DANNI E VANTAGGI OTTENUTI DAI PAESI , GOVERNI E PROFUGHI COLPITI DAL SISMA.
Tutto é stato detto e scritto sull’ondata di sofferenze e disagi abbattutisi su Turchia del sud est e Siria del Nord ovest. Ora é tempo di trarre le somme ed esaminarne gli effetti economici e politici.
Erdogan e Assad possono , nel segreto delle rispettive alcove ammettere di essere stati politicamente e militarmente miracolati: l’area colpita dalla catastrofe collima a un km presso con la zona di inaffidabilità politico-militare che li affliggeva. La Turchia vede dimezzata la zona in cui i suoi oppositori avevano la maggioranza e votavano per il leader filo curdo Demirktash e Assad ha visto colpiti quasi tutti i villaggi controllati dai jihadisti insediati nella zona di Idleb. Aleppo, la lealista, coi suoi trenta morti, é sufficientemente colpita da aver diritto agli aiuti, ma non tanto quanto i poveri villaggi dei suoi dintorni.
La campagna di relazioni pubbliche pacifiste ad oltranza fatta nell’ultimo anno ha fruttato una partecipazione planetaria di aiuti giunti persino dalla Mongolia e dal Burkina Faso.
L’impatto, a una prima valutazione, costa almeno 80 miliardi di euro di patrimonio devastato ( il 10% del PIL turco) e probabilmente si assesterà sul 15-17 % .
Quel che la stampa mondiale ha omesso di dire é che si tratta della zona più depressa del paese, dove la riforma agraria non aveva ancora prodotto effetti e nessuna area veramente produttiva é stata colpita, salvo ( immagino ma non ho notizie) l’oleodotto che sbuca ad Iskenderun (Alessandretta) nell’omonimo sangiaccato che affaccia sul golfo di Adana.
Il planetario plebiscito di solidarietà, che si é esteso fino a rivali geopolitici tradizionali come la Grecia e Israele, ha smantellato il lavorio sotterraneo dei paesi NATO che miravano da un anno a far sentire ai turchi tutta la riprovazione per le ormai frequenti prese di distanza di Erdogan e sui veti posti alla partecipazione Svedese ( meno per la finlandese) al Patto Atlantico. La proposta di blocco nelle forniture di F16 del Senatore Cruz, rimane sospesa ma imbarazza e l’uscita del segretario Generale NATO Jens Stoltenberg durante la visita ad Ankara, “ Questo é il momento di dire si alla Svezia nella NATO” é risuonato come un ululato di uno sciacallo sulle macerie di un paese.
Un altro coyote si é affacciato alla TV italiana a proposito della Siria, ventilando la possibilità che il siriano Assad possa “ sfruttare politicamente” gli aiuti dandoli prima ai suoi adepti. Ma come? Non hanno detto fino allo sfinimento che la Siria era tutta contro il regime Baathista? Sono stati smentiti da tutti i patriarchi delle chiese d’oriente che hanno invitato a togliere le sanzioni al paese. Sono almeno centomila voti alle elezioni americane.
Il ministero del tesoro USA é stato quindi costretto a emettere un nuovo regolamento che sospende per centottanta giorni ogni tipo di sanzione esistente a carico della Siria. Un’altra notizia sfuggita ai reporter senza vergogne della nostra stampa.
L’isolamento politico della Siria, ha subito anch’esso gravi danni: per la prima volta in un decennio, un aereo Saudita con venti tonnellate di aiuti é atterrato in Siria e altri ne seguiranno. Sbloccata l’Arabia Saudita, liberi tutti. La solidarietà interaraba ha fatto il resto: aiuti stanno giungendo dal piccolo e disastrato Libano, aiuti e squadre di soccorso dalla Giordania e dall’Irak si sono aggiunti alla Russia che é giunta per prima come avvenne da noi per il terremoto di Messina del 1908.
Il riavvicinamento già iniziato da tempo con la Turchia, adesso ha un terreno di sviluppo nella comune sventura. Dei nemici che hanno appoggiato l’aggressione la Siria, tre hanno smesso l’appoggio. Restano USA, UK, Francia ( che pure ha mandato una squadra) e Canada. Nemici lontani, direbbe Al Jawahyri.
Nullo “l’effetto rancore” verso i rispettivi governi delle popolazioni colpite: stavano già molto male prima del terremoto presi nella morsa della guerra e del freddo. La casa non gliela aveva distrutta il terremoto, ma i bombardamenti aerei russi e americani e israeliani. A migliaia vivevano già sotto le tende. Nelle scorse settimane avevo pubblicato sulla mia pagina facebook foto di profughi siriani minorenni in balia del gelo. Adesso hanno compagnia e qualche coperta in più. Anche per loro , in fondo, é stato un affare.
ECCO le foto di profughi minorenni che ho pubblicato su facebook nelle scorse settimane ben prima del terremoto. Come potete constatare il loro status non può che migliorare e mi ricorda qualche frase del Manzoni sulla Divina provvidenza.
“Il Diving and Salvage Center della Marina degli Stati Uniti si trova in un luogo oscuro come il suo nome, in quello che una volta era un viottolo di campagna nella zona rurale di Panama City, una città di villeggiatura ora in piena espansione nel panhandle sud-occidentale della Florida, 70 miglia a sud del confine con l’Alabama. Il complesso del centro non è descrittivo come la sua ubicazione: una struttura in cemento scialbo del secondo dopoguerra che ha l’aspetto di una scuola superiore professionale nella zona ovest di Chicago. Una lavanderia a gettoni e una scuola di danza si trovano dall’altra parte di quella che ora è una strada a quattro corsie.
Il centro ha addestrato per decenni sommozzatori altamente qualificati che, una volta assegnati alle unità militari americane in tutto il mondo, sono in grado di effettuare immersioni tecniche per fare il bene – utilizzando esplosivi C4 per liberare porti e spiagge da detriti e ordigni inesplosi – e il male, come far saltare in aria piattaforme petrolifere straniere, sporcare le valvole di aspirazione delle centrali elettriche sottomarine, distruggere le chiuse di canali di navigazione cruciali. Il centro di Panama City, che vanta la seconda piscina coperta più grande d’America, era il luogo perfetto per reclutare i migliori, e più taciturni, diplomati della scuola di immersione che l’estate scorsa hanno fatto con successo ciò che erano stati autorizzati a fare a 260 piedi sotto la superficie del Mar Baltico.
Lo scorso giugno, i sommozzatori della Marina, operando sotto la copertura di un’esercitazione NATO di metà estate ampiamente pubblicizzata, nota come BALTOPS 22, hanno piazzato gli esplosivi innescati a distanza che, tre mesi dopo, hanno distrutto tre dei quattro gasdotti Nord Stream, secondo una fonte con conoscenza diretta della pianificazione operativa.
Due dei gasdotti, noti collettivamente come Nord Stream 1, hanno fornito alla Germania e a gran parte dell’Europa occidentale gas naturale russo a basso costo per oltre un decennio. Una seconda coppia di gasdotti, denominata Nord Stream 2, era stata costruita ma non era ancora operativa. Ora, con le truppe russe che si ammassano al confine con l’Ucraina e con l’incombere della più sanguinosa guerra in Europa dal 1945, il presidente Joseph Biden vedeva i gasdotti come un veicolo per Vladimir Putin per armare il gas naturale per le sue ambizioni politiche e territoriali.
