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IRAN: PRIMO AMORE CHE GLI USA NON PERDONANO MA NON DIMENTICANO

Tutti tesi a piangere sui profughi afgani che fuggono – io piangerei di più su quelli che restano dato che gli aiuti esteri pesavano sul PIL afgano per il 43% ed ora cessano – i media italici non hanno dato il giusto risalto all’incontro tra il nuovo premier israeliano Naftali Bennet e il presidente USA Joe Biden.

Eppure é da questo incontro che potrebbero scaturire novità nello stallo negoziale tra l’Iran e i suoi interlocutori ONU-UE-USA sul nucleare. Infatti Bennet impegnandosi a ripristinare un rapporto “ corretto e onesto” si é impegnato a non più interferire nel negoziato che é l’ultima carta rimasta all’americano per salvare il suo primo anno di presidenza.E i due hanno un obbiettivo comune: evitare il ritorno di Netanyahu al governo.

I tentativi dell’Europa di riconciliare USA e Iran sono la principale preoccupazione e motivazione dello stato di Israele e la ragione di maggior solidarietà con l’Arabia Saudita che vede nell’Iran una minaccia politica e commercial-religiosa, cui va ad aggiungersi il nuovo stato dei talebani che , per giunta, é sunnita, confinante con l’Iran e depositario di segreti.

Israele oscilla tra i due poli del pericolo nucleare rappresentato dall’Iran e quello – forse più importante -rappresentato dal rischio che un riavvicinamento troppo intenso potrebbe risvegliare negli USA la vecchia passione per la Persia, specie ora che il rapporto con l’Arabia Saudita attraversa un periodo di particolare complessità.


Da una riduzione delle tensioni potrebbero scaturire  forme di intesa che – non dimentichiamolo- è stato il primo amore ( e il più grosso investimento alleato nel dopoguerra) statunitense nell’area, mettendo in crisi il rapporto privilegiato ed esclusivo Israele-USA, proprio ora che la Turchia sta diventando il figliol prodigo della vicenda ed é messo all’angolo.

Fino a che non ci sarà una “ confrontation”  militare diretta tra Téhéran e Washington, Israele vedrà in pericolo il suo ruolo di fiduciario degli USA nel Vicino e Medio Oriente e in questa direzione sono andati gli sforzi di Benjamin Netanyahu.

L’Arabia Saudita, indebolita dalla contemporanea diminuzione del prezzo del greggio, dall’aumento delle spese militari, e dalla perdita di reputazione e contatti con l’alta dirigenza americana, ha bisogno di non vedere tornare sul mercato un grande produttore di greggio che accetta persino di fare cambio merci che ha davvero settanta milioni di abitanti e che ha una tradizione di resistenza secolare e che ha appena conquistato il nuovo mercato afgano, ideale per le sue esigenze di piccolo commercio transfrontaliero.

Il precedente governo statunitense concesse la ripresa delle sanzioni in contrasto con l’ UE  , ma rifiutò di scontrarsi militarmente. L’attuale governo Biden deve perseguire una politica di rottura col precedente e può farlo solo in politica estera dato che ha seguito Trump nella via del disimpegno a Kabul e dell’irrigidimento frontaliero sulla immigrazione…

Quando il presidente Emmanuel Macron allo scorso G7 perorò la causa iraniana a uno scettico Trump, promettendo moderazione nella immissione  sul mercato del greggio persiano, il ministro degli esteri Mohammed Javad Zarif si precipitò a Biarritz per confermare personalmente le cifre: da un minimo di 700.000 a un massimo di 1.500.000 barili al giorno. Non un barile di più.

Gli americani non parteciparono alla riunione, ma ascoltarono attentamente.

La prospettiva di un riavvicinamento è allettante sia per Biden che per lo Stato Maggiore NATO che tornerebbe a riequilibrare il fronte sud e ridimensionare l’utilità strategica della Turchia.

Si ridurrebbe anche il contenzioso con  gli alleati europei. 

In fondo, l’Iran – propaganda a parte- ha sempre reagito ad azioni di stringimento e mai preso iniziative contro gli USA ; non ha comprato il sistema antiaereo russo S400 ad onta delle diuturne minacce di bombardamenti di Netanyahu; ha una forte influenza sugli afgani e non solo consentirebbe il controllo delle rotte petrolifere, ma potrebbe esercitare una sua positiva  influenza sugli Emirati e sul regno di Bahrein sede della V flotta USA.

