ERDOGAN HA VINTO LA SUA SFIDA INTERNA. ORA AFFRONTERA AMICI E AVVERSARI. di Antonio de Martini

Il referendum lo fai quando sei sicuro di vincere, non lo affidi a una donna e se le cose si mettono male sei in grado di dettare i risultati più opportuni.

Questo, a un dipresso, l’insegnamento che Tajip Erdogan darebbe a Matteo Renzi se fosse intimo come lo fu di Berlusconi.

Dopo aver in tre anni  imbastito un processo a trecento ufficiali dello Stato Maggiore turco, respinto un tentativo di golpe militare e chiamato a raccolta i turchi contro il nuovo nemico esterno , l’Unione Europea, non poteva perdere e si è cavato anche la soddisfazione di sembrare democratico annunziando di avere una maggioranza risicata.

Ovviamente, ha imparato ad accontentare l’opinione pubblica mondiale recitando la parte ipocrita del defensor libertatis così come ha imparato benissimo a recitare la parte del mussulmano zelante a spese della moglie cui ha imposto di passare dal foulard colorato dei primi tempi al velo bianco che avvolge i capelli dando esempio di pietas.

Con questa manovra che nessuno oserà criticare per non vederlo riavvicinarsi a Putin,  il nuovo presidente ottiene un risultato di politica interna e uno di politica estera.

Con la nuova costituzione, può candidarsi per altri due mandati dato che la conta ricomincia ex novo  e con il sistema presidenziale non ha più bisogno di mendicare i voti parlamentari del partito HDP ( un coacervo di curdi e frange più o meno emarginate quali i gay e altre minoranze mai rappresentate ) che il denaro USA aveva ammucchiato facendogli perdere una quarantina di seggi alle scorse elezioni.

Rimane in piedi una vivace opposizione del 25% composta dai kemalisti che però fino a che durano le due guerre che la Turchia sta conducendo ai confini meridionali lungo le frontiere siriana e irachena, hanno le mani legate dal fervore patriottico e dalle epurazioni subite tra i quadri ufficiali delle Forze Armate.

Poste così le basi del solo potere apprezzabile in Oriente,  che è il potere incontrastato che il presidenzialismo consente ( come negli Stati Uniti), Erdogan si appresta a compiere il suo ingresso nella storia per competere con il ricordo del fondatore del paese, Mustafa Kemal.

Questo significa che si riavvicinerà all’occidente nel senso di forzare l’occidentalizzazione della nazione anatolica e potrà evoluire nello scenario mediterraneo con la stessa disinvoltura del presidente egiziano AL SISSI e maggior latitudine degli altri rivali regionali ( Israele,l’Iran e l’Arabia Saudita) forte del fatto che si è costruito una vittoria democratica a 18 carati e non ha scheletri nell’armadio.

SArà interessante vedere la reazione di Trump e se riuscirà ad ottenere l’estradizione di Fetullah Gulen dagli Stati Uniti  e degli otto militari golpisti rifugiatisi in Grecia senza dover mettere in crisi il fianco destro della NATO con minacce di desistenza o l’Unione Europea riaprendo il rubinetto dei profughi.

Potrà contare su un alleato di buon peso, anche lui uscito dai ranghi: L’Inghilterra e su un avversario amorevole: La Russia.

 

 

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Commenti

  • antoniochedice  Il aprile 17, 2017 alle 6:30 am

    sakoran cancellato. da oggi non accetto più insulti gratuiti a chicchessia – nel caso Renzi – e se ha umili opinioni le scriva sul suo blog.

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  • donato zeno  Il aprile 17, 2017 alle 1:39 PM

    Buona Pasquetta

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