Alla richiesta di un commento, Adrienne Watson, portavoce della Casa Bianca, ha risposto in un’e-mail: “Questa affermazione è falsa e completamente inventata”. Tammy Thorp, portavoce della Central Intelligence Agency, ha scritto: “Questa affermazione è completamente e totalmente falsa”.
La decisione di Biden di sabotare gli oleodotti è arrivata dopo oltre nove mesi di discussioni segretissime all’interno della comunità di sicurezza nazionale di Washington su come raggiungere al meglio l’obiettivo. Per gran parte del tempo, il problema non è stato se compiere o meno la missione, ma come portarla a termine senza alcun indizio evidente su chi fosse il responsabile.
C’era una ragione burocratica vitale per affidarsi ai diplomati della scuola di immersione del centro a Panama City. I sommozzatori erano solo della Marina e non membri del Comando per le operazioni speciali americano, le cui operazioni segrete devono essere comunicate al Congresso e informate in anticipo alla leadership del Senato e della Camera, la cosiddetta Gang of Eight. L’amministrazione Biden stava facendo tutto il possibile per evitare fughe di notizie mentre la pianificazione si svolgeva tra la fine del 2021 e i primi mesi del 2022.
Il presidente Biden e la sua squadra di politica estera – il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, il segretario di Stato Tony Blinken e Victoria Nuland, sottosegretario di Stato per la politica – hanno manifestato in modo esplicito e coerente la loro ostilità ai due oleodotti, che si snodano uno accanto all’altro per 750 miglia sotto il Mar Baltico, partendo da due porti diversi nel nord-est della Russia, vicino al confine con l’Estonia, passando vicino all’isola danese di Bornholm prima di terminare nella Germania settentrionale.
La via diretta, che evita il transito in Ucraina, è stata una manna per l’economia tedesca, che ha goduto di un’abbondanza di gas naturale russo a basso costo, sufficiente per far funzionare le fabbriche e riscaldare le case, consentendo ai distributori tedeschi di vendere il gas in eccesso, con profitto, in tutta l’Europa occidentale. Un’azione che potesse essere ricondotta all’amministrazione avrebbe violato le promesse degli Stati Uniti di ridurre al minimo il conflitto diretto con la Russia. La segretezza era essenziale.
Fin dai primi giorni, Nord Stream 1 è stato visto da Washington e dai suoi partner anti-russi della NATO come una minaccia al dominio occidentale. La holding che ne è alla base, la Nord Stream AG, è stata costituita in Svizzera nel 2005 in partnership con Gazprom, una società russa quotata in borsa che produce enormi profitti per gli azionisti ed è dominata da oligarchi noti per essere al soldo di Putin. Gazprom controllava il 51% della società, mentre quattro aziende energetiche europee, una francese, una olandese e due tedesche, condividevano il restante 49% delle azioni e avevano il diritto di controllare le vendite a valle del gas naturale a basso costo ai distributori locali in Germania e in Europa occidentale. I profitti di Gazprom sono stati condivisi con il governo russo e, secondo le stime, in alcuni anni le entrate statali di gas e petrolio sono state pari al 45% del bilancio annuale della Russia.
I timori politici dell’America erano reali: Putin avrebbe avuto un’ulteriore e necessaria fonte di reddito, e la Germania e il resto dell’Europa occidentale sarebbero diventati dipendenti dal gas naturale a basso costo fornito dalla Russia, diminuendo la dipendenza europea dall’America. In realtà, questo è esattamente ciò che è accaduto. Molti tedeschi hanno visto il Nord Stream 1 come parte della realizzazione della famosa teoria dell’Ostpolitik dell’ex cancelliere Willy Brandt. Ostpolitikteoria della che avrebbe permesso alla Germania del dopoguerra di riabilitare se stessa e altre nazioni europee distrutte dalla Seconda Guerra Mondiale utilizzando, tra le altre iniziative, il gas russo a basso costo per alimentare un mercato e un’economia commerciale prospera nell’Europa occidentale.
Il Nord Stream 1 era già abbastanza pericoloso, secondo la NATO e Washington, ma il Nord Stream 2, la cui costruzione è stata completata nel settembre del 2021, se approvato dalle autorità di regolamentazione tedesche, raddoppierebbe la quantità di gas a basso costo disponibile per la Germania e l’Europa occidentale. Il secondo gasdotto fornirebbe inoltre gas sufficiente per oltre il 50% del consumo annuale della Germania. Le tensioni tra la Russia e la NATO, sostenute dall’aggressiva politica estera dell’amministrazione Biden, erano in costante aumento.
L’opposizione al Nord Stream 2 è esplosa alla vigilia dell’insediamento di Biden nel gennaio 2021, quando i repubblicani del Senato, guidati da Ted Cruz del Texas, hanno ripetutamente sollevato la minaccia politica del gas naturale russo a basso costo durante l’udienza di conferma di Blinken come Segretario di Stato. A quel punto un Senato unificato aveva approvato con successo una legge che, come disse Cruz a Blinken, “ha fermato [il gasdotto] sul nascere”. Il governo tedesco, allora guidato da Angela Merkel, avrebbe esercitato enormi pressioni politiche ed economiche per mettere in funzione il secondo gasdotto.
Biden si opporrebbe ai tedeschi? Blinken ha risposto di sì, ma ha aggiunto di non aver discusso i dettagli delle opinioni del Presidente entrante. “So che è fermamente convinto che questa sia una cattiva idea, il Nord Stream 2”, ha detto. “So che vorrebbe che usassimo tutti gli strumenti di persuasione di cui disponiamo per convincere i nostri amici e partner, compresa la Germania, a non andare avanti”.
Pochi mesi dopo, mentre la costruzione del secondo gasdotto si avvicinava al completamento, Biden ha battuto ciglio. Nel maggio dello stesso anno, con un sorprendente dietrofront, l’amministrazione rinunciò alle sanzioni contro Nord Stream AG, mentre un funzionario del Dipartimento di Stato ammise che cercare di fermare il gasdotto attraverso le sanzioni e la diplomazia era “sempre stato un azzardo”. Dietro le quinte, i funzionari dell’amministrazione avrebbero esortato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che a quel punto stava affrontando la minaccia di un’invasione russa, a non criticare la mossa.
Le conseguenze sono state immediate. I repubblicani del Senato, guidati da Cruz, hanno annunciato un blocco immediato di tutte le nomine di Biden in politica estera e hanno ritardato l’approvazione della legge annuale sulla difesa per mesi, fino all’autunno. In seguito Politico ha descritto il dietrofront di Biden sul secondo gasdotto russo come “l’unica decisione, probabilmente più del caotico ritiro militare dall’Afghanistan, che ha messo in pericolo l’agenda di Biden”.
L’amministrazione era in difficoltà, nonostante avesse ottenuto una tregua dalla crisi a metà novembre, quando le autorità tedesche di regolamentazione dell’energia hanno sospeso l’approvazione del secondo gasdotto Nord Stream. I prezzi del gas naturale hanno subito un’impennata dell’8% nel giro di pochi giorni, tra i crescenti timori in Germania e in Europa che la sospensione del gasdotto e la crescente possibilità di una guerra tra Russia e Ucraina avrebbero portato a un inverno freddo molto indesiderato. A Washington non era chiaro quale fosse la posizione di Olaf Scholz, il cancelliere tedesco appena nominato. Mesi prima, dopo la caduta dell’Afghanistan, Scholtz aveva pubblicamente appoggiato l’appello del presidente francese Emmanuel Macron per una politica estera europea più autonoma in un discorso a Praga, suggerendo chiaramente una minore dipendenza da Washington e dalle sue azioni mercuriali.
