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LA GUERRA UCRAINA: QUANTO SARA’ LUNGA?

CHI VUOLE CHIUDERLA E CHI NO. I PRO E I CONTRO

Il mese di gennaio 2023 é stato particolarmente prolifico per la RAND Corporation sul tema della guerra ucraina. I temi sono sempre più delicati: ” OPERATIONAL IMPERATIVE” é un tentativo maldestro di indirizzare l’escalation dell’avversario verso una rappresaglia circoscritta e rivela il timore che – cercando di estendere il conflitto- si ottenga invece una escalation qualitativa verso un conflitto nucleare contro gli USA e l’altro, ” AVOIDING A LONG WAR” sembra una risposta a quanti insistono per far cessare lo scontro. La RAND insiste sui vantaggi di un prolungamento, evidentemente ignara , o noncurante, della frase di SUN ZU ” La guerra é simile al fuoco, quando si prolunga mette in pericolo chi l’ha provocato”. Al solito, trovate i link qui sotto per farvi una opinione personale leggendo i rapporti. spero di provvedere presto a una traduzione imperfetta.

https://www.rand.org/pubs/perspectives/PEA1996-1.html

https://www.rand.org/pubs/perspectives/PEA2510-1.html

La RAND CORPORATION , certamente a seguito delle pressioni papali ( oltre un miliardo di cattolici nel mondo e una crescente influenza sul mondo ortodosso – oltre 200 milioni di fedeli e la prospettiva di un concordato con un miliardo e quattrocento milioni di cinesi- che viene indicato con uno sbrigativo ” other western capitals” di certo non quelle che riforniscono armamenti) ha risposto a due importanti preoccupazioni del governo americano anche se presentate come una ricerca commissionata da enti non bene identificati.

La prima preoccupazione é riassumibile nel timore di una “unintended escalation” russa contro gli USA e il documento N1 ( Operational imperative) cerca di attirare l’attenzione suggerendo la stravagante ipotesi di un attacco a una base USA oltremare. Lontana dal territorio degli Stati Uniti.

Immagino che si sia trattato dei risultati del colloquio avvenuto in Turchia tra i capi dell’intelligence russo e quello americano: nessuno colpirà il territorio dell’altro per evitare “ uncontrolled escalation.” In realtà, si tratta di un tentativo di sviare una rappresaglia dagli USA e servirebbe solo a rinsaldare i paesi satelliti attorno alla nave ammiraglia in cerca di finanziamenti e protezione. Il documento dispensa infatti consigli vecchi di mezzo secolo sulla creazione di ostacoli passivi in cemento e hangar a orientamento variabile per evitare ad aerei attaccanti di colpire più mezzi con un solo passaggio aereo.

Poiché un blitz armato non potrebbe comunque sostanziarsi in un colpo mortale e definitivo, credo che i russi dovrebbero porsi come obbiettivo strategico non tanto la distruzione di beni materiali quanto la distruzione del prestigio degli Stati Uniti in misura uguale o maggiore dei colpi inferti alla Russia con gli attentati al ponte di Crimea o a basi interne al territorio moscovita in analogia all’attacco alle due torri di Manhattan ( World trade Center) dell’11 settembre 2001 effettuato da Osama Ben Laden con il solo sacrificio materiale di venti uomini.

Non vorrei passare per il basista di un’azione di questo tipo, ma se dipendesse da me, manderei un paio di navi mercantili e disarmate, cariche di cemento precompresso, nel canale di Panama all’altezza delle chiuse dove potrebbero scontrarsi o comunque autoaffondarsi bloccando il passaggio nevralgico tra le coste est ed ovest degli Stati Uniti per un tempo da definire, ma congruo.

Un tiro mancino del genere, inferto, senza sparare un colpo, creerebbe un ostacolo strategico tra la flotta Atlantica e quella del Pacifico, tra le basi di Norfolk e quella di San Diego, obbligherebbe gli Stati Maggiori a rivedere una montagna di calcoli.

