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MA COSA E’ LA NEUTRALITÀ E CHE DIFFERENZA C’E’ CON I NON ALLINEATI ?

MOLTI CREDONO CHE NEUTRALITÀ SIGNIFICHI AMBIGUITÀ ATLANTICA. INVECE SIGNIFICA INDIPENDENZA DALL’IMPERIALISMO DI ENTRAMBI

Illustriamo con una serie di carte geografiche l’evoluzione del concetto di neutralità e quello di non allineamento. Partiamo dalla vigilia della seconda guerra mondiale e dal patto di Monaco che illuse molti con la frase famosa di Chamberlain ” peace in our time”. Voleva solo guadagnare un anno per mettere in linea gli “Spitfire.”

Dalla carta dell’Europa di oggi, risultano chiari alcuni elementi chiave per capire le situazioni: Vi sono quattro paesi neutrali che formano quasi una corona protettiva attorno all’Italia e il ” buco ” NATO é rappresentato da paesi a cui é stata l’Italia a proporre l’entrata nella alleanza atlantica e nel suo dispositivo militare. Spagna e Portogallo – ex neutrali- si sono aggregati alla NATO al fine di migliorare la loro integrazione con il resto d’Europa, mentre i paesi ex appartenenti al patto di Varsavia hanno fatto altrettanto dopo il crollo dell’URSS, grazie al quale, il confine é passato dal fiume Elba ( Berlino) al Dniepr ( Kijv) con una progressione, in avvicinamento a Mosca, di 1347 km. senza colpo ferire. I neutrali del nord Europa sono sottoposti a pressioni per aderire alla NATO con ‘obbiettivo di chiudere l’uscita del Baltico ai russi, come questi vogliono chiudere agli USA il mar nero privandoli delle basi.

Per essere al riparo dalla famelicità altrui bisogna anzitutto avere una favorevole posizione geografica e politica. Spagna, Portogallo e Turchia si sono trovate in questa posizione. La catena delle Alpi, oltre a proteggere la Svizzera favorisce anche il nostro paese. I paesi scandinavi – che simpatizzarono con le potenze dell’INTESA, rimasero neutrali e la Finlandia, già appartenuta agli zar, fu oggetto di un tentativo russo e di uno di rivincita finlandese, entrambi non riusciti. L’est dei Balcani si schierò con la Germania e l’Ovest con gli inglesi anche se la Jugoslavia fu oggetto di due colpi di stato tra i contendenti e finì smembrata con un ” Regno di Croazia” affidato a un Savoia. Danimarca e Paesi Bassi finirono occupati dai tedeschi e l’Islanda dagli inglesi. Le Repubbliche baltiche dai russi prima e dai tedeschi poi. Le sorti della guerra furono comunque decise dall’entrata in guerra di russi e americani alleati dell’Intesa per forza maggiore, dopo un periodo di non allineamento.

Ora che dovremmo avere più chiare le idee grazie alle carte geopolitiche comparate, possiamo definire quali siano le caratteristiche che consentono di sottrarre i rispettivi popoli alle pressioni dell’una o dell’altra parte interessata ad acquisire e/o mantenere satelliti nella propria sfera di influenza.

Il paese deve essere armato e – come per l’approvvigionamento energetico- possibilmente non da un solo fornitore di armi o di Know How. L’ideale é rappresentato dalla Thailandia che partecipa regolarmente a manovre militari sia con gli USA che con la Cina e , da quest’anno, invia i propri cadetti alle scuole militari russe.

Oggi come oggi, la dimensione – se preferite la “massa critica” di una potenza militare che si rispetti é quella continentale e quindi, nel caso nostro, l’Europa. Ammucchiare alcune brigate e chiamarle esercito europeo sarebbe un’idiozia già provata con la brigata franco tedesca che il presidente Hollande, all’epoca, sciolse senza nemmeno informare i Partners tedeschi che il reggimento francese lasciava l caserma.

Vanno integrati i sistemi industriali, i criteri formativi e di addestramento, gli organici e le truppe vanno inquadrate da un corpo di ufficiali e sottufficiali poliglotti come avviene in Svizzera. Il problema della lingua é già risolto per le forze aeree che usano l’inglese. Sarebbe un paradosso, ma é pratico e utilissimo.

Torniamo alla neutralità e definiamola rispetto al ” non allineamento”. Durante gli anni della ” guerra fredda” alcuni paesi guidati da Nehru, Tito e Nasser, Nkrumah ( Ghana), tutti antimperialisti, in odio all’idea di doversi accodare ai vecchi padroni che avevano cambiato pelle, proclamarono a chiunque volesse ascoltare che essi non avrebbero preso posizione per l’uno o l’altro contendente e riuscirono ad adunare attorno a questa tesi una trentina di paesi ( Conferenza di Bandung nel 1955, a iniziativa di India, Pakistan, Birmania, Ceylon, Indonesia e Repubblica popolare cinese) diventati col tempo sessanta. Non tutti rigorosamente ” non allineati” ( vedi Cina) , ma certamente aspiranti alla pace e alla non ripetizione di esperienze coloniali.