In tutto questo, le truppe russe si sono costantemente e minacciosamente accumulate ai confini dell’Ucraina e alla fine di dicembre più di 100.000 soldati erano in grado di colpire dalla Bielorussia e dalla Crimea. A Washington cresceva l’allarme, compresa una valutazione di Blinken secondo cui il numero delle truppe avrebbe potuto essere “raddoppiato in breve tempo”.
L’attenzione dell’amministrazione si è nuovamente concentrata su Nord Stream. Finché l’Europa continuerà a dipendere dal gasdotto per ottenere gas naturale a basso costo, Washington temeva che Paesi come la Germania sarebbero stati riluttanti a fornire all’Ucraina il denaro e le armi necessarie per sconfiggere la Russia.
È stato in questo momento di incertezza che Biden ha autorizzato Jake Sullivan a riunire un gruppo interagenzie per elaborare un piano.
Tutte le opzioni dovevano essere prese in considerazione. Ma solo una sarebbe emersa.
LAPIANIFICAZIONE
Nel dicembre del 2021, due mesi prima che i primi carri armati russi entrassero in Ucraina, Jake Sullivan convocò una riunione di una task force appena costituita – uomini e donne dello Stato Maggiore, della CIA, dei Dipartimenti di Stato e del Tesoro – e chiese raccomandazioni su come rispondere all’imminente invasione di Putin.
Sarebbe stato il primo di una serie di incontri top-secret, in una stanza sicura all’ultimo piano dell’Old Executive Office Building, adiacente alla Casa Bianca, che era anche la sede del President’s Foreign Intelligence Advisory Board (PFIAB). Ci furono i soliti botta e risposta che alla fine portarono a una domanda preliminare cruciale: La raccomandazione trasmessa dal gruppo al Presidente sarebbe stata reversibile – come un altro strato di sanzioni e restrizioni valutarie – o irreversibile – cioè azioni cinetiche, che non potevano essere annullate?Secondo la fonte con conoscenza diretta del processo, ciò che è apparso chiaro ai partecipanti è che Sullivan intendeva che il gruppo elaborasse un piano per la distruzione dei due gasdotti Nord Stream e che stava realizzando i desideri del Presidente
I GIOCATORI Da sinistra a destra: Victoria Nuland, Anthony Blinken e Jake Sullivan.
Nel corso delle successive riunioni, i partecipanti discussero le opzioni per un attacco. La Marina propose di utilizzare un sottomarino di recente costruzione per attaccare direttamente l’oleodotto. L’aeronautica discuteva di sganciare bombe con spolette ritardate che potessero essere innescate a distanza. La CIA sosteneva che qualsiasi cosa si facesse, avrebbe dovuto essere segreta. Tutti i partecipanti capirono la posta in gioco. “Non si tratta di roba da bambini”, ha detto la fonte. Se l’attacco fosse riconducibile agli Stati Uniti, “sarebbe un atto di guerra”.
All’epoca, la CIA era diretta da William Burns, un mite ex ambasciatore in Russia che era stato vice segretario di Stato nell’amministrazione Obama. Burns autorizzò rapidamente un gruppo di lavoro dell’Agenzia i cui membri ad hoc includevano, guarda caso, qualcuno che aveva familiarità con le capacità dei sommozzatori della Marina a Panama City. Nelle settimane successive, i membri del gruppo di lavoro della CIA iniziarono a elaborare un piano per un’operazione segreta che avrebbe utilizzato i sommozzatori per innescare un’esplosione lungo l’oleodotto.
Qualcosa di simile era già stato fatto in passato. Nel 1971, la comunità dei servizi segreti americani apprese da fonti ancora non rivelate che due importanti unità della Marina russa comunicavano attraverso un cavo sottomarino interrato nel Mare di Okhotsk, sulla costa dell’Estremo Oriente russo. Il cavo collegava un comando regionale della Marina al quartier generale continentale di Vladivostok.
Una squadra selezionata di agenti della Central Intelligence Agency e della National Security Agency è stata riunita da qualche parte nell’area di Washington, sotto copertura, e ha elaborato un piano, utilizzando sommozzatori della Marina, sottomarini modificati e un veicolo di salvataggio sottomarino, che è riuscito, dopo molti tentativi ed errori, a localizzare il cavo russo. I sommozzatori hanno piazzato sul cavo un sofisticato dispositivo di ascolto che ha intercettato con successo il traffico russo e lo ha registrato su un sistema di registrazione.
L’NSA venne a sapere che gli alti ufficiali della marina russa, convinti della sicurezza del loro collegamento, chiacchieravano con i loro colleghi senza crittografia. Il dispositivo di registrazione e il nastro dovevano essere sostituiti mensilmente e il progetto andò avanti allegramente per un decennio, finché non fu compromesso da un tecnico civile della NSA di quarantaquattro anni, Ronald Pelton, che parlava correntemente il russo. Pelton fu tradito da un disertore russo nel 1985 e condannato alla prigione. I russi gli pagarono solo 5.000 dollari per le sue rivelazioni sull’operazione, oltre a 35.000 dollari per altri dati operativi russi da lui forniti che non furono mai resi pubblici.
Quel successo subacqueo, chiamato in codice Ivy Bells, fu innovativo e rischioso, e produsse informazioni preziose sulle intenzioni e i piani della Marina russa.
Tuttavia, il gruppo interagenzie era inizialmente scettico sull’entusiasmo della CIA per un attacco segreto in mare aperto. C’erano troppe domande senza risposta. Le acque del Mar Baltico erano pesantemente pattugliate dalla marina russa e non c’erano piattaforme petrolifere che potessero essere usate come copertura per un’operazione subacquea. I sommozzatori sarebbero dovuti andare in Estonia, proprio al di là del confine con le banchine di carico del gas naturale della Russia, per addestrarsi alla missione? “Sarebbe una scopata da capre”, è stato detto all’Agenzia.
Nel corso di “tutti questi piani”, ha raccontato la fonte, “alcuni funzionari della CIA e del Dipartimento di Stato dicevano: “Non fatelo. È stupido e sarà un incubo politico se verrà fuori”.
Tuttavia, all’inizio del 2022, il gruppo di lavoro della CIA riferì al gruppo interagenzie di Sullivan: “Abbiamo un modo per far saltare gli oleodotti”.
Quello che è successo dopo è stato sbalorditivo. Il 7 febbraio, meno di tre settimane prima dell’apparentemente inevitabile invasione russa dell’Ucraina, Biden si è incontrato nel suo ufficio alla Casa Bianca con il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, che, dopo qualche tentennamento, era ora saldamente nella squadra americana. Durante il briefing con la stampa che ne è seguito, Biden ha affermato con tono di sfida: “Se la Russia invade… non ci sarà più un Nord Stream 2. Metteremo fine a tutto questo“.
Venti giorni prima, il Sottosegretario Nuland aveva trasmesso essenzialmente lo stesso messaggio durante un briefing del Dipartimento di Stato, con poca copertura da parte della stampa. “Voglio essere molto chiara con voi oggi”, ha detto in risposta a una domanda. “Se la Russia invade l’Ucraina, in un modo o nell’altro il Nord Stream 2 non andrà avanti“.
Molti di coloro che hanno partecipato alla pianificazione della missione dell’oleodotto sono rimasti sconcertati da quelli che hanno considerato come riferimenti indiretti all’attacco.
