Un convegno della Fondazione Ducci – un ex diplomatico- tenutosi venerdì al centro culturale della Moschea di Roma, ha visto confrontarsi due politici arabi e due inglesi , uno dei quali vestiva l’abito talare e parlava a nome del Vaticano.
Gli arabi, Mohammed Alaikah, già vice primo ministro Giordano e Mohammed Benaissa , ex ministro degli esteri marocchino, hanno presentato le loro tesi in maniera piana e chiara spiegando che lo Stato del Califfato islamico ” non è religioso, non è un Califfato e non è uno stato”. Tutto vero. Sono, come ho sempre detto io, una banda di assassini.
Benaissa in un eccellente italiano – ma più politico- ha parlato di responsabilità europee, di mancate promesse e di responsabili della guerra di Siria pur senza fare nomi.
Il prete, Richard Gallagher, sembra essere segretario per i rapporti con gli stati ( dal 2014) del Vaticano, ha esordito sostenendo che l’accordo Sykes-Picot non era stato concluso in segreto (!) per poi spezzare una lancia in favore dei cristiani come se si trattasse della persecuzione di Nerone. Poi considerazioni di carattere religioso inutili in quella sede. Non ho capito la rilevanza della segretezza o meno dell’acc0rdo Sykes-Picot ( che pronunziava in modo errato).
Uno dei responsabili arabi gli ha fatto notare che i cristiani avevano pagato un prezzo in quanto arabi, non in quanto cristiani ne più ne meno degli altri conterranei, il che è corretto. Il contrario è la versione del daesch.
Dopo un intermezzo penosetto di Pier Casini, presidente della commissione esteri della Camera dei deputati, ha preso la parola l’ex Ambasciatore britannico a Roma Sir Antony Roberts, il quale ha sciorinato una serie di considerazioni che fanno capire l’atteggiamento anglosassone in materia: invece di parlare del terrorismo e del DAESCH ( mai citato), o dei russi e del loro intervento, ha fatto una requisitoria in stile “very British ” dicendo che Assad sta uccidendo i suoi cittadini ( ormai anche gli USA ammettono l’afflusso di 15.000 ” volontari stranieri ” all’anno!) e dichiarando tra gli sbadigli dei circa 200 presenti che i combattenti moderati siriani esistono e sono settantamila…
Non una parola sulla Libia e non una parola di autocritica. Insomma, un dialogo tra sordi.
Gli organizzatori hanno evitato di dare la parola all’uditorio e siamo andati allegramente a cena, ciascuno da se.
Naturalmente erano assenti rappresentanti USA e nessuno li ha nominati, mentre il nome di Bremer lo ha fatto espressamente il rappresentante giordano facendo risalire ogni responsabilità alla campagna antirachena del 2003.
Lo stimolo intellettuale però c’è stato visto che tutti hanno dato per scontato che per battere il DAESCH sarebbero necessari anni, mezzi militari enormi, coesione politica e magari anche la benedizione di S Gennaro. Ecco il mio output.
SETTE DECISIONI DA PRENDERE PER SCONFIGGERE IL DAESCH SUL CAMPO
Basterebbe l’Italia.
Parte giuridica
1) dichiarazione di stato di guerra da parte del Parlamento per poter applicare il codice militare del tempo di guerra ( unico che contempli la pena di morte).
2) facoltà di costituire tribunali militari competenti esclusivi in zona di operazioni con facoltà di costituirne quanti necessari alle esigenze operative a livello anche di minori unità ( modello 1915/6/7)
3) stipula di una convenzione militare col governo siriano e iracheno per intervenire sui loro territori. I ribelli che si costituiranno entro dieci giorni dalla entrata in vigore dello stato di guerra avranno salva la vita.
4) costituzione di un direttorio civile di sei/ sette membri ( esperti di mondo arabo, Islam e questioni militari ) incaricato di decidere tutte le operazioni oltremare poiché queste sarebbero un mix di tecniche militari e decisioni politiche, economiche e sociali.
5) un consiglio di Giurisperiti islamici che affianchi i tribunali militari nel secernere il grano dal loglio. Nessuno potrà essere fucilato se non con il consenso di questo consiglio che fungerebbe da istanza di appello per i prigionieri e gli arrestati non in flagranza di reato.
Parte Operativa
6) oltre ai militari necessari per le operazioni (un reggimento elicotteri, due reggimenti di paracadutisti, uno di Alpini, reparti speciali e venti gruppi di artiglieria con adeguato appoggio aereo alleato che imponga una no Fly zone su Siria, Libano, Giordania e Irak) , saranno necessari novemila finanzieri per sigillare la frontiera turca, quella con gli Emirati Arabi Uniti, quella israeliana e iraniana.
7) consentito ai civili il possesso di armi da fuoco a canna corta e a colpo singolo per difesa personale. Chiunque venga trovato in possesso di altre armi, esplosivi o droghe ( incluso il CAPTAGON) o falsi documenti, deve essere passato per le armi sul posto, senza possibilità di appello. Confisca di tutti gli aerei personali privati e natanti. Espulsione ci tutti i cittadini stranieri e creazione di nuova anagrafe.
