Archivi del mese: ottobre 2011

QUEL CHE BERLUSCONI NON FARA’, L’HA FATTO UNA DONNA CON GLI ATTRIBUTI

Berlusconi ha la faccia tosta di dare la colpa della indisponibilita’ dei franco-tedeschi nei confronti di dell’Italia a Bini Smaghi, un furbetto raccattato su consiglio di qualche cacicco.
Ma il furbetto ha ragione: se e’ vero che la BCE e’ indipendente dagli Stati Nazionali, non c’e’ ragione che dia le dimissioni e spero che resti.
Sarkosi doveva chiedere il cambio della guardia tra italiani prima della nomina di Draghi. Se siamo tutti europei, non c’e ragione di cambiare un europeo con un altro. se non siamo europei, ma nazionalisti, vale l’articolo quinto ( chi c’ha i soldi in mano ha vinto) e questa gaffe va imputata al presidente francese.
In realtà la indisponibilità dei franco tedeschi e’ dovuta in gran parte alla eccessiva disponibilità di chi ha saputo solo mettersi a novanta gradi di fronte a una signora ormai senza base elettorale e un ungherese prestato alla Francia – come Dreyfus – per il quale e’ già iniziato il rigetto.
La caccia spasmodica di Berlusconi alle donne e’ un simbolo evidente delle sue insicurezze e Tremonti – dall’opposto versante – non e’ da meno.
Invece di piagnucolare, B e T dovrebbero chiedersi quale considerazione si debba avere di gente che viola un trattato liberamente sottoscritto ( non dare basi per attacco alla Libia), che si rivela incapace di imporre una mediazione per un conflitto nel mediterraneo, che finiscono sputtanati per debolezze sessuali su tutti i giornali , che litigano tra loro come comari e che definiscono il premier tedesco una ” culona inchiavabile” e non riesce a imporre il segreto in base all’ art 270 della legge sul segreto di stato, per evitare il diffondersi di pettegolezzi nocivi per lo stato.
Casini complice, invece, si grida alla lesa Italia. Si vuole nuovamente ricreare il mito della “vittoria mutilata ” che si ebbe dopo la prima guerra mondiale.
La realtà e’ che Vittorio Emanuele Orlando non spiccicava una parola di inglese, lingua dei colloqui, mentre Wilson, Clemenceau e Lloyd George si esprimevano in quell ‘idioma.
Conseguenza: nei colloqui piu’ privati l’italiano si accontentava di brandelli di interessata traduzione che Clemenceau centellinava… Leggere per credere a pag 40 , edito da Adelphi , “Le conseguenze economiche della pace” di John Maynard Keynes .
Nel capitolo sulla conferenza di pace di Versailles si scoprirà anche che il giorno in cui si doveva parlare delle riparazioni di guerra, il rappresentante italiano era assente ingiustificato e l’Italia non fece richiesta di indennizzi per le distruzioni causate dalla guerra in Veneto.
Se Berlusconi cerca un trionfo elettorale all’altezza delle sue ambizioni megalomaniche, può prendere esempio da una donna che difendendo la parte meno fortunata del suo popolo , per un terzo di origine italiana, ha visto una vittoria elettorale decisa dopo aver trattato il Fondo monetario internazionale come andrebbe trattato. Pare che il fenomeno si chiami ” post peronismo”. Non si capisce perché ” post”.
Si e’ limitata a dare il fatto loro ai banchieri di casa e di fuori.
Berlusconi, Tremonti, Kircner. L’unico vero uomo e’ la signora.

Mi scuso

L’utilizzo del troppo sofisticato IPad provoca fastidi come quello constatato nel post che precede.
Domani provvederemo, scusandoci per il disagio provocato al lettori.
Il testo mostra come siano stati privatizzati gli utili del settore bancario e realizzata la socializzazione delle perdite. A firma del solito Amato.
A de M

LE FONDAZIONI BANCARIE: FINTA PRIVATIZZAZIONE?

