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LA TURCHIA VIVE UNA SECONDA GIOVINEZZA

ERDOGAN ABILE TRA USA E RUSSIA MENTRE GLI OPPOSITORI SI COALIZZANO

La notizia, soffocata dalle notizie allarmistiche di questi giorni é passata quasi inosservata, ma é di portata mediterranea, atlantica e istituzionale ad un tempo: sei partiti si sono coalizzati in una sorta di CLN contro Tajip Erdogan, ma presentandosi con un programma comune: far ritornare la Turchia ai bei tempi della instabilità, ossia alla Repubblica Parlamentare

Nella foto:da sinistra il CHP ( partito repubblicano del popolo, kemalista e socialdemocratico, già vittorioso alle elezioni municipali di Istanbul, Ankara e Smirne); il buon partito ( IYI parti, destra nazionalista); il partito della felicità ( Saadet, Conservatore); il partito Democratico ( DP centro destra); il partito democrazia e progresso ( Deva); e il partito dell’avvenire. Sono tutti già rappresentati in Parlamento.

Niente più predominio ventennale e turbolento di un presidente eletto dal popolo, ma una sapiente alternanza tra i caporioni che vedete. Dal canto suo Erdogan continua nella sua politica populista e nella disinvoltura diplomatica che lo fa desiderare da russi e americani, con la variante che ha fatto ricorso al vecchio sistema ottomano di incondizionata ammirazione per la Gran Bretagna invece che all’alleanza con la Germania che era il cavallo di battaglia dei giovani turchi. Pessimi rapporti con i tedeschi, freddi con il governo Biden, Ottimi con Johnson che fa da consigliere e sussurra alle orecchie degli americani calmandone le isterie.

L’Unione Europea, non pervenuta, ma continua a sborsare tre miliardi annui per i profughi siriani e tacere sul resto: la zona di interesse economico esclusivo di Cipro, i curdi, La Libia e il Katar. Eppure, cattivo rapporti coi tedeschi a parte, l’Italia ha ottimi rapporti commerciali e in Francia ferve il dibattito se ammettere i turchi in Europa – dove i turchi posero piede nel 1300 ( a Gallipoli)- oppure mantenere una idea medioevale del Sultanato. Solo in Francia si sono posti il problema come vedete dalla foto allegata.

Nella foto: ecco tre titoli di libri francesi dedicati al problema turco: ammettere o no, la Turchia in Europa? Michel Rocard, già ministro socialista é favorevole; in ” lettera ai turco-scettici, una serie di intellettuali turchi spiegano il punto di vista dei filo europei e la UE ha pubblicato un documento con una serie di dati in materia. Chi trova un opuscolo in italiano su questo vitale argomento, vince una bambolina di peluche.

Al posizionamento amichevole verso la nuova Inghilterra di Boris Johnson, il presidente turco ha aggiunto un pizzico di kemalismo pragmatico: Ataturk, creò un partito comunista tutto suo, annegò nel mar nero il vecchio rappresentante del Comintern e specie agli inizi fu appoggiato da Cicerin il primo ministro degli Esteri dell’URSS col quale Mustafa Kemal flirtò, ottenendone oro e armi e appoggio politico in funzione antinglese. Adesso i litigi, sempre più flebili, li fa con Biden pur ascoltando i consigli britannici in materia.

Coi russi, flemma e sorrisi assieme a una benaccetta proposta di mediazione nella vicenda ucraina, the e simpatia anche agli ucraini e si gode il suo nuovo status di potenza regionale, invano inseguito da Israele che offre anche lui i suoi buoni uffici. Ma Bennet é un parvenu, mentre lui e Vladimir Putin sono grandi amici e hanno più di un avversario in comune: hanno amici ( Iran, Pakistan, Cina, Indonesia…).

LA CRISI UCRAINA E LO SCONTRO EST-OVEST

NON E’ TRA NOI E LA RUSSIA: E’ TRA RUSSIA E STATI UNITI & INGHILTERRA E CHI DIRIGE NON SONO GLI USA

Questo é il primo documento che lo dimostra: E’ la biografia dell’uomo che ha diretto il servizio segreto inglese ( SIS secret intelligence service) durante la seconda guerra mondiale e del quale ha fatto parte dal 1915 fino alla morte. Suoi sono stati i primi tentativi di spiare i bolscevichi sfruttando il narcisismo di una cugina americana di Churchill mandata a giacere con mezzo Cremlino. Vi si trovano tutti dettagli della campagna antibolsevica degli anni 20 e 30 da cui molto ha tratto l’alleanza angloamericana anti russa contemporanea.

E’ noto come il principale strumento a disposizione dell’intelligence sia la disinformazione e questo libro, l’autore é sempre Antony Cave Brown divenuto l’efficace uomo di fiducia del MI6, ha rivelato molte delle operazioni di disinformazione fatte dagli inglesi durante la guerra compresa la massima: la gestione della rete di militari tedeschi conservatori che non volevano una guerra sui due fronti, capitanati dal generale Ludwig Beck – capo di Stato Maggiore- che iniziò a tradire per provocare una sconfitta su cui innestare il colpo di stato che doveva defenestrare Hitler. Le informazioni trapelarono tramite il Vaticano e a un negoziato partecipo il Papa in prima persona ( come Francesco in questi giorni). La cospirazione contro Putin sembra la stanca ripetizione di quegli eventi, anche nei dettagli.

I dettagli della crisi odierna Ucraina potrete trovarli digitando l’archivio de corrieredellacollera.com del mese di febbraio 2014 dove troverete almeno sette articoli che illustrano ogni antefatto inclusi i nomi dei partiti di estrema destra che, manovrando la piazza, condizionano le scelte dei governanti e i loro precedenti. Riprodurli, sia pure in parte, richiederebbe quasi la stesura di un libro. ( vedere i link allegati in fondo).

In questo post cercherò di spiegare come un’azione di intelligence ad alto respiro sia stata impostata ispirandosi all’ambizione “anni trenta” di una Inghilterra logorata da conflitti sociali interni, dalla crisi irlandese e dal sacrificio fatto di una gran parte della upper class sui campi di battaglia francesi della prima guerra mondiale, e delle ricchezze accumulate in due secoli, ma che nondimeno si impegnò a mantenere il suo impero preparandosi al nuovo conflitto con la Germania che sapeva inevitabile e che non fece nulla per evitare. Sapeva che nel nuovo conflitto avrebbe avuto necessità assoluta del serbatoio umano e finanziario costituito dagli Stati Uniti e questa fu la bussola su cui l’impero inglese diresse le proprie azioni e che tutt’ora la guida.

Per riuscirvi, accettò, facendo buon viso, di dividere con gli americani il monopolio mondiale del petrolio mesopotamico e il dominio dei mari,( da cui fu col tempo estromessa) infarcì di propri agenti di influenza( oltre 5000) gli Stati Uniti d’America riuscendo ad acquistare il NEW YORK HERALD TRIBUNE e convertire l’isolazionismo tradizionale in interventismo fervente.

A guerra iniziata, impose – con la sua superiore capacità di razionalizzazione dei rispettivi punti di vista nelle riunioni congiunte degli Stati Maggiori – le scelte strategiche fondamentali, quali la priorità assoluta della lotta sottomarina atlantica, la precedenza nella lotta alla Germania invece che al Giappone che maggiormente premeva agli americani, lo sbarco in Nord Africa prima di quello in Europa, e l’attraversamento armato dell’Italia per “asfaltarla” invece che un più razionale sbarco in Grecia per portar soccorso ai russi e unificare il fronte.

Su qualche punto dovette cedere lasciando che gli USA portassero cospicui aiuti a Stalin attraverso l’Iran ( a fine guerra oltre 8 milioni di tonnellate di armi e materiali) invece di lasciare che i sovietici si svenassero contro i tedeschi; la concessione dell’indipendenza all’India ed altri paesi collaboranti. Scelte di cui oggi c’é chi si é certamente pentito negli USA.

Dopo l’ubriacatura mediorientale USA, il residuo asset degli Agenti di influenza in America é tornato all’attacco per spingere all’interventismo un’America con tendenze isolazioniste, manovrando con maestria anche l’ultima proposta di Churchill del servizio di intercettazioni congiunte dei popoli di lingua inglese , il five eyes, domiciliandolo in Gran Bretagna con il pretesto di sottrarlo alla curiosità democratica dei magistrati USA. All’epoca il controllo sui propri cittadini essendo proibito e sanzionato severamente.

La prima mossa del piano congiunto transatlantico é stata la BREXIT per avere la mani libere rispetto alla farragine decisionale dell’Unione Europea e tornare a gestire i Dominions. Qui ha avuto la sorpresa dell’Australia che ha chiaramente scelto un legame privilegiato diretto con gli Stati Uniti, ricevendone in cambio la promessa – da adempiere in un quarto di secolo- di accedere ai segreti della propulsione nucleare sottomarina.

Il vecchio riflesso anticoloniale e antimonarchico degli USA che persino di fronte alla possibilità di riparare la famiglia reale in Canada per sottrarla a Hitler, l’invitò ad andare alle Bahamas significando che il continente americano era off limits a ogni tipo di reale, è sempre vivo

I PROTAGONISTI

cominciamo con la five eyes un ente (FVEY) senza sede e senza personale, creato nel 1943 con un accordo ufficializzato nel 1946, ma non rivelato negli scopi o nell’articolazione, meglio noto sotto il nome di UKUSA ( United Kingdom-United States Communications Intelligence Agreement), i cui contenuti sono stati rivelati il 25 giugno 2010 da un comunicato congiunto angloamericano.