Il baricentro strategico passerebbe nelle mani della Marina e costituirebbe un fiero colpo al prestigio politico e militare degli USA specie nei confronti del mondo latino americano e quello medio orientale, sensibili ai coups d’eclat dando una boccata di ossigeno agli alleati europei sottoposti finora a incessanti pressioni da uno stato maggiore che, oggi, ha come unico focus la questione ucraina e domani dovrebbe decidere come far riacquistare la flessibilità operativa strategica al suo strumento di dominio principale e con quali tempi.

Più articolato e interessante il secondo documento (avoiding a long war) col quale si vuole rispondere con argomentazioni strutturate al grido di dolore che da tante parti del mondo si alza ormai contro la guerra che ha già dimostrato di essere a lunga durata. Questo mia risposta serve a dimostrare che la risposta é meno strutturata, logica e realistica di quel che appare a una lettura superficiale o non competente.

Innanzitutto, quando si affronta un tema gremito da – lo riconosce anche la RAND- stakeholders, bisogna esaminare le posizioni e il peso di tutti. Errore grave, da matita blu, per chiunque abbia velleità di suggerire strategie globali, ignorare parti del problema sperando nessuno se ne accorga. Nel documento non si citano , nemmeno di sfuggita, la Cina e l’Unione Europea. Il termine “NATO” viene usato per mascherare le scelte degli Stati Uniti e la posizione subordinata della Unione Europea spesso citata come ” alleati”. Ma le posizioni dei vari alleati sono variegate e spesso contrastanti anche se, per ora, coperte da dichiarazioni ambigue e ringhi a mezza bocca. Mi viene a mente l’espressione “ Drowsy dog” termine con cui la NATO indicava esercitazioni improvvise fatte a mò di cani ancora sonnacchiosi ma già ringhianti.

Alcuni punti fermi condivisibili sono: il fatto che con la dichiarazione del 21 settembre e il richiamo alle armi di 300.000 uomini, Putin ha dato il segnale che la guerra si sarebbe prolungata, che i negoziati segreti tra le parti per fermarsi prima dell’irreparabile sono cessati a maggio e che il possibile fronte di guerra si estende per mille km.

A questi vanno aggiunti quattro dei cinque punti di valutazione che cito in inglese per evitare equivoci:

1possible Russian use of nuclear weapon

2Possible escalation to a Russia-NATO conflict

3Territorial control

4Duration

5War termination

COMMENTO PERSONALE

Il grosso dell’argomentazione americana del punto 1 si aggira attorno al possibile uso di armi nucleari ricorrendo alla distinzione tra armi nucleari strategiche e tattiche e il tema si confonde col punto 2 circa una possibile escalation del conflitto tra la Russia e la NATO.

Entrambe queste argomentazioni servono ad affermare l'”ubi consistam” degli USA nell’alleanza ( il nucleare) e a creare l’abitudine a considerare come luogo privilegiato del conflitto, il Continente Europeo, sviando l’attenzione dal più vulnerabile territorio americano.

La Russia ha oltre 17 milioni di chilometri quadrati di territorio e un maggior numero – rispetto agli USA- di città industriali con uno/due milioni di abitanti. Gli USA hanno metà superficie ( 9 milioni ) e quindici grandi città che costituiscono il nerbo finanziario e industriale del paese. Distrutte – in tutto o in parte- queste, degli Stati Uniti resterebbe, al più, una flotta imponente senza territorio in grado di chiamarsi Patria.

La teoria MAD ( mutually assured destruction)risale agli anni 80 ed é una teoria americana che mirava a proteggere proprietà, industrie, infrastrutture e banche private. Valutazioni non tutte valide per la Russia e certamente non valide per una Russia portata alla disperazione.