L’avvocato SIMONA SIANI nel 2002 ha pubblicato un parere legale sulla rivista MAGISTRA ( dello studio legale Tidona e Associati) l’articolo che pubblichiamo integralmente sulle fondazioni bancarie e sulla operazione svolta sulla pelle degli italiani. consiglio di leggerlo con attenzione. QUESTE SONO LE VERE RAGIONI DI INDIGNAZIONE per persone che non vivano la crisi come crisi dell’intelligenza. SE CANCELLIAMO QUESTO OBBROBRIO E DIAMO LE AZIONI COME DIVIDENDO SOCIALE AGLI ITALIANI CON OBBLIGO DI NON VENDERLE PER CINQUE ANNI ED ACQUISTARE UN PACCHETTO MINIMO DI BPT O BOT, NON C’È PIU’ BISOGNO DI PIAGNUCOLARE ALL’ESTERO, SI FA OPERA DI GIUSTIZIA E SI FA UNA VERA PRIVATIZZAZIONE INCASSANDO 95 MILIARDI DI EURO SENZA DOVER PAGARE INDENNIZZI DATO CHE LE FONDAZIONI SONO “RES NULLIUS ” !

L’apertura del mercato dei capitali, l’Unione economica monetaria, l’area Euro e la crescente
globalizzazione del mercato del credito, hanno condotto alla riforma del sistema bancario pubblico
italiano che, sin dalle leggi bancarie del 1926 e del 1936-38, si caratterizzava per la forte prevalenza della mano pubblica sulle aziende bancarie e sul mercato del credito.

Ciò aveva determinato un innaturale connubio fra politica e banche, che operavano in mercati segmentati e protetti rispetto alla concorrenza sia interna che esterna, godendo di una posizione

di monopolio nella intermediazione finanziaria e che si caratterizzavano per i modesti livelli di efficienza gestionale ed allocativa, per via della scarsa gamma dei servizi finanziari offerti e della
scarsa razionalità delle loro strutture proprietarie e di governo societario.

Fu così che, nel 1990, la legge n.218, recante “Disposizioni in materia di ristrutturazione ed
Integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico”, cd. Legge Amato, seguita dal D.lgs.20 novembre 1990, n.356, recante “Disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo creditizio”, con il preciso obiettivo di determinare la fuoriuscita dello Stato dalla diretta gestione delle banche e così favorire il raggiungimento di una mobilità delle risorse investite nelle
banche pubbliche, ha incentivato la trasformazione delle banche pubbliche in Società per Azioni
E’ stata, in particolare, introdotta la trasformazione in società per azioni delle Casse di risparmio, delle Banche del Monte, degli Istituti di credito di diritto pubblico e degli Istituti di Credito speciale.
In breve, si operò lo scorporo dell’azienda bancaria, conferita a società costituite unilateralmente
con la creazione di Enti conferenti (con la forma delle Fondazioni) cui la riforma attribuiva, essenzialmente, il compito di proseguire le originarie funzioni non creditizie e di utilità sociale, che da sempre avevano caratterizzato gli Istituti di diritto pubblico che gestivano le banche e di
conservare, obbligatoriamente, per legge, il controllo pubblico sulle Banche scorporate con riguardo alla partecipazione.

Il controllo “pubblico” esercitato dalle Fondazioni diventava, in tal modo, l’assetto proprietario
prevalente nel sistema bancario italiano.

Con la riforma Amato ci si è dunque trovati di fronte a due soggetti distinti: la Banca S.p.A., che proseguendo la funzione creditizia dell’ente originario, si liberava di quelle finalità sociali accessorie di assistenza e beneficenza e la Fondazione bancaria o “Ente conferente”, rivestita di una qualificazione pubblicistica, che diventava, sostanzialmente, uno strumento di conservazione
del controllo pubblico sulle banche, con scopi istituzionali di interesse pubblico e di utilità sociale
nei settori della ricerca scientifica, dell’istruzione, dell’arte e della sanità e con un ruolo attivo, dunque , nel settore “non profit”.

La legge Amato, tuttavia, non conseguì i risultati attesi, in quanto le Fondazioni-azioniste solo marginalmente si impegnavano nei nuovi compiti, preferendo di gran lunga continuare adoccuparsi di credito.

Al fine di separare le Banche S.p.A. dalle Fondazioni, e fissare, per queste ultime, un regime
civilistico, si rendeva, pertanto, necessario un nuovo intervento, attuato con legge delega 23 dicembre 1998 n.461 “Delega al Governo per il riordino della disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti, di cui all’art.11, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n.356 e della disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria”, alla quale sono seguiti il D.lgs. 17 maggio 1999, n.153 e l’Atto di indirizzo del Ministro del Tesoro Amato del 5 agosto 1999.