“È stato come mettere una bomba atomica a Tokyo e dire ai giapponesi che la faremo esplodere”, ha detto la fonte. “Il piano prevedeva che le opzioni fossero eseguite dopo l’invasione e non pubblicizzate pubblicamente. Biden semplicemente non l’ha capito o l’ha ignorato”.
L’indiscrezione di Biden e della Nuland, se di questo si è trattato, potrebbe aver frustrato alcuni dei pianificatori. Ma ha anche creato un’opportunità. Secondo la fonte, alcuni alti funzionari della CIA hanno stabilito che far saltare l’oleodotto “non poteva più essere considerata un’opzione segreta perché il Presidente aveva appena annunciato che sapevamo come farlo”.
Il piano per far saltare in aria Nord Stream 1 e 2 è stato improvvisamente declassato da un’operazione segreta che richiedeva l’informazione del Congresso a un’operazione di intelligence altamente classificata con il supporto militare degli Stati Uniti. Secondo la legge, ha spiegato la fonte, “non c’era più l’obbligo legale di riferire l’operazione al Congresso. Tutto ciò che dovevano fare ora era farlo e basta, ma doveva essere ancora segreto. I russi hanno una sorveglianza superlativa del Mar Baltico”.
I membri del gruppo di lavoro dell’Agenzia non avevano contatti diretti con la Casa Bianca e non vedevano l’ora di scoprire se il Presidente intendeva dire quello che aveva detto, cioè se la missione era ormai avviata. La fonte ha ricordato: “Bill Burns torna e dice: “Fatelo””.
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“La marina norvegese è stata rapida nel trovare il punto giusto, nelle acque poco profonde a poche miglia dall’isola danese di Bornholm…”.
L‘OPERAZIONE
La Norvegia era il luogo perfetto per la missione.
Negli ultimi anni di crisi Est-Ovest, le forze armate statunitensi hanno ampliato notevolmente la loro presenza in Norvegia, il cui confine occidentale corre per 1.400 miglia lungo l’Oceano Atlantico settentrionale e si fonde sopra il Circolo Polare Artico con la Russia. Il Pentagono ha creato posti di lavoro e contratti altamente remunerativi, tra qualche polemica locale, investendo centinaia di milioni di dollari per aggiornare ed espandere le strutture della Marina e dell’Aeronautica americane in Norvegia. Le nuove opere comprendevano, soprattutto, un radar avanzato ad apertura sintetica, in grado di penetrare in profondità in Russia, entrato in funzione proprio quando la comunità di intelligence americana ha perso l’accesso a una serie di siti di ascolto a lungo raggio all’interno della Cina.
In cambio, lo scorso novembre il governo norvegese ha fatto arrabbiare i liberali e alcuni moderati del suo parlamento approvando l’Accordo supplementare di cooperazione per la difesa (SDCA). In base al nuovo accordo, in alcune “aree concordate” del Nord, il sistema giuridico statunitense avrà giurisdizione sui soldati americani accusati di crimini fuori dalla base, così come sui cittadini norvegesi accusati o sospettati di interferire con il lavoro della base.
La Norvegia è stata uno dei primi firmatari del Trattato NATO nel 1949, agli inizi della Guerra Fredda. Oggi, il comandante supremo della NATO è Jens Stoltenberg, un convinto anticomunista, che è stato primo ministro norvegese per otto anni prima di passare alla sua alta carica alla NATO, con il sostegno americano, nel 2014. Si trattava di un duro su tutto ciò che riguardava Putin e la Russia, che aveva collaborato con la comunità di intelligence americana fin dai tempi della guerra del Vietnam. Da allora si è fidato completamente di lui. “È il guanto che si adatta alla mano americana”, ha detto la fonte.
A Washington i pianificatori sapevano che dovevano andare in Norvegia. “Odiavano i russi e la marina norvegese era piena di marinai e sommozzatori eccellenti, con generazioni di esperienza nell’esplorazione di petrolio e gas in acque profonde altamente redditizie”, ha detto la fonte. Inoltre ci si poteva fidare di loro per mantenere la missione segreta. (I norvegesi potrebbero aver avuto anche altri interessi. La distruzione di Nord Stream, se gli americani riuscissero a portarla a termine, consentirebbe alla Norvegia di vendere una quantità molto maggiore del proprio gas naturale all’Europa).
A marzo, alcuni membri del team si recarono in Norvegia per incontrare i servizi segreti e la marina norvegese. Una delle domande chiave era dove esattamente nel Mar Baltico fosse il posto migliore per piazzare gli esplosivi. Nord Stream 1 e 2, ciascuno con due serie di condotte, erano separati per gran parte del percorso da poco più di un miglio, mentre si dirigevano verso il porto di Greifswald, nell’estremo nord-est della Germania.
La marina norvegese è stata rapida nel trovare il punto giusto, nelle acque poco profonde del Mar Baltico, a poche miglia dall’isola danese di Bornholm. Le condutture correvano a più di un miglio di distanza l’una dall’altra, su un fondale profondo solo 260 piedi. Si trattava di un’area ben raggiungibile dai sommozzatori che, operando da un cacciamine norvegese della classe Alta, si sarebbero immersi con una miscela di ossigeno, azoto ed elio che usciva dalle loro bombole e avrebbero piazzato cariche di C4 sagomate sulle quattro condutture con coperture protettive in cemento. Sarebbe stato un lavoro noioso, lungo e pericoloso, ma le acque al largo di Bornholm avevano un altro vantaggio: non c’erano grandi correnti di marea, che avrebbero reso il compito di immergersi molto più difficile.
Dopo un po’ di ricerche, gli americani erano tutti d’accordo.
A questo punto, entrò di nuovo in gioco l’oscuro gruppo di immersione profonda della Marina a Panama City. Le scuole d’altura di Panama City, i cui allievi hanno partecipato alle Ivy Bells, sono viste come un’indesiderata zona d’ombra dall’élite dei diplomati dell’Accademia Navale di Annapolis, che di solito cercano la gloria di essere assegnati come Seal, piloti di caccia o sommergibilisti. Se uno deve diventare una “scarpa nera”, cioè un membro del meno desiderabile comando di navi di superficie, c’è sempre almeno un incarico su un cacciatorpediniere, un incrociatore o una nave anfibia. La meno affascinante di tutte è la guerra di mine. I suoi sommozzatori non appaiono mai nei film di Hollywood o sulle copertine delle riviste popolari.
“I migliori sommozzatori con qualifiche per immersioni profonde sono una comunità ristretta e solo i migliori vengono reclutati per l’operazione e viene detto loro di prepararsi a essere convocati dalla CIA a Washington”, ha detto la fonte.
NOTA E’ SALTATA LA TRADUZIONE DI UNA PARTE DELL’ARTICOLO CHE E’ LA PIU’ INTERESSANTE ECCOLA. MI SPIACE MA SONO TROPPO STANCO PER TRADURLA:
The Norwegians and Americans had a location and the operatives, but there was another concern: any unusual underwater activity in the waters off Bornholm might draw the attention of the Swedish or Danish navies, which could report it.
Denmark had also been one of the original NATO signatories and was known in the intelligence community for its special ties to the United Kingdom. Sweden had applied for membership into NATO, and had demonstrated its great skill in managing its underwater sound and magnetic sensor systems that successfully tracked Russian submarines that would occasionally show up in remote waters of the Swedish archipelago and be forced to the surface.
