Gli USA hanno per anni tenuto un duplice atteggiamento politico militare che si può condensare con lo slogan ” Duri in Asia e molli in Europa” ( ricordiamo la Guerra di Corea e del Vietnam, lo schiacciamento della guerriglia in Birmania ( a cura degli inglesi), le ripetute crisi per la Difesa di Taiwan (ricordate la crisi delle isole Amoy e Quemoy, due scogli a breve distanza dalla costa cinese, su cui gli USA avevano ammucchiato oltre 50.000 uomini di Ciang Kai Chek con intenti offensivi? ) , l’appoggio incondizionato al Presidente Marcos nelle Filippine. L’appoggio alle dittature indonesiane ( Sukarno prima e Suharto poi).
Dalla fine della seconda guerra mondiale, Gli Stati Uniti in Asia, hanno aiutato blandamente sia gli inglesi che i francesi che gli olandesi, a tenere il controllo delle loro colonie, ma senza rinunziare al subentro, specie in tutte le zone petrolifere del mondo.
Ovvio che dopo aver vinto la seconda guerra mondiale in Europa grazie alla strategia della deprivazione del petrolio alla Germania, ( vedasi in questo blog l’articolo pubblicato sulle strategie della seconda guerra mondiale) gli USA cercassero di assicurarsi il monopolio di questo prezioso elemento senza il quale navi, aerei e carri armati non si possono muovere.
Nel febbraio 1945, il moribondo Roosevelt, tornando da Yalta , sostò al largo delle coste saudite con l’incrociatore Quincy ed accolse a bordo il re di Arabia Saudita, Abd el Aziz, col quale strinse il patto che tuttora è rispettato dalle parti: gli USA avrebbero avuto il petrolio- con la ARAMCO – e gli arabi la protezione internazionale del vittorioso esercito alleato. Gli USA entravano nella penisola araba che era la Mecca dei petrolieri.
Si trattò inizialmente di un condominio con gli inglesi in quanto Sheick Abdallah Philby ( padre del più noto Kim Philby, traditore dell’intelligence service a favore del KGB) restava come consulente del re. Essendosi convertito all’Islam, Philby senior usava nei casi più importanti consigliare al re, prima di prendere una decisione, di recarsi a pregare alla Mecca, in maniera che l’ambasciatore USA restava fuori della città santa ed egli era il solo a seguirlo e consigliarlo.
Poi i francesi evacuarano il Libano e Siria e gli inglesi nel 1948 furono felici di liberarsi della grana del mandato Palestinese. Alla nascita dello Stato di Israele, il primo paese a riconoscerlo ufficialente fu l’Unione Sovietica del Maresciallo Stalin.
Nel 1953, la crisi Iraniana, il premier Mossedegh nazionalizzò il petrolio e gli angloamericani decretarono il blocco navale, che fu violato solo da una nave italiana: la Mirella, mentre lo Scià Reza Palhevi veniva in esilio a Roma in attesa che gli anglosassoni gli restituissero il trono.
Ne approfittò Enrico Mattei che ruppe il cartello petrolifero offrendo all’Iran non più il 50-50 classico dello schema anglosassone, ma il 75%, trattenendo per l’ENI il 25%.
Mal gliene incolse.
L’influenza inglese non cessò di diminuire in tutta l’area petrolifera del Vicino Oriente, sostituita da quella americana , specialmente a partire dal momento in cui la concessione dell’indipendenza all’India ( dopo un tentativo di far litigare mussulmani e Indu per restare come pacieri), fece capire che il mondo poteva cambiare padrone e che il leone britannico perdeva ormai i denti.
Fedeli al principio strategico affermato in guerra che chi controlla il petrolio (ricerca, estrazione e trasporto “downstream”) vince, gli USA iniziarono a controllare tutto il petrolio del mondo ad eccezione di quello russo. Una legge per il petrolio texano limitava l’estrazione a tre giorni alla settimana sul territorio americano e fissarono il principio che anche se il petrolio era destinato a finire, l’ultima goccia sarebbe stata quella dei loro pozzi.
Il primo intervento “forte” nel mondo arabo si ebbe nel 1956, quando, il colonnello Nasser nazionalizzò il canale di Suez in risposta al diniego americano a finanziare la diga di Assuan destinata a irrigare migliaia di ettari a cotone. Il diniego del promesso intervento finanziario americano, fu dovuto alla lobby dei cotonieri degli Stati del sud, timorosi della concorrenza cotoniera egiziana.
La compagnia finanziaria di suez, di proprietà franco britannica, chiese ed ottenne un intervento militare che fu coordinato assieme agli israeliani ( che dopo la guerra del 1948 non avevano più avuto problemi militari e questo se lo cercarono…). Ci fu lo sbarco a Suez ( con la solita scusa di proteggere il canale dagli eventi bellici) e fu l’ultimo ruggito dei franco britannici: Il Presidente Eisenhauer intimò prima l’alt e poi l’evacuazione. L’Europa si piegò.