Il punto 3 “territorial control” non vale proprio la pena di soffermarcisi per la non necessità di territorio dei russi e la strumentalità delle argomentazioni moralistico-giuridiche. Nel 2012 o 13, fui in Russia e venni interpellato da un Think Tank con cui ero in rapporto, circa la possibilità di recuperare o vendere le industrie ucraine definite “improduttive e obsolete”. Risposi dicendo che il solo asset che potevano trarre era la popolazione acculturata, vista la decrescita demografica in atto in Russia. Mi pare che abbiano tratto le stesse conclusioni.

Sulle considerazioni umanitarie, giuridiche ed etiche, ripeto che non vale la pena soffermarsi data la strumentalità dell’argomento e dell’uso che se ne fa in questo documento.

Nel caso della crisi e successiva guerra di Serbia e la creazione del protettorato USA del Kosovo ( che peraltro quasi nessuno ancora riconosce come stato), gli USA si comportarono esattamente come russi con l’Ucraina, quindi considero le argomentazioni moralistiche come una boutade buona per i governanti di complemento raccattati per l’occasione: le varie Liz, Annalena, Giorgia, Sanna, Ursula Rishi e Guido il laureato.

Non riuscendo a sostenere decentemente “l’interesse degli USA” (lo definisce così il documento in più di un punto) senza mentire o omettere, gli estensori se la cavano citando una frase di Biden e prevedendo, invece di una lunga guerra, ” una durata media”.

Nei documenti Usa si evoca spesso la sostituzione di Putin al potere e mai il fatto che l’anno prossimo é un anno elettorale negli Usa e che i bookmaker danno Biden perdente netto e – altro fatto incontrovertibile- che gli apparati di sicurezza di matrice comunista non hanno mai subìto un colpo di stato ( Da Menghistu a Fidel Castro).

In tutta questa analisi, la Cina si fa finta che non esista ( mentre in caso di scambio nucleare sarebbe la sola vincitrice e in caso di scontro “tradizionale” sarebbe l’arbitro della partita) e sul finire appare il solo innegabile vantaggio per gli USA: ” Allies ( leggi EU) may further reduce Energy dependance on Russia and increase spending on their down Defence” con la spiegazione ” the trend appear to be well established already”. Già, ma vorrei chiedere “for how long” comprimeremo la domanda per far funzionare le Sanzioni alla Russia e riempire i forzieri dei petrolieri USA.

La guerra durerà fintanto che la popolazione europea non inizierà a dimostrare di essere stanca e fintanto che il Papa, forte di questo primo successo di opinione non deciderà di passare dalla predicazione all’azione, magari attraendo attorno a sé tutti gli amici della pace e usando la minaccia della scomunica ai cattolici guerrafondai: non si può servire ad un tempo Dio e Mammona. E molti dei 470 deputati europei citati da ” Avvenire” di avant’ieri che hanno respinto una mozione ” invitante alla ricerca ANCHE di una via diplomatica”sono cattolici. E anche Biden é come un Doroteo veneto dei bei tempi: é sotto elezioni.

La vera guerra sta per iniziare adesso ed é tra chi vuole l’allargamento della guerra europea e chi vuole il negoziato. E siamo la stragrande maggioranza.

IN MARCIA VERSO LA REALTA’ ANCHE IN UCRAINA.

I RAPPORTI DI FORZA SONO EVIDENTI TUTTI. IL MASSACRO E’ VOLUTO PER FARE DEI RUSSI «  LA RAZZA PIÙ’ ODIATA D’EUROPA » COME DISSE CHURCHILL DEI TEDESCHI.

Parlando del rapporto di forze tra Cina e Taiwan, lo stesso Zelensi lo ammette. Dunque perché tanto sangue?

GLI U.S.A. DELUSI DAL SOFT POWER USANO LA STRATEGIA DELL’INSICUREZZA E MIRANO AI SOLDI.

VEDIAMO ALL’OPERA LA CREAZIONE DEL BISOGNO DI UNO SCERIFFO. MA IL METODO NON PIACE A NESSUNO, NEMMENO AGLI AIUTANTI.

