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EGITTO E SIRIA. L’INTERVENTO INUTILE HA FAVORITO I FRATELLI MUSSULMANI COME ERA FACILE PREVEDERE. di Antonio de Martini

Quando sul finire dello scorso anno scrissi su questo blog che l’Egitto negli ultimi trenta secoli era stato dominato da una aristocrazia militare e così’ sarebbe rimasto, fui considerato come ” un reazionario che spera quel che desidera”.
Quando previdi che il vuoto politico sarebbe stato riempito dalla fratellanza mussulmana, ebbi sorrisetti. Ricordo anche una discussione con un giovane egiziano che gestisce una pizzeria all’infernetto ( Roma) che era stato sul posto e mi giurava che ” questa volta e’ quella buona”.
Dopo dieci mesi possiamo constatare che Mubarak, ottantenne malato , e’ stato sostituito da Tantawi, più’ giovane di pochi anni, se non mesi e nulla e’ cambiato.
In Libia, un dittatore militare sta lasciando il posto a un regime islamico che per prima cosa ha abolito le restrizioni poste contro la poliginia ( molte mogli) e a mano a mano che riavrà’ i denari congelati dagli alleati, mostrerà’ il suo vero volto.
In Siria, il regime di Assad, costituito in realtà da un cartello di minoranze religiose non sunnite, viene messo in pericolo dai fratelli mussulmani e si e’ salvato – per ora – da un attacco militare franco- britannico solo grazie al veto di Russia e Cina ammaestrate dalla disinvoltura con cui la Francia interpreto’ la risoluzione 1973 delle Nazioni Unite.
In Giordania, continua il balletto pseudo democratico con cui re Abdallah cerca di regnare accontentano gli americani con una caricatura di democrazia parlamentare temperata dal potere assoluto del re.
Una petizione firmata dalla maggioranza assoluta dei parlamentari che chiedevano la sostituzione del primo ministro, e’ stata presa in attenta considerazione restando pero’ lettera morta.Sua maestà’ ci sta pensando.
La Tunisia e’ ancora effervescente e gli islamisti avanzano costantemente.
In Libano, la presenza congiunta di un Patriarca maronita energico e di un nunzio apostolico ( Mons Caccia, sangue friulano) in sintonia , stanno disegnando un nuovo ruolo per i cristiani nei paesi arabi.
Israele non sarà’ contento dei risultati, ma l’emorragia di cristiani verso le Americhe, cesserà’ e Israele sarà’ contento.
La Turchia, potrà’ passare dal ricatto dell’acqua e dall’ammassamento di truppe alle frontiere siriane, all’ attacco vero e proprio? Ne dubito fortemente. La Siria risponderà’ col sostegno ai curdi, come fa Israele, per ragioni differenti, dallo scontro navale per Gaza.
La pressione di due fronti curdi più’ la Siria, diventerebbe difficile da reggere anche per l’esercito turco.
Gli sforzi americani profusi in Medio Oriente dal prof Mc Inerney – patron del programma POMED – sono finiti come dovevano finire: senza risultati apprezzabili. E’ brutto dire che l’avevamo detto e scritto, ma l’avevamo detto e scritto.
Resta il problema israeliano in tutta la sua molteplice interezza: il riconoscimento della Palestina, l’indipendenza energetica che potrebbe avere dai giacimenti scoperti nel mediterraneo del Levante, se solo ci fosse una intesa e il timore della bomba nucleare iraniana.
Miliardi USA spesi senza risultati e con migliaia di morti al punto che il politicamente accortissimo generale Petraeus già comandante politico militare supremo in Irak e Afganistan ed ora a capo della CIA ha dichiarato a verbale alla commissione del Senato che “a causa della non soluzione del problema palestinese, la cooperazione coi partners del medio oriente non e’ tanto profonda e vasta come potrebbe essere.”
La soluzione che si profila nelle stesse menti disturbate – la parcellizzazione degli attuali stati dell’area – sarebbe un incentivo deciso all’avvio di un processo arabo federale o addirittura unitario che aggraverebbe la situazione di Israele oltre il punto di rottura anche dell’equilibrio economico a causa delle aumentate esigenze di difesa.
Il problema ora sta nelle mani di Israele e si può’ così riassumere: se dovesse scegliere un americano come presidente di Israele, sceglierebbe Obama. La sua lobby negli USA appoggia pero’ i candidati repubblicani desiderosi di guerra. Un conflitto interno all’ anima ebraica da risolvere prima che nascano altri drammi.

