Oggi 19 maggio, alle 09,05 tutti gli scolari della Turchia hanno osservato – come fanno da sempre – un minuto di silenzio in memoria del l’anniversario della nascita di Kemal Ataturk, fondatore della Repubblica turca, dittatore autoritario le cui riforme imposte col suo carisma sopravvivono da 77 anni.
Nel palazzo di Dolmabashe ( sulla riva del Bosforo) dove è morto il 10 novembre del 1938 tutti gli orologi sono stati bloccati all’ora della morte ( le nove e cinque) in segno di deferenza.
Tajip Recep Erdogan, l’attuale carismatico presidente dotato di pari autoritarismo, pur adottando politiche differenti lo ammira e lo cita nei suoi discorsi pubblici e privati. E’ il suo modello-antagonista.
La Turchia è ancora invasa dei suoi ritratti, monumenti e lapidi; a lui è intestato il nuovo aeroporto e lo stadio olimpico, nel centenario del primo conflitto mondiale, mostre e rievocazioni celebrano le sue vittorie militari sugli inglesi a Gallipoli, sui francesi in Anatolia, sui greci a Smirne.
È l’uomo che in pochi anni ha ottenuto la revisione del trattato di Versailles e di Sevres che smembravano la Turchia, abolito il sultanato ( titolo politico) di Maometto VI e,due anni dopo, il Califfato ( titolo religioso) , ha instaurato la Repubblica ( la sua costituzione è ancora vigente) , introdotto il suffragio universale, stabilito per legge la parità dei sessi, proibito l’abbigliamento ” orientale” ( il fez, il turbante, il velo delle donne e l’abito dei religiosi di ogni credo) , sottomesso il potere religioso a quello politico ( riforma impropriamente chiamata laica), sostituito l’alfabeto arabo con quello latino, introdotto il calendario gregoriano, fissato il giorno festivo settimanale alla domenica, legalizzato l’alcol e l’omosessualità, proibito ai militari di portare i baffi, vietate le manifestazioni religiose fuori dai luoghi di culto, trasformato la grande Moschea di Istanbul ( Santa Sofia) in un museo, creato dal nulla la nuova capitale nel cuore del paese ( Ankara) nella pianura dove avvenne la grande battaglia (un milione di uomini) tra Tamerlano e Bajazet. Riformò i codici ispirandosi al codice civile svizzero e a quello penale italiano. Snobbò i paesi circostanti per guardare all’Europa.
Erdogan ha fatto l’esatto contrario su punti qualificanti: snobbando l’Europa e invitando i suoi a guardare ad oriente, sta instaurando un rapporto finalmente di buon vicinato con la Grecia, è un nostalgico del periodo ottomano e sta riequilibrando il rapporto tra potere politico e quello religioso a favore di quest’ultimo. In comune ha una feroce gelosia della indipendenza e dell’interesse nazionale, il senso del destino storico della nazione turca e una popolarità senza precedenti.
Anche il Maresciallo Al Sissi, sta applicandosi al compito dei compiti: la riforma dell’Islam e dell’Egitto in contemporanea, sia pure con una minore carica riformatrice. E più una razionalizzazione dell’esistito prima della “primavera”, la gli avvenimenti lo costringeranno ad assumere il ruolo in maniera più compiuta.
In pochissimo tempo rispetto ai 13 anni di governo di Erdogan, Al Sissi ha iniziato anche’esso dalla lotta per gli interessi e l’indipendenza nazionale, spaecificando all’alleato americano che quella era casa sua, instaurando una politica estera e di Difesa equamente distribuita tra Russi e Francesi e USA, Lanciato una mega operazione di “pulizia politico-religiosa” contro la setta dei Fratelli Mussulmani, costretto gli americani a rimangiarsi le varie scomuniche democratiche lanciategli contro subito dopo il colpo di stato, condannato a morte il destituito Presidente Morsi, in maniera da mettere all’asta tra le potenze ” democratiche” la concessione dell’ergastolo, varato il raddoppio del canale di Suez, annunziato senza falsi pudori intenzioni annessionistiche verso la turbolenta Cirenaica che saprebbe mettere al passo, sedato con decisione i conflitti interreligiosi e calmato i timori israeliani per la guerriglia al confine del Negev (deserto del Sinai e Rafah), conclusa pacificamente la vertenza sull’uso delle acque del Nilo con il Sudan e l’Etiopia. impostato, assieme al Marocco, una forza araba di Difesa ad uso degli Stati membri della Lega Araba in seno alla quale sta riprendendo il ruolo che aveva ceduto ai sauditi e quatariani, abolito ogni sovvenzione sui carburanti e negoziato un prestito – immediatamente concesso – di oltre 12 miliardi di dollari dai sauditi per affrancarsi dalla servitù finanziaria occidentale ed ha riaffermato la “africanità” dell’Egitto ottenendo un successo iniziale di presenze al convegno di Sharm el Sheikh..
Anche lui combatte con lo spettro di un illustre padre della Patria del Calibro di Gamal Abd el Nasser: anche lui lo osanna ma in realtà compete.
Dopo la stagione di capi carismatici del XX secolo coi quali finimmo in guerra ( Stalin , Mao, Mussolini, Churchill, Roosevelt, De Gaulle), ecco affiorare i nuovi ( Erdogan, Putin, Sissi, Tsipras, Merkel) tutti con un misto di autoritarismo e popolarità, coscenza della primordialità dell’interesse nazionale.
Anche noi, nel nostro piccolo, con Matteo Renzi assistiamo ad una insolita fase di decisionismo con contenuti riformisti: l’abolizione del Senato ( mantenendo però tutti i costi e l’immunità, talché rischia di diventare la Tortuga degli imputati), la riforma della legge elettorale che assicura un 62% di “deputati nominati”, una riduzione allo stato laicale dei grandi sacerdoti del sindacalismo, una ripresa delle attività di politica estera.
