Alberto Zignani, figlio di un ufficiale morto in Albania durante il conflitto mondiale e decorato di medaglia d’oro al Valor Militare, è stato capo della pianificazione finanziaria del ministero della Difesa, Segretario Generale e Direttore Nazionale Armamenti è da ultimo comandante generale della Guardia di Finanza. Gli abbiamo chiesto di leggere per noi il Libro bianco.
“Ho letto con attenzione e interesse il Libro Bianco edito in questi giorni dal Ministero della Difesa.
Nella mia lunga carriera ho visto nascere diversi Libri Bianchi della nostra Difesa. Le caratteristiche che li hanno accomunati sono state sempre le stesse:
• anziché limitarsi a delineare un numero estremamente limitato di provvedimenti urgenti e perseguibili nel prevedibile limitato periodo di permanenza del Governo e del Ministro in carica, elencavano tutti gli interventi che sarebbero stati necessari e che erano a tutti noti e insoluti da anni. Da noi venivano definiti il “Libro dei Sogni”!;
• naturalmente il Governo e il Ministro in carica avevano appena il tempo di avviare qualche provvedimento;
• il nuovo Governo (che, a quei tempi, era anche costituito dagli stessi partiti del precedente) e il nuovo Ministro consideravano quel Libro Bianco opera di “qualcun altro” e, pertanto, lo ignoravano.
Morale: i vari Libri Bianchi che si sono succeduti in Italia dal dopoguerra a ieri non sono stati altro che l’autocelebrazione del Ministro del momento. Con nessun effetto pratico sull’organizzazione della Difesa. I mutamenti che sono avvenuti nel tempo sono stati sempre determinati da Ministri (vedi Andreatta) che, anziché fare Libri Bianchi, hanno fatto approvare delle leggi (vedi la Legge 25/97) o dato disposizioni precise ed esecutive (vedi la riduzione delle Direzioni Generali da 24 a 12 operata, senza clamori, in due anni).
Anche questo Libro Bianco dice tante cose giuste, che da tempo tutti dicono. In primis, la necessità di procedere a una vera integrazione interforze, eliminando o, almeno, riducendo al massimo le ridondanze esistenti in tanti settori e il ringiovanimento del personale militare. Speriamo, quindi, che non faccia la fine di quelli che l’hanno preceduto!
E’ naturale che, volendo essere puntiglioso, potrei obiettare su molti punti. Ma mi sembra che non sia il caso, considerato che, come ho detto, complessivamente il ragionamento si sviluppa su di una linea corretta.
Un punto solo mi ha lasciato molto perplesso ed è relativo alla “Revisione delle strutture direttive e di comando”. In questo settore si prevede che:
1. dal Ministro dipendano direttamente il Capo di Stato Maggiore della Difesa (un po’ enfaticamente definito “Comandante in Capo”) e il Segretario Generale della Difesa;
2. dal Capo di SMD dipendono:
• il Vice Capo SMD (nuova carica), responsabile dell’”Impiego delle Forze”;
• il Sottocapo SMD, responsabile della direzione dello Stato Maggiore della Difesa;
• i tre Capi di SM di Forza Armata, responsabili della generazione e preparazione delle rispettive forze;
• il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, per le funzioni militari dell’Arma;
• il Direttore Nazionale degli Armamenti e della Logistica, da cui dipendono tutte le Direzioni Generali Tecniche e il Comando Logistico della Difesa (alle cui dipendenze vengono posti anche gli Organismi e gli Enti Territoriali con compiti che vanno dal supporto logistico-territoriale, alla diffusione delle informazioni sulla Difesa, l’arruolamento del personale e la facilitazione della ricollocazione del personale nel mondo lavorativo).
Le mie perplessità in merito sono le seguenti:
1. Si è deciso di scindere le cariche di Segretario Generale e Direttore Nazionale degli Armamenti (DNA) e ci può stare, dal momento che così è in tutti i principali Paesi europei e negli USA. Ma perché trasformare il DNA in un Alto Comando logistico?
