Polonia e sta correndo un rischio calcolato di una overreaction russa, ma il suo vero obbiettivo sembra essere la destrutturazione dell’impalcatura della Unione Europea a guida germanica, con l’intento di sostituirla con un’espressione geografica in grado di ospitare amichevolmente basi militari e centri di influenza economica statunitense.

A ben vedere, in effetti la Russia con un PIL di poco superiore a quello italiano, con una demografia deficitaria e permeata di una mentalità mai veramente aperta al mondo – tipica di paesi non marinari – pur disponendo di un pericoloso arsenale nucleare, rappresenta più un “ brillante secondo” degli USA ( come l’Austria-Ungheria Asburgica con la Germania guglielmina) che un competitore capace di offrire al pianeta un modello di sviluppo civile. Il primo a notare la complementarietà tra USA e URSS fu Alberto Ronchey nel 1960 in un pamphlet “ L’Orso e la Balena”.

Il continente europeo, invece é culturalmente cattolico, dispone ( con l’Euro) di una potenza finanziaria, industriale ( con brevetti e colossi tedeschi) e demografica ( 500 milioni contro 300 scarsi e disomogenei) meglio strutturata di quella statunitense ( protestante con crescente minoranza cattolica e ortodossa, col dollaro fragilizzato da crisi in successione e politicamente semi isolata con due soli partner a fedeltà inossidabile: Israele e UK).

Il vecchio continente mantiene una influenza importante sull’Africa occidentale ( tramite i residui coloniali della Francia), sta acquisendo influenza in paesi chiave come l’Egitto, la Russia o la Cina ( prevalentemente tramite l’attivismo economico tedesco) mentre l’influenza culturale e linguistica dello spagnolo, supera già nel mondo – di oltre cinquanta milioni- la diffusione della lingua inglese, tallonata dalla francofonia (300 milioni).

La rinascita economica e industriale cinese pur realizzata con capitali anglosassoni e per altri fini non si é limitata a fungere da “fabbrica dell’occidente”, ma si é lanciata in autonomia sui mercati mondiali ridando centralità globale al Mediterraneo a scapito delle rotte atlantiche e dei porti protestanti come Anversa, Rotterdam, Londra, Amburgo (insomma la vecchia lega anseatica).

Il travaso migratorio dal Messico verso gli USA – altro indotto della strategia americana di utilizzo di mano d’opera a basso costo per massimizzare il profitto- minaccia di trasformare stati decisivi dell’Unione come la California e il Texas in stati di lingua spagnola (già oggi é la seconda lingua e la segnaletica stradale si é adeguata).

Nessuna meraviglia se gli Stati Uniti minacciati di perdere l’egemonia mondiale per mano del principale alleato, invidiati e imitati dall’Asia in crescita e sfruttati dagli alleati minori, abbiano sentito la necessità di articolare una strategia di blocco per gli europei, di sottomissione dei russi e di intimidazione dei cinesi: accerchiando la Cina e minacciando ( con basi, alleanze e pirateria) le sue rotte commerciali autonome, disarticolando la UE e avviando la sottomissione dei russi mediante la vecchia “ Strategia Schulenburg”( 1941-44) di muovere guerra alla Russia utilizzando altri russi.

Nei tre documenti qui illustrati, tutti ordinati alla Rand Corporation dallo Stato Maggiore USA nel 2019, si esaminano rispettivamente i punti suscettibili di provocare “la Russia di Putin” ( in 27 pagine), la strategia russa ( chiamata Russian subversion9 , in 31 pagine ed infine il documento strategico ” Extending Russia” di 325 pagine che illustra la strategia per far dilatare le spese del governo russo costretto ad aumentare a dismisura il budget della Difesa ed ogni altra uscita per far fronte alla competizione con l’Occidente. Chi volesse leggerli per intero può accedere coi link che seguono.

https://www.rand.org/pubs/perspectives/PE338.html

https://www.rand.org/pubs/perspectives/PE331.html

https://www.rand.org/pubs/research_reports/RR3063.html

La unica differenza, in una politica estera sostanzialmente impersonale e costante, tra Biden e Trump consiste nell’approccio soft verso la Russia e hard verso la Cina di quest’ultimo, mentre Biden ha scelto l’inverso.

