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UN SONDAGGIO DEL COUNCIL FOR FOREIGN RELATIONS SUL PRIMO ANNO DI GUERRA. APRIRE IL CONFRONTO.

BIDEN HA CONQUISTATO I GOVERNI EUROPEI A PREZZO DEL RESTO DEL MONDO. IL SONDAGGIO HA DOMANDE AMBIGUE, NON INTERVISTA MOLTI PAESI “ FILO RUSSI” AFRICA E AMERICA LATINA OLTRE CHE IL MONDO ARABO E NON DEFINISCE TERMINI COME “ AVVERSARIO” , MA EMERGE UGUALMENTE LA VOLONTA’ DI “ NON GUERRA” E “ NON BIPOLARISMO” . MENO CHE MAI “UNIPOLARISMO”. IL NUOVO RUOLO MONDIALE DI INDIA E TURCHIA .

United West, diviso dal resto: l’opinione pubblica globale a un anno dalla guerra della Russia contro l’Ucraina

Timothy Garton Ash

Ivan Krastev

Mark Leonard

SOMMARIO

VAI IN CIMA

  1. Riepilogo
  2. Introduzione
  3. Ferma la guerra contro vinci la guerra
  4. Non fare tutto sulla democrazia
  5. Ulteriore ascolto
  6. Frammentazione v polarizzazione: cosa definirà il prossimo ordine mondiale?
  7. India e Turkiye come grandi potenze (ri)emergenti
  8. Conclusione: Il paradosso dell’unità occidentale e della disunione globale
  9. Metodologia
  10. Informazioni sugli autori
  11. Ringraziamenti

Riepilogo

  • Un nuovo sondaggio suggerisce che la guerra della Russia contro l’Ucraina ha consolidato “l’Occidente”; i cittadini europei e americani hanno molte opinioni in comune sulle principali questioni globali.
  • Gli europei e gli americani concordano sul fatto che dovrebbero aiutare l’Ucraina a vincere, che la Russia è il loro avversario dichiarato e che il prossimo ordine globale sarà molto probabilmente definito da due blocchi guidati rispettivamente dagli Stati Uniti e dalla Cina.
  • Al contrario, i cittadini di Cina, India e Turkiye preferiscono una rapida fine della guerra anche se l’Ucraina deve concedere il territorio.
  • Anche le persone in questi paesi non occidentali, e in Russia, considerano più probabile l’emergere di un ordine mondiale multipolare di un accordo bipolare.
  • I decisori occidentali dovrebbero tenere conto del fatto che il consolidamento dell’Occidente sta avvenendo in un mondo post-occidentale sempre più diviso; e che potenze emergenti come India e Turkiye agiranno alle proprie condizioni e resisteranno a essere coinvolte in una battaglia tra America e Cina.

Introduzione

Un anno dopo l’invasione russa dell’Ucraina, non c’è dubbio che la guerra sia un punto di svolta nella storia mondiale. Il conflitto ha sfidato i presupposti più basilari degli europei sulla loro sicurezza, ha riportato lo spettro del confronto nucleare nel loro continente e ha sconvolto l’economia globale, lasciando le crisi energetiche e alimentari nella sua scia.

Eppure, mentre l’aggressione della Russia è un evento di importanza globale, le persone in diverse parti del mondo l’hanno vissuta e interpretata in modi diversi. Secondo un ex consigliere per la sicurezza nazionale del primo ministro dell’India, “per molte parti del mondo, un anno di guerra in Ucraina ha fatto meno per ridefinire l’ordine mondiale che per metterlo ulteriormente alla deriva, sollevando nuove domande su come affrontare le sfide transnazionali urgenti”. In contrasto con l’opinione in Occidente, le persone in molti paesi non occidentali sembrano credere che l’era post-guerra fredda sia finita. Non si aspettano che il prossimo ordine internazionale sia caratterizzato dalla polarizzazione tra due blocchi guidati dagli Stati Uniti e dalla Cina; invece, vedono come più probabile una frammentazione in un mondo multipolare.

I risultati chiave di un nuovo sondaggio globale multi-country indicano che, un anno dall’inizio della guerra della Russia all’Ucraina, gli Stati Uniti e i suoi alleati europei hanno riacquistato la loro unità e il loro senso di intenti. Ma lo studio rivela anche un ampio divario tra l’Occidente e il “resto ” quando si tratta dei loro risultati desiderati per la guerra e di diverse comprensioni del perché gli Stati Uniti e l’Europa sostengono l’Ucraina. Il sondaggio si è svolto nel dicembre 2022 e gennaio 2023 in nove paesi dell’UE e in Gran Bretagna, e in Cina, India, Turkiye, Russia e Stati Uniti (i paesi CITRUS, per utilizzare la scorciatoia del progetto Europe in a Changing World dell’Università di Oxford). I suoi risultati suggeriscono che l’aggressione della Russia in Ucraina segna sia il consolidamento dell’Occidente che l’emergere dell’ordine internazionale post-occidentale annunciato da tempo.

Ferma la guerra contro vinci la guerra

Il nuovo consenso tra i governi europei è che solo una vittoria ucraina fermerà la guerra di Putin. Anche se un numero significativo di cittadini europei desidera ancora che la guerra finisca il prima possibile, il sondaggio sembra mostrare una chiara tendenza nell’ultimo anno a preferire l’Ucraina alla vittoria anche se il conflitto dura qualche tempo più a lungo. Allo stesso modo, gli americani credono che l’Ucraina debba riconquistare il suo territorio se si vuole garantire una pace duratura.

Al contrario, le persone nei paesi non occidentali hanno una chiara preferenza per la fine della guerra ora, anche se ciò significa che l’Ucraina debba rinunciare al territorio. In Cina, una pluralità di coloro che gli è stato chiesto (42 per cento) concorda sul fatto che il conflitto tra Russia e Ucraina deve finire il prima possibile, anche se significa che l’Ucraina dà il controllo delle aree del suo territorio alla Russia. Questo desiderio di porre fine alla guerra presto è ancora più forte in Turkiye (48 per cento) e in India (54 per cento). Vale la pena notare, tuttavia, che quasi un terzo delle persone in entrambi questi paesi preferirebbe che l’Ucraina recuperi tutto il suo territorio, anche se ciò significa una guerra più lunga o più ucraini uccisi e sfollati.

La crescente ostilità degli europei nei confronti della Russia si riflette nella loro preferenza a non acquistare combustibili fossili russi anche se si traduce in problemi di approvvigionamento energetico. Questa è l’opinione prevalente in ciascuno dei nove paesi dell’UE intervistati, con una media del 55 per cento di questi cittadini dell’UE che lo sostiene. Al contrario, solo il 24 per cento è favorevole a garantire l’approvvigionamento energetico senza ostacoli continuando a comprare dalla Russia.

Non fare tutto sulla democrazia

I pubblici non occidentali studiati differiscono dai pubblici occidentali non solo nei risultati che desiderano per la guerra, ma in ciò che pensano del perché gli Stati Uniti e l’Europa stanno aiutando l’Ucraina.

Il presidente Joe Biden ha inquadrato la guerra come una lotta tra democrazia e autoritarismo e ha cercato di usare la difesa della democrazia come un grido di battaglia in patria e all’estero. Negli Stati Uniti, il linguaggio della leadership del “mondo libero” è tornato.

Mentre le figure occidentali possono rappresentare il conflitto in questi modi per unificare l’Occidente, non offre un modo sicuro per fare appello ai cittadini dei paesi non occidentali. Al contrario: secondo molte persone al di fuori dell’Occidente, i loro paesi sono anche democrazie – e sono forse anche le migliori democrazie. Alla domanda su quale paese si avvicina di più a una “vera democrazia”, il 77 per cento in Cina risponde “Cina”; il 57 per cento degli indiani risponde “India”. Le risposte sono meno chiare in Russia e Turkiye, ma, tuttavia, la risposta più frequente dei turchi è il loro paese (36 per cento). Il sondaggio rileva che il 20 per cento dei russi assegna il riconoscimento alla Russia, che è anche la migliore risposta sostanziale. (Tuttavia, quasi un terzo degli intervistati in Russia non ha scelto alcun paese come avente una vera democrazia.)

Altri risultati del nostro sondaggio suggeriscono inoltre che le persone in Cina, India e Turkiye sono scettici sulle affermazioni sulla difesa della democrazia.

Molti in Cina affermano che il sostegno americano ed europeo all’Ucraina è guidato dal desiderio di proteggere il dominio occidentale. E per la stragrande maggioranza dei cinesi e dei turchi, il sostegno occidentale all’Ucraina è motivato da ragioni diverse dalla difesa dell’integrità territoriale dell’Ucraina o della sua democrazia.

Tra le potenze emergenti, l’India è un’eccezione, dove (simile agli Stati Uniti) più della metà degli intervistati indica una di queste due ragioni per spiegare la solidarietà occidentale. Tuttavia, la mancanza di democrazia in Russia non impedisce agli indiani di avere una visione generalmente positiva di quel paese: il 51 per cento lo descrive come un “aiale” e un ulteriore 29 per cento lo vede come un “partner”.

