L’ EX CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA DIFESA VINCENZO CAMPORINI COMMENTA LA CRISI ITALO-INDIANA E CHIARISCE ALCUNE RESPONSABILITA’

Il parlare felpato di chi ha ricoperto incarichi di responsabilità il generale Camporini lo ha abbandonato una sola volta, quando in una intervista al ” Corriere della sera” disse che non vedeva l’ora di andare in pensione per non avere piu a che fare con Ignazio Larussa che all’epoca faceva finta di fare il ministro della Difesa.

Per questo ha tutta la mia comprensione. Ci divide  invece la vicenda dell’ acquisto degli F35, anche se posso capire l’ansia del pilota che vede unicamente le migliorie tecniche, ma non accetto che dia  per scontata la mancanza di indipendenza nazionale che tale scelta implica.

In questa intervista, in cui è felpato ma chiaro, pubblicata nel numero in corso di Lookoutnews, chiarisce alcuni dubbi.

Le sottolineature in nero nel testo,  non sono dell’autore né dell’intervistato. A de M

Generale, chiariamo anzitutto un punto: da chi dipendono ufficialmente i nostri marò?

Sono squadre messe a disposizione dalla Marina, composte normalmente da un team di sei persone, allo scopo di assicurare protezione a bordo delle navi mercantili italiane. Nel luglio del 2011, nell’ambito del decreto che come da prassi autorizza e finanzia semestralmente le missioni, tale provvedimento è stato utilizzato come veicolo normativo per inserire una norma che consentisse l’imbarco a bordo di navi mercantili di team armati, sia militari sia civili, ovvero contractor. Questa norma purtroppo è un po’ monca perché non definisce le rispettive responsabilità: dell’armatore nei confronti del comandante della nave e del team, e viceversa.

Quindi a chi rispondono, quando sono in navigazione?

Dal punto di vista normativo, la questione non è stata chiarita ed è proprio questo che ha portato a una simile situazione di incertezza. Era prevista la redazione di un regolamento applicativo, con particolare riferimento ai soli team di civili, cosa che non è mai stata portata a compimento. Ci doveva essere un accordo, di concerto con il ministero degli Interno, cui non si è mai arrivati. Pertanto non abbiamo team di contractor a bordo delle navi, né un regolamento che autorizzi soggetti civili a portare armi a bordo. Io osservo che il regolamento applicativo sarebbe stato necessario anche per i team militari, proprio per far luce su quegli aspetti non ben definiti che hanno poi prodotto questa situazione, nella quale non si capisce chi avesse il comando. Queste regole, in sintesi, non sono complete.

Quale l’immagine che l’Italia proietta nel contesto internazionale, in seguito al caso marò?

L’immagine credo sia quella di chi è stato guidato più dall’incertezza che dalla volontà di fare qualcosa di concreto. Mi spiego: fin dal primo momento era opportuno coinvolgere gli organismi internazionali, prime fra tutte l’Unione Europea e le Nazioni Unite. Perché quando vengono violate da parte di uno Stato regole internazionali, unanimemente accettate, – oltretutto uno stato come l’India, che si batte con forza per entrare a far parte come membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu -, allora si ricorre subito alla massima istanza per ottenere giustizia. L’India da tempo cerca di affermare il proprio ruolo di potenza non più e solo a livello regionale. Alcuni hanno intravisto in questo episodio la volontà di asserire un’autorità di controllo sul mare al di là di ciò che è già unanimemente riconosciuto. Tant’è che le autorità indiane pretendono da ogni nave che transiti nella loro zona di interesse esclusivo – quindi ben al di là delle 12 miglia – di avere tutti i dati di transito, adempimento che non è richiesto da nessun altro Paese.

Cosa significa questo?

Conferma la volontà di affermare il proprio ruolo dominante in una certa regione. Osserviamo che l’India ha uno degli incrementi di spese militari più alti del mondo. Cosa che viene giustificata per il fatto di trovarsi in un ambiente dove le rivalità internazionali non sono certo sopite come da noi. Si sentono circondati da “non amici”: Cina, Pakistan, Bangladesh, Sri Lanka. Il che li induce a cercare una capacità militare sempre crescente. L’evento dei marò è collocabile in questa cornice e corrisponde all’atteggiamento dei Paesi emergenti, anzi ormai già emersi.

