IL FATTO, DUE “FATTI” E UN FATTERELLO IN ATTESA DEI RISULTATI ELETTORALI. di Antonio de Martini

“Sotto sotto mi considerano un lungimirante propositore di leggi; una quarantina di anni fa, con Rodolfo Pacciardi, scrivemmo, su invito dell’allora presidente Giovanni Leone, il cosiddetto Piano R., di Rinascita nazionale.”

Questo il pezzo forte di una “intervista” fatta nei giorni scorsi dal quotidiano ” Il Fatto” e frutto della fantasia di Licio Gelli e/o dell’intervistatore – tale Dolcetta ( mi pare ricordare che abbia il cognome di un pentito BR) – che, contro ogni evidenza, deve essere un giornalista.
Piccole discrasie da mettere a verbale:
A) Pacciardi non ha mai conosciuto o frequentato Licio Gelli. Posso testimoniarlo io ed altri almeno dieci persone attendibili.
B) le proposte di riforma Costituzionale di Pacciardi furono scritte ( tra gli altri con il Costituzionalista  Giuseppe Maranini) nel 1963/4 ossia cinquantuno anni fa, senza contare la gestazione.
C) Pacciardi si chiamava Randolfo e non Rodolfo. Nemmeno un’occhiata a wikipedia…
D) tra le proposte di riforma costituzionale di Pacciardi, l’abolizione del Senato non c’è mai stata. Questa corbelleria fu proposta dall’ onorevole Pietro Ingrao del PCI.
E) tutte le persone con cui il Gelli ( o il “giornalista”) accreditano la fandonia sono deceduti da molti anni, tranne Bisignani  ( che ho conosciuto personalmente perché era l’amante di una mia amica alla quale aveva detto che era separato) che da qualche tempo si agita per comparire sui media al fine di rimediare alla perdita di influenza dovuta alle ripetute imputazioni della magistratura ed alla defenestrazione del suo generoso amico Paolo Scaroni  che si è fatto molto aiutare a tener pulito l’ENI.

Non mi meraviglierei se si scoprisse in futuro che “l’intervistato” o reale beneficiario dell’articolo fosse il Bisignani stesso.
F) è noto a tutti che il Gelli fu scacciato dalla massoneria. Meno noto, forse, il fatto che chi sostenne l’accusa facendolo espellere, fu l’esponente “pacciardiano” ( lo è stato dai tempi dell’Università ) Gustavo Raffi – poi divenuto gran maestro e grande riformatore della nuova massoneria che ha inaugurato una cultura della trasparenza e raddoppiato gli iscritti –  e questo chiude la serie delle precisazioni su questo infortunio professionale, si fa per dire, del ” giornalista”.
Non appena si profila la nascita di un dibattito sulla riforma della Costituzione repubblicana, salta fuori su certa stampa il nome di Randolfo Pacciardi abbinato a qualche farabutto.

Delle dicerie da procura sui colpi di Stato ha fatto di recente giustizia il duo Massimo Teodori Massimo Bordin ( direttore di Radio Radicale) in un recente libro sulla disinformazione politica  in Italia ( ” Complotto, come i politici ci ingannano” edito da Marsilio).             Di queste confidenze da Procura ( in USA chiamate pillow talk per i luoghi in cui in genere avvengono) raccattate tra gli avanzi anche umani che vagolano  ai margini della politica ce ne saranno altri. Infondati come sempre e provenienti dagli stessi ambienti come sempre.

A infangare Randolfo Pacciardi non ci sono riusciti I vari Caselli e Violante e non ci riusciranno questi nipotini scemi con l’appoggio di un centenario di Arezzo. Se proprio vogliono indagare, gli offro una pista da Pulitzer ( anche al “giornalista” e al “fatto” di carta).

Caselli e Violante negli anni ruggenti piemontesi erano, assieme ai compagni-colleghi, assidui collaboratori di una rivista giuridica  amministrata da Domenico Russo ( poi assessore al Comune di Torino per il PCI).

I fondi per questi Saintjust in erba li procurava periodicamente, su indicazione del fabbisogno finanziario periodico da parte di Russo,un compagno benestante a nome Primo  Greganti.

Questo si che mi sembra un argomento interessante su cui fare ( almeno) una intervista a un sessagenario e altri due testimoni.

Della serie: d’ora in poi, chi toccherà Pacciardi con le solite calunniette si farà male da solo. Il perché è semplice: Pacciardi è morto e io , come disse l’indimenticato Alberto Sordi nel  film     ” Il Conte Max ” a conté(ssa) io non so’ un gentilomo. Io meno.”

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