Gli ottimisti pensano che dopo la rivolta tunisina ci sia un rischio di contagio a tutto il Maghreb ( Algeria e Marocco). I pessimisti ritengono che anche la Libia e l’Egitto siano sotto tiro.
In realtà i paesi arabi sono tutti coinvolti e a questi si aggiungono Afganistan,Pakistan, Iran,Turchia che, pur non essendo arabi, hanno in comune religione e cultura sia pure con sfumature.
La sensazione che si trae da una analisi anche superficiale della situazione è che siamo alla vigilia di una grande rivoluzione di cui è ancora difficile intravvedere forme e calendario. Sappiamo solo che l’innesco è stato dato da Ben Alì e consorte, mentre l’esplosivo è stato portato a pressione, dall’avidità congiunta delle lobby dell’agroindustria americana e delle classi dirigenti corrotte , scelte e protette dall’occidente.
Questi momenti ribellistici non sarebbero diversi dalle periodiche rivolte contro l’impero britannico nell ‘800 se non ci fossero due fatti nuovi: uno politico a nome Ben Laden ( nell’800 c’era il Mahdi che però durò e costò poco) e uno geostrategico a nome Turchia di Erdogan.
Turchia, Tunisia e Pakistan erano considerati tra i più fedeli e laicizzati alleati dell’occidente. Il Pakistan dispone già dell’armamento nucleare e la Turchia ( snobbata da qualche intelligentone della U.E.) ha un esercito di due milioni di uomini alle porte dell’Europa.
La Turchia, che da quindici anni ha tassi di sviluppo del 6-7% ha elaborato una strategia semplice come tutte le strategie. Continua a leggere