Come la morte di Stalin nel 1953 diede uno stop allo sviluppo del processo di integrazione europea, così la morte dell’URSS nel 1991 ha dato un colpo mortale all’interesse degli europei verso il potenziamento della N.A.T.O.

Questo fatto non inaspettato ha innescato negli Stati Uniti una fase di pensiero strategico iniziata col concetto di New World Order lanciato dal Presidente George Bush senior nello stesso anno 1991 ( prima guerra irakena) e un ulteriore sviluppo pratico nell’attacco all’Irak nel 2003 ( seconda guerra irakena) in cui si ebbe conferma che in assenza di un Grande Nemico una coalizione militare difensiva ha maggiori difficoltà a tenere assieme i partners e che più ci si allontanava dalla data della scomparsa dell’URSS, più le coalizioni a guida USA diventavano incerte con adesioni simboliche quando non addirittura ambigue.

L’esperimento in Afganistan fu deludente fin dall’inizio, al punto di voler associare all’azione militare NATO persino truppe degli Emirati Arabi Uniti e l’attacco alla Libia fu ancor meno rassicurante: due importanti partners della NATO si dichiararono contrari all’intervento ( Germania e Turchia), mentre un altro partner NATO – l’Italia – dovette essere richiamato all’ordine in maniera energica perché mettesse le proprie basi a disposizione per l’operazione e facesse volare qualche aereo.

Le coalizioni strategiche e militari che in passato sussistevano anche in presenza di singoli importanti contenziosi economici interstatali, hanno cominciato a indebolirsi politicamente e perdere slancio di fronte alla mancanza di utilità marginale reale in cambio dei sacrifici richiesti.
Perché coalizzarsi e sacrificare i propri interessi nazionali quando non si ottiene che qualche posizione di parcheggio per politici scomodi in Patria? 

Dopo una prima fase di economia euforica succeduta alla caduta dell’URSS, la mancanza di un limitatore di corsa rappresentato dalla minaccia di una sempre possibile crisi internazionale e la opportunità di sfruttare per la produzione industriale occidentale il sistema schiavistico di organizzazione del lavoro creato nei paesi a cultura socialista, ha sconvolto il commercio mondiale e creato il potenziale per la rinascita di microconflittualità interstatali che si credevano consegnate ai libri di storia.

La prima a prender vigore agli occhi del mondo è stata la Questione d’Oriente nome sotto il quale serpeggiarono e serpeggiano oggi, una miriade di problemi politici economici ed etnico-culturali nell’area balcanica e nel Levante.

La parte balcanica della questione è stata ” sistemata” con tre guerre, infiniti crimini di guerra, centinaia di migliaia di morti, di profughi e la creazione della più grande base militare USA fuori degli Stati Uniti in un territorio privo di identità, affidandolo a un mezzo bandito in cui i presidi di truppe straniere durano da anni e le chiese sono presidiate.

La crisi siriana, incistata nella crisi iraniana a sua volta avvolta nella rivalità falso-amichevole russo americana che condiziona lo svolgimento dei rapporti tra Stati Uniti e Cina, consente alcune riflessioni importanti per la nostra comprensione degli eventi internazionali.

La nascita dei concetti di guerra asimmetrica ( tra un forte e un debole) e di guerra senza limiti ( specie di settore e di intensità ) consente al paese o all’ideologia – o religione – che decida di resistere ad una aggressione e impostare la propria difesa strategica, una gamma di risposte di tale flessibilità da consentire una guerra indefinita e indefinibile o , se preferite, una guerra senza confini di tempo e di spazio.

È il conflitto per il possesso di tutte la stazioni di quella che fu un tempo “la via della seta” e che oggi notiamo quasi coincidere con la via delle risorse energetiche verso l’Europa intese come energia atomica, gas, petrolio e mano d’opera a basso costo.