The Norwegians joined the Americans in insisting that some senior officials in Denmark and Sweden had to be briefed in general terms about possible diving activity in the area. In that way, someone higher up could intervene and keep a report out of the chain of command, thus insulating the pipeline operation. “What they were told and what they knew were purposely different,” the source told me. (The Norwegian embassy, asked to comment on this story, did not respond.)
The Norwegians were key to solving other hurdles. The Russian navy was known to possess surveillance technology capable of spotting, and triggering, underwater mines. The American explosive devices needed to be camouflaged in a way that would make them appear to the Russian system as part of the natural background—something that required adapting to the specific salinity of the water. The Norwegians had a fix.
The Norwegians also had a solution to the crucial question of when the operation should take place. Every June, for the past 21 years, the American Sixth Fleet, whose flagship is based in Gaeta, Italy, south of Rome, has sponsored a major NATO exercise in the Baltic Sea involving scores of allied ships throughout the region. The current exercise, held in June, would be known as Baltic Operations 22, or BALTOPS 22. The Norwegians proposed this would be the ideal cover to plant the mines.
The Americans provided one vital element: they convinced the Sixth Fleet planners to add a research and development exercise to the program. The exercise, as made public by the Navy, involved the Sixth Fleet in collaboration with the Navy’s “research and warfare centers.” The at-sea event would be held off the coast of Bornholm Island and involve NATO teams of divers planting mines, with competing teams using the latest underwater technology to find and destroy them.
It was both a useful exercise and ingenious cover. The Panama City boys would do their thing and the C4 explosives would be in place by the end of BALTOPS22, with a 48-hour timer attached. All of the Americans and Norwegians would be long gone by the first explosion.
The days were counting down. “The clock was ticking, and we were nearing mission accomplished,” the source said.
And then: Washington had second thoughts. The bombs would still be planted during BALTOPS, but the White House worried that a two-day window for their detonation would be too close to the end of the exercise, and it would be obvious that America had been involved.
Instead, the White House had a new request: “Can the guys in the field come up with some way to blow the pipelines later on command?”
Some members of the planning team were angered and frustrated by the President’s seeming indecision. The Panama City divers had repeatedly practiced planting the C4 on pipelines, as they would during BALTOPS, but now the team in Norway had to come up with a way to give Biden what he wanted—the ability to issue a successful execution order at a time of his choosing.
Being tasked with an arbitrary, last-minute change was something the CIA was accustomed to managing. But it also renewed the concerns some shared over the necessity, and legality, of the entire operation.
The President’s secret orders also evoked the CIA’s dilemma in the Vietnam War days, when President Johnson, confronted by growing anti-Vietnam War sentiment, ordered the Agency to violate its charter—which specifically barred it from operating inside America—by spying on antiwar leaders to determine whether they were being controlled by Communist Russia.
The agency ultimately acquiesced, and throughout the 1970s it became clear just how far it had been willing to go. There were subsequent newspaper revelations in the aftermath of the Watergate scandals about the Agency’s spying on American citizens, its involvement in the assassination of foreign leaders and its undermining of the socialist government of Salvador Allende.
Those revelations led to a dramatic series of hearings in the mid-1970s in the Senate, led by Frank Church of Idaho, that made it clear that Richard Helms, the Agency director at the time, accepted that he had an obligation to do what the President wanted, even if it meant violating the law.
In unpublished, closed-door testimony, Helms ruefully explained that “you almost have an Immaculate Conception when you do something” under secret orders from a President. “Whether it’s right that you should have it, or wrong that you shall have it, [the CIA] works under different rules and ground rules than any other part of the government.” He was essentially telling the Senators that he, as head of the CIA, understood that he had been working for the Crown, and not the Constitution.
The Americans at work in Norway operated under the same dynamic, and dutifully began working on the new problem—how to remotely detonate the C4 explosives on Biden’s order. It was a much more demanding assignment than those in Washington understood. There was no way for the team in Norway to know when the President might push the button. Would it be in a few weeks, in many months or in half a year or longer?
The C4 attached to the pipelines would be triggered by a sonar buoy dropped by a plane on short notice, but the procedure involved the most advanced signal processing technology. Once in place, the delayed timing devices attached to any of the four pipelines could be accidentally triggered by the complex mix of ocean background noises throughout the heavily trafficked Baltic Sea—from near and distant ships, underwater drilling, seismic events, waves and even sea creatures. To avoid this, the sonar buoy, once in place, would emit a sequence of unique low frequency tonal sounds—much like those emitted by a flute or a piano—that would be recognized by the timing device and, after a pre-set hours of delay, trigger the explosives. (“You want a signal that is robust enough so that no other signal could accidentally send a pulse that detonated the explosives,” I was told by Dr. Theodore Postol, professor emeritus of science, technology and national security policy at MIT. Postol, who has served as the science adviser to the Pentagon’s Chief of Naval Operations, said the issue facing the group in Norway because of Biden’s delay was one of chance: “The longer the explosives are in the water the greater risk there would be of a random signal that would launch the bombs.”)
On September 26, 2022, a Norwegian Navy P8 surveillance plane made a seemingly routine flight and dropped a sonar buoy. The signal spread underwater, initially to Nord Stream 2 and then on to Nord Stream 1. A few hours later, the high-powered C4 explosives were triggered and three of the four pipelines were put out of commission. Within a few minutes, pools of methane gas that remained in the shuttered pipelines could be seen spreading on the water’s surface and the world learned that something irreversible had taken place.
FALLOUT
In the immediate aftermath of the pipeline bombing, the American media treated it like an unsolved mystery. Russia was repeatedly cited as a likely culprit, spurred on by calculated leaks from the White House—but without ever establishing a clear motive for such an act of self-sabotage, beyond simple retribution. A few months later, when it emerged that Russian authorities had been quietly getting estimates for the cost to repair the pipelines, the New York Times described the news as “complicating theories about who was behind” the attack. No major American newspaper dug into the earlier threats to the pipelines made by Biden and Undersecretary of State Nuland.
While it was never clear why Russia would seek to destroy its own lucrative pipeline, a more telling rationale for the President’s action came from Secretary of State Blinken.
Asked at a press conference last September about the consequences of the worsening energy crisis in Western Europe, Blinken described the moment as a potentially good one:
“It’s a tremendous opportunity to once and for all remove the dependence on Russian energy and thus to take away from Vladimir Putin the weaponization of energy as a means of advancing his imperial designs. That’s very significant and that offers tremendous strategic opportunity for the years to come, but meanwhile we’re determined to do everything we possibly can to make sure the consequences of all of this are not borne by citizens in our countries or, for that matter, around the world.”
More recently, Victoria Nuland expressed satisfaction at the demise of the newest of the pipelines. Testifying at a Senate Foreign Relations Committee hearing in late January she told Senator Ted Cruz, “Like you, I am, and I think the Administration is, very gratified to know that Nord Stream 2 is now, as you like to say, a hunk of metal at the bottom of the sea.”
E’ l’INTERMEDIARIO IDEALE E DISCRETO CON CUI L’U.K. VUOLE TORNARE A EST DI SUEZ E A OVEST DEL CAIRO.
Mentre in Europa si chiacchiera e si affidano gli Affari Esteri a giovanotti di pessime speranze, l’Inghilterra si muove con fulminea rapidità e , forte dell’esperienza politica e diplomatica che nessuno ha più su entrambe le sponde dell’Atlantico avendo bruciato ogni classe dirigente degna di nota, Boris Johnson ha evidentemente offerto al governo USA la propria capacità relazionale coi fratelli Mussulmani e il mondo ” east of Suez” – dal quale il laburista Wilson si era ritratto per lasciare il posto agli USA – per fungere da sub appaltatore delle ambizioni americane. E da bravo Robinson Crusoe, si é trovato il suo Venerdì.