2. In tutti i principali Paesi occidentali il DNA è alle dirette dipendenze del Ministro della Difesa e si occupa esclusivamente di tutti i problemi ai quali, del resto, il Libro Bianco dedica addirittura un intero Capitolo (il 9°). Secondo me, il DNA non è il Capo della logistica della Difesa. Egli è il trait d’union fra la Difesa e l’Industria della Difesa. E’ colui che promuove e segue direttamente tutte le cooperazioni internazionali. E’ colui che gira il mondo promuovendo, presso gli Stati Maggiori dei Paesi amici, i prodotti della nostra Industria della Difesa. E’, come dice l’attuale legge dei Vertici, il responsabile della politica degli armamenti. E per far questo ha la necessità di relazionarsi direttamente con il Ministro della Difesa, pur avendo una dipendenza tecnico-operativa dal Capo di SMD. Nel senso che non può avviare programmi di investimento senza il consenso del Capo di SMD. Così, del resto, prevedeva la legge dei Vertici promossa da Andreatta e, per esperienza diretta, posso dire che la cosa funzionava bene.
Invece, ora, il DNA è diventato il Capo della logistica delle Forze Armate. Ma i compiti previsti dal Cap. 9 del Libro Bianco meritano, a mio avviso, una dedizione totale! E chi sarà a farlo? Il DNA, così oberato di altri compiti? Certo, cercherà di farlo, ma, anche volendo, non potrà farlo bene. Perché non ne avrà il tempo e non avrà il sostegno derivante dal rapporto diretto con l’Autorità politica della Difesa.
3. Quando, da Maggiore, fui mandato a fare un corso di management, ricordo che una delle raccomandazioni che ci vennero più volte ripetute fu la seguente: ricordatevi che il numero massimo di leve che si può gestire in modo ottimale è di sei. Il numero otto rappresenta il massimo raggiungibile, accettando però un livello di gestione buono, ma non ottimo. Oltre le otto leve non si deve mai andare. Ebbene, il Capo di SMD si trova a gestire ben sette leve di cui due nettamente diverse dalle altre: quella dell’Arma dei CC e quella del DNA. Altro motivo, questo, per porre il DNA alle dirette dipendenze del Ministro, lasciando alle dipendenze del Capo SMD il Comando logistico interforze, che è molto più attinente ai problemi delle tre Forze Armate.
4. In sintesi, a parer mio, il Ministro della Difesa dovrebbe esercitare la sua azione direttiva agendo su tre leve:
• quella operativa, gestita dal Capo SMD;
• quella tecnico-industriale, nazionale e internazionale, gestita dal DNA;
• quella dell’Area amministrativa della Difesa, gestita dal Segretario Generale.
Mi sembrerebbe, questa, una suddivisione dei compiti più equilibrata e armonica.
Mi fermo qui. Non mi sembra il caso di insistere oltre. Non resta, ora, che attendere di esaminare i documenti esecutivi. Perché di tutti i provvedimenti che vengono elencati, ben poco si fa intendere sul come verranno attuati. E, da quel come, dipendono tante cose …
Commenti
La valutazione “tecnica” del Gen. Zignani è condivisibile, ma non si comprende invece la sua perplessità sulla figura del “nuovo” Direttore Nazionale degli Armamenti e della Logistica.
Come stabilito al paragrafo 175 del Libro Bianco, infatti, questi dipende direttamente dal Ministro per l’azione di politica industriale, proprio come invoca il Gen. Zignani!
Quanto alla definizione di “Comandante in Capo” attribuita al Capo di SMD, questa esiste già ed è la traduzione del “Commander in Chief” che vuol dire, appunto, Comandante delle Operazioni.
"Mi piace""Mi piace"
Al Cap. 175 si dice che il Ministro “approva la pianificazione
relativa all’area industriale” (ovviamente presentata dal Capo SMD, come vuole l’ordine gerarchico) non che il DNA dipende direttamente dal Ministro, come invece Zignani riterrebbe opportuno.
Circa il “Commander in Chief” lei evidentemente non ricorda
la polemica sorta quando il generale Rolando Mosca Moschini (come Capo SM della Difesa) firmò l’ordine d’operazioni per l’Iraq autodefinendosi “Commander in Chief”.
Definizione che, secondo i molti che lo criticarono, in Italia dovrebbe competere soltanto al Capo dello Stato, nella sua qualità di Comandante in Capo delle Forze Armate.
In inglese significa invece comandante delle operazioni.
Mai capito perché abbiamo una bellissima lingua che non vogliamo usare e ripieghiamo su idiomi estranei e mal noti.
"Mi piace""Mi piace"