La strategia di costruzione del secolo americano presuppone la necessità di acquistare questi beni al minimo costo, averne il controllo di vendita nel mondo ed imporre le transazioni nella moneta USA  ormai svincolata dall’obbligo di rapportarsi all’oro o a qualunque altro parametro che comporti la cessione di ricchezza reale a terzi.

Questa strategia geopolitica e geoeconomica incontra necessariamente ostacoli di varia capacità di  resilienza ( chiedo scusa per l’anglicismo) che vanno dalla Cina che aspira a distribuire e vendere le merci che produce ( su progettazione altrui) e vuole creare e proteggere le sue rotta commerciali; alla Russia che non vuole essere spossessata dell’ Asia e delle sue materie prime; alla Germania che insiste nel voler rifondare il valore delle monete sull’oro; ai Paesi emersi ( India, Brasile, Pakistan, Sud Africa, Indonesia ) ciascuno in uno dei settori prescelti ( es. il Pakistan nel nucleare, l’India nel software), specializzandosi nei subappalti di servizi e produzioni a costo infimo.

Accanto a questa politica Imperiale, una serie di clientes composti da alleati tradizionali un tempo egemoni o pari ( Francia, UK, Australia, Canada) e paesi le cui ambizioni geopolitiche inadeguate furono sconfitte in precedenza ( Germania, Giappone, Italia, ) che vivono ai margini di questa strategia raccogliendo le briciole politiche, ma rimasti ( finora) economicamente satolli.

Per reagire a questa tendenza a farsi la guerra tra paesi minori e disturbare la pax americana, gli Stati Uniti cercano di imporre regole di condotta dalle quali però si autoescludono in virtù della strampalata teoria  dell’eccezionalismo americano in virtù della quale si autoassolvono d’ogni colpa, dal genocidio dei pellerossa, allo sfruttamento del lavoro schiavistico dei neri, al conflitto per aprire e privatizzare il canale di Panama, alla guerra di Cuba, al lancio delle atomiche sul Giappone, al Vietnam, al tentativo di ridurre il troppo esuberante indice di natalità degli arabi, alle mire sul canale di Suez, all’esautoramento dell’ONU quando non conviene far votare il gregge.

Il problema geopolitico da risolvere per gli americani non è tanto la ricerca della supremazia militare che già hanno, ma la durata – auspicabilmente indefinita – e lo sfruttamento economico ottimale di questa supremazia. 

La soluzione è non imporre d’iniziativa il proprio dominio politico sul mondo, ma provocare una tale atmosfera di insicurezza, squilibri e difficoltà a livello internazionale fino al punto di essere invocati a gran voce come equilibratori del globo ed accolti come salvatori.

Con questo espediente,Edward Luttvak promette che l’impero avrà una durata ottimale e non ha torto.

L’obiettivo prioritario è, ” dal momento che ad ogni egemonia imposta corrisponde prima o poi una reazione di rigetto, rinviare il piu possibile questo momento”.
Il comunismo, durato settanta anni in Russia, non è riuscito a sradicare la religione ortodossa.
Quindi la durata deve essere di almeno un secolo e superare la soglia delle tre generazioni di dominio con la prospettiva di allevare le nuove generazioni nell’ignoranza del concetto di indipendenza geopolitica nazionale, sostituita dal principio federalista di sussidiarietà ( “bevuto” per un periodo anche dalla CEI e inserito nel progetto di riforma del titolo V della Costituzione italiana del 2000, non andato in porto).

Il principio di sussidiarietà consiste nel ” risolvere i problemi al livello in cui si pongono”.
Il difetto sta nel fatto che si sono messi da soli in cima alla piramide decisionale.
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Noi potremo scegliere il tracciato della Roma-Civitavecchia, i francesi quello della TAV e loro la grande politica e le scelte economiche fondamentali.

