LA GRANDE GUERRA VISTA A CENTO ANNI DALL’INIZIO. di Carlo Cadorna

Con questo post inizia una serie di almeno due articoli di Carlo Cadorna sulla GRANDE GUERRA attingendo ai documenti più recenti e importanti sull’entrata in guerra: i documenti principali sono i rapporti del nostro addetto militare da Londra (Magg. E. Greppi –SME) e lo studio “Nuove questioni di Storia Contemporanea” Marzorati 1972 (pag. 1700)

” La grande guerra scoppiò per una specie di follia collettiva che portò a credere, contro i pareri competenti, che sarebbe stata come le guerre precedenti e sarebbe durata poco.

Un anno dopo l’Italia fu invitata ad entrare, dalle modeste promesse austriache, che si sapevano false, a fianco della Triplice Alleanza; ed anche dalle grandi promesse degli alleati soprattutto per la disponibilità delle materie prime che erano assolutamente necessarie alla nostra industria per evitare una disoccupazione di massa.
Essa si sarebbe verificata proprio in coincidenza dello scoppio della rivoluzione bolscevica.

Decisivi furono l’appoggio del Re ed il fatto che gli interventisti, pur inferiori di numero, riuscirono a scaldare gli animi più dei pacifisti.
Per comprendere questa situazione dobbiamo immedesimarci nella mentalità del tempo che aveva una considerazione della vita umana molto diversa da quella di oggi.

A quel tempo si pensava che fosse preminente la conquista del territorio nazionale e che le vite perdute fossero ben spese.
A dimostrazione di quanto affermo, nel ’40, quando Mussolini annunciò l’entrata in guerra, furono pochi i contrari malgrado avessimo perso nella grande guerra 700.000 italiani.

Quindi, l’entrata in guerra fu un errore soltanto con il senno di poi (ma non è con esso che si scrive la Storia) perché proprio la storia ci insegna che l’uso della forza è uno strumento utile alla politica soltanto se il suo impiego è vittorioso e brevissimo.

Vi entrò però nel modo peggiore perché dalle trattative furono esclusi i vertici militari e furono presi degli impegni difficili e particolarmente gravosi da mantenere.

In particolare fu preso l’impegno di contribuire, con tutte le risorse disponibili, alla strategia dell’alleanza. Questa considerava il fronte italo-austriaco secondario assegnando alle nostre forze l’ingrato compito di tenere impegnate e di logorare le forze austriache. Questo allo scopo di evitare travasi di forze verso il fronte principale.

Tale compito era reso ancor più gravoso dalla necessità di espandere l’esercito da poche centinaia di migliaia di soldati fino ad arrivare a tre milioni con una gravissima ed irrisolvibile carenza di quadri istruttori per il loro addestramento .

Si sarebbe dovuto prevedere almeno un periodo di sei mesi per l’addestramento dei soldati (sfruttamento del terreno e coordinamento tra fuoco e movimento) utilizzando i quadri disponibili.
Il Gen. Cadorna, comandante supremo dell’Esercito, ebbe solo quindici giorni di preavviso.

La mancanza di addestramento aumentava in misura esponenziale le perdite e rendeva quindi necessaria una disciplina di ferro allo scopo di assicurare comunque la compattezza dei reparti.

La dimostrazione di queste considerazioni fu data dalla costituzione del corpo degli Arditi (1916) che dimostrarono sul campo di riuscire, con pochissime perdite, laddove grandi reparti avevano fallito.

Queste carenze furono aggravate dalla mancanza di collaborazione tra il vertice politico e quello militare (i militari non ammettevano interferenze per non ripetere gli errori che avevano condizionato negativamente le guerre risorgimentali- i politici non comprendevano che una tale guerra non riguardava solo l’esercito ma tutto il paese), dovuta anche alla pochezza del Re che ne aveva il compito istituzionale.

I politici vanificarono, con dichiarazioni inopportune che portarono anche alla caduta del governo, l’effetto sorpresa che era necessario all’esercito per conquistare delle posizioni dominanti non ancora fortificate dagli austriaci.
Pur con queste carenze, che peraltro erano comuni all’esercito nemico, per due anni e mezzo abbiamo saputo assolvere il compito affidatoci portando l’Austria sull’orlo del tracollo (estate 1917).

Questo fu dovuto ad una giusta strategia volta a non disperdere le forze ma anzi a concentrarle nella direzione più opportuna e ad uno sforzo industriale e logistico senza precedenti (non c’è via di comunicazione nella catena alpina che non sia stata costruita in quel periodo).

Ma soprattutto il merito fu dell’enorme spirito di sacrificio con il quale i nostri soldati, piemontesi a fianco dei siciliani, sopportarono la terribile prova.

Risulta perciò difficile comprendere, a cento anni di distanza da quelle vicende, come possano esservi persone che cercano in tutti i modi di svalutare e sminuire i frutti di quegli sforzi che hanno rappresentato l’unico momento di vera unità nazionale: costoro si guardino allo specchio e si vergognino!

Nel prossimo post il cambio del quadro strategico provocato dalla Rivoluzione Russa.

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Commenti

  • abrahammoriah  Il febbraio 6, 2015 alle 12:36 am

    Bell’articolo che sfata molti luoghi comuni sulla Grande Guerra e non solo …

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    • Adolfo Sandri Poli  Il marzo 19, 2015 alle 8:16 PM

      Pienamente d’accordo è tutto da riscrivere contro il negazionismo di ciò che l’Italia è riuscita a fare, nessuno parla mai del fatto che il rovesciamento del fronte italiano fù dovuto alla rivoluzione russa che permise il disimpegno delle forze germaniche che vennero in aiuto delle armate austro-ungariche e che ciò malgrado la vittoria fù dell’Italia!

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