TURCHIA. VERSO UNO ” SPLENDIDO ISOLAMENTO” O VERSO L’ASIA RUSSA? di Antonio de Martini

Negli undici anni di predominio di Recep Tajp Erdoghan , la Turchia ha raggiunto la diciassettesima posizione economica del mondo.
La Turkish airlines tocca più scali di ogni altra linea aerea del globo e l’aeroporto di Istanbul dal micro hub di Yeslsikoy è diventato un piattaforma ineludibile tra l’Oriente e l’Occidente.

Le rappresentanze diplomatiche turche hanno aperto uffici in quasi tutti i paesi africani. Le imprese di costruzione turche hanno potentemente contribuito al boom di edilizia popolare di Mosca.

Quasi ogni tycoon turco ha il suo jet parcheggiato nella zona aeroportuale di Istanbul riservata ai privati e una nuova università dell’interno di cui ora non ricordo il nome, possiede un aeroporto e una flotta di trenta aerei per trasportare conferenzieri e attrezzature senza intralci.

Dal punto di vista politico, invece, un mezzo disastro diplomatico.

la Turchia si vede sbarrata la via d’ingresso nella UE dalla miopia tedesca. I rapporti con gli USA hanno iniziato a raffreddarsi con la critica di Erdoghan all’attacco NATO alla Libia e l’astensione in sede NATO.
L’aver partecipato alla realizzazione del ” southstream ” assieme a Berlusconi e Putin non ha migliorato la situazione.

L’abortita intesa a danno della Siria, il veto a fornire armi ai curdi ( trascurato dagli USA) , il rifiuto ad ospitare nella base aerea di Incirlick altri aerei americani ( oltre ai Droni che fan la spola con Cipro) che l’air force voleva ” per bombardare il Daesch” .
Lo scettico rifiuto di partecipare alla ” guerra agli islamisti” a meno che gli USA non partecipino con loro truppe di terra.
Tutti colpi a una vecchia amicizia che i turchi ormai giudicano troppo unilaterale e dannosa per la loro economia.

Anche coi vicini non va meglio: Il ripudio dell’alleanza strategica con Israele che ha ritirato l’ambasciatore, il contenzioso con la Repubblica di Cipro e la Grecia per i diritti vantati sui giacimenti di gas e petrolio trovati nel mediterraneo orientale. Le frizioni con l’Irak per l’incoraggiamento dato ai curdi iracheni a costruire un oleodotto indipendente da Baghdad che attraversi il territorio turco….

Tutti questi contenziosi si sono espressi con la clamorosa bocciatura della candidatura turca al seggio di membro non permanente del Consiglio di sicurezza assegnato invece a Spagna e Nuova Zelanda.

Tutti questi inciampi politici non hanno influito negativamente sulla popolarità del nuovo capo della Turchia. Anzi.

Si sta quindi aprendo un periodo di isolamento politico in una situazione economica ” buona” ( in un anno cattivo hanno il + 3,9%) ?

I media anglosassoni lo ventilano con un misto di acrimonia e meraviglia, come per un nipote scapestrato che dilapida l’eredità, ma forse una più attenta lettura degli eventi ci può mostrare una situazione più complessa e più realistica, rispondendo alla domanda : ” se la Turchia non aderisce alla UE , dove andrà ? ”

Nel primo decennio di governo, Erdoghan si era ritagliato uno spazio di potere condiviso con la confraternita GULEN , filo atlantica e filo israeliana, (Fetullah Gulen è cittadino americano e risiede negli USA) .
A questi, l’allora premier si è appoggiato per scuotersi di dosso la tutela dei militari che dal 1960 ad oggi avevano già defenestrato quattro governi, tutti accusati di ” laicismo tiepido” in contrasto con il secolarismo che Ataturk aveva lasciato come eredità principale dei giovani turchi a una nazione che guardava all’Europa.

