HAMAS E ISRAELE. LA LOGICA DELLA RIPICCA E NESSUN INTERESSE NEMMENO PER LE PROPRIE PERDITE UMANE. di Antonio de Martini

Il 13 luglio scorso ho pubblicato il testo di uno dei tanti accordi di cessate il fuoco tra Hamas e Israele.
Attribuisco il fatto che nessuno abbia commentato, all’ inglese del testo, ma la traduzione è semplice: Israele si impegnava a non bombardare Gaza e Hamas a non sparare i suoi rudimentali missili sul territorio di Israele. La pace è semplice è la guerra che è complicata.

Personalmente considero disonorevole prima che disumano questo tipo di conflitto in cui ciascuno dei contendenti uccide i civili dell’altro, senza che i ” militari” corrano rischi particolari. Ci vuole un misto di cinismo e vigliaccheria di cui sono evidentemente provvisti entrambi i contendenti. Gli alleati, specie militari,  delle rispettive parti hanno la stessa caratura morale.

Entrambi spingono la loro miseria etica fino a speculare sui propri morti con servizi fotografici e TV.

Trovo patetico l’atteggiamento pro Palestina o pro Israele in cui ci avvoltoliamo noi italiani italiani – specie su Facebook –  al punto che avverto i lettori che uscirò dal brago delle frasette ignoranti e pietose e che se sono interessati ad informarsi possono abbonarsi al blog. Inizio lo sganciamento.

Tutte le origini e sviluppi della diatriba tra arabi e ebrei la descriverò in un libro se trovo un editore. In questo specifico caso di Hamas, vediamo di spiegare l’evoluzione della vicenda per renderla comprensibile ai più.

Il partito laburista di Shimon Peres ( era all’opposizione) una buona trentina di anni or sono pubblicò uno studio sulla striscia di Gaza, all’epoca di settecentomila abitanti, mostrando che sarebbe stato più conveniente per Israele, abbandonarne l’occupazione piuttosto che mantenerne il controllo. Argomento primo citato la demografia e secondo il costo per il controllo del territorio.
Cominciava ad affiorare la prospettiva del deficit demografico israeliano rispetto ai palestinesi e la proposta dopo le polemiche di rito, finì per essere adottata.

Hamas nacque durante l’intifada del 1987 per non far unificare i palestinesi sotto un solo capo, all’epoca, Yasser Arafat.
Levatrice fu la fratellanza mussulmana e i genitori rispettivamente l’Egitto e l’intelligence occidentale in senso lato. Importava che un milione di palestinesi restassero fuori dalla conta per le trattative di pace.

La striscia di Gaza divenne col tempo una sorta di protettorato egiziano, come era stato territorio in precedenza e la fazione al potere si consolidò con una dogana particolare: i tunnel .                    Il contrabbando – droga e armi incluse –  era la molla dell’economia della striscia. Ogni tanto si eliminava uno sceicco tetraplegico ( Ahmed Yassin)  troppo intraprendente, altre volte si bombardava alla cieca a scopo di ritorsione, ma la frizione restava sotto il livello di guardia.
Quel che ha fatto tornare di bruciante – mi si perdoni l’allusione –  attualità la questione – dopo anni di sintonia tra gli arabi della striscia e il resto del mondo antisraele –  è stato il negoziato Israele-Palestina ( Fatah) promosso dagli USA.

C’è chi non ha ancora imparato che non si mette la mano nel cesto dei serpenti, specie se non si è lesti e Kerry non lo è.

L’ escalation è partita dalla richiesta di adesione di Fatah ( autorità nazionale palestinese per la Cisgiordania) a quindici organizzazioni e agenzie dell’ONU e l’annunzio della costituzione di un governo unitario Fatah-Hamas che avrebbe riunito sotto una sola bandiera tutti i territori “ex occupati “con la guerra del 1967 da Israele.

Le richieste di adesione di Fatah sono poi state accettate dalla comunità internazionale come logica conseguenza dell’ammissione all’ONU con lo status di osservatore.
Ignoro perché Israele abbia rifiutato l’ipotesi con sdegno e sia passato dalle minacce ai fatti con la pretesa di imporre l’isolamento politico e culturale ai palestinesi di Fatah, mentre  la motivazione a non unificare i territori sarebbe comprensibile se la sproporzione delle forze non fosse tanto evidente da rappresentare un pretesto strategico inconsistente.
In risposta a questa sorpresa politica, Israele ha rifiutato di liberare l’ultima tranche di prigionieri come  previsto dal pre accordo sul negoziato predisposto con l’aiuto del segretario di stato USA John Kerry che si alternava tra Ginevra ( per la Siria) Londra ( per l’Ucraina) e cento altri impegni.
La risposta palestinese irritata per lo stop alla promessa liberazione dei prigionieri ( Fatah e Hamas negano però ogni responsabilità) è stata il rapimento di tre adolescenti israeliani presumibilmente per usarli come merce di scambio.

Replica robusta delle autorità israeliane che hanno scatenato esercito e polizia con ricerche a tappeto facendo pressione con perquisizioni, arresti ecc.

I rapitori, probabilmente spaventati dalle ricerche, hanno ucciso gli ostaggi senza trattare.  Alla calabrese.
La ritorsione ( anche questa negata dalle autorità israeliane) è stata di rapire e bruciare vivo un adolescente palestinese.
I Palestinesi hanno dato il via a un abbozzo di Intifada e, parte di  Hamas,  – la corrente ostile all’Unione – ha colto il destro per mantenere distinte le loro forze armate da quelle di Fatah,  lanciando una offensiva “missilistica” con missili da cinquemila dollari contro i quali Israele impiega cinquantamila dollari a volta con IRON DOME.
Sono così iniziati i bombardamenti sulla striscia di Gaza con l’intento di demotivare Hamas alla lotta armata contro Israele ma con la motivazione ufficiale di far cessare il lancio dei “missili Kassam” contro la popolazione inerme che , ad oggi, conta tre feriti.