Quale la sua opinione circa l’utilizzo di forme di difesa di tipo privatistico rispetto a quella statale? Penso agli interessi italiani all’estero e alla difesa della nostra economia

Quando parliamo di utilizzo di strumenti dello Stato per la difesa di interessi che si definiscono privati, almeno dal punto di vista tecnico, siamo in un’area grigia. Qualcuno obietta che la difesa privatizzata non è necessaria e ciò ha creato dei dubbi sulla liceità o sulla opportunità di utilizzare le forze armate per questi tipi di interesse. Resta il fatto che è una decisione assolutamente politica e l’Italia ha scelto una linea precisa. C’è anche chi osserva che i team armati a bordo delle navi pagati da armatori siano una forma che lascia un po’ perplessi circa la modalità d’ingaggio. Ma è pur sempre una legge italiana approvata dal Parlamento e come tale va accettata.

E l’interesse nazionale?

Fino a qualche anno fa le parole “interesse nazionale” erano considerate bestemmia. Sembrava politicamente scorretto. Solo da qualche tempo si parla correttamente di interesse nazionale, ma deve ancora concretizzarsi appieno, è una questione culturale. Io sono convinto che di interesse nazionale occorra parlare non per affermare un concetto egoistico, ma perché soltanto sedendosi a un tavolo con gli altri partner internazionali, europei in particolare, e con una chiara visione dell’interesse nazionale, si potrà discutere di interesse collettivo con gli altri. Il nazionale deve essere un sottoinsieme di un interesse collettivo. Se io però non so quale sia il mio interesse nazionale, allora verranno protetti altri interessi e non certo i miei.

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Commenti

  • Roberto  Il marzo 18, 2013 alle 12:57 PM

    Premetto che sono totalmente profano in materia ed espongo solo delle riflessioni personali:
    1- è certo che l’episodio sia avvenuto in acque internazionali e che l’India non aveva il diritto di sequestrare i nostri soldati
    2- è certo che i proiettili trovati sui cadaveri dei pescatori non sono delle armi in dotazione ai nostri soldati
    3- è vergognoso che l’India abbia tenuto i nostri soldati in arresto per un anno senza nessun tipo di intervento della magistratura giudicante
    4- è palese che in India il Diritto sia materia alquanto opinabile
    5- non occorre essere un abile detective per capire che gli indiani stanno organizzando una “pastetta” ai danni dell’Italia
    6- è certo che gli indiani non hanno il diritto di sequestrare il nostro ambasciatore
    Da tutto questo ne deriva che di fronte ad una nazione che si comporta in modo tanto barbaro, dimenticandosi della la propria immensa cultura, si deve reagire con fermezza.Anche militare

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    • antoniochedice  Il marzo 18, 2013 alle 1:56 PM

      1)L’episodio è avvenuto in acque che tutti considerano internazionali, tranne l’India che ( come un tempo la Libia ) hanno unilateralmente esteso il limite a 200 miglia, anche in virtù di arzigogoli ONU in materia. Inoltre, è stata la Enrica Lexia a inveertire volontariamente la rotta, rientrare nel porto di Kochi per ” identificare gli assalitori” ( !).
      2) che il calibro dei proiettili mortali sia diverso da quello dei nostri fucilieri di Marina, è opinabile dato che non esiste una dichiarazione ufficiale italiana in merito.
      3) Concordo
      4) Concordo
      5) infatti, ma usi il passato. E’ già successo.
      6) ovvio che ha ragione.
      Reagire con fermezza ” anche militare” come dice lei. significherebbe essere in grado di andare fin laggiù con un qualche mezzo. Suggerisco l’air India.
      Noi non abbiamo la possibilità di affrontare un paese grande dieci volte e mezza l’Italia, con un miliardo e duecento milioni di abitanti col quale – non dimentichiamolo mai – abbiamo perso la seconda guerra mondiale. Possiamo tifare per il Pakistan in caso di ripresa degli scontri. O rivelare a chi è andata la mazzetta sugli elicotteri, ma forse poi bisognerebbe rifare le elezioni regionali in Italia.

