Il quotidiano ” Miami Herald” da notizia di alcune iniziative ribellistiche nell’isola di Cuba nelle cittadine di Holguin e Santa Clara, dopo che una analoga iniziativa è abortita sul nascere alcune settimane fa nella capitale.
Alcune decine di manifestanti hanno reagito con lanci di pietre alla polizia chiamata da funzionari municipali malmenati perché erano intervenuti per regolamentare un mercatino spontaneo sorto , come migliaia di altri, dopo l’annunzio del Leader Maximo Raoul Castro che nel 2010 ha liberalizzato il piccolo commercio.
L’interpretazione del decreto sembra essere oggetto del contendere: da una parte le autorità che desiderano regolamentare la miriade di attività che stanno sorgendo per ogni dove e dall’altra i nuovi mini-imprenditori che danno una valenza estensiva al concetto di liberalizzazione e non ne vogliono sentire di essere schedati e magari in futuro tassati.
Questi fermenti ribellistici hanno colto in contropiede non solo gli organi di sicurezza, ma anche gli esponenti della “opposizione” cubana abituata a vedere fallire tutte le proprie iniziative e manifestazioni, a causa della infiltrazione delle forze di sicurezza..
Nel caso di specie, sembra abbia giocato a favore dei manifestanti lo spontaneismo delle iniziative di autodifesa dei piccoli commercianti che si sforzano di trovare i luoghi in cui commerciare senza subire verifiche che hanno come principale effetto la richiesta di regalie da parte dei funzionari pubblici. Un secondo motivo di contesa è il concetto dimensionale di “piccolo commercio” che sembra essere difficilmente definibile.
Il governo centrale inizia a preoccuparsi della sicurezza del regime se questi fermenti di libertà economica dovessero prendere piede.
Temono, e con ragione, che non essendo meglio definibile il concetto di “piccolo commercio”, questo crescendo finisca per travolgere le strutture turistiche statali che sono il principale introito di valuta pregiata del regime, assieme al contrabbando dei sigari cubani.
Sono già nati in forma ufficiale i Bed & Breakfast – che sono sempre esistiti – solo che adesso stanno assumendo dimensioni alberghiere e sono difficili da contestare anche per la spontanea solidarietà della popolazione evidentemente stanca di marciare cantando verso un radioso avvenire che non si intravvede dopo 54 anni di privazioni.
Una situazione simile si verificò in Ungheria a partire dagli anni sessanta.
Su suggerimento di un economista eterodosso, Tibor Liska, il regime diede vita ad un “esperimento” di conduzione privata di ristoranti che avrebbero dovuto essere messi annualmente all’asta per l’affitto.
Il fenomeno dilagò fino a raggiungere – sempre chiamato esperimento per non urtare le gerarchie – la totalità dei ristoranti del paese tranne una manciata di locali dove i gerarchi andavano a gozzovigliare. L’affitto con asta annuale si rivelò impraticabile.
La libera economia è come l’acqua: l’infiltrazione non si vede , ma poi fa crollare le mura del burocratismo. Tranne che da noi.
Commenti
Da noi la libertà economica non fa crollare nulla perchè semplicemente non c’é soffocata come é da una miriade di leggi e regolamenti contradditori e quindi impossibili da rispettare oltre al costo economico che ne deriverebbe, insostenibile per qualunque attività produttiva e non parassitaria.
A parte gli amici di coloro che (s)governano, per gli altri resta solo l’arte di arrangiarsi e di agire nella semi-illegalità.
Per sopravvivere…finchè gli sarà possibile.
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La libera economia (o libero mercato che dir si voglia) è come un guanto di velluto e funziona solo se dentro c’è un pugno di ferro, solo così argina burocrazia, truffe e quisling vari.
In Italia abbiamo il guanto di velluto con un pugno di pongo, e la burocrazia non è che uno dei mali!
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