ARRUOLATEVI NELLE GUERRE AMERICANE ADESSO NEL MENU C’E’ ANCHE LA PIZZA di Antonio de Martini

Michelle Richardson, ricercatrice al centro Natick Soldier dell’ U S Army, un laboratorio di ricerca con sede nel Massachusetts, ha dato,  con l’ annunzio di aver creato una pizza che resta commestibile, tre anni tre, la prova di cosa possa  realizzare la scienza e a quali estremi  possa giungere quando non si tiene nel debito conto il fattore umano.

Dal punto di vista scientifico, pare che il risultato sia stato ottenuto con l’aggiunta di sali, zuccheri ed altri ingredienti a me sconosciuti che hanno la proprietà di impedire l’inumidimento – fonte di batteri –  provocato dal pomodoro ed altri umori.         A parte la temperatura ambiente a cui viene servita, pare che abbia tutte le caratteristiche organolettiche di una pizza almeno come la intendono gli yankee.

Che qualcosa non funzionasse nelle menti dei burocrati del Pentagono l’avevo intuito (buon ultimo ?) quando, dopo aver segnalato l’aumento di suicidi tra i militari dell’aeronautica USA per due anni di fila con post su questo blog, ho visto che il rimedio apportato è consistito in uno sviluppo di tecnologie atte a portare attacchi aerei con i Drone, gli aerei senza pilota che consentono a trattare gli omicidi mirati in Pakistan come una pratica amministrativa da espletare con una punta di fastidio dalla poltrona del videogioco situato a Tampa ( Florida).

Per poi andare a farsi una pizza alla mensa e un bagnetto a Miami beach.

La follia  burocratica si era spinta fino al punto di varare un decreto per l’attribuzione di apposite  decorazioni per questi Guerrieri da Balestra   il cui tasso di errori – ossia di omicidi delle persone sbagliate – giunge al 50%.

La reazione degli ex combattenti americani pare sia riuscita a scongiurare   almeno questo  grottesco risvolto che andava ad aggiungersi alla  disonorevole aberrazione di ammazzare  tavolino le persone sbagliate.

Le razioni di combattimento non sono mai state piatti da gourmet, tanto che le  RBE ( così l’acronimo) furono ribattezzate dai soldati della prima guerra del golfo come Refused By Ethiopians , perciò, qualcuno deve aver  pensato che una buona pizza avrebbe potuto essere il giusto conforto per i soldati  in zona di operazioni.

L’ex colonnello  ed ora P.R. del laboratorio, David Accetta – ci informa Le Figaro – ha dichiarato che un buon pezzo di pizza caldo può dare un senso di comfort che ricorda ai militi il calore di casa.

A Napoli è sempre esistito uno strumento finanziario chiamato ” pizza a sette giorni” : la mangiavi il giovedì e la pagavi il giovedì successivo.  Adesso abbiamo la “pizza a tre anni” del laboratorio  Natick Soldier da usare come strumento di motivazione umana.

Complimenti allo chef.

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Commenti

  • Anafesto  Il febbraio 19, 2014 alle 9:21 am

    Oltre 30 anni fa fui ospite assieme ad altre persone nella portaerei Kennedy al porto di Trieste, per l’aoccasione ci fu fornita la versione USA della razione K del nostro esercito.
    Premesso che sono riuscito a ingoiare solo il gambo di sedano e la mezza carota della razione, credo di aver avuto in quel momento una illuminazione del perché i militari a stelle e strisce presentano comportamenti così “incostanti”.
    Il resto della razione era immangiabile, dalla scatola di formaggio, che sembrava più sapone che formaggio, alla grossa mela, bellissima a vedersi, ma con un retrogusto di gasolio (forse era stata lucidata col combustibile della portaerei, che stranamente non era nucleare).
    Sono convinto che se il Pentagono curasse il rancio dei sui militari rendendolo leggermente più “mediterraneo”, anche il comportamento dei militari a stelle e strisce, invisi a buona parte del globo terracqueo, ne trarrebbe giovamento.

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  • robertobuffagni  Il febbraio 19, 2014 alle 9:54 am

    Il cibo per lo stomaco è così; e il food for thought? Ecco, anche in questo caso, direi che siamo all’autoavvelenamento.

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  • Luigi za  Il febbraio 19, 2014 alle 1:43 PM

    Chissà quanto tempo ci vorrà perchè i più capiscano finalmente che i tempi che stanno vivendo (spero per loro, subendo) sono non sono quelli di una crisi economica quanto piuttosto il collasso di una civiltà, i segni evidenti del quale sono ben evidenziati, per chi ha retto sentire, nell’articolo.
    Ciò che viene raccontato potrebbe sembrare insignificante banalità.
    Non lo é perchè trattasi di sostanziale forma mentis ormai votata all’omicidio nel breve ma al proprio suicidio nel medio-lungo termine.

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    • antoniochedice  Il febbraio 19, 2014 alle 1:50 PM

      Ha abbandonato il tono scanzonato, come mai?

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