LA POSIZIONE ITALIANA

L’Italia si trova a dover scegliere tra questi due corni del dilemma assistendo impotente alla disarticolazione della costruzione europea di Schuman, Adenauer e De Gasperi, sovente tradita da tutti i successori e in particolare quelli che si sono succeduti in questo ultimo decennio che, per salvare il predominio dei paesi del nord nelle sedi brussellesi, hanno recentemente allargato i cordoni della borsa ai paesi latini e Mediterranei – in primis Italia e Spagna- rovesciando ogni loro dogma economico e finanziario, visto che l’esperimento greco di soffocamento non fu conclusivo. La soluzione per i paesi latini ( Francia, Italia e Spagna) e non solo per l’Italia, é a mio avviso solo la ricostruzione paziente dell’edificio europeo con baricentro mediterraneo, riducendo l’influenza dei paesi del nord – segnatamente quella germanica nel suo stesso interesse- alcuni dei quali succubi dell’influenza statunitense per via della paura della Russia contro la quale vengono sistematicamente aizzati.

I fondi utilizzati per acquisire il consenso dei paesi mediterranei e la lunga lotta per ottenerli non devono ingannarci: la dimensione moderna dell’azione politica globale é una dimensione continentale e la conduzione dell’Europa da parte dei paesi del nord – anche se si é trattato di uno stile di guida gradito agli anglosassoni – si é rivelato fallimentare sul piano della coesione, velleitario sul piano delle ambizioni e servile sul piano del rapporto con USA e Gran Bretagna.

Un deciso aumento della influenza dei paesi latini mediterranei sarebbe nell’interesse di tutti i paesi appartenenti alla odierna UE a condizione che l’Unione futura integri i suoi rapporti storici, politici ed economici con l’Egitto e il Maghreb (indispensabile piedistallo della futura Unione che aggiungerebbe alla comunità 250 milioni di abitanti come promesso a Barcellona 2000, anno in cui ci impegnammo ad abbattere le barriere doganali col nord Africa e non ne facemmo nulla.

LA POSIZIONE FRANCESE

Appesantita da un passato coloniale che avvelena i suoi rapporti in particolare con l’Algeria che ebbe a combattere una guerra di indipendenza di otto anni col solo aiuto di Enrico Mattei, la Francia solo ieri é stata invitata dal Burkina Faso a ritirare la sue truppe ( impegnate nella operazione ” sabre“) dal paese entro trenta giorni ed a cambiare l’ambasciatore dichiarato persona non grata.

Lo scorso anno la Francia é stata ricusata anche dal Mali e posto fine alla operazione ” Barkane” e “Serval” per gestire la quale aveva chiesto anche l’aiuto italiano e tedesco. Anche i rapporti con la Costa d’Avorio hanno conosciuto momenti migliori. Anche per la Francia, l’avvenire é rappresentato dall’Europa mediterranea , ma incontra dalla fine del mandato di Jacques Chirac un terzetto di presidenti devoti alla causa atlantica ( Sarkozy, Hollande, Macron) che hanno sabotato, l’uno il processo di integrazione appoggiando l’impresa cinica USA contro il parere italiano e tedesco ( e turco), l’altro ha smembrato la costituzione della brigata franco tedesca intesa come embrione delle nuove forze armate d’Europa e quest’ultimo la stessa coesione nazionale, anche se intuisce la necessità di una intesa con Italia e Spagna ogni volta che nota segni di disinteresse americano verso la politica e le iniziative francesi.

LA POSIZIONE TEDESCA

Sconfitta a due riprese da coalizioni euro russe e frustrata nelle sue ambizioni, la Germania ha seguito, in questo dopoguerra, la via della crescita economica sfruttando come vantaggio di non aver avuto spese militari significative fino a ieri. Gli Stati Uniti, resisi conto della peculiarità hanno cercato di ridurre la loro presenza militare schierata a protezione del territorio tedesco. Ma, Non potendo rifiutare la riunificazione e la competizione o il processo di unificazione del Continente, hanno accentuato la sorveglianza giungendo fino a intercettare la cancelliera Merkel che flirtava con la Russia e con la Cina, contrastare l’egemonia francese ( e la penetrazione dei missionari cattolici) in Africa e assestare una stangata anche all’Italia con la svalutazione nel 1992 della lira al 27% stimolata da un finanziere USA, agente americano per poi proseguire, senza riguardi per l’alleato, la distruzione dei mercati libico, siriano e iraniano di cui il nostro paese era il primo fornitore.