Tale ultima riforma rendeva per le Fondazioni, che divenivano enti di diritto privato nel settore “non profit”, dotate di autonomia statutaria e gestionale, la dismissione delle partecipazioni di controllo delle Banche un imperativo ineludibile. Alle Fondazioni veniva imposta, da un lato, >l’uscita dal capitale delle banche e, più precisamente, la dismissione da parte delle Fondazioni del 51% del capitale delle S.p.A. in un tempo massimo di quattro anni, pena la perdita delle numerose agevolazioni fiscali sui trasferimenti delle azioni, sugli scorpori aziendali e sulla tassazione dei dividendi e, dall’altro, il divieto di detenere partecipazioni di controllo di imprese che non fossero strumentali ai settori istituzionali di utilità sociale, riaffermati quale unico terreno della loro attività.

Si giunge, così, alla legge 28 dicembre 2001, n.448 che ha introdotto rilevanti modifiche al D. Les. e in particolare , il nuovo regolamento Tremonti sulle Fondazioni bancarie, in vigore dal 16 ottobre 2002 ed adottato con decreto 2 agosto 2002, n.217, nell’ottica del completamento del processo di privatizzazione nel settore del credito, ribadisce l’obiettivo di favorire la fuoriuscita delle
Fondazioni dalle Banche, per cui le prime saranno definitivamente chiamate ad occuparsi di attività “non profit” nel cd. Terzo settore, laddove le seconde si occuperanno della gestione del credito.

L’obiettivo di separare le Fondazioni dalle Banche è incentrato sull’obbligo di dismettere le partecipazioni di controllo sulle Banche conferitarie. Obbligo a cui è possibile derogare conl’introduzione della alternativa di affidare la gestione delle partecipazioni a SGR (Società di gestione del risparmio). In tal caso la dismissione della partecipazione di controllo, fissata per il 2003, potrà slittare sino al 2006. Per selezionare le Società di gestione del risparmio a cui le Fondazioni dovranno affidare le partecipazioni bancarie, sarà effettuata una gara europea, mentre
un regolamento ancora all’esame di Consob e Bankitalia disciplinerà il loro funzionamento.

Con riferimento ai settori di intervento verso i quali la Fondazione potrà indirizzare la propria attività, è stata introdotta una rilevante modifica degli artt. 2, 4 e 7 del D.lgs. 153/99.

In particolare, l’emendamento Tremonti introduce maggiori vincoli alla destinazione del reddito delle Fondazioni, indirizzandolo verso la promozione dello sviluppo locale, che assurge al rango di “settore rilevante di intervento” degli Enti conferenti nel “non profit” ed assegna agli Enti locali
del territorio di riferimento la prevalenza dei posti negli organi di indirizzo.

Il nuovo principio, sancito nell’art.3 del decreto 217/2002, è quello secondo cui, per le Fondazioni di origine associativa, l’organo di indirizzo è composto da una prevalente e qualificata rappresentanza degli interessi del territorio, ossia da membri designati da Comuni, Province,Regioni e città metropolitane, cui si affiancheranno, in posizione minoritaria, soggetti di chiara fama e riconosciuta indipendenza in possesso di competenza ed esperienza specifica nei settori di intervento della Fondazione.

Peraltro, la discrezionalità dell’organo di vigilanza nella attività di regolamentazione del sistema bancario, la compressione dell’allocazione finanziaria della ricchezza, indirizzata, in maniera prevalente, al territorio di riferimento, che dovrà essere individuato nello Statuto e conforme al luogo di insediamento, alle tradizioni storiche ed alle dimensioni della Fondazione, la rappresentanza prevalente negli organi di indirizzo delle Fondazioni attribuita agli Enti locali del territorio di riferimento, rischiano di far allontanare l’obiettivo della loro privatizzazione e di
incentivare un ritorno alla loro ripubblicizzazione.