Alcune tattiche politiche – ad esempio il brinkmanship – sono state mutuate  dall’impero romano d’Oriente, che Luttvak, nel suo bellissimo libro “La grande strategia dell’impero Bizantino” si ostina a chiamare Bizantino e non romano ( come d’altronde le Thermae le hanno chiamate ” bagno turco”): non sopportano di doverci tutto.

Il brinkmanship consiste nel muovere truppe con grande dispiego di mezzi e aggressività come se si volesse muovere guerra senza negoziare , ma si spera segretamente di vincere senza combattere piegando psicologicamente l’avversario.

Scriveva Clausevitz ” l’aggressore è amante della Pace, egli vorrebbe conquistare le nostre case senza sparare un sol colpo”.( CAP V della superiorità della Difesa strategica).

Nei casi iracheno, libico e siriano la tecnica intimidatoria non ha funzionato perché – sono affezionato alla metafora – gli USA si sono trovati di fronte ad altrettanti ” portieri ( di calcio) che parano i rigori perché non capiscono le finte” come dice il mio amico Mottironi.
Una concausa degli inconvenienti incontrati è stata provocata dalla necessità di subappaltare ai satelliti alcune incombenze militari per rigide ragioni di bilancio.

Lo strumento di dominio e predominio del New World Order è la tecnologia elevata a Moloch, alla quale sacrificano tutto e dalla quale si aspettano tutto.
Finora sono sempre riusciti ad essere i primi, magari comprando tecnologie altrove ed attraendo ogni possibile giovane talento con politiche di remunerazione e incentivi interessanti. ( i personal computer erano una creazione italiana).

L’attuale presidente Barak Obama, è stretto tra impegni inconfessabili presi per ottenere il reincarico, i vincoli di bilancio impostigli dall’ala dura dei ” tea party” che vogliono distruggere l’Obama care per rafforzare gli stanziamenti militari, tallonato dall’AIPAC ( la lobby filo Israele) che lo sospetta di simpatie filo islamiche, irritato per una serie di smacchi nord africani che attribuisce alla Clinton ( altra cambiale elettorale), ridicolizzato dalle superiori capacità manovriere di Putin, mal consigliato dallo staff della Casa Bianca in cui non c’è nessuno con esperienza militare e di strategia, sta distruggendo la propria immagine e ridicolizzando il conferimento del premio Nobel che la sua ambizione gli ha suggerito di ottenere e che assomiglia sempre piu al serto di lauro da poeta conferito a Claudio Nerone.

Parlo di Nerone a ragion veduta perché i paralleli con il mondo imperiale romano – anch’esso razionalista e materialista – sorgono ormai spontanei.
Anche Roma visse di tecnologia e di prepotenza.
La stessa crisi siriana è tutta impostata sulla necessità proclamata dallo stesso Obama in questi giorni di farsi obbedire a suon di bombe.

Non vi ricorda il romanissimo ” parcere subjectis et debellare superbos” ?

L’impero romano si infranse poi sullo scoglio spiritualistico e irrazionale del Cristianesimo, ossia con l’affermarsi di una corrente di pensiero e scelte di vita assolutamente diverse e risolutamente difese anche contro quanti tra gli israeliti – come Saulo, diventato poi San Paolo – si avventuravano fino a Damasco per lapidare gli ” ebrei dissenzienti.”
Saulo, credendo i cristiani una eresia ebraica aveva sottovalutato il fenomeno.

Il mondo angloamericano – protestante nella sua élite – ha percepito il pericolo demografico e cattolico rappresentato dagli ispanici che minacciano di diventare maggioranza nel paese, ha iniziato verso le altre tendenze religiose ( tranne i buddisti considerati positivamente) una campagna euroamericana di laicizzazione, flessibile nelle forme e nei contenuti : dalle iniziative fortemente mediatizzate anti pedofilia, al taglio dei fondi alle organizzazioni cattoliche americane operanti in Africa, alle critiche continue ( non completamente immeritate) sulle attività finanziarie dello Stato sovrano del Vaticano reo ( anche) di aver tolto i suoi fondi ( 8 miliardi e fischia) dalla borsa inglese, alle insinuazioni personali individuali a ogni livello.

