SIRIA, LIBANO E DINTORNI: SIAMO ANDATI SUL POSTO A VEDERE. ECCO LA TESTIMONIANZA . di Antonio de Martini

Durante la scorsa settimana sono andato in Libano assieme a mio figlio Francesco. Lui è andato nella pianura della Bekaa fin quasi alla frontiera siriana, mentre io sono rimasto in città.
Abbiamo entrambi parlato con decine di persone nell’intento di farci un’idea più realistica possibile
degli avvenimenti.
La prima informazione che possiamo dare è che la Bekaa è un’oasi di pace lunga 120 km e larga 16, coltivata secondo criteri ultramoderni.
Molti dei lavoratori dei campi sono semi-nomadi e contadini siriani.
Francesco l’ha attraversata per un giorno intero mentre le agenzie parlavano di sedici razzi sparati sulla pianura.
Non ha visto ne sentito nulla che assomigliasse alla guerra, a preparativi militari o adunate politiche. Niente colonne di profughi o accampamenti di disperati. L’ambasciata di Francia proibisce ai suoi cittadini di andare nella Bekaa, ma c’erano americani e australiani accolti dai locali in piena allegria.

L’unico assalto subito da mio figlio è stato quello di un venditore di souvernirs a Baalbeck che parlava ottimo italiano e non smetteva di fare il nome del generale Angioni a mò di referenza. ( Graziano, non gettonato).

Scarsissima polizia per le strade e negli agglomerati urbani. Gente serena al punto che al ritorno Francesco ha commentato che a giudicare dal nervosismo generale e dal numero di poliziotti in armi, il paese in guerra sembrava piuttosto l’Italia.

Nella Capitale, il traffico e l’urbanistica sono caotici come sempre, ma le numerose nuove costruzioni mantengono ragionevolmente basso il mercato delle case e, personalmente, non ho mai visto un incidente d’auto tra libanesi.
Qualche automobile targata Damasco e Aleppo. Un operaio dell’edilizia prende – se siriano 18 dollari al giorno e un pari grado libanese 40.
Insufficienti per vivere per entrambi, ma i siriani, riescono a risparmiare abbastanza da portare trimestralmente i loro risparmi alla famiglia in Siria.
Le sigarette costano un quinto di quanto costano in Italia. I pistacchi di Aleppo, l’equivalente di venti dollari al chilo. La sigaretta elettronica è sconosciuta.

Meravigliato del fatto che le famiglie degli immigrati siriani siano rimaste indifese al villaggio, sono passato alla stazione delle corriere e dei service ( tassì che raccolgono passeggeri con stessa destinazione).
La linea con Damasco è aperta e gli autobus partono regolarmente.
Evidentemente la via di Damasco è libera e i ribelli non hanno vita facile al punto di installare posti di loco.
Esiste una nuova élite che circola in città e spende volentieri: dipendono da enti multinazionali tipi l’ONU o altri consimili confraternite.

Ho incontrato una funzionaria dell’ Human Rights Watch : bella casa con terrazza risistemata nel vecchio quartiere con molto gusto, ottimo arabo, ma si è tradita con una inimitabile pronunzia americana. Con qualche mia petulante insistenza ha ammesso che la sua famiglia era emigrata negli USA durante la guerra civile, era al suo primo incarico e il colloquio di assunzione lo aveva sostenuto a New York, essendo l’organizzazione americana, con uffici a Parigi, Roma, Bruxelles, Londra e New York.
Alla domanda se HRW avesse anche un ufficio in Alabama, credo si sia pentita di averci invitati.

Abbiamo incontrato simpatizzanti di tutti gli schieramenti del Levante, tutti molto motivati.
I comunisti i sono aggregati con Hezbollah che opera fattivamente nel sociale. Il movimento sciita concorrente Amal guidato da un ex bullo di quartiere Nabih Berri, è praticamente scomparso dalle strade, ma il capo ( che ha sposato una americana) mantiene la Presidenza del Parlamento. Proprio come in Italia i partiti morti continuano a far finta di esistere grazie alle cariche istituzionali.

L’opinione unanime è che la crisi siriana durerà quanto la libanese perché l’obiettivo politico di chi l’ha provocata, non è far vincere qualcuno, ma lasciare che si scannino a vicenda.
La conferenza Ginevra II è considerata ” fuffa” e tutti ritengono che gli USA non interverranno.
L’intrico delle rivalità politiche e geopolitiche è tale che il movimento cristiano in caso di guerra tra sunniti e sciiti si scinderà e i seguaci del generale Aoun si batteranno a fianco di Hezbollah ( e della Siria che Aoun ha duramente combattuto sul campo) mentre Samir Geagea ( il capo falangista che i sunniti hanno tenuto in una segreta più di sette anni) si schiererà con i sunniti.

I sunniti sostenuti dai sauditi ( Wahabiti) e Quatarioti, si stanno armando. Tra sunniti e Alawiti a Tripoli si spara. Da un quarto di secolo. E adesso hanno il loro momento di celebrità.

Tutti o quasi hanno casa in Francia ma sono ottimisti: la guerra non si estenderà,ma se dovesse estendersi, nessuno ha detto di voler lasciare il paese. Lo amano.

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Commenti

  • raymond issa  Il giugno 4, 2013 alle 4:32 PM

    Merci pour cette description de la situation mais quand je la raconte a mes enfants, ils n’y croient pas. Beaucoup de Libanais ne veulent plus des politiciens et ne les suivent plus. C’est pour cela que ces derniers sont en crise.

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  • ettore  Il giugno 4, 2013 alle 6:54 PM

    grazie ancora una volta per averci schiarito un po’ le idee!!

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