Nel frattempo, furono aggregati Il Canada ( 1948) ( Australia e Nuova Zelanda (1956) e più tardi , ma senza automatismi nella trasmissione dati, altri tre paesi di pura razza sassone ( Norvegia, Danimarca e Germania Ovest) secondo i dettami del filosofo di Hitler , Rosenberg.

Solo dopo il 2016 fu aggregata ma a distanza e senza automatismi di trasmissione, la Francia verso la fine della presidenza Hollande, in premio per lo scioglimento della brigata mista franco tedesca che doveva essere il primo nucleo dell’esercito europeo, basata a Mülheim in renania. I francesi partirono dalla caserma comune senza nemmeno avvertire e Hollande si rifiutò di dare spiegazioni del mutato atteggiamento alla Merkel anche negli incontri privati. Probabilmente sapeva che erano intercettati.

A questa facciata militare ha fatto seguito Echelon , la faccia economica creata a ” protezione delle imprese americane” ( ad esclusione degli altri contraenti) che – secondo il direttore della CIA James Woolsey si trovavano esposte alla concorrenza sleale, “nei paesi in cui le mazzette sono deducibili dalle tasse”.

Gli scandali accertati a casa nostra sono sostanzialmente lo scandalo Lookeed ( azienda americana corruttrice) che compra chi doveva decidere l’acquisto degli aerei da trasporto militari C130 e la Gulf italiana ( americana anch’essa) che diede un milione di dollari al sindaco di Milano Aniasi per poter costruire una raffineria accanto alla città e mise la spesa in bilancio come ” goodwill”, deducendo l’esborso.

Adesso si pensa di associare, non con statuto pieno si intende dato che non sono bianchi, India e Giappone per monitorare la Cina – pagata a suo tempo da Kissinger perché permettesse di installare impianti di intercettazione alla frontiera russa- e vvedremo se abboccano.

Non sempre i governi partecipanti al five eyes sono partecipi consapevoli di queste iniziative.

Gough Withlam, primo ministro australiano che abolì la “White Australia policy” ( immigrazione consentita solo agli europei bianchi), che ritirò il contingente militare australiano dal Vietnam e riconobbe la Cina comunista prima degli USA, scoprì per caso l’esistenza del five eyes, nel 1973, poco prima di essere dimissionato dal governo . E rimasto col sospetto che la CIA fosse coinvolta nel ribaltone.

Grazie al software PRISM gli Stati Uniti si sono anche assicurati l’accesso ai server dei principali fornitori di servizi informatici con sede negli Stati Uniti: Microsoft, Apple, Yahoo, Google, Facebook, AOL, Paltalk, Skipe, You tube e , naturalmente Swift, di recente notorietà.

I cinque hanno anche iniziato a prendere iniziative politiche comuni, come ad esempio il boicottaggio dei giochi olimpici di Pechino e la protesta per lo status di Hong Kong, ma mentre le informazioni sono patrimonio comune, i vantaggi politici sono appannaggio dei soli Stati Uniti e la cosa ha già sollevato proteste ufficiali della Nuova Zelanda a nome di tutti. Proteste tacitate dal recente accordo UKUSAUS con l’Australia.

A questo hardware di intercettazione, si é accoppiato il sistema di decifrazione gestito dalla NSA americana e dal GCHQ britannico ( finanziato dagli USA) a cui si attribuiscono le capacità previsionali dell’Occidente, con l’inconveniente che a volte la decifrazione avviene in ritardo rispetto allo svolgersi della realtà.

Nella recente crisi ucraina la ricognizione aerea poteva conteggiare i carri armati , ma non poteva prevedere l’attacco per mercoledì…Una violazione del segreto che Sir Stewart Menzies non avrebbe mai accettato.

IL SIS( SECRET INTELLIGENCE SERVICE MI6)

Ecco la pagina 125 della biografia di Sir Stewart Menzies, quando inizia la sua scalata al vertice del servizio segreto militare organizzando ” Giganti Camping against Russia”. L’autore dimentica di chiamare URSS e la chiama col nome dell’avversario di sempre: Russia.

vi potete leggere che già nel 1919 il secret intelligence service aveva analizzato la situazione e capito che la guerra contro la Germania – lungi dall’essere conclusa- aveva una pausa al massimo ventennale. Riprese nel 1939. le varie operazioni di provocazione pensate all’epoca contro la Russia, sono state ripetute, con poche, opportune, varianti contro la Russia nuovamente divenuta una grande potenza. Illibro é stato stampato oltre trenta annida quandoil risorgere della potenza russa era impensabile: dormiva il letargo di Brezhnev.

Saltiamo a pié pari la storia avventurosa del SIS lunga tre secoli e ci focalizziamo sul post guerra fredda da cui – non va dimenticato- uscimmo grazie all’atto di resa fatto da Gorbaciov a Margaret Tatcher e non al cugino americano.

Le maglie del segreto si allentarono e scoprimmo che l’archivista del KGB, Vassilij Mitrokhin ogni sera portava a casa i documenti più importanti e per trenta anni li consegnava agli occidentali.

Mithrokin era stato reclutato dagli inglesi e pagato dagli americani, con una suddivisione di competenze che si é sempre dimostrata vincente, l’inverso o la separatezza egoista, invece, rovinosi.

Il servizio inglese , non appena liberato dalle pastoie della collaborazione intraeuropea, ha ripreso a operare nel Mediterraneo, ritornato arteria vitale del mondo, puntando a rapporti privilegiati coi due paria della UE: Italia e Turchia; sta rafforzando la capacità di intercettazione delle antenne di Cipro, ha ripreso a dialogare con l’Iran e col partito dei Mullah ( che gli americani avevano sottovalutato definendolo “a british hobby”) e ripresero le fila delle trame antirusse del XIX secolo del grande gioco.

Per un momento la situazione sembrò non mutare, per via della violentissima reazione russa in Cecenia, ma le attività nel mondo slavo si rivelarono più fruttuose, specie quando si realizzò la sinergia con i tedeschi del BND, eredi della organizzazione Gehlen che non aveva mai abbandonato i suoi contatti nell’est Europa e in Russia, trasferendoli intatti agli americani assieme a quel che restava dei cospiratori anti Hitler (Hans Speidel ) che si occuparono di ricostruire le forze armate tedesche.

Altre 240 pagine che spiegano la genesi della più delicata operazione di spionaggio iniziata sul finire della guerra mondiale. All’allora capitano James Critchfield fu affidato l’incarico di capire cosa c’era di interessante nelle dichiarazioni di un militare tedesco che proponeva agli americani di ereditare tutto l’archivio di intelligence del gruppo armate est che aveva operato sul fronte russo. La condizione era che gli alleati si prendessero anche il personale addetto e la faccenda poteva essere fraintesa.Ne nacque , dopo settimane di interrogatori, una organizzazione che stipulò un regolare contratto col governo USA e rimase operativa vino a che il governo della Germania Ovest non lo assimilò creando il nuovo servizio segreto tedesco ( BND). Tra i vantaggi per gli alleati, la selezione degli ufficiali che cospirarono contro Hitler fino a tentare di ucciderlo.Tra i contatti, Stefan Bandera e gli ucraini che si allearono coi tedeschi per combattere l’URSS. Bandera, a Monaco di Baviera, fu ucciso da un agente del KGB rimasto sconosciuto: aveva usato un getto di gas nascosto in un finto pacchetto di Lucky strike.

La collaborazione tra BND, CIA, DIA e SIS ha portato, in otto anni di contrasti e scontri, all’esasperazione dei russi e in particolare di Putin che ha svolto gran parte del suo servizio estero nella Repubblica popolare tedesca e aveva particolare conoscenza della situazione ucraina, terra d’origine della sua famiglia e scarsa esperienza operativa in territori ostili. Una combinazione fatale.Per dettagli politici sul dossier, vedere corrieredellacollera.com tra il 2 febbraio 2014 e il 3 marzo 2014 quasi cinque articoli sul tema.

UCRAINA, PRIMA PEDINA DELLA TEORIA DEL DOMINO O PROVA DI UNA NUOVA YALTA A GEOMETRIA VARIABILE? di Antonio de Martini

UCRAINA TRA USA E RUSSIA ( con Germania mezzana) : DALLA RIBELLIONE ALLA SECESSIONE A ……. di Antonio de Martini

LA SFIDA USA RUSSIA PER L’UCRAINA. INTANTO PAGANO I PAESI BRICS CON SVALUTAZIONI SELVAGGE ( Brasile, India, Cina , Sud Africa) di Antonio de Martini

LA RUSSIA RIPONDE ALL’AMERICA CON UNA PROPOSTA GLOBALE DI SFRUTTAMENTO ECONOMICO SOSTENIBILE DELL’ASIA. SEBASTOPOLI E’ ORMAI COME SAGUNTO, MA QUESTA VOLTA IO TIFO PER ANNIBALE. di Antonio de Martini

CRISI UCRAINA: IL SIGNOR WOLFOWITZ NEL PAESE DEGLI IGNORANTI HA FATTO SCUOLA . di Antonio de Martini e Massimo Morigi

ANCORA SU UCRAINA, ITALIA, STATI UNITI ( MA SCOMODIAMO CARL SCHMITT e LA GRANDE BELLEZZA. SCEGLIETE) di Antonio de Martini e Massimo Morigi

CRISI UCRAINA IN CRESCENDO PER SUPPLIRE ALLA IMPOSSIBILITA’ MILITARE DI INTERVENTO N.A.T.O. E SODDISFARE A PAROLE LA FAZIONE BELLICISTA. di Antonio de Martini

PUTIN E ZELENSKI

Destini paralleli: entrambi giunti al vertice dei rispettivi paesi in maniera fortunosa. Uno un piccolo funzionario di uno stato fallito che viene ripescato da amici pietroburghesi alla ricerca di un tipo zelante e proiettato alla guida del rinato KGB , ribattezzato FSB. L’altro, con minore anzianità di potere, recuperato da un oligarca, correligionario, Ihor Kolomoisky e tratto dalla mediocrità degli spettacoli trash (la fiction ” servitore del popolo”)alla candidatura alla presidenza, presentato come ” il candidato della pace”. Ha cercato di destreggiarsi consapevole di essere il vaso di coccio tra vasi di ferro. Illuminante la sua telefonata con Trump che gli ingiunge di condizionare i giudici (servile: ” sono con lei al 100%, anzi al 1000%”)e la sua viscida promessa lo fa ritrovare al centro della scena internazionale con minaccia di impeachment del presidente. Ma in questa crisi, scatta per entrambi la sindrome de ” IL GENERALE DELLA ROVERE”: si immedesimano nei rispettivi ruoli fino ad essere disposti al sacrificio per mantenere l’immagine conquistata fortunosamente. Mi auguro sopravvivano entrambi, ma ne dubito.