L’EUROPE, C’EST FINI? di Antonio de Martini

I veri problemi che l’Italia affronta sono legati al fatto che lItalia ha commesso una serie di errori dovuti al provincialismo della classe dirigente che fa finta di indignarsi perche’ veniamo trattati come la Grecia.
In realta’ veniamo trattati come abbiamo trattato l’Albania nel 1990.
Dicemmo senza perifrasi a Fatos Nano “socialista” – in realta’ comunista- e Sali Berisha ” liberale” che se volevano essere aiutati, avrebbero dovuto costituire un governo di coalizione e subito.
L’ “invito” fu accettato obtorto collo e parti’ l’operazione ALBA diretta dal generale Mario Buscemi.
La disponibilità i tutti i politici ad andare al governo e’ nota.
La sinistra pero’ non poteva decentemente accettare Berlusconi come premier a causa della campagna di attacchi personali lunga e feroce.
Berlusconi non ha trovato tra i suoi milioni di seguaci nessuno cui affidare con fiducia il testimone.
Il ricordo di come Craxi fu buttato a mare da Amato, il suo fido, e’ ben presente, ravvivato dalla sorpresa del 1994, quando Dini – da lui indicato per palazzo Chigi – si mise in proprio e il suo patriottismo e’ peloso come quello di Bersani.
Prova ne sia, il fatto che fa circolare nomi per la successione di soggetti più screditati di lui per scongiurare l’evento temutissimo delle dimissioni.
Dopo mesi di “surplace” durante i quali Casini si dice abbia alzato il prezzo fino a immaginarsi Presidente del Consiglio, i partner europei – che hanno avuto modo di pesare il loro interlocutore nella vicenda libica – hanno fissato dei termini precisi, mentre le esitazioni , dovute anche a motivazioni elettorali, stanno per essere superate frettolosamente e verra’ fuori, il solito aborto.
In questo blog abbiamo spesso ripetuto fino alla noia una serie di suggerimenti quali la nazionalizzazione temporanea delle fondazioni bancarie in maniera da disporne la vendita del patrimonio valutato a oltre 95 miliardi di euro.
Contrariamente alle nazionalizzazioni classiche , questa azione avrebbe anche il vantaggio di non avere passivi dato che le fondazioni non hanno padroni. Niente indennizzi.
Resterebbero colpiti alcuni ex baroni del pentapartito che fece una falsa privatizzazione delle banche mettendo a capo delle fondazioni loro ex dirigenti – Guzzetti gia’ presidente DC della Lombardia negli anni ottanta, Emanuele Emanuele in rappresentanza dei PSDI ecc- che oramai non godono piu’ di protezioni istituzionali perché i loro partiti sono morti.
Sono come le stelle fisse: sono tanto lontane da noi che arriva la loro luce anche se sono morte da un pezzo.
Altri dicono che sarebbe opportuno imporre una patrimoniale sugli immobili. Benissimo. Anche questi denari potrebbero contribuire a coprire le necessita’. Non sono i debiti da pagare che mancano.
Con un decreto si potrebbero unificare gli enti previdenziali , compresi quelli dei giornalisti e si potrebbe così incamerare enti invisi agli iscritti come l’ENPAM ente cui i medici devono versare – grazie a una legge fascista- un obolo annuo per aver diritto a iscriversi all’ordine dei medici.
Questo ente ha un patrimonio di sei miliardi di immobili e altrettanti di liquidita’.
Gli stessi medici sarebbero lieti di liberarsi di questo ente che eroga pensioni di CENTO EURO MENSILI ed ha un consiglio di amministrazione di CENTOTRE persone….
Qualcuno dice di privatizzare le ferrovie. Perché no? Anche questi fondi potrebbero diminuire il debito. Personalmente ho proposto anche la liberalizzazione della della Marjuana che potrebbe dar vita a un giro di affari almeno pari a quello della manifattura del tabacco.
Nelle buste paga di tutti gli italiani c’e una trattenuta per la formazione continua che frutta un tesoretto di circa un miliardo l’anno e che rappresenta un business per confindustria e sindacati che fanno molto, ma non molta formazione. In Francia ogni singolo lavoratore usa i suoi fondi di formazione come crede. noi siamo obbligati a passare per una burocrazia.
Ecco: questa e’ una serie di riforme a costo zero, realizzabili con un decreto, che permetterebbero di rastrellare e /o produrre oltre cento cinquanta miliardi di euro che potrebbero servire a colmare il debito pubblico in misura tale da metterci in zona di sicurezza.
Quanto a un governo di coalizione nazionale, questo sarebbe benvenuto a condizione che i ministri non siano scelti tra gli ex ministri di destra o sinistra. L’hanno ottenuto i tunisini , possiamo chiederlo anche noi.
Se non faremo così, si verificherai’ la previsione di Jose’ Fralon fatta un quarto di secolo fa nel suo libro ” l’Europe, c’est fini ” . Mi dispiacerebbe dargli ragione dopo tanto tempo.