Il sondaggio rivela che la guerra di aggressione di Vladimir Putin e i suoi fallimenti militari durante il conflitto non sembrano aver indotto le persone nei paesi non occidentali a declassare la loro opinione sulla Russia o a mettere in discussione la sua forza relativa. La Russia è un “aale” o un “partner” per il 79 per cento delle persone in Cina e il 69 per cento in Turkiye. Inoltre, circa tre quarti in ciascuno di questi due paesi e in India credono che la Russia sia più forte, o almeno altrettanto forte, rispetto a come dicono di averla percepita prima della guerra.

Ulteriore ascolto

Podcast “Mark Leonard’s World in 30 minutes” – Mark Leonard, Timothy Garton Ash e Ivan Krastev discutono i principali risultati dell’ultimo sondaggio di opinione dell’ECFR in questo episodio.

Frammentazione v polarizzazione: cosa definirà il prossimo ordine mondiale?

Uno dei risultati più sorprendenti dell’indagine riguarda le diverse idee sul futuro ordine mondiale. La maggior parte delle persone sia all’interno che all’esterno dell’Occidente crede che l’ordine liberale guidato dagli Stati Uniti stia scomparendo.

In modo paradossale, la nuova unità dell’Occidente in risposta all’aggressione della Russia non segnala una resurrezione di un ordine internazionale guidato dall’America. Solo il 9 per cento delle persone negli Stati Uniti, il 7 per cento nei paesi dell’UE intervistati e il 4 per cento in Gran Bretagna vede la supremazia globale americana come la situazione più probabile tra un decennio.

Invece, in Europa e in America, l’opinione prevalente è che il bipolarismo stia tornando. Un numero significativo di persone si aspetta un mondo dominato da due blocchi guidati dagli Stati Uniti e dalla Cina. I ricordi della guerra fredda probabilmente modellano il modo in cui americani ed europei vedono il futuro.

Nel frattempo, fuori dall’Occidente, i cittadini credono che la frammentazione piuttosto che la polarizzazione segnerà il prossimo ordine internazionale. La maggior parte delle persone nei principali paesi non occidentali come Cina, India, Turkiye e Russia prevede che l’Occidente sarà presto solo un polo globale tra i tanti. L’Occidente potrebbe essere ancora il partito più forte, ma non sarà egemonico.

La visione più popolare in Russia e Cina è quella di aspettarsi una distribuzione più uniforme del potere globale tra più paesi, vale a dire che emerga la multipolarità. Anche più del 20 per cento dei turchi e degli indiani si aspetta questo. Questo nonostante il fatto che più indiani prevedino il dominio degli Stati Uniti, mentre le risposte in Turkiye sono quasi equamente divise tra l’anticipazione dell’egemonia americana, l’egemonia cinese, un mondo bipolare e la multipolarità.

Tutto sommato, per il 61 per cento delle persone in Russia, il 61 per cento in Cina, il 51 per cento in Turkiye e il 48 per cento in India il futuro ordine mondiale sarà definito dalla multipolarità o dalla dominanza cinese (o altra dominanza non occidentale). Questa opinione è condivisa negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e negli Stati dell’UE intervistati, rispettivamente, solo il 37 per cento, il 29 per cento e il 31 per cento delle persone.

India e Turkiye come grandi potenze (ri)emergenti

Nel tipo di scenario mondiale bipolare atteso da americani ed europei, il ruolo di paesi come l’India e il Turkiye potrebbe essere stato di scafatto che – per quanto riluttanza – saranno costretti a definire la loro lealtà e prendere posizione.

Ma il sondaggio suggerisce che questo non è il modo in cui questi paesi vedono se stessi o il loro ruolo nel prossimo ordine internazionale. In un mondo sempre più frammentato e polarizzato, paesi come l’India e la Turkiye sembrano attratti dal sovranismo fluttuante, dove ogni conflitto tra superpotenze diventa un’opportunità per affermare la propria rilevanza e capacità di prendere decisioni sovrane.

India

L’India è il paese globale più importante di questa persuasione – e i suoi cittadini sembrano avere una chiara nozione del posto del loro paese nel mondo. Gli intervistati al sondaggio in India si distinguono nel descrivere sia gli Stati Uniti (47 per cento) che la Russia (51 per cento) come un “ale” – il che è probabilmente in parte perché, per loro, la Cina è un “avversario” (39 per cento) o un “rivale” (37 per cento). Anche le percezioni dell’Unione europea e della Gran Bretagna sono prevalentemente positive: gli indiani li vedono come un “ally” o un “partner”.

La maggior parte del pubblico indiano percepisce quasi tutti gli altri poteri – compresi gli Stati Uniti (70 per cento), la Russia (63 per cento), la Cina (53 per cento), l’UE (67 per cento), la Gran Bretagna (63 per cento) e l’India stessa (68 per cento) – come “più forti” di quanto dicono di pensare prima della guerra totale della Russia all Sono gli unici ad avere una tale visione di tutti gli Stati Uniti, la Russia, l’UE, la Gran Bretagna e il proprio paese.

Gli indiani sembrano sentirsi positivi sul futuro. Le loro principali risposte quando gli viene chiesto di descrivere il loro paese sono che è “in aumento” (35 per cento), “forte” (28 per cento) e “pace” (18 per cento). Solo una piccola percentuale crede che sia “in calo” (8 per cento) o “debole” (7 per cento). A titolo di confronto, il 31% degli americani e dei britannici caratterizza il proprio paese come “in declino”.

L’India è anche, come notato, l’unico paese CITRUS in cui l’opinione prevalente è che gli Stati Uniti (28 per cento) e l’Europa (36 per cento) sostengano principalmente l’Ucraina per difenderla come democrazia – questo potrebbe riflettere il senso di sé dell’India come la più grande democrazia del mondo.

Turkiye

Più vicino all’Europa, Turkiye si considera svolgere un ruolo simile a quello a cui l’India aspira a livello globale. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha usato il conflitto per affermare il ruolo del suo paese come attore inevitabile nella politica europea. È riuscito ad essere sia un fornitore cruciale di armi per l’Ucraina che uno dei partner economici più fidati della Russia.

Il pubblico turco ha una visione del mondo comparabile, vedendo quasi tutti prevalentemente come un “partner”, che si tratti degli Stati Uniti (51 per cento), della Cina (47 per cento), della Russia (55 per cento) o dell’UE (53 per cento). Quando si tratta delle percezioni di altre popolazioni su Turkiye, queste opinioni sono ricambiate. Turkiye è considerata principalmente come un “partner” in Russia (60 per cento), Cina (38 per cento) e India (39 per cento) – anche se un terzo dei cinesi e degli indiani descrive il paese come un “rivale” o un “avversario”.

In Occidente, la gente vede anche per lo più Turkiye come un “partner”. Tuttavia, una percentuale sorprendentemente alta di intervistati negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e nell’UE – tra il 40 e il 50 per cento – afferma di non sapere come definire Turkiye. La ragione di questa incertezza occidentale deriva probabilmente dalla ostentazione da parte di Turkiye della sua nuova politica estera sovrana pur rimanendo, almeno sulla carta, un membro della NATO.

Conclusione: Il paradosso dell’unità occidentale e della disunione globale

Durante la guerra in Iraq del 2003, importanti intellettuali europei come Jacques Derrida e Jürgen Habermas hanno cercato di definire l’identità politica dell’UE in contrasto con quella degli Stati Uniti. Hanno celebrato il potere civile dell’Europa come l’ultimo contrappunto alla potenza militare americana. Nell’ultimo decennio, e in particolare dopo gli anni di Trump negli Stati Uniti, le nozioni di sovranità europea e autonomia strategica si sono nuovamente spostate nel cuore dei dibattiti europei. Ma la realtà è che l’invasione su larga scala della Russia dell’Ucraina ha confermato la rinnovata centralità del potere americano per l’Europa, con miliardi di dollari spesi per mantenere lo sforzo bellico, che ha sostenuto l’unità attraverso l’Atlantico su sanzioni e posizioni diplomatiche nei confronti della Russia e ha dato una nuova prospettiva di vita alle istituzioni guidate dall’Occidente come la

Questa realtà non è passata inosservata al pubblico globale. Le potenze emergenti considerate in questo studio spesso vedono l’Europa e l’America come parte di un unico Occidente. Il settantadue per cento delle persone in Turkiye, il 60 per cento in Cina e il 59 per cento in Russia vedono poca differenza tra le politiche dell’UE e degli Stati Uniti nei confronti dei loro paesi (senza dubbio alla delusione del presidente Emmanuel Macron e di altri campioni dell’autonomia strategica europea). Detto questo, come notato, rimangono ancora alcune importanti sfumature, in particolare quando si tratta della posizione degli Stati Uniti e dell’Europa in India e Cina.