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  • gicecca  Il marzo 18, 2013 alle 3:30 PM

    La cosa più triste e penosa secondo me é l’opinione espressa da Lady (?) Ashton in nome dell’Europa. Quasi quasi al referendum di Grillo voto contro il permanere in un tale contesto. GiC

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    • antoniochedice  Il marzo 18, 2013 alle 4:28 PM

      Se l’Europa, la NATO , l’ONU, non vengono pressate per prendere posizione a noi favorevole, perché dovrebbero farlo? Leggiti l’impeccabile ultima frase del generale Camporini nella sua intervista.

      Incentive Spa Largo Nicola Spinelli,5 00198 Roma tel. +39 06 844811 (ric.aut.) fax +39 06 84481388 mob. +39 335 6415485 mailto:ademartini@motorimentali.it http://www.incentive.eu nome Skype: antonio.demartini

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  • paolo ruta  Il marzo 18, 2013 alle 5:04 PM

    Al di là delle vostre valide riflessioni, io non ho ancora capito come sia potuto accadere l’incidente. Dalle foto si evidenzia che l’Enrica Lexie, in quel momento, era scarica, con un bordo alto varie decine di metri. Suppongo che navigando scarica procedesse a non meno di 16 nodi. Incrocia un battellino di pescatori che, a occhio, a tutto motori forse ne poteva fare 10. Una bella differenza rispetto ai barchini che, abbiamo più volte visto, utilizzano i pirati per i loro arrembaggi Pur immaginando che, per una qualche ragione, pur preavvertito il peschereccio abbia continuato a mantenere la rotta di incrocio con la petroliera, ci vuole una bella fantasia per immaginare che ci fosse una ragione di pericolo tanto da ritenere necessario cominciare a sparare raffiche a gogo. Almeno che ai nostri marò, tanto per noia, non sia venuto voglia di giocare a tiro a segno. Mi fate capire? Grazie

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    • antoniochedice  Il marzo 18, 2013 alle 5:22 PM

      Non esiste una narrativa in merito. E questa e’ gia’ una spiegazione…
      Certo nessuno ha mai intervistato gli altri membri della scorta.
      Le mail ti raggiungono ovunque con BlackBerry® from Vodafone!

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  • Marco Reis  Il marzo 18, 2013 alle 5:21 PM

    Mi scuso se invado anche questo scambio, dopo i romanzi incompetenti che ho già scritto in altro post.
    ***
    Di sicuro abbiamo un governo di inetti, eccetera. Ma non è che i nostri inetti hanno anche il piccolo problema di avere a che fare anche con degli ubriachi, di fronte ai quali non c’è competenza diplomatica che tenga ?
    A parte l’inchiesta taroccata, le pallottole, l’autopsia, la avocazione, le acque internazionali, eccetera, leggo ora che:
    1) I nostri marò non sono considerati fuggitivi finchè non scadrà il termine della loro licenza (22 marzo); e allora se non c’è ancora una fuga, un reato, una parola mancata, che cosa si imputa all’ambasciatore? La sua libertà è ristretta per delle dichiarazioni politiche di un governo (il nostro) a un altro (il loro) per fatti ancora inesistenti ? Dovrebbe difendersi da cosa ?
    2) Se lo scambio di diplomatici con relative credenziali è un atto reciproco che avviene tra Governi, il signor Corte Suprema Indiana, oltre ad aver compiuto un atto restrittivo sulla base di una presunzione politica, sta minacciando noi o sta innanzitutto delegittimando il suo governo ? Che c’è in India: una Super Boccassini ?
    Quoto il Pakistan. Ma mi permetto sommessamente di non porre al centro dell’attenzione i nostri eventuali errori: mi sembrano nulla, di fronte alla enormità dei fatti.

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    • antoniochedice  Il marzo 18, 2013 alle 7:07 PM

      Non c’è nessuna enormità dei fatti. La Corte ha mandato un fax a tutti gli aeroporti ordinando di non prendere a bordo il nostro diplomatico. È un suo diritto.
      Esistono persone interessate a gonfiare la vicenda ecco perché si scoprono tanti patrioti dell’ultima ora.
      Se noi non avessimo fatto una serie di macroscopici errori, il fatto che esistano dei piccoli Ingroia nel sub continente indiano, non ci riguarderebbe.
      Credo proprio che mi dedicherò a ricostruire gli eventi.