Sbarazzatosi di questa ipoteca militare con un processo clamoroso a trecento ufficiali accusati di un golpe mai realizzato, Erdoghan è passato alla prova di forza con Gulen e i suoi confratelli molto radicati nella magistratura e nella burocrazia, ma privi di base popolare nella Turchia profonda ( Anatolia).

Il piglio severo con cui Recep Tajip ha affrontato i moti studenteschi di Istanbul, le rivelazioni guleniste sulla corruzione governativa , le critiche occidentali e della stampa interna, lungi dal nuocergli, han giovato ed ora è presidente della Repubblica eletto a maggioranza assoluta degli elettori, con un palazzo da 630 milioni di dollari ed è pronto a “entrare nella storia” con qualche impresa importante.

La posizione turca di sentinella NATO degli stretti che imprigionano la flotta russa e sul fianco sud-est dello schieramento non si è rivelata produttiva. La via della UE è preclusa dai tedeschi. L’aver partecipato alla realizzazione dell’oleodotto ” southstream ” assieme a Berlusconi e Putin non ha migliorato la situazione.
Il tentativo di ” proteggere” tutto il fianco sud estendendo la propria sfera di influenza all’intero scacchiere Libia inclusa – in fondo era l’ex impero – si è scontrato con gli interessi israeliani, egiziani e sauditi che da ogni parte hanno bloccato la spinta.
L’interessamento ” islamico” ( ricostruzione di moschee) verso Albania e Bosnia ha trovato un altro limite NATO ormai insediata nei Balcani.

Volgendo lo sguardo ad est – il deserto dei tartari che doveva sorvegliare – la Turchia ha trovato migliore accoglienza ed è stata ammessa come dialogue partner nella SCO, assieme alla Bielorussia e Sri Lanka ( Organizzazione di Shangai per la Cooperazione) che include come membri di diritto oltre a Cina e Russia, le tre repubbliche islamiche turcofone Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan) .
I turchi hanno escluso che il rapporto con la SCO sia in contrasto con la NATO, ma la candidatura americana è stata respinta come non pertinente. Ahmet Davitoglu, all’epoca ministro degli esteri ed ora premier, disse che ” dato che non siamo più in guerra fredda, non c’è contrasto.” Il segretario Generale SCO Dimitry Mezmetsev , conferma.
Ora che alla guerra fredda rischiamo di tornarci, vedremo cosa dirà .
Intanto meglio far parte di un’Asia che cresce piuttosto che di un’Europa che langue.

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Commenti

  • abrahammoriah  Il novembre 22, 2014 alle 6:15 PM

    22 novembre 2014

    La Turchia ha finalmente compreso che “meglio far parte di un’Asia che cresce piuttosto che di un’Europa che langue”. L’Italia ha scelto che, piuttosto che rischiare di crescere, è meglio stare e (farsi sfruttare) da un’Europa che langue (e che restringe sempre più all’interno del vecchio continente gli spazi di reale democrazia). Se non si sapranno diradare le nebbie ideologiche nate nel secondo dopoguerra – o ancor più semplicemente se non si apriranno gli occhi per guardare quello che sta succedendo fuori dal nostro sempre più asfittico orticello domestico – quello che qualche anno fa veniva definita ‘morte della Patria’ prima ancora che una involuzione storica cultural-ideologica sarà una dura ed ineludibile realtà economica e sociale. E la vecchia espressione “mamma li turchi” non sarà più il ricordo di un antico terrore ma la sgomenta espressione di emigrati italiani presso il Corno d’Oro ammirati per il successo di un paese che ha deciso di crescere piuttosto che languire (o detto meglio: piuttosto che morire con disonore).

    Massimo Morigi

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  • antoniochedice  Il dicembre 12, 2015 alle 11:03 PM

    L’ha ribloggato su IL CORRIERE DELLA COLLERAe ha commentato:

    Scritta nel novembre 2014. Gli ingredienti c’erano tutti.

    "Mi piace"

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