Ora è chiaro che, contrariamente alle aspettative del Cremlino, la guerra ha consolidato l’Occidente, piuttosto che indebolirlo. Se il rischio di una scissione transatlantica esiste ancora, viene dall’interno: una possibile vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane del 2024 potrebbe essere più minacciosa per l’unità occidentale di qualsiasi cosa che la Russia sia stata finora in grado di raccogliere.

L’Occidente potrebbe essere più consolidato ora, ma non è necessariamente più influente nella politica globale. Il paradosso è che questa nuova unità sta coincidendo con l’emergere di un mondo post-occidentale. L’Occidente non si è disintegrato, ma il suo consolidamento è arrivato in un momento in cui altre potenze non faranno semplicemente come vuole.

I leader occidentali e le società occidentali sono pronti per questo nuovo mondo? I nostri sondaggi mostrano che molte persone in Occidente vedono il prossimo ordine internazionale come il ritorno di un bipolarismo di tipo guerra fredda tra Occidente e Oriente, tra democrazia e autoritarismo. In questo contesto, i decisori negli Stati Uniti e nell’UE potrebbero sentirsi inclini a considerare paesi come l’India e il Turkiye come stati oscillanti che possono essere cacciati a schierarsi con l’Occidente.

Ma le persone in quei paesi si vedono in modo molto diverso: come grandi potenze emergenti che possono schierarsi con l’Occidente su alcune questioni ma non su altre. A differenza dei giorni della guerra fredda, oggi i principali partner commerciali non sono di solito i propri partner di sicurezza. Anche quando le potenze emergenti sono d’accordo con l’Occidente, spesso manterranno buone relazioni con la Russia e la Cina. Questo è anche ciò che il Brasile sta facendo attualmente: il presidente Lula parla a favore della conservazione della neutralità del suo paese nei confronti dell’Ucraina e della Russia, per evitare “qualsiasi partecipazione, anche indiretta”, anche se accetta che la Russia “stava torto” nell’invaso il suo vicino.

Potrebbe deludere gli europei che i governi e i pubblici in luoghi come l’India e la Turchia tendano a vedere l’aggressione della Russia attraverso il prisma del loro interesse nazionale piuttosto che i principi universali. Ma non dovrebbero essere eccessivamente sorpresi. Molte nazioni non occidentali hanno avuto i loro momenti di delusione nel modo in cui i paesi occidentali hanno trascurato crisi che erano esistenzialmente importanti per questi attori. Parlare di ipocrisia occidentale è più acutamente visibile nel trattamento differenziato esteso ai rifugiati provenienti dall’Ucraina e dalla Siria, ma questa è solo la punta dell’iceberg per quanto riguarda molte potenze emergenti.

A nostro avviso, l’Occidente sarebbe bene a trattare l’India, la Turkiye, il Brasile e altre potenze comparabili come nuovi soggetti sovrani della storia mondiale piuttosto che come oggetti da trascinare sul lato destro della storia. Questi paesi non rappresentano un nuovo terzo blocco o polo nella politica internazionale. Non condividono un’ideologia comune tra di loro. In effetti, hanno spesso interessi divergenti o concorrenti. Sanno di non avere l’influenza globale degli Stati Uniti o della Cina. Ma certamente non si accontentano di adattarsi ai capricci e ai piani delle superpotenze. E il loro pubblico sostiene tale approccio, come dimostrato, per esempio, dalla loro riluttanza a considerare i problemi relativi all’Ucraina come una delle loro attività. Piuttosto che aspettarci che sostengano gli sforzi occidentali per difendere lo sbiadimento dell’ordine di guerra post-cold, dobbiamo essere pronti a collaborare con loro nella costruzione di uno nuovo.

La vittoria dell’Ucraina nella guerra sarà fondamentale per la forma del prossimo ordine europeo. Ma è altamente improbabile che ripristini un ordine liberale globale guidato dagli Stati Uniti. Invece, l’Occidente dovrà vivere, come un polo di un mondo multipolare, con dittature ostili come la Cina e la Russia, ma anche con grandi potenze indipendenti come l’India e la Turchia. Questo potrebbe finire per essere la più grande svolta geopolitica rivelata dalla guerra: che il consolidamento dell’Occidente sta avvenendo in un mondo post-occidentale sempre più diviso.

Metodologia

Il sondaggio e l’analisi contenuti in questo documento politico sono il risultato di una collaborazione tra il Consiglio europeo per le relazioni estere e il progetto Europe in a Changing World del programma Dahrendorf presso il St Antony’s College, Università di Oxford.

Questo rapporto si basa su un sondaggio di opinione pubblica delle popolazioni adulte (di età pari o superiore a 18 anni) condotto alla fine di dicembre 2022 e all’inizio di gennaio 2023 in dieci paesi europei (Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Polonia, Portogallo, Romania e Spagna) e in cinque paesi al di fuori dell’Europa (Cina, India, Turkiye Il numero totale di intervistati è stato di 19.765.

In Europa, i sondaggi sono stati effettuati per ECFR come sondaggio online attraverso Datapraxis e YouGov in Danimarca (1.064 intervistati; 3-11 gennaio), Francia (2.051; 3-12 gennaio), Germania (2.017; 4-11 gennaio), Gran Bretagna (2.200; 4-10 gennaio), Italia (1.599; 4-12 gennaio), Polonia (1.413; 3-20 gennaio), Portogallo (1. In tutti i paesi europei il campione era rappresentativo a livello nazionale dei dati demografici di base e del voto passato. Nel Regno Unito, il sondaggio non riguardava l’Irlanda del Nord, motivo per cui il documento si riferisce alla Gran Bretagna.

Al di fuori dell’Europa, i sondaggi sono stati condotti dalla Gallup International Association (GIA) attraverso partner locali indipendenti come sondaggio online negli Stati Uniti (1.074; il 17 gennaio; attraverso Distance/SurveyMonkey), Cina (1.024; 3-17 gennaio; Distance/Dynata) e Turkiye (1.085; 3-19 gennaio; Distance/Dynata); e attraverso La scelta delle indagini face-to-face negli ultimi due paesi è stata diretta dalla tesa situazione politica e sociale interna in Russia e dalla scarsa qualità di Internet nelle città più piccole dell’India. In Turkiye e negli Stati Uniti, il campione era rappresentativo a livello nazionale della demografia di base. In Cina, il sondaggio includeva solo relatori provenienti dagli agglomerati di Shanghai, Pechino, Guangzhou e Shenzhen. In Russia, solo le città di più di 100.000 abitanti sono state coperte. E in India, le aree rurali e le città di livello 3 non erano coperte. Pertanto, i dati provenienti da Cina, Russia e India dovrebbero essere considerati rappresentativi solo per la popolazione coperta dal sondaggio. Ultimo ma non meno importante, considerando l’ambito del sondaggio e il questionario, i risultati della Russia e della Cina devono essere interpretati con cautela, tenendo presente la possibilità che alcuni intervistati si siano sentiti costretti a esprimere liberamente le loro opinioni.

Informazioni sugli autori

Timothy Garton Ash è professore di studi europei all’Università di Oxford e co-dirige il progetto Europe in a Changing World. Il suo nuovo libro, Homelands: A Personal History, viene pubblicato questa primavera.

Ivan Krastev è presidente del Centro per le strategie liberali, Sofia, e membro permanente presso l’Istituto per le scienze umane di Vienna. È l’autore di Is It Tomorrow Yet?: Paradoxes of the Pandemic, tra molte altre pubblicazioni.

Mark Leonard è co-fondatore e direttore del Consiglio europeo sulle relazioni estere. Il suo nuovo libro, The Age of Unpeace: How Connectivity Causes Conflict, è stato pubblicato da Penguin in brossura il 2 giugno 2022. Presenta anche il podcast settimanale “World in 30 Minutes” dell’ECFR.

Ringraziamenti

Questa pubblicazione non sarebbe stata possibile senza lo straordinario lavoro del team Unlock di ECFR. Gli autori vorrebbero ringraziare in particolare Pawel Zerka e Gosia Piaskowska, che hanno individuato alcune delle tendenze più interessanti e svolto un lavoro scrupoloso sui dati che sono alla base di questo rapporto, così come Marlene Riedel e Nastassia Zenovich, che hanno lavorato alla visualizzazione dei dati. Adam Harrison è stato un editore ammirevole. Andreas Bock ha guidato la sensibilizzazione strategica dei media, mentre Lucie Haupenthal e Michel Seibriger sono stati cruciali nel coordinare gli sforzi di advocacy. Susi Dennison, Josef Lolacher e Anand Sundar hanno fatto suggerimenti sensibili e utili sulla sostanza. Gli autori desiderano inoltre ringraziare Paul Hilder e il suo team di Datapraxis per la loro paziente collaborazione con noi nello sviluppo e nell’analisi del sondaggio di cui si fa riferimento nella relazione. Nonostante questi molti e vari contributi, qualsiasi errore rimane di proprietà degli autori.