Il New York Timesel 26 aprile 2022 ha coperto la notizia con un articolo su sei colonne che ” girano” dalla prima pagina.

Poiché la prospettiva che abbiamo é – come minimo – la ripresa della guerra fredda a livello planetario, sarebbe bene rievocare quella esperienza alla quale stanno già aderendo, forse inconsapevolmente, molti paesi, specie in chiave antimperialista.

Il movimento dei non allineati esiste tutt’ora, conta 120 paesi e 17 osservatori ed é presieduto dal presidente dell’Azerbaijan, ma ha perso la forza trainante di personalità come Sukarno o Nehru, ma i recenti avvenimenti stanno imprimendo maggior velocità ai paesi partecipanti e si notano prese di posizione non solo in allontanamento dagli Occidentali, ma anche dalla Russia ( Cuba, Serbia, Venezuela) come dagli USA ( Messico, Tanzania, Uganda).

L’arrivo della guerra in Europa sta creando una voglia di neutralità documentata dalle sei colonne del New York Times del 26 aprile u.s. e dal Washington Times del 27 u.s. Una voglia che manca ai nostri rappresentanti politici, ma non a noi. E questo spiega le pressioni al limite del ricatto che le due parti esercitano in questi giorni sui paesi giudicati meno decisi.

SEI COLONNE DEL NEW YORK TIMES DEL “26 APRILE 2022 DEDICATE AL FENOMENO DELLA CRESCENTE TENDENZA AL NON ALLINEAMENTO:

WASHINGTON TIMES el 27 aprile che esprime dubbi circa l’equilibrio di Biden ed esclude abbia carisma.

La domanda che il mondo intero si pone é se valga la pena di seguire su una strada tanto pericolosa un leader inconsistente e non equilibrato. Se valga la pena – a parte cedere un pò di ferraglia per averne in cambio dagli USA fondi agevolati per acquistarne di nuova- rischiare il nostro approvvigionamento energetico e un mercato di 150 milioni di persone con reddito piccolo ma crescente per non dispiacere a un presidente che non piace più nemmeno a chi lo ha eletto. Nell’articolo qui sotto troverete i numeri di chi si é astenuto: il 55% della popolazione mondiale.

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CRISI ENERGETICA PER SPAGNA, PORTOGALLO E MAROCCO

L’ultraventennale contenzioso tra Marocco e Algeria sul controllo del Sahara Occidentale ( ricco di fosfati che vengono usti sia come fertilizzanti in agricoltura che come componenti per fabbricare munizioni) ha spinto l’Algeria a decidere che a partire dalla scorsa domenica 31 ottobre il gasodotto Maghreb- Europa ( GME) – 11 miliardi di metri cubi annui- non sarà più in esercizio.

La decisione fa seguito alle recenti provocazioni marocchine rese forse più audaci dall’appoggio USA a seguito della “ pace di Abramo” , ossia l’ufficializzazione degli antichi ottimi e consolidati rapporti segreti con Israele.

Il GMA parte dall’Algeria per giungere al comune di Zahara de los Azetunes ( in provincia di Cadice) e da li essere distribuito in Spagna e Portogallo, anch’esso vittima collaterale dello scontro che mira al Marocco, obbiettivo principale della decisione algerina.

Esiste un Gasodotto minore ma diretto ( evita il Marocco) che sbocca ad Almeria ( in Andalusia) che portava 4 miliardi annui e verrà portato al massimo di otto, ma resta un deficit spagnolo di quattro miliardi di metri cubi globali che saranno trasportati via mare, sempre che si riesca a noleggiare navi metaniere – coi noli in aumento come é già accaduto per il gas- sempre che si riesca in tempi brevi a governare il processo liquefazione- rigasificazione dato che il gas le navi ( tutte da trovare) lo trasportano in forma liquida, ma poi per essere distribuito via terra deve tornare allo stato gassoso.

L’Algeria, che da quando c’é stata la secessione del Sud Sudan é diventato lo stato più grande del continente africano, é il nostro fornitore più antico e privilegiato grazie a una rete di gasdotti ( il principale dei quali si chiama Enrico Mattei) che attraversano Algeria e Tunisia per giungere alle nostre industrie e caloriferi che proprio oggi vengono accesi inaugurando la stagione fredda.

Il più colpito é il governo Spagnolo che non può litigare con nessuno dei due paesi, in quanto uno condiziona l’ esportazione del gas e l’altro detiene il rubinetto dei migranti. Uno deve stare il più aperto possibile e l’altro chiuso…

IL DEBITO PUBBLICO ITALIANO VISTO DA UN MEDICO ESPERTO DI…MEDICINA di Gic

Un riepilogo razionale tra il serio e il faceto fatto da un osservatore attento della realtà italiana. un uomo abituato a leggere i fatti. la sua unica pecca – a parte la riottosità a impegnarsi – è che ha omesso in nota di dire che il tenente dei moschettieri del re di Francia, d’Artagnan, realmente esistito, è morto durante l’assedio di Maastricht. Speriamo che Monti non faccia la stessa fine….