PAKISTAN E TOGO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ ONU

Il nuovo turno biennale del Consiglio di Sicurezza dell’ONU si e’ arricchito di due perle: ll Togo – che non si sa quale sia la posizione politica e il Pakistan la cui fermezza nella lotta al terrorismo e a favore dei diritti umani non puo’ essere discussa a meno che non si voglia subire un attentato.

A commento di queste notizie confortanti per il futuro della pace, possiamo aggiungere che poco tempo fa, la Libia fu chiamata a presiedere la Commissione per I diritti umani in seno alle Nazioni Unite
Se fossi il Pakistan, comincerei a guardarmi le spalle e non mi sentirei sicuro nemmeno in Consiglio, visto che tra i membri siede anche l’India, notoriamente in contrasto coi pakistani coi quali ha già fatto due guerre.
La terza ( guerra) qualcuno vuole farla contro la Cina, facendo alleare i due rivali tradizionali.
Da seguire con attenzione le dichiarazioni di voto di entrambi.

LE ELEZIONI IN TUNISIA. di Antonio de Martini

Oggi, a dieci mesi dallo scoppio della primavera araba, i tunisini vanno alle urne per eleggere la loro assemblea costituente che sara’ composta da 217persone. Sono scesi in lizza oltre cento partiti che hanno avuto a disposizione tre minuti ciascuno nelle due reti TV.
Le liste sono oltre 1500, I candidati quasi 11.000.
In realta’ l’interesse generale e’ piuttosto puntato sulle probabilità di vittoria dello schieramento dei religiosi o quello dei progressisti.
I sette milioni di tunisini – 600.000 dei quali residenti in Francia- scelgono il loro destino senza incidenti, il vecchio partito unico si e’ riciclato con Chi con un nuovo nome e chi nelle liste indipendenti, ma chiunque abbia avuto incarichi di qualche rilievo nel passato regime, non puo’ candidarsi.
L’esito dipende da alcuni fattori classici: gli analfabeti , quasi 2 milioni, i reduci del passato regime, e I ” francesi” , ossia, gli emigrati che hanno votato per corrispondenza.
La forza politica piu’ organizzata e’ rappresentata dai gruppi che si appoggiano alle moschee.
Il sistema elettorale prescelto e’ quello proporzionale, talche’ ne verra’ fuori l ‘esigenza assoluta di una coalizione di governo che per forza di cose non sara’ stabile ne’ autorevole.
Insomma, non sarà una democrazia come lItalia, ma sara’ comunque un bel casino

Nota bene: mi scuso per gli ” errori di ritorno” che avvengono con l’IPad. Sembra che cambiando lingua alla tastiera, avvengano stravolgimenti ortografici a posteriori. Se qualcuno sapesse cosa fare per evitarli e lo comunicasse, gli sarei grato. Ndr

PRIMAVERA ARABA e AUTUNNO DELLA FIDUCIA: COMINCIA IL RIGETTO?