Questo sondaggio e analisi sono stati il risultato di una collaborazione tra l’ECFR e il progetto “L’Europa in un mondo che cambia” del programma Dahrendorf presso il St Antony’s College dell’Università di Oxford. L’ECFR ha collaborato con la Fondazione Calouste GulbenkianThink Tank Europa e il Centro internazionale per la difesa e la sicurezza su questo progetto.

Il Consiglio europeo per le relazioni estere non assume posizioni collettive. Le pubblicazioni ECFR rappresentano solo le opinioni dei singoli autori

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GEOPOLITICA DELLA GEOLOGIA SIRIANA E TURCA

DANNI E VANTAGGI OTTENUTI DAI PAESI , GOVERNI E PROFUGHI COLPITI DAL SISMA.

Tutto é stato detto e scritto sull’ondata di sofferenze e disagi abbattutisi su Turchia del sud est e Siria del Nord ovest. Ora é tempo di trarre le somme ed esaminarne gli effetti economici e politici.

Erdogan e Assad possono , nel segreto delle rispettive alcove ammettere di essere stati politicamente e militarmente miracolati: l’area colpita dalla catastrofe collima a un km presso con la zona di inaffidabilità politico-militare che li affliggeva. La Turchia vede dimezzata la zona in cui i suoi oppositori avevano la maggioranza e votavano per il leader filo curdo Demirktash e Assad ha visto colpiti quasi tutti i villaggi controllati dai jihadisti insediati nella zona di Idleb. Aleppo, la lealista, coi suoi trenta morti, é sufficientemente colpita da aver diritto agli aiuti, ma non tanto quanto i poveri villaggi dei suoi dintorni.

La campagna di relazioni pubbliche pacifiste ad oltranza fatta nell’ultimo anno ha fruttato una partecipazione planetaria di aiuti giunti persino dalla Mongolia e dal Burkina Faso.

L’impatto, a una prima valutazione, costa almeno 80 miliardi di euro di patrimonio devastato ( il 10% del PIL turco) e probabilmente si assesterà sul 15-17 % .

Quel che la stampa mondiale ha omesso di dire é che si tratta della zona più depressa del paese, dove la riforma agraria non aveva ancora prodotto effetti e nessuna area veramente produttiva é stata colpita, salvo ( immagino ma non ho notizie) l’oleodotto che sbuca ad Iskenderun (Alessandretta) nell’omonimo sangiaccato che affaccia sul golfo di Adana.

Il planetario plebiscito di solidarietà, che si é esteso fino a rivali geopolitici tradizionali come la Grecia e Israele, ha smantellato il lavorio sotterraneo dei paesi NATO che miravano da un anno a far sentire ai turchi tutta la riprovazione per le ormai frequenti prese di distanza di Erdogan e sui veti posti alla partecipazione Svedese ( meno per la finlandese) al Patto Atlantico. La proposta di blocco nelle forniture di F16 del Senatore Cruz, rimane sospesa ma imbarazza e l’uscita del segretario Generale NATO Jens Stoltenberg durante la visita ad Ankara, “ Questo é il momento di dire si alla Svezia nella NATO” é risuonato come un ululato di uno sciacallo sulle macerie di un paese.

Un altro coyote si é affacciato alla TV italiana a proposito della Siria, ventilando la possibilità che il siriano Assad possa “ sfruttare politicamente” gli aiuti dandoli prima ai suoi adepti. Ma come? Non hanno detto fino allo sfinimento che la Siria era tutta contro il regime Baathista? Sono stati smentiti da tutti i patriarchi delle chiese d’oriente che hanno invitato a togliere le sanzioni al paese. Sono almeno centomila voti alle elezioni americane.

Il ministero del tesoro USA é stato quindi costretto a emettere un nuovo regolamento che sospende per centottanta giorni ogni tipo di sanzione esistente a carico della Siria. Un’altra notizia sfuggita ai reporter senza vergogne della nostra stampa.

L’isolamento politico della Siria, ha subito anch’esso gravi danni: per la prima volta in un decennio, un aereo Saudita con venti tonnellate di aiuti é atterrato in Siria e altri ne seguiranno. Sbloccata l’Arabia Saudita, liberi tutti. La solidarietà interaraba ha fatto il resto: aiuti stanno giungendo dal piccolo e disastrato Libano, aiuti e squadre di soccorso dalla Giordania e dall’Irak si sono aggiunti alla Russia che é giunta per prima come avvenne da noi per il terremoto di Messina del 1908.

Il riavvicinamento già iniziato da tempo con la Turchia, adesso ha un terreno di sviluppo nella comune sventura. Dei nemici che hanno appoggiato l’aggressione la Siria, tre hanno smesso l’appoggio. Restano USA, UK, Francia ( che pure ha mandato una squadra) e Canada. Nemici lontani, direbbe Al Jawahyri.

Nullo “l’effetto rancore” verso i rispettivi governi delle popolazioni colpite: stavano già molto male prima del terremoto presi nella morsa della guerra e del freddo. La casa non gliela aveva distrutta il terremoto, ma i bombardamenti aerei russi e americani e israeliani. A migliaia vivevano già sotto le tende. Nelle scorse settimane avevo pubblicato sulla mia pagina facebook foto di profughi siriani minorenni in balia del gelo. Adesso hanno compagnia e qualche coperta in più. Anche per loro , in fondo, é stato un affare.

ECCO le foto di profughi minorenni che ho pubblicato su facebook nelle scorse settimane ben prima del terremoto. Come potete constatare il loro status non può che migliorare e mi ricorda qualche frase del Manzoni sulla Divina provvidenza.

LA SERBIA E IL KOSOVO SI PIEGANO ALLA UNIONE EUROPEA ” PER NECESSITA’ FAMILIARI”.

IL PRESIDENTE SERBO VUCIC CAPISCE E SPIEGA LA ESIGENZA DI AVERE DIMENSIONI CONTINENTALI O PERIRE DI INEDIA

Il presidente serbo Alecsander Vucic, dopo aver vinto le elezioni sull’onda di un elettorato in stragrande maggioranza filo russo, ha operato una svolta improvvisa, spiegando ai suoi concittadini le ragioni per cui il paese deve piegarsi alle richieste della UE incluse le sanzioni alla Russia e ha chiesto alla Wagner di non accettare volontari serbi per l’Ucraina.

Durante il ventennio fascista, quanti in Italia aderirono tardivamente – in difesa del posto di lavoro- al regime prendendo la tessera del PNF ( partito nazionale fascista), videro scherzosamente ribattezzato l’acronimo in ” Per Necessità Familiari”.

L’aneddoto mi é tornato in mente quando ho letto la notizia Bloomberg che il Presidente serbo Aleksander Vucic ha annunziato un grande dibattito pubblico sul tema della proposta franco-tedesca di sistemazione del contenzioso tra Serbia e Kosovo.

L’antefatto é noto e assomiglia come una goccia d’acqua alla secessione del Donbass dall’Ucraina: il Kosovo, culla della nazionalità serba e teatro della grande battaglia di Kosovo contro i turchi – cantata da D’Annunzio – protetto dai bombardamenti USA proclamò la sua indipendenza e decise di ospitare una grande base logistica militare americana. Da allora non corre buon sangue e truppe UE, anche italiane, presidiano il nord del Kosovo – prevalentemente abitato da serbi di religione ortodossa contro le soperchierie dei kossovari, mussulmani che insidiano i santuari cristiani che furono la culla dell’identità serba.

Il pubblico dibattito annunziato lo scorso 24 gennaio, é stato spiegato dal presidente – fino al giorno prima filo russo e decorato personalmente da Putin dell’ordine cavalleresco di Aleksander Newsky– con parole piene di realismo che spiegavano, in caso di rifiuto, il paese avrebbe “ subìto una interruzione del processo di integrazione europea, uno stop e il ritiro degli investimenti e misure politiche ed economiche tali da causare grandi danni alla repubblica serba.”

Stesso discorso per la dirigenza Kosovara che osteggia ogni intesa temendo che il nord del paese diventi, per poco che si renda autonoma, una enclave serba data la maggioranza della popolazione e la sua resilienza, al punto che a venticinque e passa anni dalla creazione del nuovo stato, il governo di Pristina non é ancora riuscito a far adottare agli automobilisti le targhe nuove e tutti girano con le targhe d’anteguerra.

Poiché sia gli uni che gli altri sanno che l‘Unione Europea é il principale sovventore e investitore di entrambi i paesi ed entrambi mirano ad essere accolti nella UE, francesi e tedeschi congiunti ( cui si é aggiunta l’italiana Giorgia Meloni) auspicano di riuscire a comporre la vertenza almeno in parte o – come minimo- fermare l’escalation.