ANAMNESI, EZIOLOGIA, DIAGNOSI E TERAPIA

DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO

(E NON SOLO) di GiC[1]

Sento dire molte cose del debito pubblico italiano, e fondamentalmente mi pare che mentre l’eziologia –cioè la causa- trovi tutti o quasi d’accordo (lo Stato ha speso troppo in passato, e tutti noi abbiamo vissuto e forse stiamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità), circa la terapia da attuare per fronteggiare la malattia i pareri divergono.

Dal momento che la spesa di una famiglia o di una persona va, per semplice buon senso, correlata alle sue entrate, fondamentalmente c’è chi sostiene che è venuto il tempo di diminuire le spese di tutti (e quindi anche dello Stato) e c’é chi invece vorrebbe che fossero “le entrate” (intese non solo come tasse, ma come produzione globale) a crescere. L’idea dei primi è ovvia per i comuni mortali, ma non per i non comuni mortali; per i secondi dal momento che la Bibbia attuale per le nazioni europee si chiama Trattato di Maastricht [2], se il PIL aumenta si può sopportare anche, entro certi limiti, un aumento del deficit pubblico.

Come conseguenza di questa malattia, in Italia e in altre Nazioni europee sono successe e continuano a succedere molte cose che non vale la pena di rammentare dal momento che sono (ancora) nel ricordo di tutti, mentre le conseguenze di quanto è avvenuto hanno portato il nuovo Governo a un decreto che è stato indicato come “Salva Italia”, approvato da tutto il Parlamento (meno qualche frangia).

Una malattia, dunque, per l’Italia e una medicina “salva vita”: il decreto[3]

Consentite allora, illustri amici e nemici economisti, a un vecchio medico di esprimere qualche parere su questa “malattia”.

Partiamo da una premessa e da una considerazione.

La premessa ci ricorda che alcune “malattie” sono tali solo perché sono “vissute” come tali; non c’è bisogno di andare indietro fino a Charcot [4] e alla sua “isteria” che paralizzava le sue pazienti senza alcuna paralisi organica, ma basta pensare a quel che accade a tanti “pazienti” che stanno benissimo fino al giorno in cui, per caso, scoprono di avere la “pressione alta”; da quel momento [5] la loro vita cambia, assumono medicine per anni e decenni, cambiano le loro modalità di vita e di alimentazione e. soprattutto, si sentono “malati” anche se stanno (magari per decenni) esattamente come prima.

Inoltre, a volte capita in medicina di indicare come “malattia” solo un sintomo di qualcos’altro (ad esempio spesso si dice di soffrire di “mal di testa”, ma il mal di testa può essere il sintomo di un tumore al cervello o anche di una semplice artrosi cervicale e persino soltanto di non aver voglia di andare a lavorare..)

Consideriamo poi – a puro titolo di esempio [6]– il caso medico in cui abbiamo due gruppi di malati, in cui il primo gruppo (GR 1) è stato trattato con un placebo e un secondo gruppo (GR2) che è stato trattato con un nuovo e forse miracoloso farmaco.

Alla fine del periodo di trattamento il 20% dei malati del GR1 sono morti, mentre la stessa fine ha fatto solo il 15% dei malati del GR2.

Possiamo esprimere questi risultati dicendo che si è avuta, col nuovo farmaco, una “absolute risk– di morire- reduction” (esprimere le cose in inglese fa molto scientifico) pari a [0.20 (20%) meno 0,15 (15%) ] ,cioè al 5%. Detto così, non pare che il nostro farmaco abbia fatto molto.

Possiamo anche facilmente calcolare il relative risk, sempre di morire e sempre nei due gruppi: detta X la percentuale di soggetti morti nel gruppo 1 e detta Y la percentuale di pazienti morti nel gruppo 2, si fa Y/X e si ottiene 0.15/0.20 = 0.75. Si può però – quindi – anche dire che il rischio di morire nei pazienti trattati rispetto a quelli che hanno ricevuto il placebo (fatto eguale a 1) è di 0.75: questo è il “relative risk”. Da qui a calcolare la “relative risk reduction” o RRR la cosa non è difficile: basta fare [1-0.75] x 100% e si ottiene che il nuovo trattamento ha indotto una RRR o” relative risk reduction” (riduzione del rischio di morire) pari al 25%; il che – detto così- è molto diverso da prima e non appare certo poco.

Sia che diciamo che il farmaco ha ridotto il rischio di morire del 5% sia che diciamo che la RRR col trattamento è stata del 25% non stiamo affatto dicendo una bugia e non stiamo alterando i risultati del nostro studio. Ma l’effetto che otteniamo su un pubblico di non iniziatissimi è molto diverso. Nel primo caso si può pensare che il nuovo farmaco non sarà considerato un gran che e nel secondo caso, invece, lo si riterrà meritevole di molta attenzione.

Naturalmente, poi, in medicina non tutti i risultati si basano su un qualcosa di molto evidente e importante come il numero di morti con o senza trattamento; spesso ci si accontenta di molto meno.