Il presidente afgano Karzai, durante una intervista alla TV privata pakistana GEO, ha rilasciato una dichiarazione ripresa dalla agenzie REUTERS : ” nel caso in cui- Dio non voglia- ci fosse un conflitto tra USA e Pakistan, l’Afganistan si schiererebbe a fianco di quest’ultimo”.
L’ipotesi e’ remota, ma segna il momento a partire dal quale l’Asia ( di cui il vicino oriente fa parte) prende le distanze dal Grande Fratello Armato .
E’ indicativo che la prima presa di posizione sia stata fatta da quello che e’ considerato, a ragione, il Quisling piu’ più Quisling tra i satelliti della politica estera USA. ( nota per i piu’ giovani: Q. Viene dal nome del primo ministro norvegese incaricato da Hitler di costituire un ” governo fantoccio” nel 1940 ed ora e’ usato per antonomasia).
Un ‘ altra reazione di rigetto e’ l’irrigidimento del governo iracheno verso la pretesa degli Stati Uniti di installare basi permanenti in quel paese.
Anche il premier iracheno , Nuri al Maliki , scelto per doti di particolare mansuetudine, ha rifiutato il protettorato sfacciato e Obama ha preso la palla -elettorale -al balzo annunziando il ritiro completo delle truppe. Per al Maliki la decisione e’ suonata come una condanna a morte: il suo governo e l’esercito, non reggerebbero senza l’inquadramento di istruttori occidentali.
Il nuovo primo ministro iracheno – se gli americani sgombrassero entro l’anno- sarebbe il comandante della unita’ corazzata più vicina alla capitale e il gioco ricomincerebbe.
Ciononostante, al Maliki non ha perso la calma ed ha ribadito che istruttori ne avrebbe accettati e basi permanenti, no.
L’interesse USA per una base permanente, e’ di appoggio e legittimazione alle basi in Arabia Saudita che sono sempre meno tollerate dai sauditi e lo saranno ancora di piu’ quando vedranno che gli iracheni – considerati ” inferiori” si saranno affrancati.
L’abbandono di tutte le basi, anche saudite, aprirebbe la via a un confronto aspro tra il potere sunnita e quello sciita in Irak.
La stessa esecuzione di Muammar Gheddafi – certamente frutto del timore inglese di un processo pubblico che avrebbe potuto coinvolgere la corona inglese- ha avuto una componente “indipendentista” rispetto alle richieste NATO di sottoporre al tribunale penale internazionale il dittatore deposto.
Anche nel Levante i segni di insofferenza si notano: il presidente iraniano Ahmadinejad e’ venuto in visita in Libano su invito del Patriarca maronita ( cattolici di rito orientale) , Israele ha violato
L’embargo americano sulle Organizzazioni terroriste” censite dal governo americano, trattando con Hamas ( per aver salutato con un abbraccio , all’uso orientale un dirigente di Hezbollah, D’Alema e’ stato messo in croce dai media) la liberazione del caporale Shalit.
La Siria fa spallucce alle minacce occidentali ( leggi USA) e prosegue nella politica di repressione del contesto interno.
La segretaria di stato Clinton , fa un giro di due giorni nei paesi dall’Asia ex sovietica per mettere in guardia “contro l’ estremismo islamico” , nella generale indifferenza degli interessati.
La Turchia ha ripreso i bombardamenti aerei verso i curdi, per difendere i quali gli USA Avevano creato la NO FLY ZONE contro Saddam Hussein.
L’Egitto sta trattando la restituzione di una spia , arrestata a giugno, con passaporto USA a Israele ( che gli rende 81 prigionieri) e non agli Stati Uniti ( che gli da tre miliardi l’anno).
Sono tutti segni di disagio legati al trattamento inferto al leader libico così mal ripagato per la sua collaborazione economica e antiterroristica.
In oriente non sono quisquilie, sono tutte mancanze di rispetto e in oriente, il rispetto e’ tutto.

Antonio de Martini

La morte del Crown Prince saudita: la festa appena cominciata e’ già finita.

Finita per le donne, il cui accesso al voto era previsto per il 2015 e se il successore alla carica di Principe ereditario sarà , come prevedibile, il principe Nayaf- attualmente ministro dell’interno e considerato vicinissimo al clero- le donne il voto se lo scorderanno ancor prima di sperimentarlo.
L’Arabia saudita e’ il luogo delle contraddizioni del rapporto tra Arabi e USA.
Vediamone alcune.
Gli Stati Uniti hanno speso tempo e denari per promuovere la democrazia , coi risultati che conosciamo, ma il suo principale alleato si e’ limitato a promettere il voto femminile -alle amministrative- tra tre anni, tre mesi fa.
Quando gia’ si sapeva che il Principe Sultan aveva i giorni contati.
Vi chiederete come mai tanto interesse per le sorti delle donne in una persona che nel post che precede ho qualificato come il contatto tra Ben Laden e la casa reale.
Semplice uno dei due figli preferiti di Sultan ( sui 32 totalizzati nelle sua operosa esistenza, con piu’ mogli) e’ il principe Bandar che e’ stato a lungo ambasciatore a Washington ed ha avuto ed ha rapporti eccezionalmente buoni e proficui con il complesso militare-industriale , mentre il papa’ era ministro della Difesa, carica che ha tenuto fino alla morte.
Il secondo figlio preferito e’ khaled che fa l’assistente del padre al ministero.
Bandar e’ attualmente in esilio al Cairo a causa dei rapporti non chiari con Ben Laden ( sua moglie e non quella del padre, come ho erroneamente scritto nel post precedente – lo ha stabilito la commissione di inchiesta USA sull’ 11 settembre- ha fatto una pia donazione ad uno degli attentatori delle due torri).
Un’altra contraddizione e’ che i media americani contestano la gerontocrazia attorno a Mubarak ( 82 anni) a Ghedafi (70anni) , a Ben Ali (78anni), ma non hanno trovato nulla da ridire sul re Abdallah (87 ani) , sul fratellastro Sultan (85anni) e , largo ai giovani, il principe Nayaf (78anni).
Altro punto di contraddizione, la durata dei regimi: Tunisia 30 anni, Egitto 30 anni, Libia 42 anni.
La famiglia saudita , i figli di Abd el Aziz , regnano da 58 anni e nessun americano o inglese trova da ridire.
Altra contraddizione: mentre l’ Algeria e’ stata redarguita per aver venduto 500 camionette ( pick up) ai libici , Assad fortemente osteggiato per la repressione dei democratici (!), l’Arabia Saudita ha effettuato un intervento militare che ha consentito al re del Bahrein di schiacciare nel sangue le dimostrazioni che pure gli USA avevano incoraggiato anche con denari e formazione pratica.
Su questo tema il silenzio degli USA e’ stato eloquente, ma non li ha imbarazzati minimamente.
Da parte saudita, un’ altra contraddizione: sono stati loro a finanziare – tramite la Lega Araba – l’entrata delle truppe siriane in Libano dove sono poi rimaste una ventina di anni, ma gli USA se la sono presa coi siriani e stanno pressando la Siria da oltre cinque anni e cercano in ogni modo di smorzarne il boom economico dovuto alla collaborazione con Giappone, Italia e Germania…
Alcune contraddizioni si conciliano con un misto di ipocrisia e denari, entrambe abbondanti nei due campi. Una serie di missili acquistati dai sauditi richiedono messe a punto dei software in cui le donne americane sono spesso abili specialiste. Un arabo non puo’ accettare un’ arma predisposta da una donna mentre a lui non resta che premere il bottone senza capire.
Soluzione: si dichiara che l’ arma richiede una manutenzione straordinaria negli USA, la donna specialista in software interviene, magari a Cipro e tutti sono contenti, mentre il ministro della Difesa paga il conto.
Nayaf , il probabilissimo successore che abbiamo conosciuto perché ha dato asilo a Ben Ali ( il tunisino), e’ meno disposto ai compromessi e le donne saudite se vorranno guidare l’ auto, potranno sempre andare a Parigi.