Il nuovo Papa, giunto inaspettatamente ( stavo per dire provvidenzialmente) è stato un vero e proprio game changer che ha già iniziato a prendere in mano la situazione con decisione e capacità comunicativa fuori del comune.

Barak Obama per ora è sulla difensiva indiretta e finge di non vedere i milioni di persone che Francesco sta mobilitando contro “qualsiasi guerra”. (ma son tutte sue….)

Prima o poi Obama dovrà reagire in forma diretta o rinunziare alla irrinunciabile  strategia della instabilità, probabilmente credendo di limitarsi a rinunziare a una singola posta in pallio sia la Siria o Gerusalemme.
Il suo approccio pragmatico all’americana potrebbe far sottovalutare il problema anche a lui.

Questo articolo é del 28 maggio 2013 in questo blog ( cfr col “cerca”). L’ho ripreso, cambiando solo il titolo senza aggiornamenti completando la comprensione della situazione attuale ma evitando di abbellire col senno di poi.

E’ appena il caso di notare che negli ultimi dieci anni abbiamo visto svolgersi la STRATEGIA DELLA INSTABILITA’ e lo scontro felpato tra USA da una parte e Chiesa cattolica e paesi europei – separatamente- dall’altra. Se non si trova il modo di riunirli, saremo tutti perdenti.

LA GUERRA DI UCRAINA SI E’ TRAFERITA IN CHIESA di Antonio de Martini

Per la prima volta dal 1053 data in cui si consumò lo scisma tra le chiese d’Oriente e di occidente, la chiesa ortodossa si è riunita, senza troppo clamore, a Creta per il suo primo grande Concilio.

Come noto, le chiese ortodosse sono autocefale, ossia non hanno un centro unico decisionale, ma ciascun vescovo è il capo della propria comunità, ma il Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli è considerato una sorta di primus inter pares, in rispettoso  ricordo della funzione imperiale di un tempo, benché il suo gregge sia di meno di trentamila anime. Continua a leggere

IL CONFLITTO PER MOTIVI RELIGIOSI E’ UN PRETESTO IN ORIENTE E UNA REALTA’ IN OCCIDENTE di Antonio de Martini

Pochi ricordano in questi giorni che il conflitto armato tra Iran e Irak durò ben otto anni, ma nessuno si sognò di qualificarlo come scontro tra sunniti ( al potere in Irak) e sciiti ( al potere in Iran). 

Era uno scontro armato ( ha provocato oltre un milione e mezzo di morti) voluto per ragioni geopolitiche dagli Stati Uniti, favoriti in questo da Saddam Hussein che – come tutti gli ingenui – credeva di acquisire meriti e gratitudine dall’amministrazione USA compiacendola a spese dei compatrioti. Continua a leggere

LO STATO VATICANO RICONOSCE UFFICIALMENTE LO STATO DI PALESTINA E DOMENCA SARANNO PROCLAMATI DUE SANTI PALESTINESI.

Ieri, mercoledì, il Vaticano ha siglato ( perfezionato ma non ancora firmato) il primo documento ufficiale con cui riconosce lo Stato Palestinese.

Lo scorso ottobre questo importante passo era stato compiuto della Svezia, mentre tutti i principali paesi europei hanno approvato la scelta in Parlamento senza poi farla seguire da atti amministrativi dei rispettivi governi. Particolare menzione per l’Italia che nello stesso giorno e con la stessa maggioranza ha votato un ordine del giorno a favore e uno contro il riconoscimento dello stato palestinese.

Il Governo israeliano, ancora in formazione post elettorale, si è riservato di reagire ” in maniera appropriata” non appena il concordato sarà firmato e reso noto.