Liberatosi delle pastoie della Unione Europea, ha ripreso i contatti privilegiati, mai interrotti, con l’ex “Zona di libero scambio” (che, come associazione, ha continuato ad esistere con sede in Svizzera) e ha ripreso i legami tra i servizi di intelligence che non aveva mai abbandonato dagli anni trenta quando mise a punto una rete di servizi di intelligence in funzione anti hitleriana per ordine di Chamberlain.
La richiesta di adesione alla NATO della Svezia ( e del suo stato vassallo Finlandia) sono state il primo visibile – anche se non confessato- frutto della nuova cooperazione USA-UK, dopo l’alleanza con l’Australia cui hanno promesso la tecnologia nucleare; La virulenza del danese segretario Generale NATO Jens Stoltenberg é spiegabile con questa stessa ottica, come l’evidente impegno diretto inglese nella guerra ucraina
La Turchia di Erdogan é passata, causa la storica ammirazione ( anche di Ataturk) per gli inglesi, da “rascal” dell’alleanza a brillante diplomatico che surroga l’Inghilterra ovunque questa scandalizzerebbe per la sua disinvoltura antieuropea: in Libia, in Katar, In Nigeria, in un periplo africano completo che come risultato ha portato una fase di unrest solo nei paesi francofoni. E noi ci vediamo solo un venditore di tappeti…
Le minacce a Cipro e alla Grecia sono un ricordo, con Israele é pace fatta, le limitazioni poste all’export di armi e tecnologie dall’Inghilterra sono state completamente tolte ( il che equivale alla fine dell’embargo USA…) , il ricordo delle guerre fatte assieme agli inglesi contro gli Zar , rivive e il presidente Biden può guardare più serenamente alle elezioni di mezzo termine se riuscirà a far reggere Zelenski fino a novembre e a smantellare i bastioni del neutralismo nordico per portarli nella NATO che acquisterà più armi con riduzione degli esborsi USA….
Le obiezioni turche all’adesione degli scandinavi verrà presto presentata come ” un alleggerimento del fianco destro dell’alleanza” e conseguente alleggerimento della pressione russa al sud grazie al nuovo ipotetico fronte.
I curdi verranno barattati per la quarta volta in nome degli interessi superiori dell’alleanza e anche per riallacciare al meglio il rapporto con il regime di Teheran..
Intanto il partito dei Mullah, che gli americani definivano sprezzantemente ” a british hobby” sembra essere diventato utile come la rocca di Gibilterra che Churchill rinfacciò a Roosevelt in risposta alla critica fatta agli inglesi di volersi impossessare di isolette e basi un pò dappertutto.
La stampa iraniana ha già abbassato i toni con i British. Alla fine, tutto torna utile.
Dell’acquisto del sistema d’arma S400 ( non 300 come si ostina a dire il corrispondente del TG1 da Mosca)si vedrà il bicchiere mezzo pieno ( studiare la tecnologia), Ankara non rientrerà nel programma F35 che ha bisogno di clienti e la Svezia ha aerei suoi SAAB…., perché Erdogan ha ambiziosi progetti per la costruzione di un aereo militare tutto turco da vendere da Islamabad a Doha e, perché no? a Teheran e ai mullah che con gli inglesi hanno avuto sempre ottimi rapporti finanziari.
Se fossi in Leonardo, ( Augusta Westland) mi preoccuperei per le sorti della Joint Venture con la Westland che potrebbe ambire a mercati ben più vasti.
La Turchia ritornerebbe al suo ruolo storico di protettrice del mondo sunnita ( e questo include anche l’Africa francofona).
Intanto la pacifica Costa d’Avorio e il Ghana attraverso i suoi presidenti improvvisamente affratellati dalle visite di Erdogan, ( Nana Akupo Asso e Alassan Guattara) hanno scoperto di produrre il 60% del cacao del mondo e vorrebbero raddoppiare il prezzo di 2600 a tonnellata ( che sarebbe comunque inferiore a quanto gli europei pagano la Cina di circa 7000 a tonnellata). Devono essere stati informati dall’intelligence della Costa d’Avorio che, come noto, ha ottimi agenti in Cina. Come gli inglesi.
Hakan Fidan, capo del servizio segreto turco: Erdogan gli deve la vita essendo colui che ha monitorato e sventato il tentativo di colpo di stato del luglio 2016. E’ diventato deputato senza lasciare l’incarico al servizio e si dice che potrebbe succedere al presidente. quando sarà il momento. Sulla parete del suo ufficio troneggia la foto di Mustafa Kemal a testimonianza della continuità nazionale e di destino dei turchi.
I protestanti della Nigeria che non sopportano di dover dipendere da una Vescova ufficialmente lesbica americana, preferiscono una interlocuzione mediata da Machos turchi per affinità culturale e i 17 milioni di protestanti tornerebbero a dialogare con gli anglicani.
Questo nuovo posizionamento spiegherebbe l’acrimonia del presidente Emmanuel Macron nei confronti della Turchia che lo ha sostituito nel cuore della anziana regina, e la conseguente strategia dell’amicizia nei nostri confronti per non essere del tutto espulsi dal Mediterraneo dopo il fiasco libanese e quello siriano.
LE “RETTIFICHE” ALLA FRONTIERA TRA I BLOCCHI EST-OVEST HANNO OTTANTA ANNI, MA ORA NIENTE NEO REALISMO E C’E’ UNA ATTENTA REGIA.
Vorrei oggi limitarmi a fare una breve comparazione tra la rivolta ungherese del 1956 e la guerra attuale tra Russia e Ucraina. “
In entrambi i casi, si è trattato di governi legittimi. Il governo ungherese era stato insediato regolarmente ed il governo ucraino ugualmente legittimato da una votazione popolare anche se folkloristico-televisiva e finanziata da un oligarca proprietario della rete TV 1+1.
L’avversario in entrambi i casi era ed è la Russia. Patriottica, rozza e contadina. Contro: I DRONI .
E in entrambi i casi, il difensore del diritto internazionale erano gli Stati Uniti d’America e i paesi europei.
Nel 1956. A parte alcune organizzazioni private- all’epoca non esistevano le ONG – nessuno si sognò di inviare aiuti di armi o anche di viveri agli eroici ungheresi: i più coraggiosi si limitarono ad aspettarli alla frontiera austriaca per offrire ospitalità nei propri paesi a un Capitale umano ben Istruito.
Le Nazioni Unite, bloccate dal solito veto, non si sognarono di organizzare assemblee per aggirare le regole e condannare i rei. Avrebbero dovuto condannare anche Israele, Francia e Gran Bretagna che avevano assalito il povero Egitto e lanciato l’operazione ” Nutting” per assassinare il presidente egiziano Gamal And el Nasser…
Vedemmo tutti, nei cinegiornali, i russi che – dopo avere catturato e fucilato il presidente ImreNagy e il ministro della Difesa Pal Maleter attirati in trappola col pretesto di negoziare- si lanciarono con centinaia di carri armati contro la popolazione civile facendo in due giorni migliaia di vittime.
E appena il caso di notare che. Nel caso ungherese, abbondarono le fotografie e i servizi filmati di combattimenti. Furono diffusi appelli per la raccolta di sangue negli ospedali. Si vedevano i carri armati sparare sugli abitanti e i cittadini armati che combattevano per le strade. Abbiamo visto anche i morti.