Il piano della Unione Europea prevede che Belgrado cessi di fare pressioni per impedire il riconoscimento del Kosovo in sede internazionale ( attualmente é riconosciuto solo dagli USA e un paio di intimi) e il Kosovo dovrebbe concedere una qualche forma di autonomia – già promessa e mai concessa – alla regione settentrionale abitata da una schiacciante maggioranza di serbi pronti allo scontro. In pratica la situazione é identica a quella dell’Ucraina del 2014 mutatis mutandis con l’UE al posto degli USA e i fieri serbi nel ruolo degli ucraini che lottano per l’indipendenza.

CRISI IN BULGARIA: PER LA QUINTA VOLTA IN DUE ANNI ELEZIONI POLITICHE GENERALI

Rumen Radev annunzia che il 3 febbraio scioglierà il Parlamento

Tempi duri per il partito socialista bulgaro ostile a rifornire l’Ucraina di munizioni d’epoca sovietica e carburanti diesel per i mezzi corazzati. Si piazza primo alle elezioni, ma non riesce a formare un governo. Le elezioni hanno avuto luogo a aprile, luglio e settembre 2021 e a ottobre 2022. la prossima tornata é prevista per il 2 aprile 2023.

Nella foto: Rumen Radev, Presidente della Repubblica di Bulgaria, ha annunziato che scioglierà il Parlamento il prossimo 3 febbraio, per la quinta volta in due anni.

In questo lasso di tempo, il paese é stato gestito da governi interinali che hanno rifornito l’Ucraina del 40% delle munizioni ( di epoca sovietica quindi introvabili per UE e USA) impiegate in questo primo anno di guerra. Ora che l’allargamento del conflitto é una delle opzioni in ballo, si cerca di ottenere un viatico democratico per una formula di governo in grado di vantare un pedigree democratico.

La Bulgaria é – oltre all’Ucraina– anche uno dei collegamenti politici americani con la guerra di Siria, alla quale ha fornito tutto l’armamento necessario, dato che il paese dispone di una fabbrica licenziataria dei mitragliatori Khalashnikov, l’arma più diffusa del pianeta – in particolare nei paesi arabi e del terzo mondo, per la sua semplicità di impiego e manutenzione.


La manovra va letta nel quadro dell’unrest dei Balcani che si cerca di placare con operazioni “democratiche” ( anche in Romania dove sono stati licenziati i tre importanti dirigenti dei servizi segreti senza spiegazioni) e nel Balcani occidentali con le recenti dichiarazioni della premier italiana Giorgia Meloni invocante l’integrazione di Sloveni, Bosniaci, Serbi, Croati e Montenegrini nella Unione Europea.

In realtà la Serbia, considerata la pecora russa dell’area, non la vuole nessuno, anche per via della Unione doganale con la Russia che aprirebbe una via all’interscambio senza controlli tra UE e Russia.

TURCHIA: L’ATMOSFERA DELLE PRESIDENZIALI SI RISCALDA CON HDP CHE ROMPE LA SOLIDARIETÀ DEI SEI PARTITI D’OPPOSIZIONE.

IL PARTITO FILO CURDO PRESENTERÀ A METÀ’ GIUGNO UN SUO CANDIDATO INDIPENDENTE E PUNTA AD ESSERE DECISIVO AL BALLOTTAGGIO.

La corte costituzionale turca ha deciso: niente contributo statale all’HDP , il partito col 10% dei voti, accusato di essere la propaggine politica del PKK ( partito curdo dei lavoratori, classificato come terrorista dai governi turchi succedutisi dal 1987) e dall’UE, nonché dagli USA).

Un procuratore della Corte ha colto la palla al balzo chiedendo la messa fuori legge del partito che si vede negare il finanziamento statale di 29 milioni di dollari, un terzo dei quali avrebbe dovuto incassare il 10 gennaio. L’HDP ha trenta giorni di tempo per proporre appello.

Per completare l’accerchiamento, il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, già incriminato per insulti alla Commissione Elettorale , si é visto recapitare un’inchiesta per corruzione per aver dato un incarico di lavori, senza gara, a una ditta quando era a capo di una circoscrizione della città. L’obbiettivo é interdirlo dai pubblici uffici dato che é considerato il candidato più papabile alla successione presidenziale.

La reazione politica dell’HDP non si é fatta attendere: ha annunziato di riprendere la sua libertà d’azione e rompere l’intesa con gli altri cinque partiti dell’opposizione “ parlamentarista” anche in risposta alla mancata solidarietà nella vicenda.

La ripresa della libertà di manovra apre nuovi scenari ai fini dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica che si terrà a metà giugno.

Finora, l’alleanza “a sei”- ma in particolare col partito kemalista ( CHP) che ha il 25% dei suffragi- aveva permesso alla opposizione di strappare all’AKP ( il partito di Erdogan) l’amministrazione delle principali città del paese ( Istanbul, Ankara, Smirne) , ma l’atteggiamento persecutorio del governo nei confronti del partito curdo e la mancata solidarietà dei partner dell’opposizione al commissariamento di una cinquantina di sindaci HDP ( accusati di filo terrorismo) ha spinto Hisyar Ozsoy, vice presidente del partito filo curdo a commentare la rottura che “non si può negare la solidarietà al partito e contemporaneamente aspirare ad assorbirne i voti.”

la nuova analisi politico-elettorale é che né il governo né l’opposizione raggiungeranno il quorum richiesto per l’elezione presidenziale e il 10% dei votanti dell’HDP saranno a quel punto decisivi per il ballottaggio.

Un’occhiata al profilo degli elettori del partito filo curdo mostra somiglianze con l’elettore tipo dell’AKP sia per fascia d’età che per tendenze conservatrici e nazionaliste, al punto che – in oriente tutto é possibile- si apre una prospettiva duplice di alleanza: i cinque dell’opposizione hanno già ripreso il corteggiamento interrotto, ma non é escluso che Erdogan promulghi una indulgenza plenaria nell’intento di assicurarsi il rinnovo, ma potrà farlo più facilmente se otterrà l’estradizione dalla Svezia della trentina di “terroristi” richiesti per dare via libera all’adesione svedese alla NATO che usufruirebbero anch’essi di provvedimenti di clemenza.

Le vie della Democrazia sono come quelle della Provvidenza: imperscrutabili.

DUE VIDEOINTERVISTE SULL’INTERVENTO DI H. KISSINGER SU “THE SPECTATOR” DEL 17 u.s.

DIFFERENTI I PUBBLICI, DIFFERENTI LE ARGOMENTAZIONI E I LINGUAGGI: UNICO LO SCOPO DI METTERE CIASCUNO DI FRONTE ALLE PROPRIE RESPONSABILITÀ’ E ALLA PROPRIA CAPACITÀ’ DI CAPIRE.

Credo tanto importante e qualificato l’intervento di HENRY KISSINGER pubblicato su THE SPECTATOR da essermi sobbarcato l’onore di una doppia intervista su due differenti canali TV e riportarli entrambi su corrieredellacollera.com per consentire la più ampia diffusione possibile all’intervista in se, ma anche alle argomentazioni addotte dagli uni e dagli altri.

http://italiaeilmondo.com/2022/12/21/kissinger-e-lucraina-la-tragica-inerzia-della-guerra_con-antonio-de-martini

Identiche le reazioni – entrambe puerili dei duellanti immediati che si dicono scettici circa le intenzioni dell’avversario e sostengono che “non si parla con un lupo travestito da agnello”. Argomento che si commenta da solo. Esistono ancora politici con psiche infantile che giocano alla scomunica.

Nessuno che spieghi loro quel che l’Europa avrebbe dovuto spiegare chiaramente invece di « fare il tifo » per il proprio bambino: un gruppo di stati seri che si é autocostituito – dopo infinite devastazioni- con l’intento di por fine alle guerre nel Continente europeo, non può tollerare che scoppi una guerra nella propria area di influenza senza sconfessare, per sopravvivere, ciò che aveva affermato per nascere e vivere.

Benché l’analisi offerta da Kissinger nel suo articolo ( trovate qui il link https://www.spectator.co.uk/article/the-push-for-peace/ ) sia dotta ed esauriente, circolano ancora cretini che dichiarano “ di non fidarsi” dell’autore. In realtà non si fidano della propria capacità di giudizio. Altri affermano perentori che non conta nulla perché non occupa cariche o per via dell’età. Si tratta in genere di commentatori italiani incapaci di distinguere una analisi politica da un comizio di un assessore di Nardò.

Nessuno capace di confutare o arricchire gli argomenti addotti da un centenario. Preferiscono soffocare la voce della razionalità col silenzio, sperando che il calendario li liberi dell’ incomodo.

Nessuno – politico, studioso o giornalista – che sembri rendersi conto che il prossimo passo verso un conflitto mondiale conclamato, sarà l’allargamento di questo scontro a due, verso i più immediati vicini. Noi europei.

Questa é una guerra tra gli USA e l’Asia. Se la vedano tra loro

Il nostro compito di europei, é di liberarci – ormai non importa più come- di una dirigenza vile, ambigua e ignorante che ci vuole coinvolgere per cupidigia di servilismo., inerzia e timore di confrontarsi con le opzioni offerte dai computers che ci governano e che Kissinger ha additato come sorgente di molti degli errori che ci spingono agli stessi tragici eventi che hanno caratterizzato le due guerre mondiali da cui l’Europa é uscita in rovine per scongiurare le quali abbiamo voluto « L’Europa Unita ».