Già lo scorso anno durante la visita di Papa Francesco, i comunicati stampa  accennavano a Mahmud Abbas come al ” Presidente dello stato palestinese” , ma adesso la situazione ” di fatto” è stata perfezionata giuridicamente con un documento ufficiale.

Intanto,  dal porto di Göthenborg tre giorni fa ha salpato le ancore il peschereccio Marianne con a bordo attivisti intenzionati a violare il blocco del porto di Gaza come fu tentato dal MAVI Marmara e conclusosi con otto morti.

Questa volta la nave non batte bandiera turca, ma svedese e tra i cinque passeggeri che si sono aggiunti all’equipaggio c’è anche un cittadino israeliano naturalizzatosi svedese: Dror Feiler, di professione musicista e per l’occasione portavoce.  

Il viaggio – cinquemila miglia – sarà punteggiato da un certo numero di soste -per ora Malmö e Copenhagen, gli altri scali non sono ancora stati comunicati – da ciascuno dei quali si aggiungeranno altri navigli. La destinazione finale è Gaza. Lo scopo la rimozione del blocco. La nave ha a bordo materiale medico e pannelli solari.

Domenica la proclamazione a santi di due palestinesi.

Inizia la lotta per far riconoscere gli arabi cristiani, entità culturale e politica che sarà ora difficile continuare a ignorare.

TURCHIA: IL PAPA FA LA GUERRA PREVENTIVA A ERDOGAN IN APPOGGIO ALLA CHIESA ORTODOSSA DI GRECIA RICORDANDO IL CENTENARIO DEL MASSACRO DEGLI ARMENI. COSA È SUCCESSO PRIMA DIETRO LE QUINTE.   di Antonio de Martini

Lo aveva detto, in una intervista a un confratello gesuita,  di essere astuto come un serpente e candido come una colomba. Dopo molte uscite candide, Papa Francesco ha mostrato astuzia e tempismo formidabili precedendo il colpo propagandistico di assaggio meditato dai seguaci di Erdogan: la lettura del Corano all’interno della ex Moschea e attuale museo noto al mondo come Haghia Sofia: la Santa Sapienza. Continua a leggere

PAPA FRANCESCO: NON SONO LE FAMIGLIE NUMEROSE A PROVOCARE POVERTÀ , È IL SISTEMA ECONOMICO ! CI VOLEVANO DUEMILA ANNI PER DIRLO? di Antonio de Martini

La prova che le persone di buona volontà esistono è data dalla notizia che un gruppo di famiglie mussulmane dell’Ile de France ha dato vita al primo asilo musulmano gestito col metodo Montessori.
Gli altri continuano a sfilare da una parte e dall’altra. Continua a leggere

GEOPOLITICA DELLA FEDE SUL BOSFORO. LA RICONCILIAZIONE DELLE CHIESE DI ROMA E COSTANTINOPOLI SONO L’UNICA INIZIATIVA STRATEGICA IN UN MONDO ISTERILITO DALL’ODIO E DALLA PAURA. di Antonio de Martini

I media hanno dato i titoli di prima pagina alla visita di Papa Francesco al presidente Recep Tajip Erdoghan in quel di Ankara, ma in realtà si è trattato di un atto dovuto verso un personaggio – e  uno stato – dalla suscettibilità notoria.
Il vero scopo della trasferta era la visita al Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo. Continua a leggere

NOBEL PER LA PACE: HANNO EVITATO PAPA FRANCESCO . MENO MALE. di Antonio de Martini

Oggi abbiamo conosciuto il nome del premio Nobel per la pace.
Interessante sapere come e perché nacque questa consuetudine.
Durante un soggiorno in Costa Azzurra, morì il fratello di Alfred Nobel .
I giornalisti, già allora campioni del pressapoco, lo scambiarono per il più famoso germano e titolarono vivacemente la notizia sul tipo di ” muore il mercante di morte”.

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