TERRORISMO NEL MEDITERRANEO. AMMAESTRAMENTI DA TRARRE. PREVEDERE E REPRIMERE. ( parte seconda).  di Antonio de Martini

LA PREVISIONE

Ricordo una vecchia barzelletta di ambiente napoletano che illustra una situazione comune a gran parte del Mediterraneo. Un Agente del KGB giunto a Napoli in cerca di un suo corrispondente, si perde nei quartieri spagnoli e cerca di orientarsi con caute domande a una comare affacciata al balcone di un  vecchio palazzo. Risposta spiazzante: ” vulite Pascualino o’spione? Sta qua, al secondo piano, interno sei.”

Da Marsiglia, a Napoli, Kairouan, Barcellona ,Istanbul,  Atene, Palermo, Tunisi , il controllo sociale è molto intenso. Chiunque abbia una crisi mistica o compri un paio di scarpe nuove viene spontaneamente notato. Ad esempio,il fenomeno dei pedofili trova poco spazio in questi paesi – spesso il malcapitato viene linciato o giustiziato dalla “malavita”  – proprio per via della ” vita in piazza” di ciascuno. Una giustizia che non fa errori.

Naturalmente non si racconta nulla all’autorità, perché in genere questa non è stimata ne credibile,  è considerata complice del male o invasore estraneo, come ” i piemontesi” in Sicilia. Perché molte leggi sono frutto di una cultura estranea ( ad esempio quella sulla contraffazione) e rispondono a esigenze di ristrette elites dominanti ( esempio: il “matrimonio” tra omosessuali) .

Noi progrediti ci vendichiamo coniando il  termine omertà, e promuovendo i libri del Saviano di turno ( con poche scopiazzature altrui)  ma non riusciamo a capire la vita che ci scorre accanto e quindi siamo ciechi e sordi.

La vera scommessa consiste nell’insediare al potere – magari anche locale – uomini rispettabili e rispettati non in forza della scorta che di per se squalifica il soggetto, ma per i comportamenti ” da uomo”.

In qualche caso si approfitta col denaro di qualche debolezza di singoli e  del momento, ma non riusciamo mai a ricostruire il mosaico della situazione politica e sociale e quindi l’opera di prevenzione  in genere fallisce.

La domanda di oggi non è quindi quanti siano i terroristi, ma perché non riusciamo noi  a produrre trenta uomini per bene e con la schiena dritta cui affidare questa difficile fase sociologica e di rapporti tra le due sponde del Mediterraneo

Servono poche caratteristiche: Fierezza,  generosità, senso dell’onore, audacia, .

LA REPRESSIONE

Non riuscendo la fase previsionale – si presta anzi a provocazioni letali –  resterebbe da attuare la fase repressiva.

Dico resterebbe perché per reprimere servono organi ormai sconosciuti in occidente e in particolare in Italia. Servono i cosiddetti attributi. Non tanto per fare ammazzare qualcuno, quanto per farlo a viso aperto, su una pubblica piazza e colpendo persone che alla nostra sensibilità ormai un po frocesca per gli standard mediterranei  ripugna di considerare colpevoli.

Eppure abbiamo il precedente illuminante del solito Kemal Ataturk, unico caso di successo nel domare rivolte di tipo islamista-clericale.

L’opposizione alla direzione rivoluzionaria dei giovani ufficiali turchi ( sunniti e nazionalisti) consistette nei suicidi di pii giovani – evidentemente suggestionabili – che iniziarono a scuotere la pubblica opinione. Tutti commiserano il giovane suicida per protesta e la mamma piangente sul feretro.

Il fenomeno cessò quando la polizia individuata la Moschea di riferimento ( da noi si direbbe la parrocchia) impiccava in piazza senza tanti complimenti l’Imam che la gestiva.

Vecchi cinici aggrappati al potere e che ritenevano un santo destino quello di incitare a sacrificarsi per la fede dei giovani idealisti o suggestionati, quando fu il loro turno di presentarsi al cospetto di Allah, cambiarono immantinente parere e ritennero accettabile evitare di fare l’appello alla preghiera dal minareto con l’altoparlante e vestire abiti borghesi ( imposti anche ai preti cristiani o israeliti). Il velo fu imposto per decreto alle prostitute, il che regolò per novanta anni il problema ” velo si, velo no”.

Se i giovani attentatori venivano da Keirouan, dato il numero di moschee e scuole coraniche in quella università che mi pare dati dal 1300, non c’è che l’imbarazzo della scelta visto il gran numero di giurisperiti presente in questa perla dell’Islam.

IL PROCESSO

Riunire i più anziani della città in assemblea, riferire i fatti, chiedere consiglio alla luce del dettato coranico che descrive la FITNA ( guerra religiosa interna all’islam) come uno dei massimi peccati, sentire in privato i pareri dei più rispettati ed eseguire la sentenza alla presenza dell’autorità, non esitando ad usare la mitragliatrice in caso di rivolte le prime volte.

Base giuridica fondamentale della condanna è – oltre ai reati verso donne e bambini e alla violazione delle leggi dell’ospitalità – è la constatazione che tra i cinque obblighi ( Arkan al Islam) del buon mussulmano 😦 l’atto di fede – Shahadah; la preghiera quotidiana- Salah; l’elemosina ai bisognosi- Zakah; l’autopurificazione col digiuno- Saoum; il pellegrinaggio alla Mecca-Hajj) la Jihad è manifestamente esclusa.

Colpevoli di FITNA, esclusa la JIHAD  come attenuante improponibile, constatati gli omicidi e acclarata la conoscenza dei “parrocchiani” e delle loro intenzioni ( e probabilmente anche dell’arricchimento improvviso della famiglia), l’esecuzione dell’Imam è inevitabile e rispettosa dei costumi locali più tradizionali Ataturk docet..

In tre mesi ” una vergine nuda con un vaso di monete d’oro sulla testa” potrà attraversare indisturbata il paese. 

Mi accordo di aver ancora abusato della vostra pazienza ( e di quella di mia moglie) e ….continua al prossimo numero.


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Commenti

  • Anafesto  Il giugno 27, 2015 alle 3:21 PM

    Mi chiedo, vista la pervicacia degli attentati in Tunisia, se la rivoluzione dei gelsomini abbia sortito i risultati voluti da chi l’ha finanziata.
    Considerato poi che questi atti di terrorismo sono esclusivamente mirati a colpire una delle maggiori risorse tunisine, il turismo, viene da chiedersi: qui prodest?

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  • Orazio  Il giugno 27, 2015 alle 3:26 PM

    Quello che Lei dice, è “assolutamente” condivisibile… anche qui da noi.

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    • antoniochedice  Il giugno 27, 2015 alle 4:16 PM

      Qui da noi, dove?

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      • Orazio  Il giugno 27, 2015 alle 6:18 PM

        Inteso come applicazione di giustizia, visto che di giustizia non ve ne è neanche l’ombra.

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  • antoniochedice  Il novembre 25, 2015 alle 11:33 am

    L’ha ribloggato su IL CORRIERE DELLA COLLERAe ha commentato:

    Scritta a giugno dopo l’attentato in Tunisia. Se avessero seguito il consiglio, non ci sarebbe stata Parigi.

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