Non teleguidati e di portata limitata, i” missili palestinesi “non sono in grado di infliggere perdite significative, ma alimentano la psicosi – il massimo pericolo strategico reale per l’esistenza dello Stato – di tutti quegli israeliani che meditano di lasciare il paese o almeno crearsi una home in luoghi più tranquilli. Di qui un eccesso di reazione non giustificato dalle perdite.

Il mito di Tsahal – l’esercito di Israele – rischia di perdere smalto di fronte a proietti artigianali  che non si riesce a fermare. Questa perdita di immagine rischia di indurli, per recuperare, ad un attacco di terra che sarebbe rovinoso soprattutto per loro.

I palestinesi di Hamas, sono disposti a subire perdite anche ingenti: in caso di unione con Fatah, i morti  peseranno sul tavolo delle trattative di governo e in caso di indipendenza  su quello degli aiuti delle Nazioni Unite.

I ” falchi” dimostrano anche che Fatah non è in grado di proteggere nessuno dalle bombe israeliane. I più estremisti hanno una qualche speranza di farsi regalare un paio di Stinger ( i missili antiaerei portatili guidati USA) da qualche Jihadista siriano o iracheno ( o saudita) indignato per il massacro di innocenti che i media stanno pompando.

In questo contesto, manca la voce della ragione da entrambe le parti, rappresentata da Shimon Peres – ha appena cessato il suo mandato – e da Abu Mazen anch’egli impossibilitato a parlare per non togliere ruolo al capo di Hamas Khaled Mashaal e compromettere così il processo unitario su cui punta per sopravvivere politicamente al naufragio dei negoziati e al mancato rilascio dei prigionieri.

Un’ultima iniziativa: gli israeliani hanno avvertito la popolazione dell’area nord della striscia di Gaza  che stanno per bombardare invitandoli a sfollare. 17.000 persone hanno abboccato andando ad ingrossare il numero dei profughi. Sospetto – è solo un sospetto – che vogliano invece occupare la zona per creare una “fascia di sicurezza indipendente” in mano a una milizia mercenaria ( con annesso gas e petrolio in mare) replicando l’operazione fatta in Libano nel 1982 col “Maggiore Haddad”.

Fu così che nacque l’Hezbollah. Evidentemente se lo sono dimenticato.  Il gas ha di questi effetti.

Guardate sul web il film “The Gatekeepers” un documentario in cui sei ex capi del Mossad accettano di farsi intervistare dichiarando tutti che la soluzione del problema palestinese non è militare, ma deve essere politica.

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Commenti

  • Raymond Issa  Il luglio 16, 2014 alle 10:32 am

    Dovresti scrivere il libro ma gli italiani non sono interessati nemmeno a l’ITALIA si lasciano cullare dal cambiamento del Senato e di promesse di ripresa (non si sa come). La crisi, il lavoro, i problemi del mondo non sono interessanti e poi si parte dall’idea ma io cosa posso fare? niente dunque vado al mare.

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  • F.  Il luglio 17, 2014 alle 2:32 PM

    “La risposta palestinese irritata per lo stop alla promessa liberazione dei prigionieri ( Fatah e Hamas negano però ogni responsabilità) è stata il rapimento di tre adolescenti israeliani presumibilmente per usarli come merce di scambio.

    Replica robusta delle autorità israeliane che hanno scatenato esercito e polizia con ricerche a tappeto facendo pressione con perquisizioni, arresti ecc.

    I rapitori, probabilmente spaventati dalle ricerche, hanno ucciso gli ostaggi senza trattare. Alla calabrese. ”

    in realtà Israele sapeva che i ragazzi sono stati ammazzati subito poco dopo il rapimento. tutto è stato chiaro quando la telefonata di uno dei coloni israeliani rapiti è stata resa pubblica (nella telefonata il giovane dice “siamo stati rapiti”, poi in israeliano con accento arabo si sentono le minacce di uno dei sequestratori e infine anche l’esplosione di alcuni colpi di arma automatica). negli ambienti israeliani di sinistra è scoppiato un forte risentimento per il governo che aveva usato il caso del rapimento per esacerbare gli animi e giustificare l’attacco indiscriminato. molti osservatori in giro per il mondo hanno osservato che l’IDF e Netanhyau non hanno fornito le prove del coinvolgimento di Hamas, purtroppo non ho avuto modo di verificare se sia vero o falso. un altro punto che ha sollevato sospetti è che i corpi dei tre coloni sono stati trovati poco lontano dal luogo del rapimento (cioè nella battutissima zona C)

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    • antoniochedice  Il luglio 17, 2014 alle 4:25 PM

      versione degli organi di intelligence israeliani. La verità ormai non conta. Contano solo questi poveri morti stroncati all’alba della vita. Che lingua parlassero non conta più

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      • F.  Il luglio 17, 2014 alle 6:14 PM

        proprio per niente la versione dell’intelligence israeliana. per il resto: contento lei..

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      • antoniochedice  Il luglio 17, 2014 alle 6:19 PM

        Versione di chi?

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  • ilcassiere  Il novembre 27, 2014 alle 8:55 am

    L’ha ribloggato su bankillere ha commentato:
    In stallo da sempre. Inerti da luglio

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