Tunisia: Da Didone a Ben Alì. comunque vada…..

I tunisini , con un aiutino, si sono liberati del loro Presidente . Il vice , sta cercando di  far sopravvivere qualcosa  promettendo le elezioni tra sei mesi.

SEcondo da sinistra il principe Nayef bin Abd el Aziz ultimo figlio del fondatore della dinastia saudita e ministro dell'interno. Ha Ospitato il presidente Ben Ali. L'Arabia Saudita ha pessimi rapporti con l'Algeria. E' il preludio di una grossa crisi nel Maghreb con riflessi sull'Italia

 La ribellione è  stata motivata dal  carovita. Il carovita resterà,  ma cambierà il governo. Forse.

Sulle motivazioni economiche vedere “Mediterraneo in fiamme” su questo sito – già pubblicato – e “Geopolitica della fame” che uscirà domani.

Il popolo  si  lamentava – in Tunisia  si intende – della moglie del Capo. Non ho mai sentito nessuno in Italia lamentarsi delle donne di Berlusconi , deve essere  anche per questa ragione che riesce a restare in sella. Le sue donne  non dispiacciono.

 La Tunisia ha una lunga tradizione di donne al comando. Da Didone  a Wassila Ben Ammar –  consorte di  Habib Bourghiba “Combattente supremo” deposto  con delicatezza da Ben Alì  –  e zia del più noto  Tarek  Ben Ammar di Mediobanca , grande amico di Mr B.

Passando alle cose serie, la Tunisia esce dalla sfera di influenza italiana per andare  in quella USA senza intermnediazioni. Questo vuol dire che L’Italia  – oltre alla facile  previsione di complicazioni nella  politica di immigrazione per l’aumento dei flussi  che non saranno più regolabili a piacere – rischia di perdere una posizione di privilegio con un partner commerciale strategico e rischiamo di  essere coinvolti in qualche inevitabile  processo  popolare per  arricchimento di regime contro Ben Alì , suoi parenti e sodali.

Visto che il passaggio  del potere dai Ben Ammar ai Ben Alì fu senza scosse, la faccenda potrebbe assumere contorni sgradevoli per i rapporti italo-tunisini.  Ricorderete che l’ammiraglio Martini  – ex capo del SISMI – raccontò di recente  alla stampa  in un empito di vanità senile, che Ben Alì, all’epoca capo del servizio segreto tunisino , venne aiutato dal nostro servizio segreto a diventare Presidente della Repubblica , grazie a una serie  di apparati di intercettazione forniti  al collega che li installò nel quartiere generale dell’avversario proprio a tempo per fare una  vittoriosa campagna elettorale. Coi successori, sia che siano nemici che amici, il feeling sarà  inevitabilmente diverso.

Non tutti sanno che la Tunisia considera, per legge ,  l’olio di oliva “materiale strategico”  destinato all’export e non disponibile sul mercato interno. L’Italia è  da molti anni il più grande importatore e il più grande esportatore di olio d’oliva del mediterraneo, cioè del mondo.  Secondo uno studio di cui sono stato capo progetto, gli italiani  importano dalla Tunisia circa 100.000 tonnellate all’anno al prezzo medio di 1850 euro a tonnellata ( dati Ismea 2004) e  – dopo un periodo di “acclimatamento” – lo vendono  all’estero , specie negli USA, al prezzo medio di  2.750 euro a tonnellata.  Nel frattempo i dati sono certamente aumentati.Ecco un’altra  nicchia  ( o pacchia) che sta per esaurirsi.

Torniamo a Ben Alì. Le rivolte sono sempre esogene e da ogni caduta di regime si impara qualcosa: Circa la rivolta, si nota  la mano americana dal tipo di comunicazionme che ormai sembra fatta con lo stampino  ( Ucraina, Georgia, Iran, ecc): giovani “borsisti” ( di fondazioni americane pubbliche e private) che indirizzano la protesta, belle ragazze sulle spalle dei manifestanti fotografate con bandiere e capelli al vento ( la prima volta lo fecero a De Gaulle nel maggio 68),  altre belle ragazze col foulard arancione che si arrampicano sui pali della pubblica illuminazione  ( ognuno usa le proprie escort come crede) e dulcis in fundo conferma – se vincono i buoni  –  la collocazione internazionale se stanno “a ovest ” o disdice  le alleanze se stanno “altrove”.

 Ricordate la rivolta algerina degli anni passati? Una rivolta non riesce a sostenersi senza l’aiuto concreto di  un paese vicino.

 I Fellagha algerini  dell’FLN furono sostenuti dalla Tunisia ( la Francia fece il solito, inutile, sbarramento  lungo l’intera frontiera).

Messo alle strette,  il laico  Ben Alì , sorpresa generale,  evidentemente ha presentato all’Arabia Saudita la cambiale per aver chiuso gli occhi sulle attività della  GIA fondamentalista  algerina e si fa ospitare, forte anche della recente ospitalità data al principe Nayaf Bin Abd el Aziz ministro saudita dell’interno alla recente riunione dei ministri arabi  di polizia, tenutasi a Tunisi dal 16 al 18 marzo 2010. 

Per capire la portata del fatto è come se Berlusconi , una volta riconosciuto colpevola di corruzione di minorenni, trovasse asilo in Vaticano  sotto gli auspici dell’Opus Dei.

La Francia sarebbe stata meglio come qualità di vita per un uomo di larghi mezzi , ma evidentemente è terra di asilo solo per i nostri brigatisti. 

Sia quell’asilo  che questo, pessimi segnali per la tranquillità dell’Italia.

Antonio de Martini

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Commenti

  • Giorgio Vitali  Il gennaio 16, 2011 alle 7:35 PM

    COME HO SEMPRE SOSTENUTO FINO AD OGGI,VEDERE LE COSE DELLA POLITICA, anche interna, anche familiare, anche da…buco della serratura, attraverso la lente della geopolitica, serve per vedere meglio e soprattutto per capire cosa sta avvenendo. In questo caso la questione è di una chiarezza esemplare. Come la vista dell’Italia illuminata di notte da un satellite che orbita a 800 chilometri dalla superficie della terra. La “rivolta”, più o meno coloured del POPOLO tunisino, come scrive De Martini, è una evidente operazione USAcentrica a danno dell’Italia, che va associata per forza di cose all’operazione “FINI”, a quella “Battisti”, a quella “Stupro” e quella “Somalia” TUTTE assieme APPASSIONATAMENTE. Senza Olio, addio estrema unzione! Giorgio Vitali.

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  • antoniochedice  Il gennaio 23, 2016 alle 12:19 am

    L’ha ribloggato su IL CORRIERE DELLA COLLERAe ha commentato:

    Ribloggo alcuni post sulla Tunisia, perché nulla è cambiato dal 2011 a oggi. Non volevano la democrazia: avevano fame. Resta il fatto

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