La Catalogna è grande quanto il Belgio, ( trentamila km quadrati,poco più del Piemonte che è a 25.000) rappresenta il 6,3% del territorio spagnolo, il 16% della popolazione, il 20% del PIL.e il 25% dell’export spagnolo.
Il suo tasso di disoccupazione è del 13,2% – quattro punti in meno della media nazionale – ed ha un debito pubblico pari al 35,2% del suo prodotto interno lordo.
La Spagna è un paese largamente decentralizzato e riconosce ufficialmente come ” comunità autonome storiche” , oltre alla Catalogna , il paese basco ( nord), la Galizia ( nord ovest) e l’Andalusia( sud).
La regione amministra direttamente la Salute, l’Educazione e le forze di polizia ( i mossos d’esquadra) che hanno una doppia dipendenza: disciplinare da Madrid e di impiego da Barcellona. Nel 2003 la Catalogna ebbe riconosciuti dal governo alcuni ampliamenti di poteri che la corte costituzionale ha parzialmente bocciato nel 2010. Da allora, complice la crisi economica, un irrigidimento dei rapporti col centro che ha portato all’attuale prova di forza del “referendum”.
Il referendum: 5,3 milioni di Catalani avevano diritto al voto e – secondo il governo locale- 2,6 lo hanno esercitato poiché su 948 comuni, 712 si erano detti disponibili a partecipare ( 236 hanno rifiutato).
Secondo il governo catalano hanno votato 2,26 milioni e il 90% si sarebbe detto favorevole alla secessione e trasformazione in Repubblica. Questo dato è stato fornito , come in kurdistan, poco dopo la chiusura dei 2300 seggi, metà dei quali chiusi dalla polizia madrilena prima del voto. Secondo questo calcolo ogni seggio avrebbe scrutinato 2200 votanti in un giorno turbolento come la scorsa domenica, con una partecipazione del 42,3%.
I danni: dopo aver entrambi soffiato le trombe della vittoria, entrambi hanno attaccato la nenia del lamento: 844 i feriti si dice da una parte; dall’altra si comunica che gli ospedali hanno praticato cure a 92 persone tra quante si erano presentate a chiedere assistenza. Il governo aggiunge che ben 33 militari della Guardia Civil sono rimasti feriti.
In virtù della legge approvata il 6 settembre scorso dall’assemblea catalana, la Repubblica e l’indipendenza dovranno essere proclamate 48 ore dopo il voto, ossia domani mattina. Ovviamente sia il presidente catalano che quello del governo centrale dichiarano l’uno di aver diritto all’indipendenza e l’altro di aver salvaguardato lo stato di diritto.
In realtà, entrambi mentono e si stanno preparando a negoziare – si spera senza la mediazione della UE – lo stallo causato dalla Corte costituzionale. In questa vicenda si sente odore di Brexit e confusione da ogni parte.
Poiché il trattato Ue non contempla il caso della secessione , la nascita del nuovo stato potrebbe implicare sic et simpliciter il fatto che si tratterebbe di uno stato candidato all’adesione e quindi nell’attesa dovrebbero scattare i dazi ( in media il 5% sulle merci e il 10 % sulle auto che la Catalogna produce). Prendendo a misura il Brexit – così come tempestivamente proposta dalla Teresa May, bisognerebbe attendere da due a tre anni per ripristinare una frontiera economica a pena di produrre un disastro economico e finanziario nel nuovo stato che , a sua volta trascinerebbe la crisi del debito pubblico spagnolo e , da questa , si trasmetterebbe alle banche Francesi, esposte verso il regno per oltre 108 miliardi di euro.
Poiché tutti in Europa abbiamo qualche fantasma secessionista in casa, nessuno ha intenzione di far durare questa farsa e mettere in pericolo la stabilità economica del Continente e di ciascun paese. Germania esclusa. Forse.
Commenti
Prima salta l’euro (con la Germania e la Francia insieme) meno saranno le turbolenze e minore sara’ l’intensita’ delle turbolenze.
I Franco Tedeschi si non rivelati capaci di spremere popoli (vedi Grecia) per tutelare i loro piccioli e Draghi li aiutera’ come al solito (l’acquisto di titoli europei delle grandi imprese decotte sono andate verso questi 2 paesi per il QUALSI IL 60%, all’italia il 3% per mancanza di grandi imprese…).
Tanto e’ solo questione di tempo e per cui chi ne trarra piu’ vantaggio. La germania ha pianificato da tempo la disintegrazione dell’EU portandosi a casa gli attivi…. tra neno di 10 anni.
Ci hanno gia’ preso molto, evitiamo di farci portare via le mutande.
L’unico problema dei catalani sono le armi: l’organizzazione governativa l’hanno gia’ e parecchio efficiente.
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il suo ragionamento dice ” se muoio mi passa il mal di denti”. Possibile, ma io opterei per una cura meno drastica. Se la Germania, sotto la pressione dell’AfD uscisse lei dall’Euro, sarebbe la salvezza per tutti e la morte di nessuno. Il nuovo marco rivalutato sarebbe molto caro, ma Russi e cinesi – clienti migliori- non avrebbero problemi a pagare in materie prime o lavoro….
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I tedeschi hanno 2 caratteristiche fondamentali: la nobilta’/alta borghesia e la stessa da secoli tanto che ha attraversato quasi indenne anche la fase nazista (come se nulla fosse) e ne possiede il tessuto industriale primario. La seconda e’ un popolo ubbidiente (anche la loro sgradevole lingua aiuta). Solitamente i tedeschi sono stati famosi anche presso i nostri connazionali che andavano a lavorare nelle loro miniere per “ottimizzare” e “spremere”.
Si fidi, e’ difficile che la Germania accetti di ridimensionarsi: l’attuale discussione sul riarmo ed sulle armi nucleari e correlato.
Chi colpisce per primo, ha un vantaggio. Gli inglesi se lo sono preso, l’italia sarebbe un tracollo per la Germania stessa e con moneta sovrana, anche se con difficolta’ per i primi 5 anni si potrebbe mantenere la posizione.
Dopo aver perso 1/4 del Pil e una ripresa sbandierata a fini elettorali con mancetta da 20 mld per battere M5S + Lega, quando fino a poco tempo fa’ le parole d’ordine erano spread e debito pubblico (che e’ ancora salito), non penso che l’italia possa morire se colpisce prima di ricevere il colpo di grazia dai Franco/Tedeschi
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È come pretendere un figlio da un eunuco. Avrebbe del miracoloso.
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