VICINO ORIENTE: ISRAELE TEME L’ISOLAMENTO E OFFRE 20 MILIONI DI DOLLARI DI INDENNIZZO ALLE VITTIME DEL MAVI MARMARA. di Antonio de Martini

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Credo sia la prima volta che lo stato di Israele offre un indennizzo –  anche cospicuo –  per i danni causati da una propria azione militare. La notizia è del quotidiano israeliano Haaretz, abitualmente attendibile.

Ricorderete che nel 2010 la nave di ” attivisti della pace” battente bandiera turca ” MAVI MARMARA” fu arrembata dalla guardia costiera israeliana incaricata di mantenere il blocco marittimo della città di Gaza, nella omonima striscia.

Alla reazione manesca degli attivisti turchi presenti a bordo, gli israeliani risposero in maniera sproporzionata uccidendo otto persone.

L’incidente costò al premier Benjamin Netanyahu l’umiliazione di dover scrivere – dopo forti pressioni USA – una lettera di scuse a bocca storta ed a Israele gli ottimi rapporti di collaborazione, specie militari, avuti fino a quel giorno con la Turchia.

Questo incidente ebbe conseguenze notevoli sulla campagna di Siria appena agli albori, in quanto i due principali alleati dell’Occidente nell’area iniziarono una serie di schermaglie che non si placarono con la lettera di scuse.

Il Premier turco  Tajip Erdoghan  chiarì che le scuse non bastavano e che si attendeva anche un indennizzo alle famiglie dei caduti, con il palese ma inconfessato scopo di posizionarsi come il paladino dei Palestinesi: era l’inizio delle primavere arabe e ogni speranza turca di egemonia nei paesi arabi sembrava a portata di mano.

Lo spazio aereo turco fu interdetto agli aerei israeliani ( che adesso si addestrano in Sardegna), le rispettive Intelligence si fecero dispetti,  i più importanti dei quali furono l’esposizione da parte turca di un importante agente israeliano in Iran che si incontrava coi suoi contatti al confine turco, mentre gli israeliani intensificarono gli aiuti ai guerriglieri curdi e stipularono un accordo di mutua assistenza militare con la Repubblica di Cipro appena minacciata dai turchi a seguito della scoperta nelle acque cipriote dei giacimenti di gas e petrolio alla cui spartizione la Turchia aspirava rumorosamente.

Tre anni e numerose delusioni hanno calmato i bollenti ardori di entrambi i duellanti e ricordano un proverbio arabo che dice ” quando l’ebreo fallisce, torna ai vecchi registri”. ossia torna sui suoi passi per capire dove ha sbagliato.

L’Iran – potenza geopolitica concorrente di Israele – sta riuscendo con un certo successo ad uscire dal ghetto dei reprobi in cui 35 anni di contenzioso con gli USA l’avevano cacciato.

La Siria, altro protagonista del levante che ha frontiere in comune con entrambi, è riuscita a non perdere contro la potente coalizione ( USA, UK, Francia;Turchia e Arabia Saudita e Katar) e dopo tre anni di duro confronto è a Ginevra a trattare la pace, uscendo anch’essa dal ghetto.

L’Egitto, tornato alla stabilità politica interna con il generale Abd el Fattah Al Sisi potrebbe non essere più tanto affidabile come partner pacifico quanto lo era con  Maresciallo-presidente Hosni Mubarak e presto tornerà a rivendicare il proprio ruolo in seno alla Lega Araba entrando in conflitto con L’Arabia Saudita che lo aveva sostituito sia in quella sede che in seno al G20. Inoltre, il  brusco ridimensionamento dei Fratelli Mussulmani rappresenta una minaccia anche per il regime confessionale turco che ha già dilapidato l’eredità di prosperità economica lasciata dai militari.

Questi ritorni sulla scena politica internazionale hanno riavvicinato i duellanti e li inducono a più miti pretese.

Il nuovo alleato di Israele e della Turchia, l’Arabia Saudita, si rivela sempre più imbarazzante e mentre gli israeliani potevano tollerare , sia pure malvolentieri, che i Sauditi finanziassero i ribelli kaedisti in Siria, se dovessero trovarsi di fronte alla scelta di schierarsi o meno  a favore dell’Egitto, non avrebbero scelta. Così pure Erdoghan per il quale la ghettizzazione dei Fratelli Mussulmani suona come preavviso di licenziamento.

Se a questo si aggiunge la minaccia di avant’ieri profferita dal solito John Kerry  ( pulpito molto  discutibile, ma problema reale) che ha prospettato a Israele ” l’isolamento internazionale” come  possibilità reale  a fronte della sua rigidità negoziale con i Palestinesi ( che provocato una reazione stizzita del premier israeliano che evidentemente sente il problema), si capisce la mossa israeliana, anche se questo indennizzo crea un precedente pericoloso.

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Commenti

  • Luca  Il febbraio 4, 2014 alle 10:40 am

    Si ha l’impressione che la politica estera israeliana stia cambiando rapidamente. Con la stessa velocità con la quale vengono frustrati gli interessi verso il Mar Caspio, per conto terzi, e maturano gli interessi per lo sfruttamento di Leviathan, di tipo nazionale. Gli alleati necessari diventano Cipro e la Russia (quest’ultima per il controllo su Siria e Libano). Le ulteriori alleanze (Turchia, Grecia, Italia oppure Egitto, Arabia saudita, Corno d’Africa) dovrebbero essere influenzate soprattutto dalla scelta tra esportare più verso l’Europa oppure più verso l’India e la Cina. Certo il momento sembra propizio per il ridisegno di una nuova politica strategica in Israele. Di conseguenza lo sarebbe anche per la politica estera, energetica e industriale italiana, se ci fossero statisti e imprenditori in grado di cogliere l’occasione.

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