CIVILTA’ CIRENAICA, RICCO BOTTINO ? di Antonio de Martini

Alla morte di Maometto, il suo cadavere rimase insepolto per tre giorni in un angolo della casa, mentre gli aspiranti eredi litigavano furiosamente per la successione.
Dopo quindici secoli,sorte analoga e’ toccata a Muammar Gheddafi, sistemato nella vetrina frigorifera di uno “shopping center” nel negozio di un macellaio, mentre sfilano i curiosi.
Il resoconto dell’agenzia Italia, pudicamente parla di obitorio, l’Associated Press, cita invece la macelleria.
Che la situazione politica del Vicino Oriente e del Nord Africa non sia affatto “domata” ma sia alla vigilia di altri eventi, e’ provato da una serie di fatti che stampa e agenzie italiane non riportano, o non riportano ancora.
E’ morto il ministro della Difesa Saudita e “Crown Prince” Sultan bin Abd el Aziz. Era l’ultimo figlio del fondatore della dinastia saudita, aveva 86 anni, grandi simpatie per le tesi di Bin Laden e una moglie che e’ provato abbia fatto la “zakat “( donazione islamica) a uno dei partecipanti all’attacco alle due torri. Questa morte e’ destinata a produrre effetti sugli equilibri di potere in Arabia Saudita e forse anche in Giordania.
La Turchia ha ripreso i suoi bombardamenti sul Nord iracheno dove si annidano i kurdi, probabilmente ” rianimati” dall’ appoggio israeliano dopo la rottura dell’ intesa con Erdoghan; Salah (Yemen) e Assad (Siria) continuano il dialogo con le rispettive opposizioni a colpi di mitraglia; in Libano, l’inchiesta sull’attentato in cui ha perso la vita il premier Hariri, resta congelata;
In Giordania la maggioranza dei parlamentari hanno firmato una richiesta al Re di licenziare il Primo Ministro; Israele ha riconosciuto ” de facto” Hamas – infischiandosene del fatto che gli USA considerino terrorista questa organizzazione – negoziando con questi il rilascio dei mille palestinesi , per vendicarsi del tentativo di Abu Mazen di farsi riconoscere all’ONU.
Israele sta inoltre negoziando con l’Egitto anche il rilascio di 81 prigionieri egiziani in cambio di un cittadino americano accusato di spionaggio e in prigione in Egitto dal giugno scorso.
Insomma, nessuno in zona si e’ fatto impressionare dalla morte di Gheddafi, certamente ucciso perché un processo avrebbe imbarazzato più gli angloamericani ( dai soldi al fratello del presidente Carter ai fondi alla London school of Economics ( e al suo rettore) passando per Juventus e Unicredit.
I pagatori Saif EL Islam e il capo della intelligence el Senussi sono ancora uccelli di bosco e all’appello sembrano mancare un centinaio di milioni di euro.
La lotta per la successione in Libia e’ già cominciata e penso che sarà sanguinosa e lunga.
All’attivo di questa operazione ” primavera araba” c’e’ che la Tunisia e’ in campagna elettorale.

