il 25 aprile l’ho sempre vissuto come un giorno di festa: primavera e vacanza a scuola. Crescendo ho capito che aveva due altri aspetti: uno di politica internazionale e uno nazionale.
Sul piano internazionale, il mondo intero la ha vissuto come la fine della Guerra e delle sofferenze, un po come la notizia di Vittorio Veneto che diede il la alla pace anche nel primo conflitto mondiale anche se si trascinò per qualche giorno in Europa e per quattro mesi in Estremo Oriente.Sul piano geopolitico sancì l’egemonia degli Stati Uniti su tutti gli alleati, Inghilterra inclusa. Albion si era coperta di debiti con gli Stati Uniti e vista la sproporzione di forze. emersa in tutta la sua potenza, era escluso che evitasse o ritardasse i pagamenti. Per anni dopo la guerra – e dopo di noi – gli inglesi continuarono col tesseramento alimentare e appena le elezioni lo permisero, rovesciarono il governo Churchill per sostituirlo con il più modesto Clement Atlee.
Sul piano nazionale, a parte il tripudio per la fine della guerra e le inevitabili conseguenze che portarono alla morte di Claretta Petacci colpevole di troppo amore, la situazione fu subito molto complessa: diversamente dall’ yugoslavo Josip Broz detto Tito che aveva liberato da solo la propria capitale ed aveva costituito un governo proprio, gli italiani avevano una troppo breve esperienza di lotta partigiana ( gli yugoslavi combattevano dal 1941) ed erano riusciti ad impensierire seriamente il Feldmaresciallo Kesserling ( lo ammette nelle sue memorie) solo durante l’inverno del 1944 per attacchi ai rifornimenti e trasferimenti dei reparti e quasi mai in battaglie vere e proprie.
Mentre i titini combattevano unicamente o contro lo straniero, i partigiani italiani combattevano anche contro altri italiani con strascichi inevitabili che ancora avvelenano l’atmosfera nazionale. I fascisti furono i primi secessionisti che bestemmiarono l’Unità nazionale e questo fatto, unito alla scelta demenziale di dichiarare guerra agli USA li rese inagibili per mezzo secolo.
I volontari della libertà, come si chiamavano allora ufficialmente i partigiani, erano comandati da un sistema ” duale” con a capo il generale Raffaele Cadorna – paracadutato nella zona di Verbania-Pallanza e da Luigi Longo che aveva combattuto in Spagna.
Su tutti, un lontano CLN italiano con sede nell’Italia liberata ( dove esisteva un governo “badogliano”riconosciuto dagli alleati) e un CLN alta Italia a Milano che operava clandestinamente.Se a questo groviglio disarmonico si aggiunge il fatto che tutti questi organi comunicavano tra loro attraverso i comandi alleati ( americani, inglesi e francesi) avrete un quadro completo della situazione.
Dopo ventitré anni di partito unico, una guerra persa malamente e le rovine materiali aggiunte a quelle morali, immaginabile l’effervescenza tutta italiana di quanti iniziavano a praticare l’abbeccedario democratico. Ben orientati solo i comunisti che avevano alle spalle dei suggeritori e dei finanziatori, oltre a disporre di un embrione di apparato clandestino risalente all’anteguerra.
L’altra forza costituita era la Monarchia, impossibilitata ad agire comunque date le responsabilità nella scelta della guerra, nella sconfitta e nel doppio gioco praticato verso il regime e la fuga dalla capitale all’atto dell’armistizio con cui di fatto abdicò ad ogni diritto a decidere della sorte della Nazione.
La Chiesa cattolica disponeva di una organizzazione politica embrionale e non ancora in grado di coagulare il consenso anche per i rapporti avuti col fascismo, i patti lateranensi ( che il PCI avrebbe metabolizzato alla Costituente) e i tentativi di mediazione fatti fino all’ultimo.
I comunisti presero l’iniziativa politica di rappresentare la Resistenza ( parola creata da De Gaulle nel 1940) anche perché disponevano di mezzi che altri ebbero solo in un secondo tempo.
Negli anni la celebrazione del 25 aprile ebbe comprensibili momenti di frizione tra fascisti che vivevano il momento come quello della sconfitta ( evidentemente del loro partito perché l’Italia la guerra l’aveva persa da un pezzo), i comunisti che festeggiavano la vittoria ( anche qui del loro partito perché l’Italia non riusci a farsi considerare cobelligerante e subì tutte le conseguenze del trattato di pace come potenza nemica).