Questo gesto salvò la faccia e il trono di Nasser e gli diede la corrente di simpatia che ottiene qualsiasi capo arabo se tiene testa ai “frengi”.
Da quel momento, gli USA si installarono nell’area , L’Egitto e gli arabi non dimenticarono l’attacco israeliano e l’umiliazione subita cercando da allora una rivincita. Nel ‘ 67 il tentativo di rivincita fallì per poi parzialmente riuscire nel ’74 ( e questa è una storia da raccontare..).
Questo fu il primo grosso errore americano nell’area.( 1956) La stella di Nasser crebbe fino a minacciare l’influenza USA nell’area e creò non pochi problemi a tutti.
Il secondo errore ( 1979) fu accettare l’avvento di Komeini in Iran, scambiato per un sant’uomo portatore di democrazia , della pasta di quei predicatori evangelici che hanno tanto spazio nel Mid West.
Il terzo errore fu l’intervento in Libano nel 1982 ( in sintonia con Israele) che costò , con un solo attacco terroristico, oltre 250 morti ai marines e non risolse nulla.
L’errore successivo fu appoggiare gli irakeni di Saddam Hussein nella guerra contro l’Iran fino a fornire loro le foto satellitari delle postazioni avversarie. Questo genere di foto è considerato segreto anche per gli alleati degli USA.
Un errore ancora non rivelatosi nella sua disastrosità, consistette nel recuperare i denari della rendita petrolifera con la vendita di armi e centri di comando antinucleari al regno saudita. Ne riparleremo.
Altri errori, sono stati la seconda guerra d’Irak ( oltre 150.000 morti tra i soli irakeni) e l’invasione dell’Afganistan, a meno che non siano serviti per collocare centomila uomini ed alcune basi militari a est ed ovest delle frontiere iraniane, in previsione di un “assedio” o uno confronto militare.
Comunque, il predominio USA è durato, tra alterne vicende, fino ai giorni nostri assicurando un equilibrio precario quanto si vuole, ma sempre equilibrio.
Cosa ha spinto gli americani a cambiare atteggiamento e a rischiare il tutto per tutto mettendo in subbuglio la zona più delicata del mondo?
Le risposte si trovano nella rinascita della Cina al mondo globale, nella necessità di creare nuove fonti di petrolio, la mutata posizione strategica della Turchia “snobbata” dall’Europa , l’arrivo della Russia sullo scacchiere del mondo con le sue ricchezze petrolifere che minacciano il controllo americano sul ” downstream”, la sicurezza di Israele costantemente in pericolo e il messianismo USA che ritiene la “dissemination” della democrazia come compito storico affidato agli USA dai padri pellegrini.
Tutti questi elementi si sono armonizzati creando una strategia che non può che prevedere una situazione di unrest nel mediterraneo per almeno un decennio.
Con instabilità nell’intera area del mediterraneo, la instabilità israeliana non sarebbe più una anomalia, anzi. ( l’economia israeliana non è mai stata tanto florida e in espansione).
La Turchia che si è allontanata dall’occidente per giocare un nuovo ruolo di potenza regionale, se dura l’unrest deve riesaminare la sua posizione di avvicinamento all’Iran e non può permettersi due tanto diversi fronti di politica estera. Alle spalle ha la Grecia che ad onta della crisi economica spende il 6% del proprio PIL per armare l’esercito, mentre i suoi equipaggiamenti dipendono ancora dagli USA.
Inevitabile in questo scenario, l’aumento del petrolio, che appena raggiungerà i 120 dollari al barile consentirà un utilizzo economico dell’estrazione dalle immense riserve di scisti bituminose del Continente Americano, altrimenti non sfruttabili.
Col mediterraneo in ebollizione e le sue rive insicure , la Cina non avrà altro partner globale che gli USA. Se la forza militare mostrerà i suoi muscoli, nessun paese oserà contestare il ruolo del dollaro o proporre l’adozione dell’euro come moneta degli scambi petroliferi internazionali.
Le grandi compagnie di ventura cresciute all’ombra dell’intervento in Irak e Afganistan, vedono la prospettiva di ulteriori interventi armati come una manna che consentirà loro di investire i miliardi di dollari incassati nelle precedenti avventure.
Con questa situazione di tensione mediterranea, tutti i principali elementi di preoccupazione degli USA appena descritti, diventano altrettanti punti di forza.
Questa serie di considerazioni mercantili , tutte di vitale importanza , si sono sposate con la bomba a orologeria lasciata da Bush Jr all’interno dell’amministrazione e in particolare della CIA. Sono stati reclutati una serie di giovani e focosi evangelici della Bible Belt che hanno mandato a mente tutte le date storiche e l’etnografia dei luoghi, ma non capiscono la mentalità degli orientali, siano essi arabi, persiani o turchi. Hanno la logica elementare consacrata dai film western.