La Germania é stata dissuasa dall’investire in Algeria 500 miliardi per creare un hub energetico europeo di energia solare poco dopo l’accordo con gli algerini; dall’accentuare i rapporti economici e gli investimenti in Russia ( seguendo l’insegnamento di Bismarck) e il fatto che in un cellulare made in China il numero di brevetti utilizzati sia al 40% paritariamente tedesco e americano, non ha migliorato i rapporti, così come il suo rifiuto ufficiale a partecipare all’avventura libica (che ha impedito una partecipazione ufficiale NATO) non hanno migliorato la situazione che é definitivamente peggiorata alla notizia della plusvalenza di 500 miliardi ottenuta in un solo anno nell’interscambio coi cinesi.

La prospettiva di una intesa russo tedesca che relegherebbe gli Stati Uniti in una posizione di subordinazione insopportabile, ha deciso gli USA a iniziare una proxy war in Europa contro la Russia, per costringere gli alleati a decidere da che parte stare. Mai avevano gli USA avuto tanti alleati, ma mai tanto svogliati. Irrilevante il fatto che sia stata la Russia a prendere l’iniziativa (e il doc N1 pubblicato sopra “what provokes Putin’s Russia” del gennaio 2020 lo dimostra). Il conflitto ucraino ottiene di innescare la crisi russa, obbliga all’inimicizia euro russa, spinge i cinesi alla cautela per non perdere gli ingentissimi investimenti americani, rilancia le forniture militari a paesi fino ad oggi virtualmente armati ( Italia, Germania e Giappone) e crea una ennesima frattura tra i fautori europei di un riarmo offensivo degli ucraini e gli scettici.

La Germania non ha detto che non voleva fornire i carri armati LEOPARD2 agli ucraini: ha detto che lo vuol fare ” un giorno dopo che gli USA avranno fornito i ben più adatti ABRAMS ( questo i media non lo hanno riferito) statunitensi: sono cioè maturi per una associazione con gli altri europei su base paritaria piuttosto che continuare a subire l’hubris yankee.

Non approfittarne sarebbe un peccato.

L’ ACQUA VARRA’ PRESTO PIU’ DEL PETROLIO. L’ITALIA ASSIEME ALL’ALBANIA SONO LE IDROPOTENZE DEL MEDITERRANEO.

E LA STORIA CHE L’ACQUA DELLE TUBATURE SI PERDE E’ UNA FANDONIA. TORNA NEL CIRCOLO DELLE FALDE ACQUIFERE.

Con un attacco nucleare si può mettere in ginocchio  anche un  grande paese in trenta giorni.  Con la Bomba A ( alimentare) una nazione  crolla in una settimana. Se privata di acqua, bastano due giorni.

Secondo un rapporto dell’UNICEF   (“population without improved drinking water sources by region in 2002“WHO/UNICEF,2004), 1,1 miliardo di persone nel mondo  non ha accesso all’acqua e 2,6 miliardi ha accesso ad acque non potabili.

I continenti più problematici sono l’Asia e l’Africa  e il maggior consumatore di acqua è l’attività agricola ( utilizza  il 70% della disponibilità mondiale). L’allevamento fa la parte del leone dato che serve una quantità 15 volte maggiore per produrre un chilo di bovino, rispetto a quella necessaria per produrre un chilo di grano.

Secondo un rapporto del programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo ( PNUD) , il 90% degli abitanti del Medio Oriente  nel 2025 vivranno in aree di penuria idrica grave, lo Yemen in particolare, mentre analoga penuria riguarda in Africa, il Marocco.

Ecco perché le guerre dell’acqua sono già cominciate e colpiscono i più poveri.  Il Nilo viene conteso tra L’Egitto, il Sudanl’Etiopia, ma anche ( dal maggio 2010 hanno firmato un accordo e vogliono aggiungersi ) KeniaTanzaniaBurundi e Repubblica Democratica del Congo. Presto inizieranno i negoziati tra loro e si prevedono tensioni. 

Gli scontri etnici di Tigrini, Amhara e del fronte di liberazione Oromo, contro il governo ( Oromo , che é il nuovo nome dell’etnia Galla dei tempi dell’impero) sono probabilmente dovuti a aiuti sudanesi,egiziani ed eritrei irritati per le decisioni unilaterali etiopiche sul riempimento della grande diga del Rinascimento ( la Grand Renaissance Dam, costruita dall’Impregilo) che minaccia di ridurre il gettito del Nilo a valle.