Cinque decisioni servono a pararsi contro futuri processi e due sono i provvedimenti politico-militari.
Tralascio le decisioni tattico-politiche che sono un segreto di famiglia e che in otto mesi faranno si che non si trovi un jihadista nemmeno impagliato da mettere in museo.
Il resto sono chiacchiere.
Commenti
28 novembre 2015 – “La guerra e la prosecuzione della politica con altri mezzi” (e viceversa)… Massimo Morigi
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Recte (ovviamente) “La guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi” (e viceversa)…
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Ci stanno pensando i russi e senza prendere decisioni “sul campo” che potrebbero provocare recriminazioni per le prossime 3 generazioni, lasciando ad Assad il resto.
Si stanno ammassando un po’ troppi eserciti e mezzi (cinesi compresi…) ed oramai la via che lei suggerisce e’ impraticabile.
L’industria (delle armi) si sta iniziando a fregare le mani per l’antipasto offerto.
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Interessante il fatto che chi giudica impraticabile una iniziativa si senta in diritto di non spiegare il perché …
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Lette le proposte di Antonio, suggerisco una ricetta per evitare le alluvioni: abolizione per legge del cielo e delle nuvole. GiC
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Meglio oscillare tra moralità e pessimismo senza fare nulla?
Impossibile per l’Italia schierare ventimila uomini ? Impossibile prendere il controllo di un’area semi desertica grande come l’Italia, ma con solo otto/nove milioni di abitanti al 90% favorevoli a noi?
Impossibile battere militarmente diecimila armati privi di logistica decente e addestramento?
Impossibile sfruttare l’artiglieria contro un nemico che non ne possiede?
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29 novembre 2015
Impossibile pensare alla guerra senza prima pensare alla politica. Ma la responsabilità di questo “crampo del pensiero” non è certo imputabile a chi, come antoniochedice, ha il coraggio morale e la lucidità intellettuale di dire cose di semplice buon senso. Massimo Morigi
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Fare politica significa spiegare a Obama che se si ostina a risolvere con le armi tutte le questioni, poi non deve lamentarsi se un numero crescente di cittadini USA lo imita in patria, o se un poliziotto USA sentendosi minacciato da un negro che attraversa la strada – e nemmeno nella sua direzione- gli spara sedici pallottole in corpo.
Fare politica significa nazionalizzare le industrie di armamento in maniera che perdano di efficienza e non possano più premere col loro denaro per produrre più tensioni inter statali.
Fare politica significa ristabilire i commerci tra la sponda sud e nord del mediterraneo.
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Concordo con lei sul tipo di intervento in Siria Iraq da lei proposto ma la posizione dell’ Italia ne è all’ antitesi, vediamo la realtà, dopo i fatti di Parigi la Francia non si recò al G20 e non consultò la NATO ma si appellò al CED e interviene in Siria al fianco dei Russi poi arriva la provocazione NATO-Turchia dove si abbatte l’ Su24 subito dopo la Germania si schiera di fianco alla Francia quindi Francia e Germania sotto il CED intervengono a fianco di Mosca, cosa fa l’ Italia, notare che questa ne è la fondatrice con De Gasperi annuncia un sostegno morale ai cugini francesi e li abbandona, mi sembra che questo atto mostri chiaramente la nullità del nostro governo servo di oscuri interessi.
E’ stata persa una grande occasione per dimostrare che non solo l’ Italia ma anche l’ Europa esistono.
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Legga la cosa così: la Francia ha reagito per ovvi motivi. La Germania, vedendo i francesi in difficoltà ha voluto dare il suo appoggio per ricordare a Hollande i bei tempi in cui l’intesa franco-tedesca governava l’Europa.
La Merkel, con 4 milioni di turchi in casa ( ignora quanti di questi siano curdi) ha commesso un errore politico che rischia di costarle caro.
L’Italia ha invece incassato il ” permesso” di far investimenti Difesa al di fuori degli accordi di Maastricht e ha evitato la figuraccia che farà la Merkel nel constatare che Hollande ha già fatto mezza marcia indietro.
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Una domanda perchè la Francia non va al G20 e insieme alla Germania si appellano al CED e non alla NATO, perchè subito dopo la Turchia- NATO abbatte un aereo russo in Siria ? A mio parere in Europa molti riconoscono il fallimento di una politica sempre più al servizio del padrone americano vedi la strisciante guerra civile ucraina ( Europa) e una campagna in Siria per spodestare Assad, il disastro è li davanti ai nostri occhi.
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Il G 20, 7, 8 ecc. Per stessa ammissione degli organizzatori serve a ” far conoscere tra loro i responsabili dei principali paesi del mondo e favorire la reciproca comprensione per il tramite della frequentazione personale”.
In pratica non serve che a scopi sociali o poco più.
La Francia ha evitato l’appello alla NATO per non imbarazzare gli USA che a intervenire non ci pensa proprio.
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Appunto…
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la ricetta che propone è replicabile in Libia, o li il contesto è diverso, con i due governi si rischia di essere presi in mezzo?
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In Libia ci sono una ventina di formazioni ribelli legate al territorio. Intervenire da stranieri rischia di farli coalizzare tutti contro. Di noi.
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