Un solo esempio: una fanciulla assegnata alla sede CIA di Parigi l’hanno dovuta rimpatriare perchè invece di fare il lavoro per cui era pagata, si era messa a distribuire per strada volantini – a tempo pieno – per invitare i francesi a diventare protestanti di non so bene quale fazioncella religiosa.
Pensate a quelli che adesso hanno la convinzione di agire per la fede ( proprio come i talebani) solo che hanno a disposizione, non vecchi archibugi, ma le più moderne tecnologie di persuasione e di guerra.
La parte cinica e affarista del mondo politico USA ha intravisto il business e proposto la crociata. La prospettiva di esportare la Democrazia e il politically correct dell’uguaglianza dei sessi, ha tolto agli idealisti USA ogni capacità di analisi della situazione. La macchina è partita.
Gli ingredienti della guerra ci sono tutti. Qualcuno dirà che esagero o che gli americani non metterebbero mai in difficoltà i loro alleati europei.
Errore. Lo hanno sempre fatto, ma sono sempre riusciti a farlo dimenticare.
Per chi voglia una prova storica, allego un mio elaborato ( titolo provvisorio: giapponesi all’offensiva). Racconta di quando una squadra navale composta di 12 caccia USA abbandonarono gli alleati durante un combattimento navale che costò la distruzione del resto della flotta alleata composta da navi olandesi, inglesi e australiane, la morte dell’ammiraglio comandante Doorman e la conquista dell’isola di Giava da parte dei giapponesi.
Il libro è mio e c’è il copyright. Buona lettura.
Giapponesi all’offensiva 1941-1942 definitivo – Copia
Antonio de Martini
Commenti
morte al capitalismo ed ai capitalisti, non c’e guerra civile che gli americanotti con i loro giocattoli abbiano vinto il viet nam e un esempio.
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L’ha ribloggato su IL CORRIERE DELLA COLLERAe ha commentato:
A febbraio 2011 la prospettiva era 10 ANNI di insicurezza mediterranea e la corsa verso la guerra. Siamo all’anno 3.
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“Col mediterraneo in ebollizione e le sue rive insicure , la Cina non avrà altro partner globale che gli USA. Se la forza militare mostrerà i suoi muscoli, nessun paese oserà contestare il ruolo del dollaro o proporre l’adozione dell’euro come moneta degli scambi petroliferi internazionali.”
Sarebbe interessante conoscere da quali basi scaturisce questa affermazione.
In che senso la Cina potrà avere solo gli USA come partner globale, per continuare a finanziare il loro infinito dabito pubblico? Mi sembra invece che la Cina si stia proponendo lei come partner globale, cercando sempre più di emarginare gli USA, ma può darsi che questa idea dipenda dalle mie fonti.
Credo che oggi le potenze militari più che mostrare i muscoli, debbano mostrare cervello. Scontri frontali tra potenze nucleari a meno di aver la vocazione al suicidio credo possano essere escluse, penso pure che le principali potenze si siano già vaccinate contro destabilizzazioni interne tanto care ai fondamentalisti puritani da chiamarle rivoluzioni colorate.
L’aiutino esterno alle rivoluzioni colorate, anche quello sembra mostrare i suoi limiti e se si analizzano concretamente i sistemi d’arma di ultima generazione sono tutti sistemi asimmetrici per cui anche guerre per procura possono dimostrarsi fallimentari per chi è costretto ad attaccare: nel 2006 in Libano con armi da poche migliaia di dollari gli Hezbollah sono riusciti a suonarle per bene all’esercito israeliano nella campagna di terra, in Siria, invece, non sono riusciti a imporre la “no fly zone” e il così detto esercito di liberazione sembra in ritirata, in Ucraina si può constatare quante perdite l’esercito ufficiale riesca a collezionare contro alcune regioni motivate, ma con armamenti carenti e di fortuna.
Pertanto ritengo che il pericolo di una guerra possa nascere dal cedimento dei nervi di qualcuno; i fondamentalisti puritani riescono bene nel tentativo di logorare i nervi all’avversario, ma se questo tiene i nervi saldi di solito sono i primi a fare non uno, ma due passi indietro; qualcosa la faccenda del Kursk dovrebbe pur insegnarla.
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La differenza tra quel che lei dice e quel che scrivo è proprio data dalle fonti. Io non ho fonti: analizzo dei dati. Se da un’occhiata ai post degli anni trascorsi vedrà che le mie analisi non si sono mai discostate dalla verità .
Lei è affezionato alle sue fonti perché alimentano le sue antipatie. Dia retta, le sue fonti gliela danno a bere.
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