La guerra di Libia sta per cominciare, mentre il CNT viola la prima legge dell’Islam: seppellire i morti entro ventiquattro ore.

Se qualcuno si illude che la morte di Gheddafi porra’ fine all’ “unrest” libico oppure sia di monito a eventuali aspiranti dittatori, si ripassi la storia. Aiutiamolo.

Non e’ mai successo che la morte o la cattura di un capopopolo abbia provocato la fine di un conflitto e a maggior ragione di un conflitto civile.
La morte di Cesare non rese vincitori i ” democratici” che lo uccisero, la morte di Mussolini non ha scoraggiato i suoi seguaci che si riunirono -dopo eventi con qualche somiglianza barbarica con quelli odierni – in un partito che ha finito col sopravvivere e prevalere sui partiti del CLN che sono scomparsi ormai quasi totalmente ( PCI, PSI, PRI, GL, DC,PLI, Monarchici) mentre gli epigoni di Mussolini siedono oggi al governo.
Non e’ successo alla decapitazione di Luigi XVI in Francia e i seguaci di Saddam Hussein sono stati dichiarati ufficialmente sconfitti nel 2002 dal presidente USA George Bush jr e -dopo nove anni di duri scontri – dal Presidente USA Barak Obama ieri.
I dettagli bestiali della fine di Muammar Gheddafi consentono di considerare l’uccisione di Mussolini e la sua esposizione a piedi in su, come quasi una festa campagnola se non fosse che persino i libici – considerati feroci barbari dal mondo arabo autentico, ossia quello della sola penisola arabica – hanno evitato di uccidere l’amante colpevole di amare ed estranea alla politica.
Il cadavere di Mussolini fu restituito dopo dodici o tredici anni, mentre per il colonnello pare si trattera’ di ” pochi giorni”. Parola di CNT.
Si proclamano religiosi ma violano le regola coranica di seppellire i morti entro 24 ore dal decesso.
La pace in Libia non tornerà nel 2012 e nemmeno nei cinque anni successivi.
Avremo una balcanizzazione della Libia e un probabile contagio a qualche altro paese dell’area.
Il Mediterraneo si troverà quindi con due aeree che avranno cessato di essere attori della geopolitica ed una terza, la nostra, sulla via di diventarlo in maniera permanente.
Fino agli ani trenta esistevano due aree – intrise di petrolio – cui gli inglesi diedero lo status di ” Neutral Zone “. Si trattava di due vaste zone desertiche al confine tra L’ Arabia ( divenuta Saudita nel 1928) e l’Irak ( all’epoca monarchia a protettorato inglese). L’indicazione e’ scomparsa dalla carta geografica, ma non vi e’ traccia di riconoscimento di una qualche sovranita’ di uno dei due silenziosi confinanti. Regnano i petrolieri e non devono royalties a nessuno.
Una nuova versione della ” Neutral Zone” e’ stato il Kosovo, tolto, nel 1996, per ragioni ” etniche” alla Serbia con una guerra – appaltata alla NATO – tuttora presidiato e non sovrano, dove l’ esercito di liberazione e’ stato messo su in maniera abborracciata per il tempo di insediare un picchiatore alla presidenza e installare una poderosa base militare USA, dicono più grande della base di Ramstein in Germania. anche in quella. zona periodici scontri, assicurano la necessita’ di truppe straniere per operazioni di “peacekeeping”.
quando Bush padre, alla vigilia della prima guerra irachena nel 1991, parlo’ di ” un nuovo ordine mondiale” abbiamo tutti pensato a una indovinata formula propagandistica.
Ci siamo sbagliati. The new World order sta realizzandosi a prescindere dal colore – anche politico- del presidente USA e noi siamo dalla parte dei paria grazie a una classe politica che non ci invidia nemmeno il Botswana.