Israele è abrasivo con Libano e Turchia e ha solo sette milioni di abitanti. 

L’Iran di abitanti ne ha settanta milioni bisognosi di tutto e una serie di miliardi congelati dal 1979 con cui pagare a pronta cassa.

Anche di rinnovare la flotta aerea , militare e civile, e le automobili risalgono agli anni settanta. 
Senza contare che bilanciare l’influenza russa e affacciarsi sul Caspio e il Kazakistan non dispiacerebbe affatto.

Qualcuno ricorda ancora le copertine di “Life” di fine anni cinquanta, che magnificavano le prospettive economiche persiane e definivano l’Iran “ Il Giappone del Medio Oriente” mentre l’America sostituiva gli inglesi nel ruolo egemonico.

Peccato che, come al solito, misero a capo del paese un soggetto insicuro ma obbediente come Reza Palhavi II incapace di governare, ma feroce come tutti i miti.

La differenza di mentalità e l’ansia di modernizzazione a tappe forzate – in specie delle donne- fece il resto, fino all’avvento di Khomeini e alla vittoria del “partito dei Mullah” che gli inglesi avevano continuato a coltivare e gli americani no.

Adesso si trovano con un solo partner, in tutta l’area, che crea più problemi che soluzioni e hanno bisogno disperato di un successo di politica estera che solo gli può dare una vecchia fiamma inasprita dal contenzioso che dura dal 1979.

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LA TURCHIA AMMASSA TRUPPE ALLA FRONTIERA SIRIANA e IRACHENA IN FUNZIONE ANTI CURDA. TUTTI CONNESSI APPASSIONATAMENTE. di Antonio de Martini

Sembrerà strano, ma tutto ha inizio in Turchia un secolo fa.

Mustafa Bey, detto Kemal ( il perfetto, così nominato dal suo maestro di scuola) iniziò l’attività che lo ha condotto al potere col nome di Ataturk ( padre dei turchi) , sconfiggendo il corpo di spedizione britannico voluto da Winston Churchill per sbloccare i Dardanelli e rifornire la Russia dopo aver sbriciolato il Sultano decadente. Nonostante che anche il colonnello Halil bey ( nipote di Enver Pascià, ministro della Guerra) avesse sconfitto a KUT EL AMARA, in Mesopotamia  il più agguerrito  Corpo di spedizione britannico spedito dall’India, le sorti della guerra non mutarono per via del blocco navale che affamò l’impero. Continua a leggere

COSA SUCCEDERA’ COL NUOVO ASSETTO SAUDITA? DIPENDERA’ DALLA SOLUZIONE DEL PROBLEMA PALESTINESE. di Antonio de Martini

Tre teocrazie classiche  si interessano degli avvenimenti del Levante e tra queste, la più debole è la casa reale saudita che dispone di immense ricchezze , è la custode dei luoghi santi della religione mussulmana che esercita influenza  su un miliardo e trecento milioni di mussulmani.

Evidentemente non gode di divino afflato perché da un certo numero di anni a questa parte non ne sta azzeccando una e credo  che le fortune della giovane  ( dal 1927) dinastia siano ormai agli sgoccioli.

L’altra teocrazia è quella concorrente rappresentata dall’Iran Sciita e Persiano che è in sorprendente rimonta da quando pochi mesi fa ha mostrato solidità istituzionale cambiando, senza scosse, regime , dotandosi di un nuovo Presidente Hassan Rouhani appoggiato dall’Ayatollah Ali Khamenei che rappresenta la continuità religiosa e statuale con grande  compostezza ed è il leader morale  di 200 milioni di sciiti nel mondo: il nuovo governo ha aperto all’Occidente e ha intavolato trattative che possono allentare le tensioni internazionali in quasi tutte le aree a rischio del pianeta e sta dimostrando di non essere interessato alle armi nucleari.

Non così l’Arabia Saudita. Continua a leggere

L’ “IRANIAN CORRIDOR”, LA GUERRA DI DOMANI E LA STRATEGIA DI SCIPIONE. di Antonio de Martini

Per capire le strategie del futuro è necessario studiare quelle passate. Molti affermano che la guerra contro Hitler l’ha vinta l’Unione Sovietica e non gli USA e questo è quel che appare, ma la guerra l’hanno vinta tre cittadini americani: Cordell Hull, ( all’epoca segretario di Stato) Haverell Harriman e Johns Hopkins. Due grandi amici di Roosevelt che hanno determinato molte politiche Usa durante e dopo la guerra.