LA NUOVA TATTICA E STRATEGIA DI BOMBARDAMENTO E’ LA SATURAZIONE DELLA DIFESA? OGNI LANCIO DI MISSILI IN UCRAINA RIMBOMBA NEL LEVANTE E DICE DI SI

L’APPROCCIO PRAGMATICO LEVANTINO METTE IN CRISI L’ELETTRONICA MILITARE AMERICANA E FARA’ PROSELITI IN ALTRI SETTORI ?

Il bombardamento russo utilizzando  missili rudimentali in grande quantità contro obbiettivi ucraini apre una prospettiva innovatrice e temibile  per le tecniche di combattimento giudicata di grande efficacia  a giudicare dalle reazioni ed i  commenti isterici dei dirigenti e dei media occidentali. Cosa succederebbe se trecento barchini esplosivi andassero incontro alla portaerei Vinson nel golfo persico con sei o sette che colpiscono il bersaglio?

Questa é la domanda cui ogni Stato Maggiore occidentale vorrebbe saper rispondere oggi.

Ecco gli elementi da cui partire.

Il missile usato é un ferrovecchio del tipo in uso nell’esercito italiano nei primi anni 50: l’honest John, o ancor prima, un razzo nazista V2.

SHAEED 138 (nella foto)) Scoperto e adattato dai “tecnici” libanesi di Hezbollah per utilizzare i missili di scarto ricevuti dai pasdaran, é diventato un ordigno letale per il tipo di utilizzo a massa che se ne può fare: dato che il sistema contraereo israeliano – il più sofisticato al mondo- era in grado di intercettare fino a 200/250 missili contemporaneamente, i libanesi, spiriti eminentemente pratici, ipotizzarono di lanciarne il doppio in contemporanea. Dato che non difetta loro nemmeno il senso politico, si limitarono all’effetto annunzio. Da quel momento, il governo USA ha messo in opera ogni sua capacità di persuasione, minaccia e ricatto, ma senza riuscire a convincere il governo libanese a disarmare l’Hezbollah. Da allora, le incursioni israeliane sul territorio libanese sono cessate e l’accordo per spartirsi l’area marina petrolifera di frontiera, approvato.

Impossibile anche individuare le basi di lancio data l’estrema semplicità del dispositivo mimetizzatile a piacere. Le modifiche apportate hanno un costo di circa 10.000 dollari usa, mentre il sistema di difesa costa decine di milioni.

E’ la guerra dei poveri. creativa e pratica, non elettronica e costosa.

Ha la velocità di un vecchio V2 tedesco della seconda guerra mondiale (800km/h) e un’ogiva con esplosivo tradizionale ( tra i 600 e i 900 kg).

Le varianti apportate, sono due per un importo approssimativo di 10.000 dollari montaggio incluso: il sistema di guida é cinese e quello di localizzazione evita il GPS americano e utilizza quello russo, GLONASS mettendosi così al riparo da dirottamenti operati elettronicamente. Abbatterli é facile, per non dire infantile.

Ogni sistema di difesa contraerea elettronica ( ad esempio l'”Iron Dome” israeliano) può abbatterne uno pochi secondi dopo averlo acquisito sul radar e può abbatterne fino a duecento/duecentocinquanta in contemporanea.

Il problema é che, date le dimensioni e l’estrema maneggevolezza, questo razzo può essere nascosto  nell’orto di una casa contadina; data la facilità d’uso può essere manovrato da un semianalfabeta  e dato il suo  basso costo e l’alto costo dei sofisticati  mezzi elettronici  usati per abbatterlo rischia di aprire nelle finanze dei difensori voragini più ampie di quelle provocate dall’esplosivo. 
E per l’insieme di queste caratteristiche, può essere lanciato contemporaneamente in quantità tali che, mentre il sistema contraereo ne abbatte o devia duecento, altri trecento colpiscono il bersaglio. E’ l’equivalente missilistico del mitra Kalashnikov facile da usare, poco costoso, niente manutenzioni.

Il dramma:  gli obbiettivi da distruggere sono quindi paradossalmente affidati al sistema di difesa che, calcolate le traiettorie, capisce dove un razzo sta andando e sceglie quale abbattere e quale accettare che giunga sul bersaglio.

Questa modalità di impiego, e  le modifiche tecniche sono frutto della ingegnosità povera dell’Hezbollah libanese  che da anni minaccia di utilizzarle contro Israele e la sola minaccia ha paralizzato l’avversario.

Il governo USA ha utilizzato ogni mezzo di coercizione – lecito e no- per spingere il governo libanese a disarmare Hezbollah senza riuscirci.

Ai russi é parsa evidentemente una buona idea  e l’hanno sperimentata sul campo offrendo ai combattenti ucraini il tragico dilemma se far colpire i posti di comando e le infrastrutture militari o quelle civili. Per poter continuare a combattere la scelta é stata dolorosa, ma ovvia.

La reazione occidentale che aveva finora ( da almeno un triennio) nascosto il problema sotto il tappeto, ha consacrato l’ingresso della nuova tattica nell’arsenale di Marte, mentre tutti si interrogano se questa manovra “ per saturazione” della difesa sia estendibile ad altri settori o declinabile in altre modalità e quali siano i suoi limiti di impiego.

In effetti, un sistema di trasferimento e attacco di pari efficacia potrebbe essere realizzato con barchini esplosivi in ambiti di mare ristretti come il golfo persico o a scopo logistico-operativo anche in aria grazie al Girocottero, un altro ferrovecchio centenario  che é, come si suol dire, “il segreto meglio custodito dell’aeronautica”.

COS’E’ E COME È’ NATO

Nel 1919 un progettista spagnolo di un trimotore vide l’aereo da lui progettato andare in stallo ed uccidere tutto l’equipaggio composto di suoi cari amici. 

Da allora si dedicò unicamente a studiare un aeromobile che non potesse andare in stallo e così nacque il girocottero.

Si presenta come un elicottero ma col rotore che gira a vento – salvo brevi momenti al decollo: Dato che gira a vento, non può bloccarsi  e quindi il mezzo non va in stallo. L’uovo di Colombo, ma inutile dal punto di vista bellico data la fragilità, la bassa velocità, la rudimentale strumentazione.

E’ dotato di radio e interfono,può andare a una velocità minima di 25km/h e di crociera di 160km/h, vola da dieci metri a quota  duemila ( il record mondiale é di una ingegnera italiana con quota ottomila), porta due passeggeri più ottanta kg di bagaglio, decolla da campi erbosi con cento metri di“pista”, atterra anche planando in cinque metri a motore spento da quota centocinquanta.

E’ spinto dal motore di una motoslitta ( oggi tutti i motori montati in Italia sono austriaci) con elica retrostante che imprime la velocità; con un pieno fa 400/450 chilometri ed é di manovrabilità elementare al punto che non é richiesto un brevetto, ma, dopo un oltre un secolo di utilizzo sportivo, si comincia a chiedere qualche ora di istruzione con un pilota già pratico.

L’ora di volo ha un costo, irrisorio rispetto ad altri aeromobili, di 18 dollari.

Negli USA il concetto é stato sviluppato ad uso sportivo e di trasferimento interno e ne esistono esemplari a sette posti, carenati ecc.

L’aeromobile, oggi prodotto in modalità non industriale, ha un costo medio di circa settantamila euro  ed é intuibile che se venisse prodotto su larga scala, sia pure con modifiche atte all’uso militare, il costo sarebbe competitivo con quello di un’auto del tipo Jeep/campagnola.

In Italia esistono due costruttori, uno dei quali ha chiuso per via della recente epidemia, ma quasi in ogni paese ne esiste almeno uno. Le aviosuperfici sono numerose nel nostro paese dove gli adepti di questo sport si radunano. Io l’ho provato sulla aviosuperficie di Nettuno che l’ha portato in pista tirandolo con una sola mano, come un tempo si faceva con un somarello.

CHE GENERE DI UTILIZZO BELLICO?

Il girocottero durante la guerra mondiale fu usato pochissimo e solo per missioni di osservazione.

In realtà, usandolo a massa come fatto in Ucraina con gli Shaeed, potrebbe trovare impiego efficacissimo in campo logistico e anche tattico.

