I cinque membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu con l’aggiunta della Germania stanno negoziando con la delegazione iraniana, da mesi con crescente interesse da ambo le parti, ma sembrano non in grado di concludere.
Anche in questo caso, come nel contenzioso GRECIA-UE , marzo sembra la data entro la quale dover definire l’accordo, mentre entrambe le controparti indicano giugno come la nuova data limite per evitare che i tesori di ingegnosità negoziale dispiegati vadano persi.
I suggerimenti per superare l’impasse sono stati numerosi, specie da parte americana e si concentrano sullo stesso principio base: l’Iran dovrebbe rinunziare a un numero significativo di centrifughe oggi, in cambio di un aumento di centrifughe domani, una volta ristabilito il circuito di fiducia internazionale attorno ai programmi nucleari iraniani e nel caso l’industria iraniana necessiti effettivamente di una implementazione.
Insomma , i 5+1 hanno difficoltà ad accettare il programma nucleare iraniano nel modello attuale e ritengono che questo programma, considerato quasi insignificante, possa un giorno giungere a una dimensione industriale tale da costituire un pericolo nucleare militare, ma per imperativi di politica interna gli iraniani non vogliono diminuire il numero di 9.000 centrifughe raggiunto e gli occidentali – per motivi di politica interna e internazionale ( il pressing di Israele) non vogliono lasciare le cose come stanno accontentandosi di garanzie e controlli dell’Agenzia atomica dell’ONU ( AIEA).
Finora i negoziatori hanno definito un importante numero di accordi mutualmente molto vantaggiosi, entrambi tendono a considerare inaccettabile la rottura negoziale, ma manca questo ultimo dettaglio da entrambe le parti considerato essenziale.
Di qui lo stallo.
Sappiamo che gli iraniani hanno accettato il limite di arricchimento dell’Uranio al 5% e a sottoporsi ai controlli dell’AIEA, nonché a trasformare le loro scorte in diossido di uranio, inadatto a usi militari ( salvo ulteriore trasformazione) , ma appena si giunge a parlare del numero delle centrifughe ( modello IR1) gli iraniani le giudicano troppo poche e gli occidentali, troppe.
Il concetto sottostante a queste considerazioni sul numero delle centrifughe è il tempo necessario per trasformare le scorte in materiale militarmente utile, ossia avere 25 Kg di uranio 235 arricchito all’80/90%, visto che tecnicamente l’operazione è fattibile, si tende a renderla impossibile in tempi brevi.
Il tempo necessario per ottenerlo, per essere accettabile dalla comunità internazionale, deve essere di almeno sei mesi ( richiesta Kerry).
Il numero di centrifughe verrebbe abbassato se l’Iran si dotasse di centrifughe più performanti o di scorte di esafluoruro di uranio capace di implementare l’arricchimento.
Il tutto naturalmente sotto il controllo dell’AIEA
C’è poi da valutare la data di eliminazione dei limiti imposti all’Iran che varierebbero da sette a quindici anni a seconda che continui il rapporto di fornitura delle centrali da parte russa o l’Iran scelga una via autarchica per costruire centrali con tecnologie proprie, tutte da sviluppare.
Fare previsioni di tempi per la creazione di questi reattori ( e centrali nucleari) in questa fase è evidentemente inutile visti i margini di incertezza creati dal mancato esercizio dell’opzione industriale ( coi russi o da soli o anche con altri) e il calendario variabile che ne consegue.
Definire chiaramente queste due variabili: la quantità di centrifughe e di centrali ( attualmente esiste solo quella di Busheir) sarebbe sufficiente a far siglare l’accordo.
Un recente tentativo di aggirare il problema sembra essersi imposto all’attenzione dei negoziatori: esportare in parte le scorte attuali di uranio al 5% in maniera da rendere più certi i tempi richiesti dal 5+1. Con questo sistema il numero delle centrifughe potrebbe restare intatto.
Sono tutti calcoli tecnici privi di base reale, ma bastano questi calcoli a frenare un negoziato che il mondo intero attende.
La ragione di tante esitazioni è la mancanza di un minimo di fiducia, logorata da 37 anni di inimicizia e propaganda.
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Commenti
Ufficialmente il motivo del contendere è la storia della possibile bomba atomica iraniana, che tuttavia credo che dai fisici quantistici possa essere ritenuta un false flag. Contrariamente agli albori dell’era atomica, dove era necessaria una massa critica di uranio 235 (in natura l’uranio è al 99,3% U238 e 0,7% U235), ora una bomba nucleare può essere ottenuta con uranio molto meno arricchito (potrebbe andar bene anche un 5%), caricandolo preventivamente con deuterio, come descrive il modello Cöhn – Aharonov (anzi, sarebbe più efficiente il metodo Preparata – Del Giudice).
L’energia liberata dalla fusione del deuterio, ottenuta tramite effetto Bridgman, sarebbe più che sufficiente per innescare la fissione dei nuclei U235, visto che gli U238 sono praticamente inerti; se poi condisco tutto con scorie radioattive provenienti dalle centrali nucleari posso raggiungere lo scopo di rendere praticamente inabitabile un’area per centinaia di anni.
Israele, che come estensione territoriale è piccolo, vuole essere il solo a governare queste tecnologie, almeno in Medioriente.
Secondo me questa potrebbe essere una chiave di lettura della never ending story.
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Non sono un tecnico e non mi addentro in questi meandri. Israele, lo stiamo vedendo, non ha verso l’amministrazione Obama il potere di interdizione che lei sembra attribuirgli.
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