Se gli angloamericani vincono questa partita, del che dubito, sfondano l’area centrobalcanica e possono condizionare lo scacchiere incutendo timore fino alla Cina. Se vincono i Russi, la tentazione di replicare con la Romania e la Moldovia, dove i governi sono filo russi, sarà veemente. Gli inglesi, prudenti, non devono forzatamente partecipare a scontri sul continente. I tedeschi, invece, hanno stanziato cento miliardi: sono ottimisti e sperano che basteranno.

Gli italiani avrebbero potuto far leva sul magistero pontificio per dichiararsi neutrali o almeno ” non belligeranti”( tanto più che l’epicentro é in nord Europa), invece fanno affidamento sullo stellone d’Italia. Ancora una volta.

LA RICCA EUROPA E’ IL PREMIO DEL CONFRONTO

LA POSTA IN GIOCO NON E’ L’UCRAINA MA LE FORNITURE DI GAS ALL’ EUROPA E LA PELLE DELLA RUSSIA CHE SPERA NELLA CINA CHE GUARDA AGLI USA…

ANTEFATTO N 1

Nikita khrushev, pur essendo nato in altra parte dell’impero, fece tutta la sua carriera di funzionario del partito comunista russo in Ucraina. Diventato segretario generale del PCUS ( partito comunista della Unione Sovietica), ebbe un occhio di riguardo per i suoi vecchi compagni, assegnando alla loro regione l’amministrazione della Crimea ( il luogo all’epoca più desiderato per le vacanze della nomenclatura e per i cittadini) e incluse ben 17 milioni di russi nei confini della Ucraina , che all’epoca era una regione dell’URSS.

Di qui nascono una serie di guai in cui sono incappati i suoi successori.

Una volta sciolta l’Unione sovietica e smantellato il patto di Varsavia, i governanti statunitensi lasciarono intendere al presidente BORIS YELTSIN di non avere mire sull’est Europa, ma mentre Yeltsin e il suo ministro degli esteri Eduard Shevarnadze si accontentarono di assicurazioni verbali a mezza bocca ( i verbali sono stati desegretati dagli USA un paio di anni fa e accennano a numerosi brindisi), gli americani – vedendo risorgere la potenza sovietica sotto la pelle della nuova Russia- decisero di sfruttare l’ingenuità combinata di Khrushev e di Yeltsin per iniziare a cooptare i paesi dell’est Europa nella loro sfera di influenza e accerchiare la Russia con una catena di basi che lasciassero aperta ogni opzione di possibili attacchi in maniera da creare incertezza strategica sulle intenzioni dello zio Sam. Attratti dalla prospettiva di essere ricoperti d’oro dalla Unione Europea, dal mare del nord al mar nero, prima o poi, abboccarono tutti.

Più difficile l’azione nelle Repubbliche ex sovietiche di cultura turca ( i quattro stan) dove un momentaneo successo della segretaria di Stato Hillary Clinton fece credere di poter disporre di un paio di basi , ma la pronta reazione russa si affermò facilmente.

Al sud, Iran e Afganistan , dove comunque gli USA sono riusciti a costruire un paio di infrastrutture strategiche logistiche che vanno verso la frontiera russa, il problema é ancora indeciso per via dell’ostinazione iraniana e della sua inimicizia con Israele e l’Arabia Saudita che sono le potenze regionali rivali e i più sicuri, per ora, alleati degli USA.

ANTEFATTO 2

La strategia principe degli USA nella seconda guerra mondiale consistette nello strangolamento del Giappone con il controllo delle materie prime e sopratutto del petrolio.

Una volta entrati in guerra, adottarono la stessa strategia nei confronti della Germania e la stessa resa dell’Italia fu considerata positivamente per l’opportunità di utilizzo offerta dagli aeroporti pugliesi per bombardare i pozzi petroliferi di Ploesti in Romania.

Controllando le fonti principali di petrolio del pianeta, senza il quale, navi, aerei e carri armati restano fermi, la vittoria non fu che questione di quando, non di se. La carne da cannone la misero i russi e i dominions.

Nel caso della Russia, ricchissima in petrolio ed ogni sorta di materie prime, il problema non é più consistito nel controllo delle fonti , ma nell’impedirne ai russi lo sfruttamento che é il principale sostegno finanziario dell’economia russa il cui PIL equivale a quello del Benelux. Un vantaggio aggiuntivo é l’opportunità di sostituire la Russia come fornitore della ricca e decadente Europa. Il rifornimento avviene via mare ( con navi e con l’onere di costruire impianti di rigasificazione dato che viene liquefatto per agevolare il trasporto. Ci sono attualmente in Europa sette impianti di rigasificazione in progetto- costruzione)

Il ruolo chiave dell’Ucraina in questa vicenda di scontro di interessi strategici e commerciali tra la potenza marittima per eccellenza e la controparte di terra, é esemplificato dalle due cartine che vedete. L’Ucraina serve agli Stati Uniti per strangolare, come fece col Giappone, ogni velleità espansionistiche – sui mercati o i territori, poco importa – della Russia.

Dalla carta ” di terra” é evidente la parte del Leone che fa l’Ucraina nel veicolare gas e petrolio versa la ricca Europa e nella “carta di mare” il fatto che gli Stati Uniti stanno già acquisendo il cliente Europa cui é già sono fornito il 26% della produzione di gas di scisti, molto più costoso sua per le modalità di estrazione che per quelle di trasporto.

Negli anni ottanta, una manovra analoga fu fatta con l’oro, sacrificando gran parte dell’oro Inglese e canadese , oltre che americano, per far scendere il prezzo sui mercati e privare l’URSS di questo introito importantissimo per la sopravvivenza del regime.

L’ingresso sul mercato dell’India , l’acquirente più grande del prezioso metallo e di altre neo potenze asiatiche , ha consentito la ripresa della Russia di Putin dopo il crollo dell’URSS. L’Afganistan fu un infortunio politico importante ma non decisivo come questo.

Come vedete da questo breve riassunto di una situazione ingarbugliata, l’Ucraina lucra da anni la protezione americana per esigere royalties sempre maggiori per il passaggio delle pipelines sul proprio territorio, la Russia cerca di diversificare le linee di accesso all’Europa attraverso il NORD STREAM uno e due o attraverso la Turchia .

L’Europa, e in particolare l’Italia, galleggiano su un mare di petrolio e di gas dell’est mediterraneo ( Leviathan e Tamar nei mari della Grecia, Libano, Israele e Siria) nel mediterraneo centrale ( le acque profonde dell’Egitto da cui hanno cercato di schiodarci con l’affare Regeni), nelle acque della Sirte e le coste delle Cirenaica ( ormai rese insicure da taglieggiamenti endemici alle fazioni in lotta)e l’Algeria che ha saputo resistere solo a prezzi elevatissimi di sangue. L’Iran e il Venezuela ci sono stati interdetti con il pretesto che non sono democrazie.

Come se il Katar e l’Arabia Saudita e la Guinea Equatoriale, lo fossero….

A tutte queste opportunità, vanno aggiunte le coste pugliesi – alla prospezione delle quali si oppone, non si sa a che titolo, una americana di origine italiana che dice di insegnare in una università della Florida, ma opera in Puglia; al largo di Rimini abbiamo giacimenti trovati da ENI e Gulf italiana negli anni settanta e subito richiusi ” per non danneggiare il turismo”, senza contare i giacimenti in Basilicata e quelli storici della val padana.

In altre parole viviamo su un sottosuolo intriso di gas e petrolio, ma lo compriamo all’estero in cambio di protezione data alla banda di ladruncoli che si accontenta – oltretutto- delle briciole.

La chiamano democrazia, suo marito é il “libero mercato” ( che non é né l’uno né l’altro) e dicono che Al Capone era italiano.

UCRAINA: ABBIAMO LA PRIMA VITTIMA

NATURALMENTE SI TRATTA DELLA VERITA’

Russi e Americani si sono già accordati per accanirsi sul cadavere martoriato della verità. La follia neocon che cospira per avere una nuova guerra, ha un nome e cognome.

Victoria Nuland, – diplomatica, già consigliere di politica estera del vicepresidente Dick Cheney – oggi diventata sottosegretario del governo di Joe Biden, viene ricordata sopratutto per la famosa frase “fuck the EU” intercettata quando l’ambasciatore USA a Kiev le chiese se avesse interpellato gli europei prima di scatenare la rivolta di piazza contro il governo legittimo.