Facciamo il caso che in malati polmonari gravi ci sia una ridotta capacità di camminare e che si voglia valutare se un farmaco F migliori, sempre nei confronti di un placebo, il cammino percorribile in un dato tempo. Supponiamo anche che nel gruppo trattato si passi da un percorso di 409 metri a uno di 459 (un aumento di circa il 12%), mentre nel gruppo controllo si passi da 406 a 416 metri (un aumento del 2% circa); il vantaggio sembra evidente, soprattutto dal punto di vista statistico, ma ha una reale importanza ai fini della condizione di vita dei malati ? E con quali rischi di effetti collaterali ?

Naturalmente, gli statistici introdurranno tanti altri parametri nelle loro valutazioni, dai limiti fiduciali (CI) alla randomizzazione, alla significatività statistica e alla dimensione del campione, ma il mio scopo qui non è quello di fare un corso di valutazione dei risultati clinici, ma solo quello di ricordare che il modo con cui un dato si presenta è a volte più importante del dato stesso, e questo specie ai fini della cura del malato che dovrebbe sempre essere lo scopo della medicina (anche se oggi qualche volta non lo è).

C’è un altro esempio interessante, l’ultimo che voglio mostrare per non tediarvi troppo.

Ogni intervento terapeutico o preventivo deve essere valutato tenendo conto da un lato del beneficio che ne ottengono i malati e dall’altra parte considerandone in rischi di tossicità, i costi e –nel caso di interventi di massa- i limiti amministrativi. Ovviamente il medico non utilizza in pratica tutti i possibili farmaci o mezzi utilizzabili in teoria: compie quindi sempre una scelta. Facciamo un caso: abbiamo un farmaco D che è in grado di ridurre il rischio di emorragia che è sempre presente in un malato neurologico grave in respirazione assistita; si sa che tale riduzione, farmaco indotta, del rischio è notevole , diciamo generalmente pari a quasi il 60%. Ma se abbiamo davanti a noi un malato neurologico grave, ma che respira spontaneamente, il suo rischio di avere un evento emorragico è molto scarso, diciamo del 15% e allora a che pro ridurre, sia pure di un altro 60%, questo già trascurabile rischio portandolo dal 15% a circa il 6% ? Vale la pena ? Per rispondere a tale domanda c’é un sistema molto semplice: supponiamo che il rischio di emorragia sia stato calcolato in letteratura per il tipo di malati come il nostro come pari al 3,7%; con il farmaco di cui disponiamo il rischio si ridurrebbe, sempre nel nostro tipo di malati, del 60% e quindi diverrebbe pari a circa il 2,15%. Se facciamo il reciproco (1/2,15) di tale riduzione assoluta del rischio, abbiamo il numero di pazienti che dovremmo trattare per essere ragionevolmente certi di prevenire almeno un caso di episodi emorragici (nel nostro caso: 1/ 2,15= 45 pazienti); ma se, come nel caso precedente, il rischio emorragico è di per se modesto, cioè 15%, e lo riduciamo al 6%, il numero di pazienti da trattare per essere di nuovo ragionevolmente certi di prevenire un episodio emorragico diventa1/ 0.09 = 1111 e ovviamente ne vale molto meno la pena.

I miei tre lettori tengano presenti nella loro mente queste premesse; tra la medicina e l’economia la differenza, vedranno, non è poi abissale: non abbiamo prima parlato di una malattia Italia e di un decreto “salva vita” (della stessa Italia ?) Vedranno allora che applicare questi scarni concetti alla nostra situazione non è poi né difficile né peregrino.

E finalmente possiamo lasciare la Medicina e arriviamo al PIL, al deficit e alla “malattia economica” dell’Italia.

Se esprimiamo il rapporto deficit / PIL come di solito ci è stato presentato nelle settimane passate, abbiamo press’a poco la situazione riferita nella tabellina numero 1 (i dati , di fonte BBC [7], non sono aggiornatissimi, ma si riferiscono al periodo pre-Governo tecnico):

Tabellina numero 1: Gov debt to GDP (%)

Spagna

67

UK

81

Germania

83

Francia

87

US

100

Portogallo

106

Irlanda

109

Italia

121

Grecia

166

Giappone

233

Già qui però si ha una certa difficoltà a capire, per un povero medico qual io mi sono: se questo rapporto –nella tabellina molto “cattivo” per la Grecia e per l’Italia – è un indicatore affidabile della pessima situazione in cui siamo, perché ci sono stati tanti problemi anche con la Spagna che da questo punto di vista appare molto virtuosa ? E perché anche in Spagna il Governo eletto ha deciso di abbandonare la partita prima del tempo ? E perché, sia pure in un ambito diverso da quello europeo, nessuno si preoccupa del povero Giappone, maglia nera, staccatissimo, nella suddetta classifica ? Se avere un rapporto Gov debt to PIL molto elevato è un segnale pericolosissimo, perché tutti si preoccupano della Grecia e dell’Italia e del Portogallo e dell’Irlanda, ma nessuno si preoccupa del Giappone ? Naturalmente si può rispondere perché il Giappone non fa parte dell’area euro, ma esiste sempre, in un mondo globalizzato, il rischio di contagio [8], e infondo è abbastanza ammesso [9] che la crisi europea sia un riflesso delle precedente (2008) crisi USA che ha contagiato la nostra zona.

