A mano a mano che il negoziato tra i due eterni contendenti si dipana, gli analisti cominciano a capire le strategie. Meglio, la strategia israeliana che si presenta sotto una veste nuova:
abbandonato il mantra due popoli e due stati, Netanyahu comincia a far passare il messaggio che è disposto a non procedere con le colonizzazioni dei territori di Cisgiordania conquistati nel 1967 e i suoi principali esponenti al Parlamento iniziano a parlare di uno solo stato e di voler riconoscere gli abitanti della Cisgiordania come cittadini a pieno titolo: un solo stato dal mediterraneo al giordano.
“Il pericolo minimo,il male minore, sarebbe la creazione di di un unico stato, con diritti uguali per tutti i cittadini.” la dichiarazione è del presidente del Parlamento israeliano Reuven Rivlin e non di qualche pericoloso sovversivo palestinese.
Rivlin, ha esorcizzato un altro mantra che circolava da un quarto di secolo: l’ineluttabilità della minaccia demografica araba, dicendo che la conseguenza è che” i bambini nelle scuole durante una simulazione di elezioni il partito di Liebermann( il più estremista tra i ministri ndr) ha raccolto il 40% dei voti e pensano che gli arabi vadano uccisi”. e ancora ” quando Jabotinsky diceva Sion deve essere nostra, pensava a un primo ministro israelita e un vice premier arabo”. ( Haaretz del 15 luglio 2010).
Una scelta del genere ha precedenti illustri, anche tra gli arabi ( Edward Said ad esempio) ma crea problemi difficilissimi a superarsi come lo smantellamento degli strati di odio nati da tre guerre in venti anni; i tempi di concessione della cittadinanza ai cisgiordani – si parla di una generazione- e il trattamento dei profughi; la ripresa della colonizzazione; il servizio militare dei cittadini arabi; la coesistenza religiosa; l’atteggiamento di Fath e di Hamas ed infine lo status di Gaza che non sarebbe inclusa nel progetto. Il tema dell’acqua e quello della sicurezza restano sullo sfondo, ma il fascino del superamento dello scontro – a questo punto fraticida – è una calamita. Serve, per partire, un rimescolamento delle carte in maniera che da entrambe le parti ci siano esponenti di entrambi i fronti.
In Sud Africa, il partito comunista offrì la base bianca all’ ANC e questo seppe farsi carico delle paure della popolazione bianca a cui fu offerto in pratica un diritto di veto sulle questioni più importanti. Quale sarà, se c’è, la frazione israelita disponibile ad allearsi con i palestinesi? e tra gli arabi, chi con Israele?
Tra poco il dibattito lascerà le conferenze stampa e uscirà nelle strade, investirà anche l’opinione pubblica araba: il diritto al ritorno? aderirà il nuovo stato alla lega araba? Gaza? Gerusalemme?
Seguiremo lo svolgersi degli eventi.


Commenti
Come spiega questo rovesciamento di direzione forse perchè alla richiesta di Abu Mazen a Netanyahu, Diteci in quali confini dobbiamo riconoscere Israele ?? Gli Israeliani non avendo risposta chiara perchè non lo sanno loro hanno lanciato l;idea bislacca di un solo paese cosi avremo discussioni per altri vent’anni.
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De Galle, riguardo al problema d’Israele, diceva che un’isola non può vivere in odio al mare che la circonda.
Forse alcuni israeliani, anche al governo, cominciano a rendersene conto. Il fatto è che il mare è ben più grande dell’isola. Malgrado ciò gli israeliani vorrebbero che fosse l’isola a comandare sul mare, e solo a questa condizione cesserebbero di odiarlo.
Forse è vero: dua popoli, due Stati è solo un “mantra”, cioè una formula rituale meramente verbale, recitata meccanicamente, ma due popoli, uno Stato, mi sembra, date le premesse, una presa in giro.
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