Questa signora, all’epoca già obesa e in menopausa, ammise candidamente di aver speso cinque miliardi di dollari per fomentare la rivolta ucraina che defenestrò violentemente il legittimo – e tremebondo- presidente Viktor Yanukovich é probabilmente la forza trainante di questa crisi iniziata otto anni fa sotto la sua supervisione come rappresentante USA all’ONU e ripresa con vigore dal momento del suo ritorno al governo dopo una parentesi come borsista ALBRIGHT a causa delle le dimissioni dal Dipartimento di stato con cui precedette il licenziamento da parte del presidente Donald Trump.

Si tratta di una delle Erinni neocon sostenute dalle lobbies dell’industria bellica USA.

L’Ucraina é solo un pretesto e gli USA hanno molto da guadagnare da questa crisi mentre quasi tutto il mondo pagherebbe un prezzo.

Intanto, rinfocolare la rivalità russo-germanica sull’Ucraina é un buon pretesto di per sé. L’unico pericolo per l’egemonia USA nel mondo é una intesa tra i due paesi del tipo di quella vaticinata fin dal XIX secolo da Bismark. Le risorse russe e la tecnologia tedesca metterebbero in crisi geopolitica gli Stati Uniti.

L’Ovest tedesco industrializzato aveva tradizionale equilibrio nella Prussia agricola; nel dopoguerra, mutilata dell’est ” democratico e popolare” l’equilibrio lo ottenne con l’intesa con la potenza agricola della Francia. Una volta riunificata, la Germania si accorse che l’est agricolo era stato industrializzato a tappe forzate e giocoforza lo sguardo si allungò verso il “granaio d’Europa” come i nostri padri chiamavano l’Ucraina.

Offrire una influenza decisiva alla Germania (nessuno vuole gli ucraini nella NATO) sull’Ucraina sarebbe una bella dote di fidanzamento duraturo.

L’Ucraina, d’altro canto, vive di rimesse degli emigranti in occidente ( aerei- cargo, basi per lanci satellitari, mercenari e badanti.) , di esportazione dell’ olio di soia in Russia, nonché di royalties delle pipeline del petrolio russo in viaggio verso l’Europa occidentale. Dei 41 milioni di abitanti, 17 sono russi e la religione prevalente é quella ortodossa.

L’entrata in una alleanza occidentale con i protestanti tedeschi , consumatori di burro e margarine, disinteressati alla siderurgia obsoleta delle province orientali, sarebbe contro natura a meno di non godere di un trattamento di rendita privilegiata, ma con una agricoltura ( oggi esportatrice a costi con valuta debole) che entrerebbe in competizione con la francese e la nostra.

Tenere occupato e sotto pressione Vladimir Putin, lo distoglie dal Vicino e dal medio Oriente dove la sua posizione é divenuta troppo forte e va ridimensionata.Valga per tutte l’atteggiamento di Israele che si é ben guardato dal prendere posizione, nella crisi ucraina, a favore degli Stati Uniti benché venga rappresentato come l’alleato più fedele e collaborativo…

Forti vantaggi per gli USA anche nella commercializzazione dl petrolio e gas di scisti che dati gli alti prezzi possono essere venduti all’Europa solo in caso di limitazioni importanti delle esportazioni dall’ESt che si verificano sia in caso di sanzioni antirughe che di guerra sul territorio ucraino.

Ultimo vantaggio: buttano Putin in braccio ai cinesi che diventano il suo cliente unico se si chiudono i rubinetti a Ovest.

Ognun vede come , a ciascun vantaggio USA, corrisponde uno svantaggio di uno o più paesi europei. Di qui, un affannarsi disgiunto di Macron, Scholtz, Draghi verso Mosca che già in sé rappresentano il fallimento del progetto di politica unitaria europea e anche questo può essere visto a Washington come un fringe benefit.

Per avere ragione di tanto attivismo, la strategia migliore che i russi possono adottare é quella del ” wait and sei” di britannica memoria: la sola presenza di un’armata corazzata che manovra in prossimità della frontiera ha aiutato il presidente ucraino a non farsi soverchie illusioni: commerci si, alleanze no.

Per capire meglio la straordinaria preparazione e l’analoga impreparazione della controparte americana, vale la pena fissare alcuni punti.

In questa vicenda tutti mentono e l’analogia più ficcante é da ritrovarsi in situazioni ben documentate dato il tempo trascorso: L’accordo di spartizione Sykes -Picot di cui tutti parlano, ma a vanvera.

E’ ormai appurato, che il trattato Sykes-Picot non é mai esistito veramente e la sua storia può aiutarci a capire il castello di bugie che nasconde la realtà di chi vuole smantellare un impero.

Già a metà ottocento, lo zar Alessandro aveva deciso di riprendere la marcia di Pietro il grande verso i mari caldi e cercò – trovandoli tra i francesi e gli inglesi- partner per la spartizione dell’impero ottomano che possedeva gli stretti che portano dal mar nero al Mediterraneo. Dopo qualche malinteso iniziale , la guerra di Crim

ea, l’accordo fu trovato e, mentre gli occidentali iniziarono a soffocare finanziariamente il Sultano di Costantinopoli, la Russia iniziò a fomentare i sudditi cristiani della sublime porta dal Balcani al Caucaso. Fu lo zar a lanciare lo slogan de ” il malato d’Europa” e stimolare le guerre di indipendenza balcaniche, con la sola eccezione di quella greca di cui l’Inghilterra si incaricò.

la mente dietro il piano fu, in ogni momento, il ministro degli esteri russo Sergei Sazonov ( vedi foto)

Il ministro degli esteri russo Sazonov fu la vera testa forte del progetto di smembramento dell’impero ottomano. La Russia si sarebbe impadronita degli stretti mentre gli anglofrancesi degli attuali Irak e Siria. Alla caduta dello Zar l’accordo fu considerato decaduto e l’occupazione dei territori suggerita a Italia e Grecia. La resistenza di Ataturk e Karabekir che frustrarono sul campo le mire greche ( e inglesi) vanificarono il sogno e la pace di lLosanna del 1923 diede riconoscimento alla Turchia moderna.Nel Caucaso, il successore di Sazonov, Cicerin non mantenne gli impegni con gli Armeni che furono eliminati e sostenne Mustafà Kemal ( poi Ataturk) in odio agli inglesi che avevano sbarcato truppe nella Russia per schiacciare i bolscevichi. La tradizione di Sazonov continuò con Molotov, Scepilov e ora con Sergej Lavrov

IL regime sovietico, insediatosi e trovato lo schema dell’accordo di spartizione, lo pubblicò sulla Pravda creando uno scandalo in Occidente, presto soffocato dalla narrativa Sykes-Picot per non dare a vedere che gli accordi datavano dall’aprile 1915. Per conoscere i dettagli abbiamo aspettato cento anni e per conoscere la verità sull’ucraina, vi do appuntamento al 2122.

Ma quel che é certo, é che anche a quel tempo si capirà che la teste pensanti vengono dall’est e non dalle avidi rettilinei di Washington che hanno dimenticato di essere diventati grandi con le politiche di immigrazione e con l’applicazione – specie in casa – dei principi democratici che oggi sono riservati all’export.

CRISI ENERGETICA PER SPAGNA, PORTOGALLO E MAROCCO

L’ultraventennale contenzioso tra Marocco e Algeria sul controllo del Sahara Occidentale ( ricco di fosfati che vengono usti sia come fertilizzanti in agricoltura che come componenti per fabbricare munizioni) ha spinto l’Algeria a decidere che a partire dalla scorsa domenica 31 ottobre il gasodotto Maghreb- Europa ( GME) – 11 miliardi di metri cubi annui- non sarà più in esercizio.

La decisione fa seguito alle recenti provocazioni marocchine rese forse più audaci dall’appoggio USA a seguito della “ pace di Abramo” , ossia l’ufficializzazione degli antichi ottimi e consolidati rapporti segreti con Israele.

Il GMA parte dall’Algeria per giungere al comune di Zahara de los Azetunes ( in provincia di Cadice) e da li essere distribuito in Spagna e Portogallo, anch’esso vittima collaterale dello scontro che mira al Marocco, obbiettivo principale della decisione algerina.

Esiste un Gasodotto minore ma diretto ( evita il Marocco) che sbocca ad Almeria ( in Andalusia) che portava 4 miliardi annui e verrà portato al massimo di otto, ma resta un deficit spagnolo di quattro miliardi di metri cubi globali che saranno trasportati via mare, sempre che si riesca a noleggiare navi metaniere – coi noli in aumento come é già accaduto per il gas- sempre che si riesca in tempi brevi a governare il processo liquefazione- rigasificazione dato che il gas le navi ( tutte da trovare) lo trasportano in forma liquida, ma poi per essere distribuito via terra deve tornare allo stato gassoso.

L’Algeria, che da quando c’é stata la secessione del Sud Sudan é diventato lo stato più grande del continente africano, é il nostro fornitore più antico e privilegiato grazie a una rete di gasdotti ( il principale dei quali si chiama Enrico Mattei) che attraversano Algeria e Tunisia per giungere alle nostre industrie e caloriferi che proprio oggi vengono accesi inaugurando la stagione fredda.

Il più colpito é il governo Spagnolo che non può litigare con nessuno dei due paesi, in quanto uno condiziona l’ esportazione del gas e l’altro detiene il rubinetto dei migranti. Uno deve stare il più aperto possibile e l’altro chiuso…

ARRIVA IL NUOVO AMBASCIATORE AMERICANO A ATENE. NERVOSISMO IN USA.

