Il Jane’s, primo almanacco inglese dell’industria bellica mondiale, ha dato una notizia passata inosservata dai media: nel 2014 la posizione di maggior acquirente di armi al mondo è stata persa dall’ India e conquistata dall’Arabia Saudita con oltre 6,4 miliardi di dollari di acquisti in un solo anno, mentre l’India non ha superato la soglia dei sei miliardi( 5,5), pur avendo territorio e popolazione quasi venti volte più grandi e avendo per avversario principale il Pakistan che è una potenza nucleare.
Il mercato mondiale delle armi è in crescita continua dal 2008 – l’anno in cui la crisi finanziaria mondiale è esplosa – ed ha raggiunto i 64 miliardi di dollari contro i 56 miliardi del 2013 ( l’aumento è del 13,4%.)
Se agli acquisti sauditi si aggiungono quelli degli Emirati Arabi Uniti, la cifra raggiunge e supera gli 8,6 miliardi di dollari nel solo 2014, ossia più degli acquisti della intera Europa Occidentale.
il secondo esportatore mondiale dopo gli USA che detengono un terzo del mercato globale, è la Russia con un modesto 10%. I suoi clienti principali sono La Cina ( specie per aereospaziale), l’India e l’Iran che però prevede un 2015 in calo, mentre i sauditi prevedono un ulteriore incremento 2015 del 52%.
a ridosso dei due colossi del mercato globale delle armi, la Francia che ha esportato per 4,9 miliardi di dollari nel 2014, l’Inghilterra ( 4,1), La Germania ( 3,5), l’Italia (1,9), Israele (1,7) e la Cina ( 1,5), passata anche da quinto paese importatore a terzo.
Le due aree di acquisto più significative sono l’Asia e il Medio Oriente sia pure per ragioni differenti.
Anche volendo spiegare con la fornitura di armi a tutti i ribelli del mondo arabo e con il dopaggio dei prezzi, dovuto alla corruzione endemica bilaterale, il fenomeno arabo non si capisce se non con l’acquisto del biglietto di ingresso nella lobby ultrapotente del complesso militar industriale degli Stati Uniti.
Come mai il paese centrale della lobby petrolifera mondiale sente il bisogno di cercare nuove alleanze e le cerca assieme allo Stato di Israele col quale è formalmente ancora in Stato di guerra? La risposta è che hanno il comune interesse di sbarrare la strada della intesa con gli USA all’Iran.
L’altra area di acquirenti famelici è rappresentata dall’Asia, dove accanto a fenomeni emergenti ( la Corea del sud con 750 milioni di export quest’anno) si nota una vera e propria corsa agli armamenti – specie aeronautici – segno che il mondo intero ha capito che tutti pensano che la partita si giocherà laggiù.
Paradossalmente questo è il motivo per cui anche gli arabi stanno acquistando smodatamente: non vogliono perdere l’attenzione degli USA nel contesto mondiale e, mentre Israele con Netanyahu ha scelto la via della scena di gelosia in pubblica piazza ( al Congresso e con plateali bugie circa il potenziale iraniano), gli arabi mostrano tutta la loro potenza finanziaria per spingere gli americani a mantenere il matrimonio di interesse e assommando al peso della tradizionale lobby petrolifera quello del ” complesso militar industriale” il cui trio di testa è rappresentato dalla Boeing, la Lookheed Martin e Raytheon.
Patetico, in questo contesto, il comunicato stampa Finmeccanica apparso su Il Messaggero di ieri in cui annunzio di prevedere un aumento di utili di venti milioni con un ragionamento contorto di cui ho capito solo una cosa: Moretti sta vendendo il comparto ferroviario a terzi non identificati, evidentemente non ci guadagna e per il resto tende la mano.
Le implicazioni geopolitiche di questi numeri e l’impatto del negoziato Iran-5+1 sul confronto con la Cina e lòa permanenza in Afganistan lo vedremo nel prossimo post.