500 girocotteri possono trasferire mille uomini equipaggiati da Roma a Firenze in un’ora e mezza, evitando ostacoli attivi e passivi, campi minati, interruzioni di ponti ecc. Potrebbero rifornirsi in normali stazioni di servizio, portare con loro cinque giorni di razioni K, munizioni di riserva, avvicinarsi all’obbiettivo in gruppi a 25km/h e a dieci metri di quota ed essere scambiati dai radar per uno stormo di uccelli migratori, possono acquattarsi in val di Chiana, mimetizzandosi per sfuggire alla caccia avversaria per ripartire verso l’obbiettivo una volta passato il pericolo. Potrebbero installare attrezzature per il pilotaggio da remoto per evacuare i feriti dal campo di battaglia o essere recuperati ove necessario. Possono realizzare un formidabile volume di fuoco col fucile mitragliatore di dotazione ( a uno dei due bersaglieri) installato su una forcella a prora, mettendosi in formazione “a scalare” o “a cuneo”  come fanno i mezzi corazzati. Sarebbero ” la cavalleria del cielo”.

I campi minati o gli IED perderebbero gran parte della loro importanza  e lo sganciamento da un imprevisto schieramento controcarro sarebbe realizzabile con immediatezza.

L’UTILIZZO TATTICO.

A parte l’utilità logistica e la rapidità di schieramento in un punto desiderato o la fulmineità di aggiramento di un ostacolo troppo ben sistemato a difesa, un attacco “ per saturazione” delle difese avversarie consentirebbe, da soli o in cooperazione con mezzi corazzati, di raggiungere l’obbiettivo previsto, sia pure a prezzo di un’aliquota di inevitabili perdite in caso di adeguata reazione dei difensori.

Nel caso di un attacco combinato terra-cielo, per il quale l’avere la superiorità aerea é un préalable, il fuoco della difesa sarebbe inevitabilmente disperso.

Un attacco di questo genere sarebbe una novità per i militari di ultima generazione, ma era normale amministrazione nella generazione del secondo conflitto mondiale, Corea, Vietnam ecc e la campagna ucraina sta dimostrando che l’idea di combattere , grazie all’elettronica, a “perdite zero” é un espediente da consolle da realizzare solo se gli avversari appartengono allo stesso tipo di cultura.

BELGRADO-SARAJEVO-PRISTINA: STA DIVENTANDO IL TRIANGOLO DELLA MORTE PER GLI EUROPEI DELLA NATO

GIA’, LE TRUPPE USA SONO SOLO IN KOSOVO E HANNO UN CONTRATTO DI AFFITTO.

Poche settimane fa, ( il 21 aprile scorso) ammonivo che la nuova tappa della guerra poteva – ancora una volta- essere Sarajevo.

La regione é quella, ma la responsabilità viene palleggiata tra Belgrado e Pristina, le capitali rispettivamente della Serbia e del Kosovo che ha con l’Ucraina la sventura di essere la culla della nazione serba, come l’Ucraina della Russia.

Prima la crisi era tra Serbia e la Bosnia, ma l’intervento turco ha calmato le acque.

La Serbia ha il non invidiabile primato di essere stata la prima vittima della megera Madeleine Allbright che ebbe il “toupet” di ammettere il televisione che ammazzare mezzo milione di bambini iracheni valeva la pena, visti i vantaggi che ne erano derivati agli Stati Uniti.

I nomi dei protagonisti in loco sono cambiati ( Albin Kurti per il Kosovo e Alessander Vucic per la Serbia) , e la posta in gioco strategica si é meglio delineata: se la Serbia smantellasse le difese del Kosovo, occuperebbe il territorio che la storia e la geografia indicano come suo e si creerebbero difficolta logistiche insormontabili alla più grande base logistica USA in Europa, dalla quale viene alimentata la guerra ucraina, dato che la base USA di Ramstein in Germania non sarebbe politicamente agibile, così come la base aerea di Aviano che non é attrezzata per le necessità logistiche di una guerra ( e il suo uso equivarrebbe per l’Italia, a un coinvolgimento diretto).

Tanto basta agli USA per definire i serbi “ minaccia strategica”.

Il pretesto, questa volta, é il cambio dei passaporti e delle targhe delle auto della minoranza serba in Kosovo che ancora circola con gli emblemi serbi. Dato il tempo passato, lo scontro fratricida risale a oltre un quarto di secolo fa, si tratta di una provocazione Kosovara e data la futilità dell’argomento ( per ora rinviato di un mese) ; si tratta anche di una provocazione del leader della minoranza serba che sta mobilitandosi in crescendo ( vedere il link soprastante “ prossima fermata Sarajevo”) perché sente odor di polvere e quindi di rivincita.

E l’assoluzione post morte data dal Tribunale penale Internazionale a Milosevic, ha galvanizzato i serbi. E’ il fallimento degli accordi di Dayton ( e di Bill Clinton) le due comunità, per lunghi anni tenute a bada da Tito, adesso puntano alla riseparazione.

La UE, registra il suo secondo fallimento politico sul territorio europeo anche se, in estremis, il suo portavoce ha invitato ieri i due contendenti a venire a Bruxelles per confrontarsi.

E la conseguenza di aver tirato la volata alla NATO invece che all’idea d’Europa e la responsabilità porta il nome di Mattarella che ha svolto un ruolo di banditore NATO dalla Slovenia al Montenegro e all’Albania e non mi risulta che abbia speso parole a favore della Unione Europea.

La Serbia negli ultimi anni ha riarmato e non si farà più prendere di sorpresa come negli anni 90, dato che i suoi aerei sono ormai qualitativamente all’altezza di quelli NATO e gli USA, sono già impegnati sul fronte ucraino.

Noi abbiamo sul posto duemilacinquecento militari che ora sono in situazione di pericolo a causa degli errori di politica estera della nostra dirigenza politica di vertice.

E’ l’ennesima opportunità di mediazione della Turchia e del suo ruolo crescente e il ministro degli esteri Cavusoglu ( reduce dalla triangolare con Azerbaijan e Uzbekistan) l’ha già colta telefonando personalmente a tutti i contendenti augurandosi “ che il buon senso prevalga”. Difficile.

FUGGI FUGGI DAL DOLLARO E DALLE PRESSIONI USA

I PAESI BRICS SI RIVALGONO DEGLI ATTACCHI FINANZIARI SUBITI NEGLI ANNI SCORSI. I CINESI COMPRANO IN RUSSIA IN YUAN E ACCETTANO NUOVI ADERENTI: BRICS PLUS…( quattro produttori di petrolio…)

( articolo di Lettieri** e Raimondi apparso su ITALIA OGGI del 26 maggio 2022)

Lo scorso 19 maggio i ministri degli Esteri dei paesi Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) si sono incontrati, in via telematica, per discutere della situazione strategica globale e per promuovere il loro processo di cooperazione e d’integrazione.

Si tratta di un evento degno di grande attenzione da parte dell’Occidente e in particolare dell’Unione europea. È opportuno sempre ricordare che i Brics rappresentano più del 40% della popolazione mondiale e ben il 20% del Pil del pianeta.

Ovviamente anche la guerra in Ucraina è stata affrontata. Al punto 11 della Dichiarazione finale si afferma: «I ministri hanno ricordato le loro posizioni nazionali sulla situazione in Ucraina espresse nelle sedi appropriate, segnatamente il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e l’Assemblea Generale dell’Onu. Essi sostengono i negoziati tra Russia e Ucraina. Hanno anche discusso le loro preoccupazioni per la situazione umanitaria in Ucraina e dintorni ed hanno espresso il loro sostegno agli sforzi del Segretario generale delle Nazioni Unite, delle agenzie Onu e del Comitato Internazione della Croce Rossa per fornire aiuti umanitari in conformità con la risoluzione 46/182 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite».

Importanza grande ha assunto la sessione separata del gruppo «Brics Plus», che ha incluso l’Argentina, l’Egitto, l’Indonesia, il Kazakistan, la Nigeria, gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita, il Senegal e la Tailandia in rappresentanza dei paesi emergenti e di quelli in via di sviluppo. È in considerazione un possibile allargamento dei Brics. Se ne discuterà a giugno in Cina al 14° summit annuale, dedicato a una «Nuova era di sviluppo globale».

Il presidente cinese Xi Jinping, definendo la situazione attuale di grande «turbolenza e trasformazione», ha chiesto un rafforzamento della cooperazione, della solidarietà e della pace attraverso la Global Security Initiative per una «sicurezza comune» da affiancare alla sua Gdi, Global development initiative. Egli ha rilevato che lo scontro tra blocchi contrapposti e la persistente mentalità della guerra fredda dovrebbero essere abbandonati a favore della costruzione di una comunità globale di «sicurezza per tutti». È opportuno ricordare che la Gdi è stata valutata positivamente da più di 100 Paesi e da molte organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite.

La Dichiarazione fa del multilateralismo l’idea portante della politica dei Brics. Ribadisce il ruolo guida del G20 nella governance economica globale e sottolinea che esso «deve rimanere intatto per fronteggiare le attuali sfide globali». Evidentemente l’aggettivo «intatto» indica la volontà di avere anche la Russia nei meeting del G20, che, dopo l’Indonesia, nei prossimi tre anni saranno presieduti rispettivamente dall’India, dal Brasile e dal Sud Africa.

Un certo disappunto è stato manifestato nei confronti dei paesi ricchi che nella pandemia Covid non hanno dato una giusta attenzione ai bisogni dei paesi in via di sviluppo.