Possiamo anche valutare, sempre grazie alla BBC, un altro indicatore, riportato nella tabellina numero 2

Tabellina numero 2: Foreign debt to GDP (%)

Giappone 50
US 101
Italia 163
Germania 176
Francia 235
Grecia 252
Portogallo 251
Spagna 284
UK 436
Irlanda 1093

In base a questo indicatore (che in medicina si chiamerebbe sintomo), la Grecia, la Spagna e il Portogallo (per non parlare della povera Irlanda) stanno messi male, ma sta messo molto male, addirittura molto molto peggio della Grecia, anche il Regno Unito. Perché in Inghilterra nessuno ha parlato o parla di sostituire il Governo eletto ? Perché Sua Maestà la Regina non fa presente, un giorno si e l’altro pure, che la situazione è insostenibile e necessita di una cura da cavallo che non è più rimandabile ? Forse perché in Inghilterra i cavalli godono di cure e attenzioni maggiori che non -.negli ultimi tempi.- in Italia ? [10] Inoltre, in questo indicatore, la differenza tra la povera e negletta Italia e la grande Germania appare trascurabile e se c’è un vantaggio, esso appare, lievissimo quanto volete, ma a favore di noi meschini. Un altro mistero insondabile per un povero medico.

Infine, sono anni se non decenni che vengo assalito sui giornali dal fatto tristissimo che ogni Italiano, dal neonato nella culla al vecchio centenario in carrozzella, sente gravare su di se una porzione del debito pubblico, porzione quantizzabile in una cifra niente affatto trascurabile. Ma la solita BBC ci fornisce la tabellina numero 3 da cui risulta che non siamo solo noi Italiani a godere di questo triste retaggio, anzi !

Tabellina numero 3: Foreign debt per person ( in pounds)

Giappone

15934

Italia

32875

US

35156

Grecia

38073

Portogallo

38081

Spagna

41366

germania

50659

Francia

66508

UK

117580

irlanda

390969

Appare da questa tabellina che la somma di debito pubblico che grava su di me o su uno dei miei nipoti è appena il 64,89% di quella che grava un qualunque Herr Muller o Schmidt tedesco e addirittura solo il 48, 43 % di quella che grava sul mio cugino Monsieur Martin o Bernard, che però non hanno cambiato Governo e non hanno avuto dei decreti “sauvez la France !”. [11]

Torniamo alla mia amata Medicina, quella con la M maiuscola e non ,purtroppo, quella molto minuscola che pratica il mio Medico di base, laureato nel 1975 con i voti politici post-1968.

Se allora guardiamo come sintomo alla febbre, sta molto peggio un malato di tonsillite (che spesso ha 39°C) che un malato di tumore al polmone (che di solito ha una febbricola); ma il buon medico non guarda alla prima, e si preoccupa della seconda.

Perché ci hanno mostrato solo il sintomo della tabellina 1 e non gli altri due ?

Non ci hanno mostrato neanche un’altra tabellina, la numero 4,che ricavo dal World Official Gold Holdings [12], ottobre 2011: quella delle riserve auree nelle diverse Nazioni sopra considerate:

Tabellina numero 4: Riserve auree (in ton. di oro)

irlanda

6

Grecia

111

Spagna

281

UK

310

Portogallo

382

Giappone

765

Francia

2430

Italia

2450

Germania

3401

USA

8000, circa

Da questa tabellina (che potremmo considerare un altro sintomo della “malattia”) risulterebbe che non siamo poi messi male e comunque siamo allo stesso livello, ottimo, di Germania e Francia, e molto meglio, senza confronto, del Regno Unito e della Spagna. Non faccio il trasferimento in euro della somma che 2450 tonnellate di oro significano, ma mi pare sia una non indifferente massa di denaro. Ora anche un medichetto come me sa che una riserva aurea è la fonte del credito di una Nazione (ma allora bisognerebbe dare più credito al Portogallo che al Regno Unito) e che vendere i gioielli di famiglia non si fa se non in caso di estrema necessità; ma per esempio, vista la tragica situazione in cui ci dicono siamo, non sarebbe proprio pensabile emettere, che so, BTP garantiti sulla riserva aurea (in inglese suona sempre meglio: “Gold Backed Italian Securities” o GBIS andrebbe bene ?); in fondo, se non ricordo male , una trentina di anni fa(1976: Governo Andreotti III con Stammati, un tecnico anche allora, al Tesoro, se non sbaglio) demmo alla Bundesbank una parte del nostro oro in pegno per un’altra delle nostre crisi ricorrenti, e poi, passata allora la bufera, ce la siamo ricomprata. Un rendimento del 2,5% sarebbe, mi pare, adeguato e ci metterebbe cassa almeno 25 o 30 miliardini che non sono un pannicello caldo.