Manca ancora la ricerca di affermazione dell’identità italiana e il perseguimento dell’interesse nazionale e senza queste scelte prioritarie, non c’è niente.
Commenti
In definitiva, non é che piano piano ci accorgiamo che un po’ (non moltissimo) di autoritarismo giova (anche nella scuola) ? e magari tra un altro pochino ci siamo scordati di molte cose e ci ritroviamo anche noi un Eja Ejal SìSì !!?? giC
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Guarda che ci siamo già
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anche se son passati moltissimi anni ricordo ancora bene che l’autoritarismo era la risorsa principale degli insegnanti cialtroni, quelli che difettavano di autorità e di competenza
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L’imperialismo sui piccoli è l’imperialismo più facile.
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Credo che il decisionismo possa essere utile solo se si ha prima una buona comprensione degli eventi e la capacità di proporre soluzioni sensate.
Nel nostro caso sembra mancare questo e quello.
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Ognuno dei problemi affrontati ha avuto tempi di gestazione da era geologica. Ci si può dichiarare contrari, ma non dire che i dati erano carenti. Forse la competenza, ma questa latita da trentacinque anni.
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Il Vico li chiamava corsi e ricorsi della storia. I fenomeni politici tendono a ripetersi, sia pure con qualche diversità legata al progredire della tecnologia.
Ataturk impose con la forza la laicizzazione della Turchia, che così poteva vantare la sua rivoluzione francese ed essere così considerata “progredita” e “democratica”, con qualche non trascurabile effetto collaterale per coloro che si erano permessi di resistere all’avanzare della modernità.
Del resto anche dopo la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1979 ci fu la sanguinosa repressione della Vandea dato che i contadini non avevano nessuna intenzione di abbracciare il falso progresso imposto loro con la forza.
L’Egitto sta facendo lo stesso percorso e prima ancora L’Iran che ha visto il passaggio da un paese “moderno” voluto dallo Scià e dagli USA a uno Stato islamico che cerca fieramente di opporsi al nuovo colonialismo culturale, oltre che commerciale.
Ormai il cosiddetto occidente è già incamminato da tempo sulla via del “progresso” per cui era doveroso dar l’avvio al compito di far allineare anche il retrogrado mondo arabo: volente o nolente. Ma non sempre le ciambelle riescono con il buco e così ecco un rifiorire di Stati che si rivolgono alla religione per trovare scampo davanti all’invadenza laicista che impone regole indigeribili anche a molti di noi, figuriamoci ai musulmani.
Sembra che il meccanismo alla base dei cambiamenti sia la reazione a qualcosa in cui si era sperato e che al dunque risulta incapace di mantenere le promesse di un mondo nuovo in cui tutti dovrebbero essere magicamente “uguali”.
E’ la storia del mondo in cui si inserisce anche la vicenda di casa nostra, si parva licet…. Le cose si ripetono identiche: le sofferenze imposte alle popolazioni sono sempre le stesse, così come sono sempre gli stessi quelli che ne traggono i benefici.
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E sempre gli stessi quelli che protestano. Nessuno si è rivolto alla religione. In Iran e in Egitto preesistevano strutture religiose eterodirette: il partito dei mullah e la fratellanza mussulmana, entrambe organizzazioni finanziate dagli inglesi e che hanno gestito il malcontento.
In Iran dovuto principalmente alla liberalizzazione dei costumi femminili e in Egitto alle ” rivolte del pane” che iniziarono nel 2006-2008.
Quando le strutture civili cedono subentrano quelle religiose e gli inglesi lo sanno poiché gestiscono entrambe a casa loro.
Quanto alle “differenze tecnologiche”, nelle tecniche di sterminio lascio questa considerazione alla sua sensibilità.
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Contrariamente a quanto lei pensa, io ritengo che al mondo ad agire siano solo le religioni: quella laica, che si chiama massoneria, e quella semplice, che può assumere diversi nomi.
Quando la religione laica fallisce, perché imperniata su presupposti velleitari e contrari all’ordine naturale, allora ci si rivolge alla religione semplice quella che ritiene che l’uomo sia un essere finito e non il padrone del mondo di cui è un semplice ospite.
In fondo, a ben vedere, nel grande caos che è il mondo la chiave di lettura che consente di orientarsi è sempre la stessa.
Anche Stalin, messo alle strette, si rivolse alla Chiesa perché è l’unica realtà che riesce a trovare le energie morali in grado di far superare le crisi.
Perfino l’establishment di potere internazionale guarda a papa Francesco nella speranza che egli riesca ad aiutare a sbrogliare una matassa ormai senza capo né coda… L’ultima alternativa che resta in campo, se fallisce la religione, è la guerra, ma non quella culturale, quella reale con le armi (frutto del progresso tecnologico) che ormai sono diventate un pericolo mortale per tutti.
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Strano che guardando alla religione come chiave di interpretazione della realtà, poi scrive che eliminare sei milioni di persone è un fatto tecnologico.
Se fosse come lei dice, le potenze islamiche, quelle cattoliche e quelle buddiste sarebbero federate da un pezzo.
Quel che fa intervenire” le religioni” quando la politica crolla, è la sua infrastruttura sociale ( parrocchie, moschee, associazioni) , non la teologia.
Ecco perché tutti i regimi di questo mondo controllano le associazioni e non disquisiscono di teologia.
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L’ha ribloggato su IL CORRIERE DELLA COLLERAe ha commentato:
Maggio 2015 il ritratto e le riforme di Erdoghan Al Sissi e…Renzi
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Grazie! come sempre molto istruttivo!
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