Potrebbe effettuare il riempimento ( il terzo) con calma visto che la corrente eventualmente prodotta non potrebbe comunque essere trasportata vista la mancanza di palificazioni atte all’uopo…

Cina e Russia  hanno già avuto problemi per controllo del bacino del  fiume Amur,  ma per ora concentriamoci sulla zona calda di nostro interesse: Africa e Vicino Oriente.

TurchiaSiria e Irak e – presto  anche il kurdistan-  si contendono  il controllo dei bacini del  Tigri e L’Eufrate. Israele  che ha visto ridursi drammaticamente il bacino del Lago di Tiberiade ( dai 450milioni di metri cubi /anno di 20 anni fa , agli 87 milioni di oggi)  e ridursi a un rigagnolo maleolente il  fiume  Giordano, ha già fatto numerosi interventi militari per garantirsi l’uso delle acque del fiume Litani che ha le sorgenti in Libano, unico paese arabo che ha le sorgenti di un fiume nel proprio territorio.

 Tecnologicamente avanzatissimo, Israele ha  costruito 31 centri per la dissalazione delle acque e 9 centri per il riuso delle acque reflue. Israele applica il riuso delle acque al 67% , l’Italia all’8%.

Per “fabbricare” un litro di petrolio sono necessari 2,5 litri di acqua, mentre per produrre un litro di biocarburante  dai cereali, servono circa  mille litri di acqua per ottenerli e questo non ve lo ha mai detto nessuno.

Nella crisi siriana ,  anche l’acqua ha messo  lo zampino.Un ricercatore della George  Washington University  ( Murhaf Jouejati) specialista di  problemi siriani, ha calcolato che circa 200.000 persone sono affluite nella zona da Deraa  ( dove ci sono stati i primi disordini) negli ultimi anni a causa delle restrizioni unilaterlamente imposte agli agricoltori dell’est siriano dal sistema di  dighe turche che regolano il flusso dell’Eufrate, in palese violazione degli accordi sottoscritti nel 1987 che assicuravano alla Siria un minimo di 500metri cubi al secondo. La politica di riempimento dei bacini  del GAP ( vedi più sotto) ha bloccato queste acque per mesi, provocando il fallimento del progetto di bonifica affidato alla società Bonifica ( gruppo IRI).

La Turchia,  approfittando della debolezza politica dell’Irak, ha ridotto  del 40% la quantità  di acque che passano in Siria e Irak, creando una “quasi emergenza umanitaria ” a detta degli esperti. 

L’ isola di Cipro ha problemi di stress idrico ( meno di mille metri cubi per abitante/anno) importanti a causa del flusso di turisti che in estate  invade le sue spiagge.

L’area di Cipro Nord  – protetta da un contingente di truppe turche – è rifornita ( 6 milioni di metri cubi/anno)  dalla Turchia col sistema dei “sacchi medusa” che , rimorchiati, trasportano ingenti quantitativi. Malta e Creta hanno lo stesso problema.

Il sistema dei sacchi medusa è stato usato tra Turchia e Israele  per alcuni anni, ma a causa della tensione politica ( e dell’appoggio israeliano ai Kurdi)  è stato sospeso, mi pare, nel 2006.

Con 22 dighe e 19 centrali elettriche capaci di produrre  30 miliardi di KWh/anno, la Turchia è l’idropotenza del Medio Oriente.

La sola diga ATATURK   si estende su 800km quadrati per 140 metri di profondità e irrigherà 1,7 milioni diettari di terreno anatolico con 22 miliardi di metri cubi/anno assicurando alla Turchia l’autosufficienza alimentare.

La zona , essenzialmente cerealicola, grazie all’acqua potrà assicurare la rotazione delle colture, precedentemente impossibile.

Certo, i nove dipartimenti turchi coinvolti nel progetto GAP ( progetto del sud est anatolico)  sono abitati in maggioranza da Kurdi  che parlano una loro lingua indoeuropea, occupano territori centrali in Iran , Irak, Siria e sono circa 30 milioni di persone. II trattato di Sevres alla fine della prima guerra mondiale ne riconobbe l’indipendenza e il diritto a un loro stato, ma  la riconquista di Ataturk mise fine al sogno. 

Il sistema delle acque  creato dalla Turchia con una spesa di 30 miliardi di dollari  le da uno status di superpotenza  regionale  se non internazionale e solo la miopia della UE può cercare di emarginarla.