L’anno scorso fu proposto per la Norvegia e ritirato quando disse che costì avrebbe incontrato il presidente…

Nella foto: George Tsunis, officiato dal presidente Biden come nuovo ambasciatore USA in Grecia e già bocciato dal Congresso nel 2014 per l’incarico in Norvegia. Ora lo chiamano Bidenpopulos

Reduce dalla brillante performance in Afganistan, il presidente Biden avrebbe potuto almeno recuperare nel Mediterraneo, se non avesse proposto, l’8 ottobre, il sig. George Tsunis a ambasciatore in Grecia, il che gli ha procurato una rivolta della community di politica estera di Washington che é insorta come un sol uomo al grido di “fuori i procacciatori di fondi”!

Il colpo é andato a segno anche se Tsunis non ha ancora rinunziato alla candidatura che, comunque, per essere valida, deve essere approvata dal Senato.

I detrattori hanno attaccato frontalmente: non si trattava forse dello stesso personaggio presentato da Barak Obama nel 2013 come possibile ambasciatore in Norvegia e che – in audizione al Senato- aveva parlato del Re chiamandolo “Presidente” e aveva definito il governo di coalizione un ” fringe group” ossia gruppo marginale?

Si era proprio lui, bocciato a furor di popolo la scorsa volta a richiesta della numerosa e battagliera comunità norvegese del Minnesota, preoccupata di inviare questo pittoresco personaggio a Oslo. Diffuse le notizie delle sue gaffes, si ritirò per evitare una figuraccia a Obama.

Oggi é riemerso sperando nell’oblio dopo otto anni e fidando nella protezione politica del senatore Robert Menendez del New Jersey, presidente della Commissione Affari Esteri e fervente sostenitore di Israele al Congresso e Chuck Schumer, di New York, capo gruppo senatoriale democratico. Entrambi risultati destinatari di consistenti aiuti finanziari a loro e al partito.

Ma la fronda dei diplomatici non ha l’intenzione di fermarsi a questo infortunio presidenziale e desidera regolare i conti – una volta per tutte- con questi procacciatori di fondi per le campagne elettorali che brigano per occupare posti in ambasciate delicate – come nel caso odierno di Atene- nomine che spesso rivestono una carica di rivincita sociale per figli di miseri emigranti, arricchitisi nell’arco di una generazione, che vengono vissuti male dai politici del paese di destinazione, col distacco che si deve a un parvenu ignaro delle finezze politiche, mentre dovrebbero avere il prestigio di poter consigliare, come spesso accade, capi di stato e di governo.

L’attacco é quindi proseguito su due direttrici: un ex diplomatico che ha trascorso sette anni in Grecia ricoprendo più mansioni sia a Atene che a SaloniccoAlec Mally sul New Europe Magazine ( attualmente direttore dell’IPEDIS, Institute for Regional Dialogue and Strategy)- ha fatto notare che il predetto Tsunis é digiuno anche di esperienza di rapporti con i militari e le loro procedure, mentre il recente accordo bilaterale di mutua assistenza richiederà familiarità con gli intricati sistemi e procedure del mondo militare ( rivelando così l’intensa attività del Pentagono ” dall’Ebro a Creta” come detto dal premier greco in un recente discorso pubblico) impegnato in una sorveglianza proattiva sia nell’Egeo che alla frontiera Serba.

Aperti gli archivi del Dipartimento di Stato, i fautori della cacciata dei dilettanti hanno ricordato il precedente di un altro ambasciatore di origine greca nominato da H.W. George Bush jr, – Michel Sotirhos– in carica tra l’89 e il 93 , periodo delicato per via dello smembramento della Jugoslavia e quindi dei rapporti con la Serbia, proprio come oggi.

Un tecnico delle comunicazioni fu “pizzicato” a passare documenti classificati all’intelligence greca e la sua ambasceria é ancora ricordata come un disastro dai diplomatici di carriera che ritengono da sempre l’invio di un oriundo nell’ex patria, una sorta di declassamento del paese coinvolto.

Dobbiamo ricordarcene la prossima volta che gli americani ci manderanno un ambasciatore.

REGENI, TONI-DE PALO E ABU OMAR IL MAGISTRATO RECITA A SOGGETTO

In un paese in cui le persone temono di essere schedate dal vaccino che “non protegge al 100%” e si lancia in fulminee convivenze e matrimoni che al 50% finiscono male, non mi meraviglio se nessuno si ricorda più di una vicenda capitata nel 1980 in Libano, la TONI-DE PALO.

Una foto con Armando Sportelli durante uno dei nostri incontri-intervista durante i quali ha rivangato le fasi delle trattative con OLP , il caso Toni De Palo e altri.

Due “giornalisti” di cui nessuno ha mai letto una riga, che scomparvero ad un tratto – non si sa come ne quando- forse durante un giro in Libano nella pianura della Bekaa.

I loro cadaveri – se esistono- non furono mai ritrovati, ma furono l’occasione per far trionfare la magistratura sulla bieca corporazione degli agenti segreti: il capo centro in Libano, il maggiore dei carabinieri Stefano Giovannone , invano invocato come salvatore da Aldo Moro durante la sua prigionia, venne giubilato e inquisito assieme al suo capo, il colonnello Armando Sportelli, all’epoca a capo degli 007 italiani nel mondo e responsabile dell’accordo OLP-Italia che ha risparmiato, per trenta e passa anni, il nostro territorio da coinvolgimenti armati.

Il teorema del magistrato inquirente fu che se non si trovavano questi due personaggi, ( mai saputo chi ne denunziò la scomparsa…) erano certamente stati rapiti dall’OLP (Adesso però i cattivi in Libano sono gli Hezbollah) e l’intelligence doveva essere al corrente di tutto.

L’inchiesta, condotta da un sostituto procuratore di Venezia a nome Mastelloni, fratello di un attore di teatro, durò la bellezza di sette anni provocando la stroncatura della Carriera di Sportelli che ebbe l’ingenuità di dimettersi al primo giorno dell’inchiesta fidando nella istituzione. Stefano Giovannone , ammalato, non si riprese più, mentre il nome del generale V. dei CC che ne voleva la testa, fu trovato nella lista della P2.

Risultò, a chiunque fosse in buona fede, che i due non si erano mai presentati in ambasciata, non avevano chiesto interviste a nessuno, non avevano comunicato a nessuno intenzioni o itinerario e – posto che abbiano circolato in Libano, nessuno li incrociò o vide mai. Tanto bastò perché il magistrato indagasse per sette anni e la vita di due integerrimi servitori dello stato fosse stroncata. Il magistrato confidò in un momento di debolezza a Sportelli che era ” affascinato da questo mondo dei servizi segreti” e continuava a fare domande anche non pertinenti.

In tutto questo bailamme non una riga fu scritta dal solerte New York Times o dall’intrepido Guardian, nemmeno quando due anni prima fu trovato il cadavere di un cittadino francese alla periferia del Cairo. E non scrissero nemmeno quando un cittadino italiano- anche se il nome di battaglia é Abu Omar- fu rapito, il 17 febbraio 2003 in quel di Milano da un commando di 22 americani e due italiani, guidato dal capo centro CIA di Milano, tale Robert Seldon LADY, condannato dalla magistratura ( Spataro e Pomarici) e poi graziato, assieme ai compari, dal presidente Mattarella che quel giorno era, evidentemente, in buona con tutti, ma non con la donna ( Sabrina De Sousa) nel frattempo licenziata dalla CIA per aver allietato la vigilia del capo. Su tutto, nessuno scoop. Si sono interessati a una sola vicenda che ora riferisco.

Ritrovamento all’alba

Per il caso Regeni, Giulio Regeni, invece, fin dal primo giorno e prima ancora che ne fosse informata la nostra ambasciata, i predetti quotidiani si dimostrarono attentissimi alle vicende del cadavere di un italiano trovato, al Cairo, all’alba, sullo stradone, non lontano dalla trafficatissima via che conduce alle Piramidi e prosegue verso Alessandria d’Egitto. In USA ci sono sei ore di fuso di differenza ma il NYT riuscì a non” bucare” la notizia.

Il cadavere, così platealmente depositato, risultò appartenere a un cittadino italiano, il ventottenne Giulio Regeni, ” ricercatore” ventottenne residente da anni all’estero. Entrambi i quotidiani anglosassoni dimostrarono di essere informati delle indagini della polizia e delle omissioni della stessa, anche se non hanno mai rivelato le fonti ( o la fonte) che li tenne un passo avanti a tutti.

Il Ministro Andrea Orlando – che non si é mai scomodato per andare ai funerali degli operai che muoiono quotidianamente sotto la sua gestione ministero del Lavoro- si presentò a Fiumicino per ricevere le spoglie del compatriota. Anche questo va segnalato come il frutto di un singolare intuito circa gli sviluppi futuri del caso.

Tutte le mamme sono da rispettarsi quando piangono un figlio e, magari, chiedono giustizia se questo risulta deceduto in situazioni drammatiche. Questa madre non ha fatto eccezione ed é un suo diritto rivolgersi alla magistratura. Invece si rivolge al Parlamento e nemmeno al deputato del suo collegio. E d’ora in poi, nulla – in questa vicenda- seguirà più la normale procedura che tutela i diritti dei cittadini italiani.

Non la ricerca dei testimoni inglesi ( la dottoressa Maia Abd el Rahman– che aveva spedito il Regeni in Egitto per fare una ricerca sui “sindacati non riconosciuti” dandogli l’indirizzo di un professore dell’Università americana rivelatosi un confidente di polizia- non i finanziatori committenti americani della ricerca della ricerca – Oxford Analytica di John Negroponte ( ex capo della intelligence community USA)- non un accertamento su elaborati precedenti del Regeni di cui non v’é traccia.

E’ anche diritto dell’on Luigi Manconi, genero di Berlinguer, occuparsi – sia pure a singhiozzo- di diritti umani. Ricordo due episodi in cui si interessò con particolare accanimento, dovuto alla facilità di accesso al mezzo televisivo grazie alla parentela.