Il fatto che non ci sia stata una reazione immediata del mondo libero, è un sintomo del fatto che la rivolta ungherese fu spontanea non prevista e non pilotata e meno che mai dall’estero.
Il solito romantico, Indro Montanelli, compose un dramma ” I sogni muoiono all’alba” che per breve tempo ebbe qualche successo. Erano veri sogni di veri giornalisti.
Fummo tutti incapaci di una reazione tempestiva, anche per via della contemporanea crisi di Suez provocata dagli anglofrancesi (con la complicità israeliana) che miravano a riconquistare il canale di Suez nazionalizzato dal colonnello Nasser e che furono fermati dal presidente USA Dwigt Eisenhower, di tempra ben diversa dalla mummia attuale.
Nel caso ucraino, invece, abbiamo visto che non c’è stato nulla di tutto questo, anzi, era tutto previsto.Tranne forse che gli ungheresi avrebbero simpatizzato con i russi. Probabilmente ( anche senza probabilmente) i codici russi stati decifrati e gli angloamericani hanno avuto il tempo di decidere il da farsi, decidendo di far pagare un prezzo salato a Putin che li aveva surclassati nel Vicino Oriente e aveva mire egemoniche.
Assieme a grossi rifornimenti di armi hanno mandato addestratori-combattenti inglesi e canadesi( per evitare la gaffe all’afgana dei mezzi senza combattenti) ed è stato predisposto un apparato propagandistico di prim’ordine che ha operato per colpevolizzare ed escludere persino tennisti russi da tornei minori in corso, già al secondo giorno dei combattimenti.
Una passerella di capi di organizzazioni internazionali ( da Ursula Van Der Leyen a Jens Stoltenberg e Antonio Guterres imitanti il defunto senatore John Mc Cain che andò a dichiarare guerra ai russi a Maidan nel 2014)per rendere plasticamente la solidarietà del mondo occidentale e nutrire i telegiornali di immagini strappalacrime alle signore.
Date un’occhiata a queste foto:
Tranquilli, non é un bimbo ucraino, lì dove infuria la guerra da 67 giorni. E’ un piccolo profugo siriano, paese che ha dovuto lasciare assieme a 5 milioni di connazionali per vivere – si fa per dire- una vita da mendicante in Turchia, dove può pascolare nel deserto. Abbiamo, noi Unione Europea, pagato i turchi ( 3 miliardi annui) perché non venissero a rubare il posto agli ucraini.In Siria, la guerra – promossa dagli Stati Uniti, Arabia Saudita, Turchia, Francia, Inghilterra e EAU, dura da solo 4015 giorni ( quattromila quindici giorni, ma la RAI e Mediaset non hanno ancora potuto mandare una troupe a intervistarli.
Con tanti ospedali bombardati. Io, che sto ancora piangendo sulla Siria e sul Libano e gli afgani ( gli ospedali di Aleppo, Kabul e di Emergency …) ho il ciglio asciutto per questo esodo di belle ragazze, ben truccate, che si apprestano a passare l’estate sulla riviera romagnola.
SU QUESTA PICCOLA PROFUGA SIRIANA LACERA, ABBANDONATA E TRISTE IN UN CAMPO RIFUGIATI, NESSUNO HA PIANTO. Lei ha già pianto le lacrime di una vita, dimenticata da tutti.
Sul Sito del Senato americano la legge “affitti e prestiti” già utilizzata per appoggiare l’Inghilterra in guerra con Hitler, reca la data del 19 gennaio, quando l’attacco russo è avvenuto il 24 febbraio, un mese dopo.
LA PROPOSTA DI FINANZIAMENTO DEL SENATO USA AGLI UCRAINI, HA LA DATA DEL 19 GENNAIO.
Vabbè. Oggigiorno se ti presenti a dire che qualcosa era stata predisposta, vieni accusato di essere un cospirazionista e i socialisti di sinistra (chiamati “carristi” da quel giorno) e i comunisti che difesero accanitamente le ragioni dei russi sono stati sostituiti dai fascisti che odiano tutto ciò che è americano, tranne i dollari.
Prima o poi anche di questo bisognerà parlare. In Italia, si sono comprati all’ingrosso interi partiti politici e schieramenti del nostro Parlamento, senza suscitare il benché minimo scandalo.
Se mi danno un ministero approvo anch’io, in toto, quel che vi pare. Ma, sia chiaro: prima il ministero.
L’ammiraglio Mike Mullen, supervisore dell’attacco alla Libia del 2011
Domenica 29 agosto, Romano Prodi su ” Il Messaggero” inaugura la ripresa politica con un articolo di fondo su “Ripensare la NATO. La Lezione afgana”.
Il tempo é scelto bene, non gli argomenti.
Vorrei cogliere il destro per riprendere questo tema dopo aver esaminato assieme gli argomenti che usa questo sperimentato navigatore uso a bandiere altrui.
Inizia annunziando che la NATO non é in discussione, bensì un suo serio” ripensamento, che – a ben vedere- si traduce in un cerchiobbottismo democristiano DOC.
In sostanza rimprovera gli USA di non aver tenuto informati gli alleati e cita la motivazione addotta dal segretario Generale ( in carica dal 1 ottobre 2014)Jens Stoltenberg,che gli alleati europei partecipano ” solo al 20% delle spese dell’alleanza, quindi sarebbe giusto non informarli. Dato che gli accordi di Doha coi talebani risalgono al 2018, entrambi ritengono che gli alleati non leggano i giornali.
Salta quindi alla conclusione che diventi necessaria ” una difesa europea” argomentando, non senza parvenza di ragione, a favore di una leadership francese, e chiedendo a Macron uno sforzo degno di De Gaulle di che ” ha dimostrato, nel caso dell’Algeria, che gli interessi di lungo periodo del proprio paese vengono garantiti da decisioni che, rompendo gli schemi del passato, preparano il futuro”.
Necessita, secondo Prodi, una intesa tra la UE e l’Unione Africana, che sole potrebbe garantire la difesa degli interessi francesi nel Mediterraneo e in Africa. Interessi francesi cui vorrebbe partecipare. Ignoro, Prodi non specifica, se a titolo personale o nazionale.
Conclude chiedendo un “accelerato rafforzamento dell’Eurocorpo affiancato dalla capacità operativa del Comitato Militare dell’Unione Europea, visibilmente accresciuta da quando al suo vertice siede il generale Claudio Graziano“.
Per chi non lo ricordasse, il generale Claudio Graziano ha avuto l’onore di una foto su fb in cui 3 o 4 anni fa, dava la mano a un manichino in uniforme a una mostra di elettronica militare….
Vediamo di dipanare la matassa tra un paio di considerazioni giuste ed altre da bottegaio ( su questioni di soldi) ed altre da democristiano in malafede o rincoglionito come il generale Graziano.
1COSTI: argomento specioso e oggettivamente non comparabile. La macchina economica USA – specie quella militare- é succuba di un lobbismo avido e corruttore che ha generato una cultura consumistica e di spreco insostenibile per qualsiasi altra organizzazione militare del pianeta.
Il grande vantaggio economico USA é che spera sia l’Europa ad essere il campo di battaglia del futuro, limitando al vecchio continente le devastazioni nucleari al campo tattico grazie a un accordo di fatto che limiti al campo di battaglia l’uso dell’arma nucleare risparmiandosi vicenda i territori metropolitani dei grandi avversari. Inoltre, per dimostrare un forte divario di costi, il Prodi, enuclea Canada, Turchia, Inghilterra e Norvegia dal conteggio e isola contabilmente l’UE dagli altri Partners non USA. Un ambiguo artifizio da tre lire.