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  • Roberto  Il marzo 18, 2013 alle 6:07 PM

    Grazie per il lei. Tornando all’intervento militare non mi vorrai mica dire che non siamo in grado di portare un elicottero al limite delle acque territoriali e spedire i nostri commandos a prendersi l’ambasciatore e portarselo via.Dai Tonino! Gli ho visti fare cose da pazzi qui vicino a Spezia nell’addestramento che un’operazione del genere per loro è una giacchettata.Magari si può discutere sull’opportunità ma non sulla fattibilità

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    • antoniochedice  Il marzo 18, 2013 alle 6:16 PM

      Oltre all’ambasciatore ci sono una decina di collaboratori e famiglie rispettive. Poi l’elicotteri (i) da dove parte e dove arriva. E il dominio dell’aria ?

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  • Marco Reis  Il marzo 18, 2013 alle 11:06 PM

    La Corte Suprema ha diritto di scavalcare il suo stesso governo ??? La Boccassini è una pallida dilettante. 🙂

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    • antoniochedice  Il marzo 19, 2013 alle 3:54 am

      Non hai mai sentito parlare di autonomia della magistratura? Credevo che ormai fosse noto.

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  • Marco Reis  Il marzo 19, 2013 alle 10:41 am

    Certo che è noto. E lì l’autonomia giudiziaria arriva al punto di sostituirsi autonomamente al proprio governo anche nelle relazioni internazionali. La Boccassini può andare in India a fare un Master di Perfezionamento su come si fa a riscrivere le regole dei rapporti tra Stati per via giudiziaria interna. Così avremo non uno ma tanti codici di leggi internazionali: quelle fatte dai governi, quelle fatte dai giudici, quelle fatte dai militari, dai boy scout, e così via. Che sia una nuova forma di federalismo giuridico ? 🙂

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  • antoniochedice  Il marzo 19, 2013 alle 9:54 PM

    La Boccasini non ha mai fatto nulla del genere. Quel che mi preoccupa degli indiani è che hanno trattenuto in Patria il loro nuovo ambasciatore che stava per raggiungere la sua nuova sede.

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  • Francesco  Il aprile 8, 2013 alle 5:17 PM

    Caro Antoniochedice

    anche se con relativo ritardo, leggo quasi tutti i post che i follower ti inviano.
    Scrivo in relazione all’India, ma il concetto è estensibile a molte altre situazioni di rapporti con paesi non UE: il tema è la lunghissima procedura web che un mio amico intenzionato a trascorrere alcuni giorni di ferie in India deve eseguire per avere il visto. Deve inoltrare una grande quantità di dati personali e professionali, foto, qualifiche eccetera.
    Posto che non vado a sindacare la scelta di dove passare le proprie vacanze, che ne pensi/pensate dell’ idea di reciprocità? Richiede attributi, non v’è dubbio, ma almeno (indipendentemente dalla vicenda dei due marò che verosimilmente saranno processati anche qui) salviamo l’onore.
    Francesco P.

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    • antoniochedice  Il aprile 9, 2013 alle 1:59 PM

      Amico moi, creare reciprocità non risolve il problema. Questo problema, poi, non avrebbe mai dovuto sorgere. Se si volesse fare rappresaglie, queste andrebbero fatte – a mio avviso – in maniera da essere impersonali. Ad esempio, colpire l’importazione di frutta tropicale che viene dall’India oppure mettere fuorilegge il sotware di origine indiana o no accettare documenti contabili di origine indiana ( ad esempio alcune comnpagnie aeree tengono la contabilità in India). Vessare dei singoli con la burocrazia, non è quantificabile ai fini negoziali e risulta odioso.

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  • antoniochedice  Il febbraio 2, 2014 alle 7:35 am

    L’ha ribloggato su IL CORRIERE DELLA COLLERAe ha commentato:

    Intervista del 18 Marzo 2013. Mantiene intatta tutta la sua attualità.

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  • Carlo Cadorna  Il febbraio 2, 2014 alle 8:00 PM

    Adesso i marò non possono essere liberati perché il BIP (partito nazionalista) accuserebbe l”Italiana” (partito del congresso) di favorirli. Dopo le elezioni, se come sembra vince il BIP, troveranno il modo per risolvere la questione.

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