Sembrerà strano, ma tutto ha inizio in Turchia un secolo fa.
Mustafa Bey, detto Kemal ( il perfetto, così nominato dal suo maestro di scuola) iniziò l’attività che lo ha condotto al potere col nome di Ataturk ( padre dei turchi) , sconfiggendo il corpo di spedizione britannico voluto da Winston Churchill per sbloccare i Dardanelli e rifornire la Russia dopo aver sbriciolato il Sultano decadente. Nonostante che anche il colonnello Halil bey ( nipote di Enver Pascià, ministro della Guerra) avesse sconfitto a KUT EL AMARA, in Mesopotamia il più agguerrito Corpo di spedizione britannico spedito dall’India, le sorti della guerra non mutarono per via del blocco navale che affamò l’impero.
La ragione fu che gli inglesi avevano una strategia e i turchi solo dei bravi soldati.
A guerra finita, Mustafa Kemal, ricevuto il comando dal generale Otto Liman Van Sanders ( capo della missione militare germanica in Turchia e in procinto di tornare nella sconfitta Germania) abbandonò immediatamente ogni sogno di impero e scelse una strategia precisa: avrebbe difeso e riunito tutti i turchi sotto un solo vessillo sul territorio anatolico abitato da turchi, si sarebbe sbarazzato dell’ingombrante religione che riteneva un ostacolo alla modernizzazione della Turchia e avrebbe liquidato anche il Califfato, residuo di cinque secoli prima. La politica ottomana era l’esatto contrario: gestire imparzialmente tutte le minoranze leali e coinvolgerle, insomma , la stessa tecnica dell’impero austroungarico e di quello inglese.
Oggi, dopo quasi un secolo, L’AKP, il partito confessionale di Tajip Erdogan e Davitoglu ha rispolverato la politica ottomana di inclusione delle minoranze puntando sulla comunità di religione con tutti i vicini , Grecia esclusa. Ecco perchè tanto accanimento verso i Curdi che loro continuano a chiamare – con qualche ragione- ” turchi di montagna”, tendono ad attuare una sorta di patrocinio ai turcomanni ( presenti in Irak, Siria e Libano anche se ormai non parlano più turco) , difendono le ragioni di Gaza e rivogliono Mossul ,” rubata” con un colpo di mano di cui gli inglesi hanno il segreto, e abitata da curdi e turcomanni…..
Sotto gli occhi di un occidente distratto, la Turchia sta cercando di recuperare il ruolo egemonico avuto per gli ultimi due secoli nel Levante e in Nord Africa. Nasce così l’Islamo-kemalismo, ossia una nuova versione delle idee nazionaliste di Ataturk, ma recuperando l’aspetto religioso – ovviamente islamico – che lega assieme tutti i paesi arabi e non disdegnando l’Islam sciita dell’Iran.
Facendo leva sulla comunanza religiosa e valorizzando le minoranze presenti ovunque in quell’area, la Turchia di Erdogan punta a diventare la potenza di area grazie a un esercito numeroso e valoroso e al vuoto di potere che paradossalmente gli USA stanno creando a colpi di spedizioni militari. Ovviamente in questa strategia di potere regionale e per un ruolo mondiale, si scontra con l’ Egitto che ha analoghe ambizioni e con Israele che ha ambizioni anche più vaste.
I punti di forza della Turchia sono: il possesso degli stretti che aprirebbero ai Russi le porte del Mediterraneo o agli USA quelle del Mar Nero, una popolazione di 75 milioni di abitanti , una fama di affidabilità come alleati degli USA e una economia in buona salute. I punti di debolezza sono: la carenza di fonti energetiche ( è l’unico paese dell’area ad esserne privo, quasi a farlo apposta col trattato Sykes Picot) e il fatto che la sua nuova politica richiede di sistemare la crisi curda che si trascina da oltre venti anni. Se riescono a gestire il problema curdo che è la minoranza più grande dell’area, si aprono scenari di espansione e successo, altrimenti non ha senso il volere influire sul Levante attraverso le varie minoranze etniche o religiose che siano. Ultimo punto debole, il rapporto con lo Stato Maggiore turco , tutto laico e kemalista, recentemente dimezzato a causa di un colpo di stato per reazione alla nuova politica turca.