Ma consideriamo un altro fatto: e se, malgrado la presenza dei sintomi, la malattia non ci fosse ? O se ci fosse un’altra malattia ? O se, addirittura, l’eziologia non fosse quella comunemente ammessa ?

In epidemiologia, l’ambiente è molto considerato. Ed ecco allora una circostanza [13].

L’8 di novembre 2011 il Governo Berlusconi ottiene l’ennesima –dal 14 dicembre dell’anno prima- fiducia alla Camera, ma stavolta con solo 308 voti, cioè risulta privo della maggioranza assoluta. Ciò nonostante, il Presidente del Consiglio, il giorno dopo alle 9,06 rilascia una dichiarazione secondo cui “non esiste alternativa all’attuale Governo se non il ricorso alle urne”. Il titolo Mediaset crolla e alle 17,30 ha perso il 12%. Alle 19,25 una agenzia notifica che il Presidente della Repubblica ha nominato Mario Monti senatore a vita; alle 21,35 il Presidente del Consiglio rilascia una dichiarazione in cui afferma: “la situazione è troppo grave per contrapporre interessi di partito e personali a quelli dl Paese”.Fin qui la nostra fonte. Il 10 novembre un ANSA riferisce che il Presidente Napolitano ha avuto una lunga telefonata con Presidente USA Obama [14].Il 12 novembre il Governo Berlusconi, approvata la legge di stabilità, dà le dimissioni. Il 16 novembre viene nominato il Governo Monti.

In tutto questo, siamo stati assaliti giorno per giorno, fino a pochi giorni fa, dallo “spread”, un altro dei sintomi della nostra malattia. La tabellina numero 5 ce ne riassume per sommi capi l’andamento:

Tabellina n. 4:

Andamento dello spread Italia Germania (%)

data 18/3 28/4 1/6 30/6 4/8 9/11 10/11 11/11 16/11 5/12 23/12
Italia Germania 1,46 1,51 1,83 1,96 3,89 5,50 5,11 4,56 5,19 3,75 5,12

Non è che lo spread Spagna Germania vada molto meglio, avendo anch’esso superato negli ultimi giorni quota 500 e, come diceva Woody Allen, non è neanche che quello della Francia stia molto bene. E la Spagna ha votato e ha eletto un Governo politicamente opposto al precedente; non certo un Governo “tecnico”

Prima di tutto questo bailamme di sintomi discordanti, compare verso marzo/aprile 2011 un fatto nuovo, il coinvolgimento italiano nella guerra di Libia (non quella del 1911 e di “Tripoli bel suol d’amore”, ma quella del 2011). Dopo la risoluzione ONU 1973 del 17 marzo 2011, il 18 marzo numerosi Premiers di varie Nazioni concordano l’intervento militare, ma il primo coinvolgimento attivo italiano con un bombardamento si ha solo il 28 aprile [15]. E’ evidente, mi pare, che l’Italia ha un po’ nicchiato. In effetti, c’è stata una telefonata tra Obama e Berlusconi il 25 feb 2011 e una seconda telefonata sempre tra i due il 25 aprile 2011 [16]. Solo dopo la seconda l’intervento italiano si è concretizzato in un bombardamento della Libia, sia pure, come afferma il comunicato del Governo Italiano, “nei limiti previsti dal mandato dell’operazione”. Nel frattempo, il 6 aprile inizia – altro sintomo- il processo “Ruby”.

A questo punto, per me la diagnosi e soprattutto l’eziologia della “malattia Italia” cambiano un pochino; o per lo meno è lecito avviare un processo di diagnosi differenziale.

Se si fa una buona anamnesi, come ci insegnavano all’Università, si scoprono molte cose sulla malattia. E allora …

Il nostro mentore AdM ci ha a lungo spiegato, in passato, alcuni aspetti del progetto “South Stream” e del progetto “Nabucco”[17], [18]. Per semplicità di ricordo, metto una cartina dell’ipotizzato percorso del gasdotto secondo il South stream project(/l’inglese è sempre più bello).

Come si vede, il percorso sud porta il gas direttamente dalla Russia al’Italia passando, dopo il Mar Nero, in pratica solo per la Grecia; già nel 2008 molti rapporti dell’allora ambasciatore Spogli avevano posto l’attenzione USA sulla “torbida relazione tra Berlusconi e Putin che ossessiona gli USA” [19], e il Trattato tra Italia e la Libia di Gheddafi del 30 agosto 2008 non aveva fatto altro che aumentare le preoccupazioni di Washington. Esiste una foto in cui Putin, il Turco Erdogan e il nostro Primo Ministro sanciscono la decisione sul progetto: è del 7 agosto 2009.