La prima volta che ricordo, fu per deplorare l’utilizzo di una prostituta somala (immortalata in foto con una bottiglietta di Coca Cola da L’Europeo o dall’Espresso, non ricordo) da alcuni bersaglieri del nostro contingente che si trovava a svolgere operazioni di peace enforcing per l’ONU.

Non é colpa dell’insistenza dell’onorevole Luigi Manconi se con questa polemica provocò il congelamento della nostra ben avviata candidatura al Consiglio di sicurezza dell’ONU grazie ai buoni uffici dell’ambasciatore Francesco Paolo Fulci che si era conquistato i necessari voti di moltissimi paesi afroasiatici, consentendoci di surclassare la Germania in sede di votazione in assemblea. Una battuta d’arresto dalla quale non ci siamo più ripresi.

Recentemente, resosi disponibile nuovamente il seggio ONU, abbiamo dovuto dividerlo con L’Olanda ( appoggiata da USA e Germania) benché questa sia stata dichiarata ufficialmente responsabile del Massacro di Srebrenica dalla camera Penale Internazionale ( CPI). Ottomila morti cancellati da un Manconi e una mignotta.

La seconda volta che ricordo, é il caso Regeni, dove, in concorrenza col presidente della Camera dei Deputati – Roberto Fico– il Manconi fece a gara per chiedere ” verità per Regeni“, giusto. Ma chiesero anche – interferendo con la nostra politica estera esorbitando dalle rispettive funzioni – il richiamo del nostro ambasciatore al Cairo e poi addirittura la rottura delle relazioni diplomatiche con l’Egitto, nascondendosi dietro una povera madre disperata.

In Egitto – guarda caso- era appena stato trovato dall’ENI ” nelle acque profonde egiziane antistanti il Delta del Nilo” un giacimento di petrolio e di gas che fa impallidire i giacimenti antistanti le acque cipriote ( Tamar e Leviatan) trovate dal servizio geologico degli Stati Uniti. E qui comincia il vero caso Regeni che mischia interessi privati, intelligence, ricatti tra petrolieri, rivalità geopolitiche tra alleati. Su tutto questo mucchio inquinato troneggia il servilismo dei magistrati addetti alla capitale che inscenano un processo farsa senza imputati, senza testimoni e senza movente, grazie a un procuratore la cui nomina é stata annullata dal Tribunale Amministrativo Regionale ( TAR).

L’ENI TROVA IL PETROLIO E GLI USA SFRUTTANO IL MORTO

Pur emarginato dalle acque libiche e ingabbiato con la Total in quelle di Cipro, L’ENI inquinato solo a livello dirigenza ma con ingegneri ancora memori dell’eredita di Mattei, hanno elaborato una tecnologi che ha permesso loro di trovare il petrolio, come dice il comunicato ENI ” nelle acque profonde egiziane” dove gli altri non hanno trovato nulla. L’Egitto, fedele alle sue scelte tradizionali, ha avuto sempre ottimi rapporti commerciali con l’Italia, dai tempi dei Tolomei al periodo coloniale inglese con Faruk, a Nasser durante la fase della influenza russa, un posto per noi c’é sempre stato.

All’epoca Regeni, i Francesi avevano monetizzato la misteriosa morte di uno studente con la vendita di 24 aerei ” Rafale”, mentre noi avevamo piazzato due fregate classe FREMM considerate l’opera di progettazione navale migliore nella sua classe. L’ambasciata di Israele era stata invitata a chiudere ” per ragioni di sicurezza” accentrando i rapporti con l’Egitto all’ambasciata egiziana a Tel Aviv.

Gli americani si lamentavano delle incomprensioni avute durante la “primavera” e delle ” avance” sessuali subite da alcune giornaliste USA mescolatesi ai manifestanti. I tedeschi aumentavano l’organico d’ambasciata degli addetti alla cooperazione a settanta unità, mentre l’Egitto di Abd el fattah Al Sissi affidava ad altri il raddoppio del canale di Suez e alla Russatom di Mosca la ripresa del suo programma nucleare accantonato anni fa.

Una bomba fasulla esplodeva nei pressi della nostra ambasciata e i magistrati di Roma invadevano gli spai dei magistrati egiziani e la polizia pasticciava le indagini nel tentativo di dare una risposta soddisfacente. Ordinaria amministrazione.

Il disordine, condito di “rumors” alimentati dal New York Times e dal Guardian cui ha fatto eco il TG1 e Il Messaggero ha spinto il Presidente della Camera a rilasciare incaute dichiarazioni di cui l’elettorato farà giustizia e il deputato che si é fatto dare le funzioni tanto dignitosamente tenute dall’on Stefano Rodotà.

Chi ha ceduto senza vergogna alle richieste cui aveva già dato benevolo ascolto il Quirinale nel caso “LADY più 22” ( Abu Omar) é stato il sedicente procuratore della Repubblica di Roma – tale Prestipino, siciliano, – contestato nella nomina dai più meritevoli colleghi cui ha soffiato il posto, destituito dal TAR e difeso della coschetta annidata nel CSM.

In questa posizione di debolezza ha preso per buona la vicenda e accettato di lanciare un processo in cui ai quattro nomi di imputati dirigenti dell’intelligence egiziano non ha nemmeno mandato la notifica; ha sorvolato sull’assenza della “tutor” di Regeni che non ha accettato di venire a testimoniare ( fatto notato persino dal cautissimo ” Corriere della sera“) e col processo di beatificazione in corso del Regeni – un ricercatore che a ventotto anni non aveva pubblicato nulla e non era “di Cambridge”: stava in un collegio secondario dell’area – difficile capire quale fosse la motivazione dell’omicidio e delle torture pregresse. Io al solito, in una intervista su You tube che potete vedere qui ( https://youtu.be/0PACeET31Ig ) avevo detto, prima che succedesse il caso Regeni e chiaramente, che avremmo subito pressioni per farci mollare l’osso. Il povero giovane é stato il pretesto per l’attacco. Impuniti finora i fiancheggiatori di questa pugnalata all’economia italiana.

Nel caso di Abu Omar, il tribunale di Milano ha condannato i 22 agenti CIA al pagamento di un milione e mezzo di danni alla famiglia del rapito. Scommettiamo che in questo caso condanneranno il governo egiziano?

QUALI CONSEGUENZE AVRA’ IL BIDONE “UKAUS” DI BIDEN ALL’EUROPA E A MACRON ?

L’ultimo “tradimento” della settimana a Macron l’ha fatto Yves Le Drian, il ministro degli Esteri, che , nel richiamare gli ambasciatori a Washington e a Canberra , ha precisato – a scanso di equivoci- di averlo fatto “ su richiesta del Presidente della Repubblica”. Richiamato all’ordine ha ecceduto drammatizzando forse più del necessario.

La Francia ha mal digerito l’essere stata esclusa – lei membro permanente del Consiglio di sicurezza e alleata degli USA fin dalla guerra di indipendenza americana- dall’area indopacifico dove ha possedimenti ( la Nuova Caledonia e la Polinesia) e truppe ( ottomila uomini) e un milione e seicentomila elettori.

Il gesto non é inconsueto – la Francia lo fece, ma per un paio di giorni, nel 2019 anche verso l’Italia di Luigi Di Maio che flirtava con i maillot jaunes– Ma è la prima volta che la reazione francese assume questa intensità multipla, anche se non é la prima crisi franco americana.

Charles De Gaulle mise in difficoltà gli USA chiedendo il rimborso in oro di due importanti partite di dollari che misero la parola fine al sistema di Bretton Woods, ma fu una guerra segreta.

Ecco un articolo inglese anni sessanta che parla di ” guerra segreta ” di De Gaulle con gli USA. Ora la guerra diventa pubblica e apre spazi all’Italia.

Il Ministro degli Esteri Michel Rocard criticò Russia e USA accoppiati per essere contemporaneamente i più grandi produttori di petrolio al mondo e pretendevano di essere anche i rappresentanti dei paesi che ne volevano l’abbassamento del prezzo.

Dominique de Villepin – ministro degli Esteri- nel 2003 in piena assemblea dell’ONU si dichiarò contrario alla guerra irachena di Bush jr e compari, scoprendo gli altarini della cricca di Dick Cheney.

Questa volta la crisi é più importante perché investe il Presidente della Repubblica, perché lo scontro non é rimasto nel chiuso delle cancellerie e perché la partecipazione alla “ congiura” ha coinvolto anche l’Inghilterra – da poco uscita dalla UE , il che dà un tocco antieuropeo alla mossa americana – poco dopo la solenne promessa di Joe Biden di non fare più come Donald Trump e consultarsi sempre con gli alleati europei, prima di fare scelte importanti.

Ma il Donald non avrebbe saputo far meglio: uno schiaffo politico, diplomatico e industriale ad un tempo a un alleato di sempre cui ha mandato un avviso di sfratto dal Pacifico…

Questa crisi giunge alla vigilia delle elezioni presidenziali francesi, in un momento di vuoto di potere in Germania, proprio in contemporanea alla proposta di creazione di una forza armata europea autonoma e alla fine di una settimana in cui il Presidente Mattarella ha giurato fedeltà alla NATO e all’Europa a due giorni di intervallo. La nostra intelligence non é tale se permette un contropiede di questa portata al Presidente della Repubblica.

Peggiore, se possibile, la situazione con l’Inghilterra. La Francia l’ha snobbata non richiamando l’ambasciatore come ha fatto coi protagonisti dell’Indopacifico dove gli inglesi non contan più, ma il gesto di Boris Johnson ha reso irrevocabile e geopolitica la secessione commerciale già consumata e questa scelta – se non sconfessata dal Parlamento britannico – potrebbe avere influenza su tradizionali ” amici” dell’Inghilterra, Italia inclusa, anche se sto pensando all’Ungheria e ai paesi del patto di Visegrad.