2 IL NUCLEARE: anzitutto, non si può continuare nella litania della ” lotta al terrorismo” come nemico principale e poi dire che la leadership toccherebbe alla Francia in virtù del possesso dell’armamento nucleare, certamente insufficiente a garantire la Difesa dell’intero continente. L’impiego del nucleare nella lotta al terrorismo non é stato teorizzato nemmeno da Dick Cheney. Non trascurabile il fatto che un esercito europeo integrato significherebbe l’accesso della Germania all’armamento nucleare oppure a una replica dell’egemonia americana in salsa francese. La NATO dei poveri….
3) L’INTEGRAZIONE DELLA INDUSTRIA MILITARE: Costruire un esercito europeo senza prima integrare le rispettive industrie militari esporrebbel’Italia a un processo di cannibalizzazione che ridurrebbe a niente il ferro di lancia della nostra residua potenza industriale. La Francia ha incassato il prezzo richiesto per la propria industria cantieristica di Cherbourg dalla Fincantieri per poi rifiutare di cederne in controllo.
Leonardo, ha già cambiato il nome di FINMECCANICA, forse perché troppo italiano , mentre il nome Leonardo é accettabile, specie dai francesi e le nostre intese con l’industrie aeronautiche USA naufragherebbero a tutto vantaggio della Dassault e dei consorzio Airbus franco-tedesco.
Inoltre- e va detto anche in questa sede- l’Italia possiede autoblindo ( Centauro) ottime per attività da cavalleria esplorante e su terreni semi desertici ( terreno sabbioso ma compatto tipo SARIR, tanto é vero che ne abbiamo venduti alla Giordania), ma i nostri carri armati più moderni datano l’acquisto agli anni settanta…. Viaggereste, non dico combattereste, con un’auto che ha quarant’anni di rattoppi?
Senza prima una intesa globale europea sulla integrazione industriale e della politica degli armamenti, siamo destinati a uno scioglimento nel nulla come é già avvenuto per la vendita del gruppo SME, la liquidazione dell’IRI e dell’industria siderurgica, materie in cui il Prodi é più che esperto.
Senza industrie aeronautiche private del subappalto F35 e dei ricambi, con la cantieristica coi fondi prosciugati dai francesi e con armamento terrestre vecchio di mezzo secolo ( e il 40% degli assaltatori ultra quarantenni) cosa potremmo fare? fornire il servizio cucine?
4) IL POSIZIONAMENTO STRATEGICO: Iniziamo col dire che in caso di guerra globale, vincerà chi si assicurerà l’alleanza e la collaborazione della UE che é certamente l’ago della bilancia mondiale delle forze presumibilmente opposte tra gli USA , da una parte e il complesso militare russo-cinese dall’altra, dando per scontata la neutralità e inadeguatezza militare indiana, la vita finora stentata, dell’esercito britannico e il folclore latino americano.
La seconda ipotesi é quella della “ lotta al terrorismo” che ha dimostrato mancanza di motivazione da parte occidentale e forte resilienza da parte dei cosiddetti ” terroristi” che in realtà tendono a rifiutare l’invasività occidentale attuata con metodi ormai limitati a statunitensi e francesi, mentre cinesi e russi usano – in maniera ancora rozza ma efficace- maniere diplomatiche e formule finanziarie più familiari a noi italiani basate su una maggiore cooperazione e tecnologie non d’avanguardia invece che sulla intimidazione ( Brinkmanship) e la forza.
Per stornare dall’Europa la minaccia terrorista, basta non aggredire militarmente e culturalmente i popoli emergenti stanchi dello sfruttamento coloniale e di importare nevrosi occidentali.
Nell’ultimo libro di Gilles Kepel, una mappa degli attentati terroristici in Europa nell’ultimo mezzo secolo, mostra che l’Italia non ne ha subito nessuno e i franco-inglesi fin troppi. In questo campo potremmo assumere la leadership, invece di fornire carne da franchi-tiratori alla Francia nel Sahel come vorrebbe ( non é la prima volta che lo propone) Prodi e persino il mite Paolo Gentiloni quando era premier.
Le lezioni politiche che possiamo trarre dall’Afganistan sono due: Il tempo di dover fare ” bella figura” con gli alleati più potenti, é finito. Camillo Cavour é morto e con esso la mania di offrire bersaglieri in cambio di benevolenza.
La seconda lezione é che senza gli Stati Uniti e la loro macchina logistica l’UE ( più gli inglesi e gli australiani e i canadesi) non é in grado da sola di tenere nemmeno sgombro un perimetro aeroportuale ( cosa che a Dien Bien Phu ai francesi gli riuscì per un paio di mesi) ed ha il sacro terrore dello scontro armato tra fanterie che al primo morto farebbero cadere un governo.
Senza gli americani non si va da nessuna parte. Era una lezione da imparare fin dalla crisi di Suez del 1956, ma a quanto pare, nessuno ha tratto ammaestramento.
Quando la Francia contestava apertamente la leadership USA e il NYT rispondeva
Se ne deduce ragionevolmente che per creare un esercito europeo l’Ue ha bisogno di sangue nuovo e diventa necessario ipotizzare un esercito europeo che integri la Turchia ( analogamente a come Prodi ipotizza un numero di paesi partecipanti “non coincidente con tutta la UE, come nel caso dell’euro” si potrebbe integrare la Turchia nel solo esercito continentale, restando in attesa di ” progressi civili in altri campi”. Ritengo che Erdogan sarebbe felice di togliersi un pò di militari da torno e noi disporremmo di truppe scelte e capaci di sacrifici e tenacia senza i quali le battaglie non si vincono). Il compianto ministro Beniamino Andreatta teorizzava che l’eroismo può esistere solo al di sotto di una certa cifra di reddito medio che in Europa abbiamo ormai superato da un pezzo.
Una seconda deduzione potrebbe essere la constatazione della inadeguatezza politica del vertice della NATO ossia del segretario Generale Stoltenberg troppo prono al volere del grande fratello, il quale deve capire che molto forte ma inadeguato intellettualmente.
La guerra vittoriosa e la politica sono essenzialmente attività prima intellettuali e di cultura, due caratteristiche che gli Stati Uniti hanno dimostrato di non possedere in aggiunta alla indiscussa ricchezza e capacità logistica e tecnologica.
Non si può – rebus sic stantibus- “ripensare la NATO” come vorrebbe chi lavora per fare gli interessi di Macron, si può, invece parlare francamente all’alleato e dirgli a muso duro che l’Europa non può essere rappresentata da un altro Quisling norvegese più servile del primo e la Segreteria Generale deve andare a un italiano, e non a un, senza offesa, Pontecorvo qualsiasi, ma a un ex militare ben collaudato che consenta loro di ricevere in cambio la lealtà che un diplomatico o un politico di lungo corso non possono garantire se non a chiacchiere.
A un italiano, perché finora Manlio Brosio ( che non era un diplomatico di carriera) é stato il miglior segretario, perché é bene che i tedeschi non abbiano quel posto ancora per un pezzo, perché un francese farebbe politica per conto del suo governo e portoghesi e bulgari sono già impiegati abbondantemente….
L’Europa intera ha avuto una gradita sorpresa di vedersi salvata dalla intelligenza e tenacia di Mario Draghi, la NATO potrebbe avere una sorpresa analoga.