Provate allora a mettere insieme tutti gli elementi (o almeno quelli che vi ho ricordato) del puzzle diagnostico e vedrete che si può emettere una diversa diagnosi circa la malattia dell’Italia. Tenete anche conto che alcuni protagonisti della storia o sono morti (ne cito uno per tutti: Gheddafi) o sono sul punto di esserlo, almeno politicamente (da Papandreu a Berlusconi e forse persino a Zapatero), mentre altri, che ancora sembrano vincere, sono sotto attacco (Putin).

Siccome io non so nulla di economia e politica, invito a rileggere l’articolo di La Porta cui aggiungo un altro articolo di Attilio Folliero e Cecilia Lava [20] in cui la precedente ipotesi – con tutti gli errori al riguardo commessi dal nostro Presidente del Consiglio – è bene indicata, compresi altri sintomi finora non considerati, tra cui i viaggi negli USA del nostro Presidente della Camera [21], il ruolo della grande stampa internazionale (Financial Times ed Economist in primis) e il pensiero di Romano Prodi [22]. Tutti tesi a formare una opinione pubblica, che magari (forse) tanto “pubblica” non é.

Ricordo anche che alcune terapie possibili danno solo raramente, e a spese di molti efffetti collaterali, i risultati sperati (ogni riferimento alla terapia “salva Italia” è puramente casuale) e che, come abbiamo visto all’inizio, il come si presenta un dato ne influenza fortemente l’impatto e le conseguenze. Infine, dal punto di vista eziologico, per molti secoli [23] la “mal aria” era dovuta a miasmi e solo in seguito l’acume di alcuni ne ha svelato la vera eziologia.

A questo punto, mentre aspetto di pagare con i miei ultimi risparmi un chilo di pere, il cui costo risente già dell’aumento ancora formalmente non in vigore dell’IVA, ricordo – per finire e scusandomi per l’ardire avuto mescolando tanti fischi con tanti fiaschi – la diagnosi che tre illustri medici fecero al letto del malato Pinocchio [24]:” Se il malato non è morto, è segno indubbio che sia vivo” disse il Corvo; mentre la Civetta con sicurezza emise la sua diagnosi: “Se il malato non è vivo, è segno indubbio che sia morto”.

Che la storia che ci hanno raccontata per ammannirci il decreto “Salva Italia” sia una bugia come quelle di Pinocchio ? e a chi crescerà il naso ?

Ai posteri l’ardua sentenza [25].

:


[1] GiC, quasi 79 anni, è stato medico pediatra, Libero Docente in Pediatria; ha insegnato Farmacologia Clinica nelle Scuole di specializzazione in Medicina Interna e in Farmacologia alla Sapienza di Roma.

[2] Maastricht è nota per aver dato i natali a Jean Marie Farina, mercante settecentesco il cui nome è indissolubilmente legato alla Admirable Eau de Cologne. Il “Trattato di” è venuto molto dopo e non ha aumentato di molto la fama della città.

[3] Decreto n. 201/2011 convertito in legge il 22 dic 2011.

[4] Jean Martin Charcot: Leçons sur les maladies du système nerveux faites à la Salpetrière. Paris, 1872-87.

[5] Un esempio classico è quello antico delle “dieta di Kempner”: Walter Kempner: Treatment of hypertensive vascular disease with rice diet. N. Carol. Med. J., 1944, 5, 125-33.

[6] Gli esempi sono tratti da: Gordon H Guyatt et al.: User’s guide to the medical literature. Journal American Medical Association, vol. 270, n. 21, 2598-2601; e Idem, Journal American Medical Association, vol. 274, n. 20, 1630-32.

[7] Eurozone debt web: who owes what to whom ?

http://www.bbc.co.uk/news/business-1548696

[8] Al riguardo vedi il recentissimo articolo (non firmato) su “Il Foglio”, 27 dic 2011, pag. 1.

[9] Cfr ad es: Federico Rampini: La Repubblica, 12 gen 2008, pag. 55, citando l’economista francese Jean Pisani-Ferry.

[10] Corse dei cavalli sull’orlo del default. http://www.ilfattoquotidiano/tag/federippodromi

[11] All’ultimo momento mi accorgo di un dato apparso su “Il Sole 24 ore” il 26 aprile 2011, una data che poi vedrete è stata importante, e relativo al famosissimo parametro: rapporto deficit/PIL. Lo riassumo in breve dati in %): Germania 3,3; Italia 4,6; Francia 7; Lituania 7,1; Lettonia 7,7; Slovacchia 7,9; Portogallo 9,1; Spagna 9,2; UK 10,4; Grecia 10,5. Fonte: Archivio-radiocor.ilsole24ore.com. La mia confusione, soprattutto guardando il dato della Francia, aumenta.

[12] World Official Gold Holdings, Financial statistics, oct. 2011

[13] Senato della Repubblica, resoconto stenografico seduta del 21 dic 2011, pag.3 e 4.

http://www.senato.it/service

[15] Rassegna.Governo.it, da “Repubblica, 29 aprile 2011.