CIVILTA’ CIRENAICA, RICCO BOTTINO ? di Antonio de Martini

Alla morte di Maometto, il suo cadavere rimase insepolto per tre giorni in un angolo della casa, mentre gli aspiranti eredi litigavano furiosamente per la successione.
Dopo quindici secoli,sorte analoga e’ toccata a Muammar Gheddafi, sistemato nella vetrina frigorifera di uno “shopping center” nel negozio di un macellaio, mentre sfilano i curiosi.
Il resoconto dell’agenzia Italia, pudicamente parla di obitorio, l’Associated Press, cita invece la macelleria.
Che la situazione politica del Vicino Oriente e del Nord Africa non sia affatto “domata” ma sia alla vigilia di altri eventi, e’ provato da una serie di fatti che stampa e agenzie italiane non riportano, o non riportano ancora.
E’ morto il ministro della Difesa Saudita e “Crown Prince” Sultan bin Abd el Aziz. Era l’ultimo figlio del fondatore della dinastia saudita, aveva 86 anni, grandi simpatie per le tesi di Bin Laden e una moglie che e’ provato abbia fatto la “zakat “( donazione islamica) a uno dei partecipanti all’attacco alle due torri. Questa morte e’ destinata a produrre effetti sugli equilibri di potere in Arabia Saudita e forse anche in Giordania.
La Turchia ha ripreso i suoi bombardamenti sul Nord iracheno dove si annidano i kurdi, probabilmente ” rianimati” dall’ appoggio israeliano dopo la rottura dell’ intesa con Erdoghan; Salah (Yemen) e Assad (Siria) continuano il dialogo con le rispettive opposizioni a colpi di mitraglia; in Libano, l’inchiesta sull’attentato in cui ha perso la vita il premier Hariri, resta congelata;
In Giordania la maggioranza dei parlamentari hanno firmato una richiesta al Re di licenziare il Primo Ministro; Israele ha riconosciuto ” de facto” Hamas – infischiandosene del fatto che gli USA considerino terrorista questa organizzazione – negoziando con questi il rilascio dei mille palestinesi , per vendicarsi del tentativo di Abu Mazen di farsi riconoscere all’ONU.
Israele sta inoltre negoziando con l’Egitto anche il rilascio di 81 prigionieri egiziani in cambio di un cittadino americano accusato di spionaggio e in prigione in Egitto dal giugno scorso.
Insomma, nessuno in zona si e’ fatto impressionare dalla morte di Gheddafi, certamente ucciso perché un processo avrebbe imbarazzato più gli angloamericani ( dai soldi al fratello del presidente Carter ai fondi alla London school of Economics ( e al suo rettore) passando per Juventus e Unicredit.
I pagatori Saif EL Islam e il capo della intelligence el Senussi sono ancora uccelli di bosco e all’appello sembrano mancare un centinaio di milioni di euro.
La lotta per la successione in Libia e’ già cominciata e penso che sarà sanguinosa e lunga.
All’attivo di questa operazione ” primavera araba” c’e’ che la Tunisia e’ in campagna elettorale.

La guerra di Libia e l’Italia: tra disinformazione e Alto Tradimento

 Berlusconi ha iniziato  la disinformazione  lanciando negli occhi della opposizione la pagliuzza  dell’ammissione della rinunzia al nucleare in funzione antireferendum , così che la trave della guerra alla Libia è passata quasi inavvertita  anche grazie alla irresponsabilità di Giorgio  Napolitano, Continua a leggere

Africa. Attacco alla Libia. ecco spiegazioni inedite, ma convincenti. VEDREMO SE E’ VERO. di Antonio de Martini

 Quale può essere il fil rouge che collega tutti  i paesi attaccati – e presi di mira  in varie forme –  dagli USA e Gran Bretagna con l’aiuto di una serie di ausiliari tradizionali  più o meno consapevoli? Continua a leggere

Guerra di Libia e altri paesi arabi. gli USA ammettono sull’Herald Tribune: siamo stati noi. di Antonio de Martini

Sulle prime ho pensato a un pesce d’Aprile in ritardo Sulla prima pagina dell’ International Herald Tribune  del 15 Aprile  – ultima colonna a destra della prima pagina – campeggia un titolo ” US groups trained Key leaders of Arab revoltsContinua a leggere

La prossima guerra sarà per l’oro blu: l’acqua. Nel Medio Oriente e Nord Africa, è già un casus belli. Il paese più ricco è l’Albania… di Antonio de Martini

Con un attacco nucleare si può mettere in ginocchio  anche un  grande paese in trenta giorni.  Con la Bomba A ( alimentare) una nazione  crolla in una settimana. Se privata di acqua, bastano due giorni. Continua a leggere

La Siria vuole dire tutti gli equilibri del Levante. di Antonio de Martini

La signora Busseina Chaabane, portavoce del governo siriano  ha parlato  alla stampa di un piano per seminare la discordia tra  i siriani. “L’obbiettivo è colpire l’unità del paese perché questo resiste e si oppone a Israele”. La signora ha  poi rincarato la dose Continua a leggere

La guerra si sposta verso est e coinvolge Israele. In Italia serve un governo di unità nazionale per reggere alla crisi.

Qualche giorno fa è iniziata  in sordina la guerra contro il regime  alaouita siriano  con brevi dispacci di agenzia che annunziavano disordini nella città di Deraa, posto di confine tra Siria e Giordania . I disordini  e i morti non sono attribuibili agli occidentali.  La Siria ha risposto con la bomba di Gerusalemme. La bomba non è attribuibile alla Siria.  E’ iniziata insomma  la fase  apertamente conflittuale anche nel Mashrek( oriente) , mentre non è ancora chiusa la vicenda nel Maghreb( occidente).  Continua a leggere

Le rivolte nel Mediterraneo: una grande opportunità per il Libano ( e l’Italia)

 Questa sequela di rivolte politiche e militari  motivate da differenti ragioni, hanno un elemento in comune rappresentato da dittatori e aiutanti dittatori in cerca di un rifugio per le loro fortune.  Da Gheddafi all’Emiro del Bahrain  Continua a leggere

IL FANTASMA DI CARTER TORNA IN MEDIO ORIENTE COL SUO CARICO DI INGENUITA’ E PROVINCIALISMO CHE SAREMO POI NOI A PAGARE

Anticipandomi rispetto all’ intenzione di trattare le ripercussioni della situazione Egiziana ( e araba in generale)  rispetto a Israele – sarebbe irrealistico non farlo – Nachik Navot invia al “CORRIERE DELLA COLLERA ” un articolo che pubblichiamo molto  volentieri.  Con una breve premessa.

Il sig Navot è in pensione dopo essere stato vice direttore del Mossad, quindi ha una visione  vasta del problema . L’ho conosciuto a Roma nel quadro della  conferenza sul terrorismo organizzata dalla Regione Lazio – Storace consule –  cui si è riferito Armando Sportelli nel suo intervento della scorsa settimana  e siamo rimasti in corrispondenza. Continua a leggere