 La presenza di questo investimento strategico  in territorio Kurdo  limita le possibilità dei kurdi  ( che il governo Erdogan chiama “turchi della Montagna”)  ed è stato la ragione principale dell’accanimento militare nella repressione  del movimento indipendentista. I kurdi irakeni non possono aiutare i connazionali a pena di perdere le risorse idriche che li fanno vivere. Il ricatto dell’acqua è potente.

Anche la guerra Iran -Irak ( oltre 300mila morti )  durata otto anni ,è dovuta anche al desiderio di controllo dello Shatt el Arab, la confluenza -estuario di Tigri e Eufrate.

L’acqua è dunque preziosa  quanto e più del petrolio, presto avrà un costo ( non vuol dire che dovrà essere privatizzata, anzi.) e il paese più ricco  di acque del bacino mediterraneo è l’Albania.  Non solo , ha anche i maggiori dislivelli naturali rispetto al livello del mare.

Con le sue acque ed un buon progetto, si può produrre  energia pari a quella di quattro centrali nucleari,  un acquedotto che disseti il sud Italia  e  le fornisca energia a meno di metà del prezzo attuale. 

Nel 1990/91 l’ENI fece un convegno su questo tema, poi qualcuno mise la sordina. Portare l’elettricità dall’Albania avrebbe ridotto i costi in maniera eccessiva permettendo alla Puglia di diventare la California d’Italia.

Personalmente, ho approntato un pre-progetto in Tunisia per frenare la desertificazione ( che é la inevitabile conseguenza della carenza d’acqua ) per creare un mare grande come l’Umbria ( dodici volte il lago di Ginevra) nel deserto del sahara utilizzando una depressione detta ” Chott el Djerid”.

Di questi chott ne esistono, tipici del nord Africa, il più noto dei quali é quello di ”el quattara” in Egitto all’altezza di El Alamein.

Chi volesse saperne di più può vedere il sito medinsahara.org attualmente in stand by a causa dei sommovimenti politico-istituzionali dell’ultimo triennio in quel paese.

Per impedire emigrazioni di massa, desertificazione e salinizzazione dei territori che diventano incoltivabili, l’arma vincente, sapendola usare, é l’acqua. Ma bisognerebbe aver studiato la geografia invece di aver frequentato banche e bettole.

medinsahara.org

INTERVISTA COL CUSTODE DI TERRASANTA IL FRANCESCANO PIERBATTISTA PIZZABALLA REDUCE DA UN VIAGGIO IN SIRIA. ” NON E’ UNA GUERRA DI RELIGIONE”. di Daniele Rocchi.

Dal sito del Patriarcato Latino di Gerusalemme Di Daniele Rocchi 5 maggio 2015

«Ho visitato Latakia, Aleppo e Damasco.

A Latakia la situazione più tranquilla dal punto di vista dei combattimenti. Qui la guerra si avverte soprattutto per la carenza dei beni di prima necessità. Nel centro di Damasco, rispetto a sei mesi fa, si vive leggermente meglio, Continua a leggere

COSA PENSANO GLI AMERICANI COINVOLTI NELLE OPERAZIONI IN IRAK?  ” To do nothing is not an option” di Antonio de Martini

Il generale di Brigata Kurt Crytzer è il vice comandante del comando delle operazioni speciali presso il Central Command USA.

Martedì scorso ha tenuto una conferenza a Tampa , in Florida alla ” Special Operation Forces Industry Conference” un appuntamento annuale tra i leaders delle Special Operations e i rappresentanti delle industrie americane interessate a questo settore. Continua a leggere

CRIMINI “BUONI” CONTRO L’UMANITÀ : IL BLOCCO NAVALE E L’EMBARGO.

Abbiamo già scritto che l’arma della fame è molto più potente di un  conflitto condotto con armi nucleari.

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UNA STRATEGIA ARABA PER BARAK OBAMA. di Antonio de Martini

Lo scorso giovedì il presidente Barak Obama ha preso personalmente la parola per fissare due elementi importanti della politica estera americana:

a) non ci sarà guerra per l’Ucraina, gli USA non la faranno. Avremo un crescente inasprimento di sanzioni proporzionale alla invasività russa o russofona e su questo si è assicurato il concorso preventivo della Germania.

b) sul possibile atteggiamento verso la Siria, ” gli Stati Uniti non hanno ancora scelto una strategia” e questo è suonato agli osservatori come una sconfessione dei boatos messi in circolazione da numerosi papaveri del Pentagono in questo periodo.

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