DUE NAUFRAGI IN ADRIATICO. AFFONDANO SOLO LE NAVI?

Due navi si sono scontrate al largo del porto di Ravenna. Un’altra si è incendiata a sud delle a Tremiti.
Nell’immaginario collettivo, un’ altra nave italiana finisce alla deriva, si nasconde il numero reale dei morti dietro la voce ” dispersi” per non offuscare il record di Schettino mentre perdura il processo e ci si consola col fatto che il capitano di oggi – di cui non è stata resa nota la nazionalità – questa volta è sceso per ultimo.

Il grosso dei passeggeri maschi pare abbia picchiato le donne e i bambini per ottenere la precedenza nel salvataggio.
La ministra Pinotti, ha fatto anche lei una vittima illustre: la grammatica, massacrando la consecutio temporum.
“Andremo a controllare che non ci fossero” invece che ” non ci siano”.

Chissà se la grammatica è morta o solo anche lei temporaneamente dispersa.

La sospensione del servizio militare è alla base di molte delle pecche che notiamo con crescente frequenza: dai furti di carburante, alla vigliaccheria nei confronti delle donne e dei bambini, ai costi elevati della protezione civile che prima venivano assorbiti dall’utilizzo dei militari, tutto depone contro la sciagurata scelta dei militari di disertare dai compiti educativi che le nostre FFAA avevano sempre cercato di realizzare.

A difesa della tesi dell’esercito professionale – che ho ingenuamente propugnato nei miei anni trenta e quaranta ( e cinquanta) – si accampano due ragioni.

La prima: la limitata operatività dell’esercito di leva. Non credo sia una considerazione fondata: il nostro contingente in Libano ( 1982/3) era di leva e non ha sfigurato affatto rispetto ai ” professionisti” andati in Somalia Irak o in Afganistan.

La seconda: l’elevato tecnicismo delle armi di oggi richiede più tempo di quello a disposizione di un esercito di leva.
Francamente, non vediamo quali siano le sofisticatissime armi in dotazione ai nostri militari e eserciti che usano i coscritti – ad esempio quello svizzero – hanno livelli tecnologici almeno pari al nostro. Inoltre la leva si può ristrutturare come hanno fatto altri.
La realtà è ben più triste.
Si reclutano disoccupati napoletani inquadrandoli negli alpini e usandoli per compiacere gli ” alleati” coi quali abbiamo stipulato trattati ineguali in cui loro dispongono di armi nucleari e decidono le strategie e noi forniamo la carne da cannone.

Questo del ripristino del servizio di leva sarà uno dei temi che tratteremo nel prossimo anno e chiedo a tutti gli amici lettori di contribuire con idee, spunti, ricerche, commenti.

La rinascita dell’Italia come nazione passa anche per il ripristino del servizio militare con altissima funzione sociale ed educativa, di solidarietà nazionale e di alleggerimento del carico fiscale. In fondo il servizio militare nacque come alternativa al pagamento delle tasse.
Buon anno.

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Commenti

  • gicecca  Il dicembre 30, 2014 alle 8:44 am

    Beh, se il capitano di oggi si chiama Argilio Giacomazzi ed é spezzino, mi pare che la nazionalità sia nota. Naturalmente se ci si riferisce allo scontro di Ravenna, hai ragione; quelli sono ancor più sfortunati, perché nessuno ne parla. GiC

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  • Alberto Zignani  Il gennaio 18, 2015 alle 7:19 PM

    Caro Antonio, le nostre Forze Armate (in particolare l’Esercito) hanno cercato in tutti i modi di scongiurare l’avvento dell’esercito professionale. Sin dalla fine degli anni ’80 (la caduta del muro di Berlino) abbiamo cercato di illustrare in tutte le sedi (molte volte l’ho fatto anch’io) i molti aspetti negativi di una simile scelta. Ma poi ci siamo dovuti arrendere quando abbiamo preso consapevolezza della ineluttabilità di tre fattori.
    1. Sin dagli anni ’70 la media e alta borghesia nazionale è riuscita con sempre maggiore facilità e frequenza a non far fare il servizio militare di leva ai propri figli. Quindi sin da allora non esisteva più, di fatto, il servizio militare di leva come “altissima funzione sociale ed educativa” di massa. E la tendenza appariva ormai irreversibile.
    2. L’impiego delle Forze Armate si stava spostando sempre più all’estero, con rischi concreti di perdere la vita. Pertanto i Governi consentivano l’impiego nelle missioni all’estero soltanto delle Unità paracadutiste (perché considerate composte da “volontari” di leva) o di Unità formate riunendo singoli “volontari”, dando vita, in tal caso, a Unità “abborracciate” di difficile e anche rischioso comando in situazioni di emergenza. In sintesi i Governi non volevano morti di leva. Soltanto i “volontari” potevano “tranquillamente” morire, tanto se l’erano … cercata!
    3. La tendenza all’esercito professionale andava affermandosi in tutto il mondo occidentale e la classe politica, anziché valutare le nostre considerazioni, ci accusava di non saper stare al passo con i tempi e di conservatorismo “ottuso”.
    A questo punto ci siamo detto: tutti vogliono l’esercito professionale, soprattutto lo vuole la classe politica che, in definitiva, è la vera responsabile di simili scelte. Noi, per più di un decennio, abbiamo fatto tutto il possibile per far riflettere su questa decisione. L’effetto conseguito sembra opposto a quello da noi auspicato. Ebbene, venga l’esercito professionale!
    Questa è, in estrema sintesi, la storia dell’esercito professionale in Italia e, credo, anche in gran parte del mondo occidentale. E penso che sarebbe oggi molto difficile invertire la marcia!
    Ora, qualche precisazione.
    La presunta limitata operatività dell’esercito di leva non è altro che una sciocchezza diffusa dai fautori dell’esercito professionale per conquistare facilmente il favore dell’opinione pubblica. Una manovra d’attacco di un gruppo tattico a livello di battaglione (al quale sono stati addestrati i militari di leva fino alla fine degli anni ’80) è di gran lunga più complessa dei servizi di pattugliamento e di presidio di postazioni fisse che costituiscono la base operativa delle missioni all’estero.
    Infine l’affermazione che le armi moderne sono di più difficile impiego rispetto alle precedenti è, nella maggior parte dei casi, infondata. Anzi, in molti casi è vero il contrario!

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    • antoniochedice  Il gennaio 18, 2015 alle 7:49 PM

      Caro Alberto,
      Per evitare che il pezzo non venga letto, lo pubblico come post. Il mio post è ormai vecchio…

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