Come siano riusciti  a vincere il conflitto minimizzando le perdite USA è materia di questo articolo perché la loro strategia ha ispirato quella attuale e a fine testo avremo le idee più chiare su molti accadimenti odierni. Continua a leggere

L’ARABIA SAUDITA ( leggi Trump) PARLA ALLA NUORA ( Katar) PERCHE’ SUOCERA( Turchia) INTENDA. di Antonio de Martini

Intanto, chiariamo:  nella penisola arabica  i confini non esistono. Sono tutte zone desertiche permeabili a volontà da chiunque – e laggiù sono la totalità- possieda un fuori strada per aggirare,  a duecento metri dalla strada,  il posto di blocco posto sulla via di accesso ufficiale.

 

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SIRIA: GLI U.S.A. VINCONO LA GUERRA PERDENDO TUTTE LE BATTAGLIE. di Antonio de Martini

L O  S F O N D O

La guerra di Siria dura dal marzo 2011. A marzo prossimo saranno sei anni.                       Molti già dicono che Barak Obama lascerà come legato l’aver distrutto la Siria, ossia il        luogo che ha fatto da culla alla civiltà umana, senza aver nulla ottenuto.

Chi pensa questo, mostra di non aver studiato il modus operandi del soggetto che si è rivelato, sia all’interno che all’estero, l’uomo dei colpi mortali a sorpresa. Ne sanno qualcosa i repubblicani che, pur essendo in maggioranza, non riescono a governare . Continua a leggere

GUERRA DI SIRIA: ERRORI ED OMISSIONI. GLI ULTIMI FUOCHI PRIMA DEL GRANDE BUSINESS. di Antonio de Martini

All’indomani della prima Guerra Mondiale, anche un bambino di dieci anni avrebbe capito che imporre condizioni di pace troppo onerose alla Germania avrebbe provocato a breve una nuova guerra.

Il solo che sembrò capirlo veramente fu John Maynard Keynes ( l’inventore della macroeconomia) che si dimise dalla delegazione inglese in polemica con le decisioni draconiane prese contro i tedeschi e consegnò i suoi pensieri, nel dicembre 1919, ad un pamphlet dal titolo provocatorio ” Le conseguenze economiche della pace” tradotto e pubblicato in Italia da Adelphi.( reperibile).

Egli illustrò la concatenazione di scelte suicide e ipocrite che portarono, appena venti anni dopo, al bagno di sangue più copioso della storia dell’uomo.
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IRAN, SIRIA FALSA PACE. YEMEN, LIBANO FALSA GUERRA. di Antonio de Martini

I pretesti per non riammettere l’Iran nel concerto delle Nazioni cadono uno a uno, ma i fattori geopolitici di crisi rimangono a monito che  il confronto continua ed è sempre  minaccioso. Continua a leggere

TEHERAN- RYAD . LE TAPPE DI UNA SALDA INIMICIZIA di Antonio de Martini

L’Iran era un impero quando l’Arabia Saudita non esisteva e l’Arabia Saudita è diventata potente quando l’Iran era nel frigorifero creato dagli USA, sicché l’inimicizia non è di lunga data anche se ha un antefatto storico gustoso.

Quando Maometto, dopo aver sottomesso gli abitanti della penisola araba iniziò a guardarsi attorno per allargare l’impero, decise di scrivere una lettera ai suoi vicini – l’imperatore di Persia e quello di Bisanzio, per invitarli a sottomettersi alla volontà di Allah e convertirsi alla vera fede.

Il Basileus di Bisanzio lo snobbò, mentre l’imperatore persiano, offeso dalla sfacciataggine dello sconosciuto beduino, inviò due messaggeri con l’incarico di persuaderlo a sottomettersi oppure ucciderlo. Continua a leggere

IRAN: RIPRESA DEI RAPPORTI COMMERCIALI CON L’ITALIA

Federica Mogherini ha fatto ieri una dichiarazione importante anche ai fini della ripresa economica italiana.

La normalizzazione ( e quindi lo scongelamento dei beni) con l’Iran è ormai questione di poco.Noi italiani stati il primo fornitore di beni e servizi dell’Iran per lunghi anni e abbiamo tutte  le carte in regola per tornare al nostro posto. Continua a leggere

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