Alla proclamazione della Repubblica celebrata nella sala della Lupa a Montecitorio da Randolfo Pacciardi allora segretario-rifondatore del PRI ci fu il primo appello alla riappacificazione tra gli italiani, seguito dall’amnistia proclamata dal Ministro di Grazia e Giustizia e segretario del PCI Palmiro Togliatti, ma la maggior parte dei politici del tempo preferì mantenere fuori dal campo chi non si era qualificato per tempo millantando meriti democratici che avevano in pochi. Pochissimi.
poi la storia riprese i suoi diritti, le parti si divisero, i comunisti furono estromessi dal governo di unità nazionale e si rifecero ammazzando un po di avversari politici specie in Romagna e monopolizzando la celebrazione del 25 aprile per default di aspiranti: la DC e le forze di centro perché corteggiavano la borghesia e gli alleati che preferivano far credere che la massa degli italiani avesse combattuto contro il fascismo.
Ho rispolverato una dichiarazione del comandante della Resistenza Raffaele Cadorna rilasciata al “Corriere Lombardo” e che fu ripubblicata da ” Universita 70″ il giornale dei giovani di ” NUOVA REPUBBLICA” in analoga occasione del 1966. La pubblico perché costituisce l’atto di divorzio tra le forze politiche partecipanti alla Resistenza che oggi viene solennizzata nuovamente per evitare la venga egemonizzata da chi è rimasto fuori del governo ” comunista” odierno.
Come ha scritto oggi l’ex segretario del PCI Achille Occhetto sulla sua pagina Facebook a chi gli rimproverava gli odierni governanti come nipotini: ” Renzi non è nipotino del PCI. E’ nipotino della DC.” Come Mattarella, La Boschi, Martina, Alfano e compagnia cantante.Altro che rendere omaggio alla memoria dei caduti. A riprova della giustezza della posizione di Cadorna, l’atteggiamento degli USA. Hanno rifiutato di partecipare alla sfilata della vittoria a Mosca e fatto pressione sugli alleati di un tempo perché evitino di partecipare.
ECCO IL TESTO DEL CORRIERE LOMBARDO
“Intervistato dal Corriere Lombardo sulle ragioni della sua astensione dalle manifestazioni celebrative della Resistenza , il Generale Raffaele Cadorna, già comandante del Corpo Volontari della Libertà, ha dichiarato:
“Non me la sento di fare il propagandista del partito comunista, di avallare il monopolio che esso si è acaparrato della Resistenza.
Stimo Luigi Longo sul piano umano, riconosco le sue capacità di organizzatore , è vero: ma è anche vero che i miei ideali non sono mai stati i suoi, neppure nei giorni in cui combattevamo assieme. Ci dividevano e ci dividono troppe cose.
Se oggi tornassi al suo fianco, mi sembrerebbe di tradire il nome che porto, l’educazione che ho ricevuto e lo stesso concetto di Libertà di cui si continua a parlare tanto.
E’ difficile dire queste cose in Italia. Da noi si corre sempre il rischio di essere fraintesi. Non si discute, di solito, ci si insulta. Ma a me la cosa interessa poco. Per fortuna sono uno dei pochi italiani ai quali non si può certo dare del fascista, perchè tutto il mio passato dimostra il contrario.
Voglio comunque essere molto chiaro e dire fino in fondo quello che penso: la resistenza è stata un fatto d’arme e non un fatto politico. Politicamente eravamo uomini di diverse ideologie quando oggi si citano gli ideali della resistenza, a quali ideali ci si riferisce? All’ideale cattolico, a quello comunista, a quello liberale, a quello socialista? Non si può ridurre un patrimonio così ad una vittoria di parte (parola illegibile) una nazione a combattere contro i tedeschi e contro quegli altri italiani che, per colpa o per sventura (val la pena ancora di distinguere dopo tanti anni?) si trovarono accanto a loro.
Il mio è un rifiuto doloroso, perché io so forse meglio di ogni altro quante lacrime e quanto sangue ci è costata quella vittoria.
A questi sacrifici io per primo voglio rendere onore, ma in silenzio, senza clamori.Perché è fuori dubbio che il risultato finale nacque dalla collaborazione di diversi uomini e di diverse correnti di idee. Diciamolo con chiarezza: lo stato che i comunisti sognavano di instaurare nel 1945 non era lo stato democratico di De Nicola e di De Gasperi; era una dittatura di tipo sovietico.
Perché allora continuare a sfilare insieme, a guerra finita, come se si avessero le stesse idee? Perché prolungare l’equivoco di un “accordo” che allora fu solamente un fatto strumentale ?”
Commenti
Fu paracadutato in alta Val Cavallina (Bergamo) perché era in corso un rastrellamento tedesco: Oggi è rimasto un cippo su di una roccia a ricordare l’episodio.