Unico paese del vicinato con cui, per ora, Erdogan è in buoni rapporti è l’Iran. Già nel 2010 , assieme al Brasile , la diplomazia turca giunse a un inizio di intesa sul nucleare iraniano, ma gli USA preferirono ignorare la vicenda e vararono la quarta ondata di sanzioni ( con la UN resolution 1929)con l’appoggio degli alleati NATO.
Nello stesso periodo la Turchia nutrì l’ambizione di mediare la pace tra Palestinesi e Israeliani, forza della migliore capacità diplomatica turca e della sua politica di inclusione anche di Hamas nel processo negoziale. Invece di apprezzare, gli USA mostrarono di non gradire. Da quel negoziato dipende spesso l’elezione presidenziale americana e lasciarle in mano a un alleato per quanto leale possa essere….
Le Sanzioni furono affrontate e contenute dagli iraniani, anche grazie alla collaborazione turca che gestì l’export petrolifero per conto degli Ayatollah, lucrando abbondantemente. Il rapporto instaurato con Hamas ha comunque porato i suoi frutti sotto forma di una sorta di protettorato verso la striscia di Gaza. Questo impegno ha portato a un primo scontro con Israele a causa della crisi del MAVI MARMARA ( otto morti tra gli attivisti turchi uccisi dai commandos israeliani, con gravi conseguenze sui rapporti bilaterali turco israeliani fino ad allora ottimi.
Questa iniziativa – ignorata dai media occidentali ma non dai russi e dal mondo arabo e lo scontro con Israele ( costretto a una lettera formale di scuse dagli USA) – consacrarono il nuovo ruolo della Turchia, al quale è stato poi, però, fatale lo scontro con Assad e con la Siria.
Erdogan, dati i buoni rapporti anche personali, avuti in passato, con Assad si era illuso di poterlo condizionare suggerendogli un compromesso basato sull’inclusione dei fratelli mussulmani nel governo di Damasco. Quindici incontri a Damasco in pochi mesi. Il rifiuto ad accettare qualsiasi consiglio – il presidente siriano è un sovranista convinto – ha offeso Erdogan al punto da spingerlo a commettere un errore che nessun governo dovrebbe fare: aprire un fronte ( sia pure di guerriglia ) mentre aveva in corso già il conflitto con i curdi turchi.
Inizia così la parte difficile della politica di Erdogan: inizia a finanziare ogni gruppo – anche i più estremisti – nella convinzione che Assad cadrà. Così non è stato.
Adesso, con i siriani ha in corso tre contenziosi: a) aul Sangiaccato di Alessandretta – un territorio arabo che Ataturk ottenne dalla Francia per chiudere il contenzioso nel 1923. b) La vicenda dell’acqua nata per via del GAP ( grande progetto anatolico di irrigazione del sud est turco fatto per sedentarizzare i curdi e sviluppare l’agricoltura che ha ridotto del 40% il gettito di acque dell’Eufrate mettendo in crisi i contadini siriani, causa non ultima delle ribellioni. c) il problema curdo rappresentato dai curdi si Siria che Assad ha armato ed ora rappresentano una ulteriore minaccia per la stabilità del regime. La Forza Democratica siriana ( filo USA) sta , proprio in queste ore, accusando il governo turco di essersi congiunto con le truppe iraniane-russe e siriane per attaccarli nella zona di Idlib ( nord siria). Verosimile e – come direbbe un nostro portavoce – ” compatibile con la psicologia di Erdogan.
Intanto giunge notizia che la Turchia ha ammassato truppe al confine col kurdistan iracheno nell’imminenza del referendum per l’indipendenza. Il pretesto è il solito: fare delle manovre militari, ma in realtà non si capisce se questo schieramento sia fatto per sostenere la politica tradizionale turca di opposizione a uno stato kurdo indipendente ( che provocherebbe un effetto calamita sui kurdi degli altri tre stati, oppure in sostegno della liceità referendaria, data la posizione di inclusione di tutti i kurdi nella nuova Turchia.
Insomma, gli alleati hanno fatto una guerra mondiale per sottrarre alla Turchia ottomana tutti i territori petroliferi. Adesso, a un secolo di distanza, stiamo rischiando un’altra guerra per dargliene almeno uno, ma Erdogan dopo aver messo le scarpe di Ataturk comincia ad accorgersi che gli vanno larghe. Molto larghe. Le guerre e le battaglie non si vincono con le ideologie come nel novecento.
I turchi per vincere questa partita hanno bisogno di una strategia e di un capo “competente e con le stellette”. Proprio come noi.