TRA EUROPA E TURCHIA UN RAPPORTO TORMENTATO MA ORMAI NECESSARIO

DI ANTONIO de MARTINI

Sorrido alla domanda che spesso mi fanno ” ma la Turchia fa parte della nostra storia?”La partecipazione degli ottomani ( meglio definirli così per ragioni che spiegherò in questo post) alla storia europea data da più di tre secoli.

Cominciò Francesco I di Francia – sua madre era Caterina de’Medici– a rompere il tabù che con gli infedeli non ci si allea. Ci si alleò in funzione antiasburgica. E fu da allora che, nel gioco degli equilibri continentali, la carta ottomana divenne un prezioso Jolly e l’ago della bilancia della politica europea.

Molti storici sostengono che fuma lì che iniziò la decadenza: proprio per via di questi contatti con una civiltà tecnologicamente superiore che inibì questi feroci guerrieri venuti dall’Asia.

Illuminata durante il Ramadan la Istanbul la Moschea della Sultana

Gli storici litigano per indicare la data di inizio della decadenza del grande impero ottomano ( meglio dire ottomano piuttosto che turco perché i turchi erano l’etnia armata ma non egemone. Othman era il capostipite del clan turco che invase quelle terre e diede il nome alla dinastia regnante che, sorprendentemente, amalgamò tutti i popoli della Asia, Africa, Balcani e il Levante latino).

Alcuni studiosi – specie turchi- sostengono che la decadenza iniziò nel 1553 quando Solimano il Magnifico fece uccidere il brillante suo erede, consegnando così la successione a una pletora di inetti.

Altri fanno risalire la prima scivolata al trattato detto delle CAPITOLAZIONI ( 1536) che concesse alla Francia una serie di franchigie doganali e commerciali – mano a mano estese ad altri potentati- che divennero agli albori del XX secolo uno stato nello stato composto da stranieri e da minoranze etnico- religiose dell’impero.

Altri ancora, fanno risalire ai due falliti assedi di Vienna del 1529 e del 1683 o al Trattato di Karlowitz( 1699) che sancì il primo arretramento territoriale europeo degli ottomani.

Certamente fatale la pace di Kuciuk Kaynarca che concluse, nel 1774, una esaennale guerra con la Russia e fece perdere molti territori a favore della zarina Caterina, incluso il primo porto sul mar nero ( Cherson) , il controllo della Crimea che fu annessa poco dopo, e le diede come obbiettivo successivo, i Dardanelli.

La stessa enorme dimensione dell’impero contribuì a far entrare gli ottomani nel cuore della politica europea: non appena qualcuno attaccava una delle periferie dell’impero, la diplomazia del Sultano riusciva facilmente ad assiemare una coalizione di potenze ostili all’ingrandimento dell’aggressore; e questo spiega la grande durata dello stato anche nei periodi di maggior debolezza.

Fu aggregandosi a una di queste coalizioni ” di soccorso” che il piccolo Piemonte riuscì ad entrare nelle grazie delle potenze dell’epoca che osteggiavano la Russia mirante ad impossessarsi del Caucaso e dell’area del mar nero, per accedere ai mari caldi.

Inutile quindi ritenere di escludere la Turchia dal novero delle potenze europee argomentando la minaccia alla civiltà cristiana o il fatto che ci furono guerre e scontri: in questi ultimi secoli, ogni europeo ha guerreggiato con tutti gli altri prescindendo dagli aspetti religiosi.

Anzi, il principale nemico del cattolicesimo fu il primo ministro di Francia – il Cardinale Richelieu– che finanziò il protestante re di Svezia Gustavo Adolfo per aggredire gli Asburgo, togliere loro la Germania ed evitare l’accerchiamento dinastico della Francia grazie agli Asburgo di Spagna.

L’operazione riuscì in parte per la premorienza – dopo un solo anno- di Gustavo Adolfo ed é questa la ragione per cui la Germania é, ancor oggi, per metà protestante.

Al contrario, I Sultani di Costantinopoli ( il nome fu cambiato in Istanbul nel 1925 dalla Nuova Repubblica laica di Mustafa Kemal), non solo protessero imparzialmente tutte le minoranze religiose ( Ebrei e Cristiani cattolici e ortodossi, Riti orientali ecc), ma proibirono ogni forma di persecuzione religiosa e fu a Costantinopoli e Salonicco che si rifugiarono – portatori di cospicui investimenti- gli ebrei scacciati dalla Spagna, da Genova ed altri paesi meno lungimiranti, trovando accoglienza, protezione e sviluppo.

Quando ci furono le prime elezioni, nella sala delle assemblee di Dolmabahche, il 19 marzo 1877, si riunirono 115 deputati di cui 67 erano mussulmani, 44 cristiani, 4 ebrei, in rappresentanza di quattordici differenti nazionalità, tutte in pacifica convivenza da oltre trecentoventi anni.

AI TEMPI MODERNI

Anche la bubbola dell'” uomo malato d’Europa“, detta dallo Zar Nicola un diplomatico inglese, é una conferma che già duecento anni fa la Turchia era considerata parte integrante del concerto europeo e che il suo principale avversario era la Russia e la sua mai sopita ambizione di potenza marittima. L’arma ingenuamente offerta agli aggressori, fu il regime delle CAPITOLAZIONI che offrì ai commercianti delle potenze straniere una sorta di status diplomatico che fu gradatamente esteso a minoranze mercantili ottomane che non tardarono a diventare anche politiche a richiesta della potenza protettrice.

Ebrei e Greci divennero i protégés degli Inglesi , gli Armeni ortodossi dei Russi e i cattolici della Francia. Genovesi e Veneziani cercarono di coltivarsi elementi locali arricchitisi coi commerci.

Colpiti e ammirati dalla aggressività europea, i Turchisi lanciarono una sorta di corsa all’ammodernamento che chiamarono TANZIMAT.

L’ammodernamento iniziò principalmente dall’armamento moderno di cui le truppe turche avevano fatto crudele esperienza e in seconda istanza dall’arte della stampa, che incontrò non poche resistenze tradizionaliste per via della necessità di trascrivere manualmente il Corano, che pochi conoscevano essendo scritto in arabo, mentre tutti parlavano, naturalmente, il turco e l’élite una lingua imbastardita con numerosi vocaboli arabi.

Al seguito delle missioni militari, vennero i banchieri delle grandi potenze esortando Sultani e Visir a riforme e fornendo loro i mezzi finanziari fino al punto ( come oggi noi in Italia) di avere le mani legate ed essere condotti per la cavezza a cedere continuamente sovranità sostanziale in cambio di omaggi formali e prestiti importanti.

La Germania, prestatore più importante, finì per trascinare al suo fianco la Turchia nel primo conflitto mondiale contro la Russia ( ad onta del tradizionale rapporto con l’Inghilterra), grazie all’arrivo al potere dei ” Giovani turchi” che decisero di combattere i russi che avevano rosicchiato i Balcani, fomentando e finanziando i cristiani a nord e gli Armeni ( anch’essi ortodossi) a sud.

Mentre, ammaestrati dalle drammatiche mutilazioni della guerra mondiale persa, i turchi ( non più ottomani avendo perso quasi tutte le nazionalità soggette) seppero mantenere nell’ultimo conflitto, una neutralità flessibile che permise loro una serie di “nazionalizzazioni” a carico dei beni stranieri – sostanzialmente attività finanziarie e latifondi- che furono distribuiti ai combattenti per l’indipendenza e l’affermazione della Nazione Turca nei suoi nuovi confini etnici.

La legge di nazionalizzazione la chiamarono familiarmente ” VARLIK” ( “quel che c’é”). L’Occidente, impegnato nel secondo conflitto mondiale, guardò altrove, salvo invitare la Repubblica Turca a partecipare come membro del Consiglio d’Europa promosso da Winston Churchill, ratificando – ad oggi- 156 tra accordi, protocolli e trattati in materie economiche , sociali e di diritti umani.

Difficile quindi sostenere che ” la Turchia non può entrare in Europa” visto che ne fa parte da almeno tre secoli e che il negoziato per l’adesione alla CEE porta la data del 31 luglio 1959.

DAL DOPOGUERRA AD OGGI

31 luglio 1959 La Turchia chiede alla CEE lo studio di un accordo di associazione

11 settembre 1959 Il consiglio dei ministri accetta la candidatura Turca

30 settembre 1959 Prima riunione preparatoria

27 maggio 1960 Colpo di stato. Cade il governo, negoziati sospesi.

12 Marzo 1963. I negoziati vengono ripresi.

12 settembre 1963 Firma dell’accordo di associazione detto ” Accordo di Ankara.” Firma dell’accordo finanziario.

1 Dicembre 1964 Entra in vigore l’Accordo. Prima riunione del Consiglio, suprema istanza di giudizio.

9 Dicembre 1968 Inizio negoziato del Protocollo Addizionale all’Accordo.

1 Gennaio 1970. Fine ” periodo preparatorio” e inizia ” Periodo Transitorio”

23 Novembre 1970 Firma a Bruxelles del ” Protocollo Addizionale che fissa in 22 anni il periodo di “armonizzazione” delle politiche turche con quelle della Unione.Firma del secondo protocollo finanziario.

12 Marzo 1971. Colpo di Stato. Le FFAA costringono il governo a dimettersi

1 gennaio 1973 ripresa negoziati e entrata in vigore del protocollo addizionale.

