Ieri un gruppo di sessanta giovani israeliani, rappresentati da una diciassettenne ( Dafna Rothstein Landman), ha firmato una dichiarazione ufficiale di rifiuto di far parte dell’ “esercito di occupazione” israeliano.
Il rifiuto,in un momento delicato del “negoziato di pace” che sta giungendo alla fine dei nove mesi previsti dal Dipartimento di Stato americano per la conclusione della trattativa e all’obbligo recentissimo di servizio militare imposto agli ultraortodossi esonerati fino a pochi giorni fa.
Netanyahu, ha chiesto di riconoscere la giudaicità dello Stato di Israele: è un implicita ammissione che prima o poi ci sarà un solo Stato con due popoli e vuole avvantaggiarsi per la futura coabitazione?
Commenti
L’ha ribloggato su Il Blog di giornalismo economico e finanziario.
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Col riconoscimento mondiale di stato ebraico (o giudaico) Israele dovrebbe amaramente rinunciare a essere uno stato moderno. Non costituirebbe questa una sconfitta morale troppo forte per diventare principio fondante di uno stato?
Se infatti l’elemento costitivo fosse quello etnico-culturale, lo stato risulterebbe fondato su un elemento tribale. Se fosse quello religioso, diventerebbe uno stato clericale.
In entrambi i casi rinuncerebbe a essere uno stato democratico. Nel senso auspicato da quella parte della diaspora ebraica che negli anni ’30-40 chiamava la Palestina “la patria comune del popolo ebraico che vi ritorna e del popolo arabo che la abita”. La Palestina è rimasta la stessa. Salvo che da alcuni decenni – con uno scivolamento linguistico che ha sostituito sillabe dolci con suoni più duri – viene comunemente (non unanimamente) chiamata Israele e territori occupati.
Inoltre: l’idea di trasformare tutti gli arabi e gli altri israeliani non ebrei (circa il 25% della popolazione attuale) o i loro figli in stranieri in patria non sarebbe un destino troppo paradossale per persone che per secoli lo subirono?
In un discorso del 1938 David Ben Gurion disse: “Let us not ignore the truth among ourselves … politically we are the aggressors and they defend themselves … The country is theirs, because they inhabit it, whereas we want to come here and settle down, and in their view we want to take away from them their country”.
Se due popoli non riescono più a fare uno stato forse più che altro è perché tre Sharon, Olmert e Netanyahu messi insieme non riescono più a fare un leader politico.
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Ancora: la proposta mediata da Kerry (altro diplomatico di non alto profilo) relativa a due popoli due stati è accompagnata dal solo riconoscimento delle risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di sicurezza dell’ONU, a esclusione di tutte le altre.
Ciò produrrebbe effetti del tutto analoghi a quelli già descritti nel 1995 da Shimon Peres, quando annunciò trionfante: “the deal kept the following in Israeli hands: 73 percent of the lands of the territories, 97 percent of security and 80 percent of the water”.
Teniamo conto dell’attuale tasso di accrescimento demografico dei palestinesi. Potrebbero davvero gli israeliani figli della diaspora europea recintare con le loro stesse mani quello che per gli arabi diventerebbe domani un enorme campo di concentramento, dopodomani una camera a gas?
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In realtà sarebbe un unico Stato per un unico popolo diviso solo da religioni diverse. Ma fra Bosone di Higgs e scoperta delle onde gravitazionali della radiazione di fondo con conferma provata del Big Bang le religioni sono ormai un giocattolo rotto. Dobbiamo essere ottimisti
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L’ha ribloggato su CI DISPIACE….MA VINCEREMO NOI!.
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