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A distanza di 70 anni abbiamo comunque un’altra dittatura, non di stampo sovietico, ma non per questo migliore, anzi ….
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Manca la Democrazia, non la Libertà. Il danno non è percepito dalla stragrande maggioranza degli italiani, ma non per questo è meno grave. Anzi.
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libertà senza democrazia: il primo cerchio (più Solženizin che Dante), dove la maggioranza degli italiani, più o meno beatamente, vegeta in carenza percettiva
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Non crescono e non si moltiplicano. Passano il tempo davanti alla TV. Grazie a Dio spariranno entro il 2060
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Oggi l’Italia vive il suo attuale nuovo corso problematico, come logico.
la curva del ciclo di vita del Paese Italia segue necessariamente l’attualità dei fatti.
quali sono questi fatti?
riepilogo di seguito alcuni miei appunti di mie recenti letture, elencando una serie di punti che a mio parere bene rappresentano la complessità crescente a cui anche il nostro governo deve far fronte.
globalizzazione dei fenomeni, viviamo in un villaggio globale…
processo di frammentazione delle entità statali meno forti o più recenti
diffusa e crescente instabilità in aree con più forti problemi socio economici o di recente perdita post guerra fredda dei tradizionali riferimenti
mutamento dei grandi equilibri di potere nel mondo
guerre per il controllo delle risorse
cambiamento delle strutture politiche: assistiamo ad un rallentamento del processo verso nuovi livelli di democratizzazione di sistemi storicamente illiberali ed autoritari
maggior influenza e pervasività delle nuove tecnologie anche ad attori non statali
centralità delle reti informatiche
tensioni ed instabilità generate da problematiche demografiche
a livello europeo invecchiamento della popolazione e squilibrio giovani/anziani
fenomeni di continua maggior urbanizzazione
in genere: scarsità risorse naturali ed aumento conflittualità per assicurarsele
mutamenti climatici
globalizzazione risorse finanziarie
nascita e diffusione di identitarismo localista su base criminale o ideologica
le potenze regionali tendono a diminuire le spese per la difesa a favore di investimenti per problematiche economico sociali
inoltre: l’Italia è convintamente inserita nell’area euro-atlantica (Europa e nord America) per consolidati motivi culturali, economici, storici che vedono in questa regione il naturale ed insostituibile fulcro
problemi molto grandi e molto diversi: la regione euro-mediterranea comprende realtà problematiche tra loro moltissimo diverse e complesse: i paesi dell’unione Europea, i paesi dei Balcani, il Magreb, i paesi mediterranei del Medio-oriente , i paesi del Mar Nero.
anche recentemente gravi problemi e conflitti sociali , economici e di crisi energetica in alcune di queste aree hanno provocato guerre, conflitti, gravi fenomeni di terrorismo, minacciando equilibri in modo grave
queste nuove forze terroristiche sono una minaccia transnazionale
complessità della situazione e diversità degli attori non consentono una risposta univoca e focalizzata a queste minacce
per l’Italia, del resto – ed è ovvio – la sicurezza della zona euro atlantica ed euro mediterranea non sono disgiungibili.
mi fermo qui, chiedendo scusa della prolissità.
PS: riferirsi a Renzi come nuovo dittatore è fondamentalmente una sciocchezza.
un caro saluto
Alberto Ritteri
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Nemmeno la libertà, se non quella di sproloquiare e senza irritare qualche potente, ci è rimasta!
Devo ricordarle gli Studi di Settore, l’Agenzia delle Entrate, Equitalia, la burocrazia demenziale e le migliaia di leggi e leggine che confliggono tra loro come uno degli strumenti di una bieca dittatura?
Altro che KGB, qui siamo ritornati ai tempi del sceriffo di Nottingham e forse peggio!
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Tasse e Libertà una vecchia questione….
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Ad AdM. I giovani (sotto i 50 anni) non guardano la TV che é ormai appannaggio dei vecchi in poltrona. I giornali sono letti pochissimo. Esiste un vastissimo “popolo della pizza” che tira avanti “arrangiandosi” come sempre ha fatto. I grandi problemi cui accenna Ritteri non “vengono sentiti” da questo popolo “pizzoso”, ma quando i “trecento” di Mercantini sbarcarono a Sapri “la gente” certo non li capì e quindi non li aiutò. Non si pretenda ciò che non può essere dato. GiC
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Vero, ma i vecchi ultra sessantacinquenni sono oltre il 20% del paese ( cito a memoria) e posseggono ben oltre il 20% della ricchezza. I giovani si inebetiscono con altro è qui mi fermo. Ritteri, come tutti i neofiti esagera nelle pretese, ma ha di fronte un deserto….
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