24 gennaio 1974. Bulent Ecevit entra al governo come premier e annunzia di voler alternative all export nella CEE. e nel luglio ( 20) ordina lo sbarco a Cipro. Il 24 cade il regime dei colonnelli greci.

12 maggio 1977. Firma del terzo protocollo finanziario.

1 luglio 1977. Entrata in vigore delle preferenze tariffarie sui prodotti agricoli turchi.Ma la Turchia chiede una moratoria degli obblighi e

30 ottobre 1978. Ratifica del terzo protocollo finanziario.

12 novembre 1979. Suleyman Demirel diventa primo ministro e il processo di integrazione riprende

30 giugno 1980 Nuovo accordo tra CEE e Turchia soppressione totale di ogni tassa sulla quasi totalità dei prodotti agricoli turchi al 1987.

12 settembre 1980. Colpo di stato militare del generale Kenan Evren e costituzione di un comitato di 54 generali che valuteranno quando sarà il momento di restituire il potere ai civili.

CONSIDERAZIONI SUL PERIODO

Mentre questo minuetto continuava, Grecia ( 1981) Spagna e Portogallo ( 1986) diventano membri effettivi dellaCEE. Mentre la sola Turchia era sottoposta a sette ” pacchetti di riforme costituzionali” tutti regolarmente accettati e ratificati. Tutte e tre queste popolazioni uscivano da dittature militari longeve. La dittatura greca era stata smantellata dai Turchi con lo sbarco a Cipro dove era in atto un colpo di stato annessionista alla Grecia in contrasto con le delibere del Congresso di Berlino ( 1878) e successivi accordi di Ginevra.

Nessuno dei Colpi di stato avvenuti in Turchia é avvenuto in accordo con il dettato del padre fondatore Mustafa Kemal, detto Ataturk – che ordinò ai militari di intervenire in caso di rigurgiti clericali islamici- in quanto il premier Menderes fu accusato di aver organizzato un pogrom nazionalista ( e impiccato). A capo del golpe fu messo il generale Gemal Gursel soprannominato Gemal AGA ( titolo riservato agli eunuchi dell’harem del Sultano) Nel secondo caso, fu officiato un premier islamista- più tardi integrato col partito social democratico di Ecevit cui disciplinatamente fu ceduto il premierato. Nel terzo caso, furono proibiti tutti i partiti politici senza eccezioni.

L’unica costante rintracciabile nella cronologia illustrata innanzi, é che ad ogni azione di avvicinamento alla CEE , é seguito un colpo di stato che ha provocato il congelamento dei rapporti e un rafforzamento dei rapporti con gli USA, al punto che fu Kissinger in persona a suggerire di aggirare l’embargo dei pezzi di ricambio per le FFAA indicando come fornitori “pirati” il governo olandese.

Dall’intera disamina del periodo, incluso il tentato colpo di stato del 2016 da parte della fazione ” tecnologica” delle FFAA ( aeronautica principalmente) si deduce che la Turchia fa parte integrante dell’Europa politica ed economica e che non appena si parla di integrazione completa, il paese viene a trovarsi in una situazione di turbolenza, attentati ed omicidi politici e provocazioni pseudo religiose che giustificano agli occhi dei più l’intervento dei militari.

Da notare che l’intervento del 15 luglio 2016 contro il governo nazional popolare di Erdogan per la prima volta non ha trovato l’unanimità dello Stato Maggiore. Grottesco il pretesto che il Golpe Erdogan se lo sarebbe fatto da solo, in quanto il sottoscritto lo aveva previsto e messo su you tube un anno prima, tanto la situazione era chiara agli occhi Din analisti onesti e competenti. Vedi link https://youtu.be/OyIOzF2rDeY

In un prossimo post esamineremo perché l’integrazione economica e militare della Turchia é indispensabile alla Unione Europea in tempi brevi e chi si oppone a questo decisivo rafforzamento degli Stati Uniti d’Europa, non senza aver affrontato il tema ” Armeni” e ” diritti umani” che spesso sono usati strumentalmente dagli avversari dell’integrazione e dai loro caudatari.

IRAN: PRIMO AMORE CHE GLI USA NON PERDONANO MA NON DIMENTICANO

Tutti tesi a piangere sui profughi afgani che fuggono – io piangerei di più su quelli che restano dato che gli aiuti esteri pesavano sul PIL afgano per il 43% ed ora cessano – i media italici non hanno dato il giusto risalto all’incontro tra il nuovo premier israeliano Naftali Bennet e il presidente USA Joe Biden.

Eppure é da questo incontro che potrebbero scaturire novità nello stallo negoziale tra l’Iran e i suoi interlocutori ONU-UE-USA sul nucleare. Infatti Bennet impegnandosi a ripristinare un rapporto “ corretto e onesto” si é impegnato a non più interferire nel negoziato che é l’ultima carta rimasta all’americano per salvare il suo primo anno di presidenza.E i due hanno un obbiettivo comune: evitare il ritorno di Netanyahu al governo.

I tentativi dell’Europa di riconciliare USA e Iran sono la principale preoccupazione e motivazione dello stato di Israele e la ragione di maggior solidarietà con l’Arabia Saudita che vede nell’Iran una minaccia politica e commercial-religiosa, cui va ad aggiungersi il nuovo stato dei talebani che , per giunta, é sunnita, confinante con l’Iran e depositario di segreti.

Israele oscilla tra i due poli del pericolo nucleare rappresentato dall’Iran e quello – forse più importante -rappresentato dal rischio che un riavvicinamento troppo intenso potrebbe risvegliare negli USA la vecchia passione per la Persia, specie ora che il rapporto con l’Arabia Saudita attraversa un periodo di particolare complessità.


Da una riduzione delle tensioni potrebbero scaturire  forme di intesa che – non dimentichiamolo- è stato il primo amore ( e il più grosso investimento alleato nel dopoguerra) statunitense nell’area, mettendo in crisi il rapporto privilegiato ed esclusivo Israele-USA, proprio ora che la Turchia sta diventando il figliol prodigo della vicenda ed é messo all’angolo.

Fino a che non ci sarà una “ confrontation”  militare diretta tra Téhéran e Washington, Israele vedrà in pericolo il suo ruolo di fiduciario degli USA nel Vicino e Medio Oriente e in questa direzione sono andati gli sforzi di Benjamin Netanyahu.

L’Arabia Saudita, indebolita dalla contemporanea diminuzione del prezzo del greggio, dall’aumento delle spese militari, e dalla perdita di reputazione e contatti con l’alta dirigenza americana, ha bisogno di non vedere tornare sul mercato un grande produttore di greggio che accetta persino di fare cambio merci che ha davvero settanta milioni di abitanti e che ha una tradizione di resistenza secolare e che ha appena conquistato il nuovo mercato afgano, ideale per le sue esigenze di piccolo commercio transfrontaliero.

Il precedente governo statunitense concesse la ripresa delle sanzioni in contrasto con l’ UE  , ma rifiutò di scontrarsi militarmente. L’attuale governo Biden deve perseguire una politica di rottura col precedente e può farlo solo in politica estera dato che ha seguito Trump nella via del disimpegno a Kabul e dell’irrigidimento frontaliero sulla immigrazione…

Quando il presidente Emmanuel Macron allo scorso G7 perorò la causa iraniana a uno scettico Trump, promettendo moderazione nella immissione  sul mercato del greggio persiano, il ministro degli esteri Mohammed Javad Zarif si precipitò a Biarritz per confermare personalmente le cifre: da un minimo di 700.000 a un massimo di 1.500.000 barili al giorno. Non un barile di più.

Gli americani non parteciparono alla riunione, ma ascoltarono attentamente.

La prospettiva di un riavvicinamento è allettante sia per Biden che per lo Stato Maggiore NATO che tornerebbe a riequilibrare il fronte sud e ridimensionare l’utilità strategica della Turchia.

Si ridurrebbe anche il contenzioso con  gli alleati europei. 

In fondo, l’Iran – propaganda a parte- ha sempre reagito ad azioni di stringimento e mai preso iniziative contro gli USA ; non ha comprato il sistema antiaereo russo S400 ad onta delle diuturne minacce di bombardamenti di Netanyahu; ha una forte influenza sugli afgani e non solo consentirebbe il controllo delle rotte petrolifere, ma potrebbe esercitare una sua positiva  influenza sugli Emirati e sul regno di Bahrein sede della V flotta USA.

Israele è abrasivo con Libano e Turchia e ha solo sette milioni di abitanti. 

L’Iran di abitanti ne ha settanta milioni bisognosi di tutto e una serie di miliardi congelati dal 1979 con cui pagare a pronta cassa.

Anche di rinnovare la flotta aerea , militare e civile, e le automobili risalgono agli anni settanta. 
Senza contare che bilanciare l’influenza russa e affacciarsi sul Caspio e il Kazakistan non dispiacerebbe affatto.

Qualcuno ricorda ancora le copertine di “Life” di fine anni cinquanta, che magnificavano le prospettive economiche persiane e definivano l’Iran “ Il Giappone del Medio Oriente” mentre l’America sostituiva gli inglesi nel ruolo egemonico.

Peccato che, come al solito, misero a capo del paese un soggetto insicuro ma obbediente come Reza Palhavi II incapace di governare, ma feroce come tutti i miti.

La differenza di mentalità e l’ansia di modernizzazione a tappe forzate – in specie delle donne- fece il resto, fino all’avvento di Khomeini e alla vittoria del “partito dei Mullah” che gli inglesi avevano continuato a coltivare e gli americani no.

Adesso si trovano con un solo partner, in tutta l’area, che crea più problemi che soluzioni e hanno bisogno disperato di un successo di politica estera che solo gli può dare una vecchia fiamma inasprita dal contenzioso che dura dal 1979.