[16] Governo italiano: Home: Presidente: Comunicati, 25 aprile 2011

[17] Vedi tra l’altro l’articolo di P. la Porta: “Il cavaliere paga per il sogno di Mattei”. “su “Corriere della collera”, 28 gen 2011

[19] Blog.libero.it, 22 gen 2011

[20] A. Folliero, C. Lava: Attacco all’oro dell’Italia. www.finanzainchiaro.it, 18 lug 2011

[21]Gianfranco Fini interlocutore privilegiato degli USA”. In blitz quotidiano,it, sulla visita di Fini in USA nel feb 2011.

[22] AttilioFolliero.wordpress.com : Avevamo visto giusto.29 ago 2011

[23] Angelo Celli: “The history of malaria in the Roman campagna fron anciet times” Edited and enlarged by Anna Celli-Fraentzel, London 1933.

[24] Carlo Lorenzini (Collodi): Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino. Libreria Editrice Felice Paggi, 1883.

[25] A. Manzoni: Il cinque marzo.1821

EUROZONA: CHI DEVE COSA. PRONTUARIO DEI DEBITI E CREDITI DELL ITALIA.

Il sito della BBC ha fatto il regalo, pubblicando una serie di dati oggetto di commenti di tutta la stampa italiana , ma raramente – o mai- indicati cifra per cifra. Poiché’ non sono capace di far funzionare il mio IPad fino al punto di fare uno specchietto , li metto come posso, ripromettendomi di far fare un lavoro decente e ripubblicarlo se utile.
Come fonti la BBC ha citato la Banca dei regolamenti internazionali ( BRI) , la Banca Mondiale e la divisione popolazione delle Nazioni Unite. i dati del FMI li metterò’ nello specchietto che faremo poi, perché’ non li ho capiti.
Il dato che considero più’ interessante , e’ l’esercizio fatto, di spalmare il debito sugli abitanti del paese interessato. Si tratta a mio avviso di un indice che meriterebbe maggiore diffusione. I tedeschi stanno peggio di noi ( sospetto che sia questa la ragione della pubblicazione dei dati da parte della BBC ).
Qualcuno mi scrive dicendo che il debito non esiste ecc..
Noto che quando si accetta di giocare al tavolo dei bari,( lItalia lo ha fatto coi governi dal 1967 in poi), poi non si ha il diritto di protestare quando le cose non vanno per il loro verso. Meglio cercare di capire per non ricascarci, ma sopratutto cercare di uscirne.
Ultima considerazione, l’Europa ha elogiato la sua capacita’ di risollevare le economie dei paesi aderenti quali l’Irlanda e Portogallo. Sara’ bene rivedere alcune politiche europee.

Debito per abitante. Rapporto debito PIL. Rapporto debito estero GDP

FRANCIA. 66.508. 87%. 235%

SPAGNA 41.366. 67%. 284%

PORTOGALLO 38.081. 106%. 251%

ITALIA 32.875. 121% 163%

IRLANDA 390.969 109%. 1.093%

GRECIA 38.073 166%. 252%

GIAPPONE 15.934. 233%. 50%

GERMANIA 50.659. 83%.*. 176%

U K 117.580. 81%. 436%

U S A 35.156. 100%. 101%

I dati sono in euro e bastano pochissime considerazioni. La prima e’ che lo sbilancio del debito estero, specie inglese e irlandese e’ dovuto alle attività’ finanziarie che vengono segnate a debito ed aiuta a capire dove si annidano le attività’ finanziarie che stanno creando le turbolenze.
La seconda e’ che se consideriamo il debito in capo ad ogni cittadino penso che abbiamo un indice più’ attendibile di altri quanto a solvibilità’. Ultima: peccato manchi la Cina
* asterisco alla Germania, per ricordare che se mettessero il bilancio della loro cassa depositi e prestiti nel bilancio della stato – come abbiamo fatto noi- il loro rapporto debito/PIL passerebbe al 97%.

Anticipo l’elenco dei creditori dell’Italia.

Deve: Alla Francia. 309 miliardi
Alla Germania 120
A. U K 54.7
A. Giappone. 32.8
A. U S A. 34.8
A. SPAGNA. 29.5

L’elenco debitori dell’Italia, abbiamo cioè’ comprato Bond

Alla Francia 37.6
Alla Germania 202,7
Agli USA. Nulla
Alla Grecia. 2.8
Alla Spagna 22.3
All’Irlanda. Nulla
Al Giappone. Nulla
Al Portogallo 2.9

Considerazioni: se l’Europa andasse incontro a problemi, noi saremmo i meno colpiti. Se noi facciamo default ( termine “moderno ed europeo” per fallimento) la Francia avrà’ dei gran dolori di testa e Sarkosy non verrebbe rieletto. Ammetto che la tentazione sarebbe per me irresistibile.
I criteri seguiti da Bankitalia sono stati improntati alla massima prudenza e ciò’ e’ lodevole solo in linea di principio. Abbiamo comprato 200 miliardi che rendono il 2% ai tedeschi che comprano da noi incassando interessi al 7% e vogliono anche che si dica grazie permettendosi di dubitare della nostra solvibilità’ quando , guardando alla storia, gli unici che han fatto fallimento sono loro nel primo dopoguerra mondiale.

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