A parte periodici annunzi di incerte tregue, autorizzazioni all’ONU a rifornire di carta igienica comunità assediate e l’inaugurazione di un certo pendolarismo diplomatico tra Austria e Svizzera, il negoziato per ottenere una soluzione politica in Siria è bloccato e non procede, con disperazione di tutte le parti in causa.
L’ostacolo principale sembra essere la sorte del presidente Bashar el Assad , ma ovviamente si tratta della parte emergente dell’iceberg. La parte sommersa consiste nella mancanza di almeno un criterio comune ( ad esempio l’integrità territoriale della Siria su cui tutti tranne forse gli USA convergerebbero) e la scelta dei partecipanti direttamente interessati, nonché l’assenza di terzi capaci di mediare.
Al tempo del negoziato di Ginevra I ( e poi II) scrissi che senza una presenza attiva del convitato di pietra iraniano, non si sarebbe potuto procedere. Adesso che dopo due anni e altre migliaia di morti e sfollati, gli iraniani sono stati finalmente ammessi, ci si accorge che le difficoltà restano intatte.
Bisogna ammettere che l’accettazione degli iraniani si è rivelata condizione necessaria, ma non sufficiente. Vediamo come si potrebbe procedere per smuovere le acque.
La prima considerazione che mi viene in mente è che al tavolo del negoziato sono seduti tutti quelli che hanno voluto la guerra e nessuno di coloro che ha invocato la pace.
La seconda è che si confrontano due scuole di pensiero – la orientale e l’americana – che hanno dimostrato abbondantemente di non riuscire a capirsi nemmeno tra alleati ( vedasi lo scontro interno tra sauditi e USA e tra USA e turchi). esiste quindi un problema di linguaggio ed uno di vocazione alla ricerca di un regolamento pacifico delle questioni, per non parlare delle qualità personali , inesistenti, della maggior parte dei negoziatori intesi come individui.
Esiste al tavolo delle trattative un personaggio capace di interloquire positivamente con il plenipotenziario di Assad o capace di andare a Damasco per strappare un assenso a denti stretti direttamente al Presidente? no
Esiste un’ analoga figura diplomatica suscettibile di forzare la mano al segretario di stato USA o all’abile Ministro russo Lavrov ?
La risposta è si, ma nessuno ha pensato ad allargare il tavolo, perché la guerra viene fatta dai militari ( e chi non lo è, lo diventa) ed è invalsa l’abitudine a far negoziare la pace dagli stessi individui che psicologicamente, nell’ultimo quinquennio hanno pensato unicamente a soluzioni di forza.
Chi ha costretto i belligeranti a sedersi al tavolo delle trattative, non è stato invitato perché – per diverse ragioni – è segretamente inviso a tutti, ma a ben vedere potrebbe essere accettato ufficialmente proprio per gli stessi motivi per cui non lo vogliono o non ci hanno pensato.
Il 31 marzo 2013, sul hptt://corrieredellacollera.com nel post ” quante divisioni ha il Papa”, segnalavo l’inizio visibile dell’offensiva di pace lanciata dalle chiese cattolica e ortodossa che si erano ormai coalizzate dopo mille anni di separatezza e cauti prologhi iniziati ai tempi di Paolo VI.
Artefice di queste pressioni , preghiere, iniziative fu il cardinale Bechara RA’I che andò innanzitutto a Damasco – lui che era sempre stato avversario di Assad in occasione dell’occupazione del Libano- poi a Mosca ed infine a Washington.
E’ arabo e quindi si capisce bene con gli interlocutori orientali, è benaccetto agli sciiti per ragioni che non intendo rivelare in questa sede, ha legami ben stabiliti con le chiese orientali essendo il Patriarca Maronita ( cattolici di rito orientale fedeli a Roma), sarebbe anche rispettato dagli americani che hanno visto quanto è stato capace di mobilitare tutti i vescovi cattolici e ortodossi d’America e scatenarli sul presidente Obama per ottenere l’accettazione della ricerca di una soluzione politica.
E’ un diplomatico, come i fatti hanno dimostrato.
E temuto ed amato al contempo da Assad perché potrebbe togliergli l’appoggio delle comunità cristiane di Siria trasformandolo in un piccolo capo tribù, ma Assad non dimentica che fu lui come Patriarca Maronita ad andare – per la prima volta nella storia- a Damasco cogliendo l’occasione dell’incoronazione del nuovo patriarca ortodosso ( Giovanni Yazidis) e iniziò a parlare di pace con il vice ministro degli esteri Faisal Mekdad ed il ministro dell’informazione Omran al Zoubi. L’evento fu trasmesso in Televisione per intero.
L’inserimento del cardinale Al Rai ( e quindi della diplomazia vaticana) potrebbe essere bilanciato con la partecipazione del rettore dell’università di Al Ahzar ( Cairo) che è la massima autorità sunnita del mondo e si incaricherebbe di influire sui sauditi.
La Francia si vedrebbe privata del ruolo autoattribuitosi di protettrice dei cristiani d’Oriente , ma con la popolarità di Hollande scesa al livello Brunetta, credo non interessi nessuno.
L’America – e il mondo protestante- dovrebbero assistere ( lo hanno già fatto per Cuba) al ritorno del Vaticano negli affari del mondo che con i trattati di Westfalia ( 1648) credevano di aver sistemato per sempre, ma l’alternativa è aspettare altri due anni e centomila morti.
Certo, ripugna a tutti i paesi a conduzione laica ammettere che l’inserimento nei negoziati di pace delle componenti religiose sarebbe necessario, ma sono stati loro a suscitare i fantasmi dello scontro tra le fedi per nascondere interessi geopolitici.
Hanno evocato il fantasma delle religioni, adesso invochino la loro presenza effettiva.
Commenti
Bell’articolo, molto interessante come (quasi) sempre. Vuoi vedere che un po’ di religione, sia pure diplomatica, c’entra anche nella geopolitica ? Implicazioni notevoli. GiC
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Implicazioni numerose e storiche. Mandalo a qualche Monsignore….
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In effetti di diplomazia se n’è vista poca – a parte quella dei fanatici. La Siria di oggi sembra quasi quasi la penisola italiana narrata dal Manzoni: il campo di battaglia nel quale ogni potenza europea mandava a combattersi i propri facinorosi rampolli.
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