Lo sbiadito Governo Tecnico del Sen. Monti sta riuscendo dove generazioni di tribuni e retori, spesso repubblicani, fallirono per decenni, vale a dire l’Istituzione di un organismo politico-amministrativo che raggruppasse i romagnoli delle Province di Ravenna, Forlì- Cesena e Rimini.
Ora, senza convegni e proclami, è stato stabilito che queste Province daranno vita a una sola, nuova provincia, denominata Romagna. Un successo, secondo l’opinione di molti romagnoli ( io fra essi), che giunge dopo tante discussioni inutili.
A Italia fatta, di Macroprovince e tantomeno di Regioni,non si parlava: in ogni caso i Savoia sapevano di dover temere questa gente, che aveva preso troppo sul serio le predicazioni di Mazzini e Garibaldi.
Dopo il 1945, fu compilato l’elenco delle erigende Regioni, ma i clericali paventavano la nascita di una Istituzione fatalmente anticlericale ( qualcosa di simile, nel suo piccolo, alla Turchia del grande Ataturk, o al Messico di Zapata), e i comunisti ritenevano probabile che una Regione Romagna sarebbe stata governata da una maggioranza ” atlantista” imperniata sulla forza dei repubblicani, che all’epoca
( fino a tutti gli anni sessanta) esprimevano il Sindaco a Ravenna, Forlì e Cesena. Così la Romagna non comparve nell’elenco delle 15 creature ( 15^
fu il Molise, all’ultimo minuto) che stavano per vedere la luce del regionalismo. La strada per recuperare la Regione Romagna non era impervia, in teoria:
sarebbe bastato, in una delle frequenti crisi di debolezza della DC, subordinare la partecipazione del PRI ai suoi stentati governicchi, alla creazione della
21^ regione, la Romagna. Ma non accadde mai. I capi dell’Edera avvicendati nei decenni, non spesero mai gli spiccioli del Partito su questo tavolo,e in
sede locale, forse per compiacere i comunisti, le rappresentanze del Partito negavano che questo passo fosse da fare.
Forse giocava anche un sentimento antico di sobrietà e risparmio ereditato dal passato. Il Sindaco di Ravenna,il repubblicano ( e pacciardiano) Cicognani, chiudeva in quegli anni il Bilancio Comunale in pareggio o con piccoli attivi, incurante dell’uragano consumista e spendaccione in arrivo. Ancora negli anni ottanta il PRI
otteneva in Romagna un sodo 12-14 % del voto popolare, vantando un numero di tesserati ( tutti veri!) di poco superiore ai diecimila, uno ogni novanta abitanti, in proporzione nell’Italia odierna equivalente a un partito con seicentocinquantamila iscritti, se ce n’è uno. Alla fine c’è voluto il governo dei tecnici
per dare corpo – almeno in parte- alla vecchia aspirazione di una parte d’Italia che fu italiana prima dell’Italia. La sua essenza, più che la piadina o il Liscio,
era l’amor di Patria, la Repubblica Sociale ( quella di Giuseppe Mazzini). Adesso, almeno, avremo la stessa targa nelle auto. Un saluto garibaldino,
Commenti
Il mio eccellente amico Enzo Pretolani, grande Clinico e notevole ricercatore, per oltre 20anni Primario medico a Cesena, l’Ospedale di Biasini (che però come pediatra non era un gran che), grande anticomunista “viscerale”, morto due anni fa, ne sarebbe felice. Si é battuto per anni per la sua Romagna e ora che riposa “nella tomba dei padri”, come si dice, a Cusercoli, near Forlì, gioirà. Un piccolo merito, quelli di Monti, forse; ma per lui il più grande. GiC
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Ravenna, 8 settembre 2012
Dalla “cura del ferro” di depretisiana memoria per domare la Romagna dal criscitalia e alle varie “spending review” del governo Monti ( detto per inciso, l’uso di questi inglesismi é raccapricciante e indice assai eloguente di una totale mancanza di cultura politica o cultura tout court ) che dovrebbero tagliare molte province, la Romagna da iniziale protagonista del processo unitario e poi dell’Italia postunitaria ( ma in questo caso sarebbe meglio dire antagonista ) è scivolata progressivamente ad un sempre più marcato ruolo di comprimaria della storia d’Italia ( il suo ultimo ruolo da protagonista, la settimana rossa, e la “romagnolità” dell’uomo della provvidenza condividono una comune mitopoiesi, il “sangue romagnolo”, che oggi può dare solo lo spunto a barzellette o a riuscite caratterizzazioni comiche alla Giacobazzi o alla Cevoli ). Dubito fortemente che lo “sbiadito Governo Tecnico del Sen. Monti” ( più che sbiadito, è adatto l’aggettivo postdemocratico) come lo definisce l’amico Mario Maldini nel suo peraltro eccellente excursus storico, possa rinverdire una storia di protagonismo, se non a livello sentimentale, che già nel secolo breve era solamente un mito. Anche se, come molti dei migliori – ed anche dei peggiori – dei protagonisti del secolo degli estremi insegnano, la storia proprio dai miti è mossa…
Massimo Morigi
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Appunto: la storia proprio dai miti é mossa. Troppo scetticismo anche sui miti. giC
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9 settembre 2012
Fra i validi comici da citare avevo tralasciato Pizzocchi ( anche se strictu sensu Duilio Pizzocchi è bolognese e non romagnolo ). In un’epoca dominata dai comici in politica, questa fecondità della vis comica della terra che diede i natali al fondatore dell’impero potrebbe forse costituire una speranza per la Vita Activa dell’ex Vandea rossa, o, in mancanza di meglio, contribuire a rafforzare un mito – ed uno stereotipo – romagnolo che negli ultimi tempi stava sempre più languendo.
Massimo Morigi
( massimomorigi@iol.it )
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