In sintesi, di là del dramma della guerra, nel mondo ci sono segnali per realizzare iniziative miranti a un nuovo ordine mondiale. Per esempio, l’ex presidente brasiliano Lula Da Silva, candidato alle elezioni di ottobre, propone esplicitamente la creazione di una nuova valuta, il Sur, da usare nel commercio latinoamericano per non continuare a dipendere dal dollaro.

A marzo diverse società cinesi hanno acquistato carbone russo pagando in yuan. È il primo acquisto di merci russe pagate in valuta cinese dopo che la Russia è stata sanzionata dai paesi occidentali.

Crediamo che sia il momento non solo di valutare meglio gli interessi dell’Unione europea ma anche di accentuare il ruolo di maggiore autonomia per contribuire a realizzare un assetto multipolare.

*già sottosegretario all’Economia

SALVARE IL SOLDATO RYAN?

DOPO VENTI ANNI DI DISPETTI ALL’EUROPA, VOLUTI E NO, GLI U.S.A. HANNO BISOGNO DI NOI CONTRO LA RUSSIA. COSA CONVIENE FARE ?

A partire dall’ anno 2000, l’Europa e l’Italia sono state confrontate a una serie di crisi, una più insidiosa dell’altra, a cominciare dal 2001, anno in cui entrato in funzione l’euro: la nuova moneta che ha suscitato una serie di invidie e cupidigie che sono all’origine di  più di una crisi successiva. 

Il crack finanziario del 2008;  l’euro nella tormenta conseguente; la recessione economica strisciante; gli attentati islamisti seguiti alla guerra irachena del 2003; l’ondata migratoria che ha colpito in particolare l’Italia;   l’espansionismo russo in Medio Oriente che ha innervosito gli Stati Uniti e la NATO;  la guerra di Libia che ci ha privato di un cliente, di una diga anti immigrazioni clandestine e di una fonte energetica importante (2011); la guerra di Siria; l’espansionismo turco verso la Mesopotamia e il Mediterraneo; la nuova crisi libanese, ci hanno messo in difficoltà in tutto il Levante distruggendo in maniera quasi completa le economie di tutti questi paesi di cui l’Italia era il maggior fornitore di beni e servizi.

 A questi fattori di crisi  economica e di credibilità, si è aggiunta la pandemia di Covid 19 che ha buttato una luce cruda sull’ aumento dei pericoli che si manifestano nel nostro  pianeta nel nuovo secolo.

Quasi tutti  i governi si sono trovati  sprovvisti di mezzi di difesa idonei,  soprattutto sul piano sanitario, quello economico e, ovviamente, quello  strategico. Ossia quelli che assicurano la sopravvivenza e per cui accettiamo il mistero dell’obbedienza.

La responsabilità originaria di tutte queste difficoltà incontrate dall’Europa risiede in altri continenti:  quello americano per l’economia e quello asiatico – le cui responsabilità sono tutte da accertare- per la sanità.

 Dopo il questo primo ventennio tanto travagliato, ci siamo trovati una bella mattina a dover affrontare in Ucraina la realtà di una crisi militare, che covava dal 2014, quando la Russia per rimediare a un vecchio errore amministrativo di Kruscev, commise un errore politico occupando la Crimea, manu militari.

 Come al solito durante le crisi, gli italiani si sono divisi in due fazioni: una favorevole a difendere i diritti dell’’Ucraina e l’altra pronta a combattere per le buone ragioni della Russia. tutti apparentemente ignari che si tratta di una partita tra Russia e Stati Uniti lungamente preparata come documentato dall’intelligence report 2021 americana ( e dall’assenza di ogni riferimento in quella del22, segno che la tempesta era imminente.

https://www.dni.gov/files/ODNI/documents/assessments/ATA-2021-Unclassified-Report.pdf

Nessun italiano, di governo o della strada, che si interessi, almeno sui media e in televisione, di quali possano essere gli interessi nazionali italiani. Come non esistessero.

Questa tendenza esterofila è probabilmente legata ai cinque secoli di servaggio vissuti dagli italiani o se preferite dagli abitanti della penisola italica, dal 1498 anno della prima invasione dei francesi In Italia.  La contesa più recente é quella russo-cinese con gli USA, qui a Roma.

A oggi,  il gran numero di potenze straniere che si è impadronita di uno o più parti d’Italia indica l’interesse suscitato dalla posizione strategica, dalla ricchezza e dal clima del nostro paese. 

Non perderò tempo a cercare di spiegare quali possano essere le motivazioni più o meno oscure dei paesi a noi più vicini: la Francia, l’Inghilterra, Gli Stati Uniti, la Germania.

 Possiamo soltanto pregare che le opposte rivalità evitino il prevalere dell’uno o dell’altro e possiamo solo sperare che se non l’intelligenza, la furbizia, dei nostri governanti li porti a giocare sulle sugli interessi contrastanti  di questi governi che hanno fatto della geopolitica il loro principale mezzo di sostentamento da quando hanno perso le colonie e da quando hanno resuscitato il gigante addormentato, la Cina, mettendo cosi in crisi gli apparati produttivi nazionali e distruggendo il loro proletariato con l’eterna scappatoia del ricorso al lavoro schiavistico, salvo prenderne le distanze a bottino razziato.

La sovraesposizione mediatica fatta dalla NATO in occasione dello scoppio della crisi Ucraina, ci consente di approfittare dell’ondata di panico sparsasi in Europa – Intontita da quasi 80 anni di pace e benessere – per far prendere consapevolezza a tutti i cittadini che il livello minimo esistenziale per una grande potenza capace di farsi rispettare è ormai quello continentale.

Il secondo punto da capire e divulgare in tutta Europa è che, mentre per fare l’amore bisogna essere in due, per creare dei contrasti di interesse tra paesi, stati e nazioni, basta che ce ne sia uno.

Nel nostro caso ci sono almeno  quattro entità. che competono col vecchio continente e sono tuttepoco disposte nei nostri confronti: L’Inghilterra che ha scelto di puntare alla creazione di una comunità transatlantica con gli Stati Uniti e a ad arroccarsi con quella parte dei dominions britannici che ancora accettano un rapporto di amicizia/ parentela Con le isole britanniche.

Gli USA che stanno andando incontro ha sempre maggiore velocità alle conseguenze dell’aver rinunziato alla parità del dollaro con l’oro ( 1971) senza però rinunciare all’ambizione di voler rimanere col dollaro USA come moneta di riferimento del commercio internazionale.

La Russia, che uscita dalle secche del crollo dell’Unione Sovietica ha ripreso la via della della rinascita a livello planetario invece che il vecchio imperialismo sui paesi dell’est Europa che erano più un fardello che un vantaggio.

La Cina che ha saputo affrancarsi dal ruolo ancillare/produttivo affidatole dagli USA utilizzando il plusvalore realizzato a spese della propria forza lavoro investendo sulle sue capacità tecnologiche, commerciali e militari.

In pratica Gli Stati Uniti volendo vincere su tutti i fronti col vecchio ” divide et impera”sono riusciti a coalizzare contro gli interessi nordamericani l’intera Asia – In particolare la Cina la Russia l’India l’Indonesia– ed ora stentano a capire che uno scontro con questo gigante demografico, economico e militare cui guardano con interesse anche il Pakistan, le repubbliche centroasiatiche, Brasile e Sud Africa, potrebbe solo affrettare la fine dell'” American Century”, specie se l’Europa, tanto avversata nello scorso ventennio, non dovesse schierarsi dalla loro parte. 

Penoso l’argomento secondo cui, dato che ci salvarono dallo stupro hitleriano ottanta anni fa, adesso abbiano loro il diritto di fotterci.

E risibile la dichiarazione di tale Sisci, della università privata LUISS ( é di proprietà diConfindustria e deriva dalla Università PRO DEO fondata dal domenicano Padre Felix Morlion , belga , già condannato a morte nel suo paese per collaborazionismo ) che ” se non ci fosse stata la NATO, oggi l’Europa sarebbe già in guerra”. Argomenti da chiromante ebbro, schiavo dei suoi bisogni.

Per andare al cuore del problema, l’Europa – non sto parlando della UE- si trova di fronte a un bivio: se appoggiare la controffensiva USA-UE che vuole alimentare l’esercito ucraino contro la Russia per debilitarla o se ” chiamarsi fuori” dalla contesa rafforzandosi al contempo militarmente e politicamente creando strutture capaci di resistere alle pressioni dei contendenti e alle rappresaglie commerciali dell’escluso.

Va chiarito che qualsiasi passo in un senso o nell’altro va contrattato per ottenere vantaggi che ci sono stati lungamente negati o centellinati e che questo deve avvenire sia a livello Europa geografica che a minor livello.

Visto che non vogliamo un mondo uni o bipolare, dobbiamo adattarci a un pianeta multipolare in cui nessuno fa niente per niente, nemmeno per gli amici, adeguiamoci.

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