Di recente ho citato in un post Mario Vinciguerra e mio figlio Francesco si è chiesto – e me lo ha detto – come mai avessi il toupet di citare uno dei coinvolti nella strage di piazza Fontana come persona perbene. Mi sono detto che se anche mio figlio ignorava chi fosse il vero Mario Vinciguerra, era il momento di dedicargli un minuto.
Mario Vinciguerra, quello vero, nacque a Napoli nel 1887 e mori a Roma nel 1972. E’ stato uno dei fondatori della Unione Democratica per la Nuova Repubblica assieme a Randolfo Pacciardi, Alfredo Morea ( segretario dell’Aventino), Ivan Matteo Lombrado ( primo segretario del partito socialista nel dopoguerra), Giuseppe Caronia ( cofondatore con Sturzo del Partito popolare), Tomaso Smith ( fondatore di Paese e Paese sera), Giano Accame nel 1965.
Redattore del Resto del Carlino e del Mondo, fu condannato a quindici anni di reclusione ( e li scontò) dal regime fascista per attività sovversiva condotta con una associazione segreta Alleanza Nazionale per la Libertà ( i partiti politici erano vietati e lui fu arrestato mentre distribuiva volantini contro il regime in via del corso a Roma) a cui parteciparono anche Lauro De Bosis ( morto cadendo col suo aereo partito da Lugano: aveva organizzato un lancio di volantini su Milano alla maniera di D’Annunzio).
Liberato alla fine della guerra, divenne prima commissario e poi presidente della SIAE ( Società degli Autori ed Editori). Tra i documenti che ho conferito alla Camera dei Deputati una missiva in cui Pacciardi gli raccomanda un giovane triestino per svolgere lavori SIAE di piccolo monitoraggio e Vinciguerra – equivocando – gli risponde che fino a che lui sarà presidente dell’ente le persone verranno assunte solo per concorso. Qundo il centrosinistra aprì la caccia agli amici di Pacciardi presenti nella Pubblica amministrazione, nessuno osò cacciarlo e fu rinnovato.
Nel 1966 ero giovane e – come i giovanotti di oggi che mi scrivono invitandomi a partecipare alla lotta elettorale – bruciavo dalla voglia di ottenere una vittoria che credevo a portata di mano.
Assieme a una serie di giovani, tra cui Vittorio Sbardella, Enzo Maria Dantini, Lambert Roch, prememmo su Pacciardi per partecipare alla campagna elettorale comunale romana del 1966. Vinciguerra si dichiarò contrario. Vincemmo noi e ottenemmo di partecipare incassando una sonora sconfitta ( seimila e passa voti). Parlavamo di cambiare la Costituzione a gente che voleva un posto di lavoro o le fognature e guardava le “tribune politiche” in TV.
Mario Vinciguerra scrisse un pamphlet che diede alle stampe dopo le elezioni politiche ( cercherò di ritrovarlo). All’epoca vigeva – come oggi in Grecia ed altri tre paesi della UE- un obbligo di legge “a compiere nelle urne il proprio dovere di cittadino” . La sanzione consisteva nell’apposizione di un timbro sul passaporto ” non ha votato“. I votanti erano in genere il 96/98% degli elettori.
Vinciguerra non andò a votare e poi si presentò in Questura a richiedere che il previsto timbro gli venisse apposto sul documento..
Il libro – 66 pagine- è la gustosa descrizione del dipanarsi dello scaricabarile tra burocrati che lo mandavano da un ufficio all’altro dichiarandosi incompetenti. Tornò a casa, abitava alla salita del grillo, col passaporto non timbrato.
Per apprezzarne l’ironia, il gesto e il valore morale, ho dovuto maturare per quaranta anni.
E’ a lui, un omino piccolo e fragile con un animo d’acciaio non piegato dalla galera, che ho dedicato questa mia mini campagna astensionista e gli chiedo perdono per la mia tracotanza.
Commenti
Alberto Arbasino qualche anno fa così condensò lo stile del gruppo cui apparteneva Mario Vinciguerra:”Lo caratterizzava una vecchia eleganza intellettuale mediterranea che guardava a una Europa così lontana, però pensata e ripensata, una cultura non solo da club o da coffee-house ma da antica Agorà”. Un pochino lontana, mi pare, da Grillo, Ingroia et similia. Per fortuna, quando il mondo cambia così vistosamente, i vecchi non se ne accorgono, perché sono morti. GiC
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Per disgrazia i giovani non sanno cosa stanno perdendo…
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Grazie di questo ricordo. Ne aggiungo uno mio, della prima volta che sentii nominare Vinciguerra. Negli anni Settanta, fresco iscritto alla SIAE, presi un caffè al bar con un anziano dirigente. Scherzammo un po’, tra malinconici e arrabbiati, su un pasticcio poco chiaro (o anche troppo chiaro) in corso nelle superne stanze di viale della Letteratura; e sul punto di salutarci, l’anziano dirigente mi disse: “Eh, una volta non era così…una volta c’era Vinciguerra.”
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L’ha ribloggato su IL CORRIERE DELLA COLLERAe ha commentato:
UN GRAN SIGNORE NAPOLETANO. NON NAPOLITANO.
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“Parlavamo di cambiare la Costituzione a gente che voleva un posto di lavoro o le fognature…”. Caro Antonio, forse fu Hobbes a dire “Primum vivere (o bibere o manducare etc) deinde philosophari”; nel 1966 io avevo appena comperato la mia prima casa e avevo due bambini e mia moglie laureata in chimica non lavorava per tirar su la famiglia. Francamente, allora anch’io ero tra la gente che voleva le fognature. E la Costituzione nel 1966 l’avevamo da meno di venti anni e non era affatto invecchiata Anche le buone idee bisogna averle al momento giusto, non troppo prima (ovviamente manco troppo dopo, se no si fa la fine di Renzi il 4 di dicembre). GiC
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Caro Gic, capisco. Ma l’esigenza nasceva dalla constatazione della ingovernabilità che era agli inizi. Bloccandola con l’elezione del presidente, si sarebbe risparmato il baratro di bilancio fatto per accontentare tutti, il governo ogni nove mesi che ha impedito ogni pianificazione e adesso i posti di lavoro non bisognerebbe cercarseli all’estero. Con la cura del” lo suo particulare ” gli italiani si sono fottuti da soli e adesso piangano pure.
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La figlia era una brava giornalista.
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Risposta a AdM: capisco anch’io, ma se avendo un raffreddore pensiamo che é l’inizio di una polmonite mortale (il che può anche essere, ma con una probabilità bassina) ci imbottiamo di antibiotici, quando poi magari una polmonite vera ci cade addosso, siamo diventati antibiotico resistenti. Abbiamo cominciato a voler cambiare la Costituzione quando era ancora un raffreddore; quando ci é venuta la polmonite, abbiamo fatto il 4 di dicembre (e oltre tutto, in quel momento abbiamo sbagliato antibiotico, cioè nuova Costituzione). Io ho votato NO al referendum perché la nuova Costituzione era scritta male, in un italiano incomprensibile e con rimandi assurdi specie per uno come me che non capisce nulla di legge (ma si fanno votare voglio capire quel che voto). Poi, su Vinciguerra, apparteneva a un altro mondo, quello di Einaudi (Luigi, non Giulio). GiC
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