L’ondata migratoria siriana è stata finora analizzata quasi unicamente dal punto di vista “umanitario” e logistico, ovvero del disturbo che danno allo spirito e alle abitudini dei residenti e del guadagno che offrono ai porgitori di carità spesso pelosa.
I siriani non sono arabi come gli altri ( posto che lo siano) e per far capire con un esempio pratico, torno col pensiero ad Antigua, isoletta sperduta nei Caraibi, dal clima mite, membro del Commonwealth, dotata della solita villa di Berlusconi e guidata da una donna di colore.
In una delle periodiche diaspore siriane dovute a ragioni politiche ( 1945) sbarcò ad Antigua un gruppo di profughi siriani che non tardò ad inserirsi nel tessuto sociale dell’isola.
Qualche anno fa, quando fui invitato a soggiornare all’hotel ” The Inn” di proprietà di un simpatico romano che ha riprodotto un piccolo angolo di paradiso con 28 suites ( niente camere) in riva al mare, ho avuto modo di girare l’isola seppur tormentato dai tassisti che volevano mostrarmi la villa dell’illustre conterraneo.
In breve mi sono reso conto che tutte, senza eccezione, le attività commerciali dell’isola erano gestite da famiglie siriane: dai negozi di souvenir, all’organizzazione che curava la visita al parco acquatico, al concessionario di auto, al broker assicurativo, al mega ristorante, al supermercato, al magazzino per le vele e cordami ( Antigua è un sito rinomato di regate internazionali).
In Italia, quasi tutti i siriani che conosco, anche questi frutto di diaspora alla spicciolata, sono medici, dentisti o liberi professionisti. Qualche commerciante si occupa di export a livello mondiale, ossia vivono in Italia ma lavorano a livello globo. Solo in tre casi ho visto piccoli commercianti che trattano tappeti o chincaglierie orientali. Prepariamoci a ricevere persone capaci di coesione sociale e iniziativa personale che potrebbero essere utili alla comunità.
I siriani sono sociologicamente molto simili agli ebrei al punto che, da anni, sostengo si tratti di una stessa popolazione: danno l’assoluta priorità all’istruzione personale, hanno come punto di riferimento unico la famiglia, sono generalmente laici dal punto di vista religioso, ma praticano la solidarietà e la carità con costanza e zelo molto simili a quelli delle comunità ebraiche
Hanno anch’essi un seguito di umanità cenciosa dovuto all’esodo di massa di questa volta che ha coinvolto anche i contadini delle zone già disastrate dalla penuria d’acqua dell’Eufrate provocata dalle dighe costruite in Turchia non so quanto intenzionalmente, ma mi auguro che questa volta siano più fortunati degli abitanti dei ghetti dell’Europa dell’est.
Un altro esempio di inserimento felice, per quanto possa esserlo l’esilio, è dato dalla Turchia.
Al Bazar di Istanbul, specie nella parte del ” Bedestani Pazar” la zona degli antiquari, parlare in arabo significa stabilire immediatamente un rapporto privilegiato ed ottenere uno sconto aggiuntivo. Sono sudditi turchi rimasti entro i confini della nuova Turchia ( Curdi arabofoni, arabi del Sangiaccato di Alessandretta, abitanti della zona di confine di Mardin).
Tutti più volte devastati da guerre, saccheggi, persecuzioni, ma sempre rimasti in posizioni di livello, inseriti nel tessuto sociale del paese ospitante. Altri ne ho trovati a New York, a Venezia, a Los Angeles, sempre col cuore in Siria e la testa nel paese ospitante.
Se riceveremo dei nuovi cittadini capaci di intraprendere o accattoni analfabeti dipenderà in larga parte dalle politiche adottate dal nostro governo. I socialmente muniti e anche i più poveri, voteranno a destra non appena inseriti. La mentalità ” di sinistra” e il piagnisteo gli sono estranei.
Di recente ho letto che gli albergatori italiani si sono accorti di essersi concentrati sui numeri del turismo in forme sbagliate: è aumentato il numero delle presenze, ma diminuito il gettito in termini di denaro. Le amministrazioni locali , per fare bella figura con gli elettori, hanno privilegiato il turismo scolastico ( quando non l’insediamento di zingari) piuttosto che il turismo “ricco” in nome della socializzazione della cultura ed ora si trovano a corto di mezzi per gli investimenti.
Se adotteremo, come stiamo già facendo, una politica pauperistica , accattona e cattocomunista nel senso deteriore che il termine si è ormai meritato, ci accolleremo una diaspora non qualificata. Sarebbe un peccato.
Commenti
Sopratutto catto, molto catto, e poi solo poi comunista perchè il secondo é di figliazione diretta del primo.
La prova? Eccola:
Atti degli Apostoli 4-32: Ora non c’era alcun indigente tra essi, perchè tutti quelli che possedevano poderi e case li vendevano e portavano il prezzo delle cose vendute e lo mettevano ai piedi degli Apostoli, poi si distribuiva a ciascuno secondo il bisogno.
E quando il prezzo delle cose vendute é terminato che si fà?
Questi sanno solo regalare beni e servizi create con la fatica e l’ingegno di altri.
Noi europitechi lo capiremo per tempo o no?
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A giudicare da lei, si direbbe di no.
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