Questi quattro anni di vicissitudini sulla sponda sud del Mediterraneo hanno provocato un aumento di curiosità nei confronti dei nostri vicini ed il confronto di usanze diventa inevitabile.
Come accadde prima e durante il Rinascimento, invano contrastate da Dante, Boccaccio e Pico della mirandola, intervengono timorose forze politico-culturali estranee, per seminare zizzania per precisi fini di propaganda.
Oggi noi italiani siamo tentati nuovamente da una supina adesione alle mode estranee e caricaturiamo le usanze mediterranee, inconsapevoli del fatto che sopravvivono storpiate anche da noi e che sono frutto di esperienze di secoli che è vano dimenticare. Anche questa è disinformazione con obbiettivi politici precisi.
Servirebbe ricordare che alcune usanze made in USA adottate nell’immediato dopoguerra, il pane bianco, le sigarette, il chewing gum, il burro di arachidi, si sono rivelate letali e la dieta mediterranea e l’olio di oliva sono stati adottati anche in America persino dalla autorità sanitarie. Della serie non sempre chi vince militarmente si impone anche in termini di civiltà e non sempre chi vince militarmente cancella il vinto se trova una identità culturale solida.
Negli scambi di persone e di usanze che le due sponde del mare nostrum hanno avuto nei secoli, molte – magari le più ragionevoli – non si sono consolidate o sono andate perdute per varie cause , in particolare religiose e alcune andrebbero ripescate.
Un “progresso” che gli arabi non hanno mai voluto accettare, nemmeno gli arabi cristiani o gli ebrei, è dare fiducia alle donne o rinunziare al dogma della consacrata supremazia maschile.
La recente uscita del Presidente turco Erdoghan su questo tema ha alimentato la benzina che la propaganda mette sul fuoco. Tanto il turco non lo sa nessuno.
Giulio Cesare nel suo De Bello Gallico descrive come stravaganze le usanze dei britanni e dei Germani in tema di rapporti con le donne con una punta di divertita curiosità circa la loro libertà sessuale, il loro ruolo nella società e l’attribuzione della paternità. Non siamo cambiati.
DUE ESEMPI:
Nel mediterraneo turchi e greci, arabi o spagnoli, israeliani e siciliani, francesi del sud e slavi, hanno in comune il credo di una qualche forma di supremazia maschile. Ogni altra idea in proposito è di importazione. Quando quattrocento milioni di persone mantengono una usanza per secoli e si rifiutano di cambiarla ad onta di periodiche campagne di propaganda, troppo facile liquidarla con una definizione manichea di primitività.
Un detto veneto fa pensare che noi italiani siamo d’accordo anche al nord, perché così declama le qualità della sposa perfetta:” che la piasa, la tasa e la staga in casa”. Quanto alla supremazia del maschio, quando l’uomo calabrese vuole troncare una discussione proclama: ” capo vascio” !( testa bassa) e ho scoperto che anche a Brescia dicono ” co bass” che ha esattamente lo stesso significato e finalità. Lascio la responsabilità di questa ultima locuzione all’on Castagnetti ( ex PRI) che me l’ha raccontata.
In questo campo, ammettiamolo, c’è un po di silente invidia da parte nostra per la conservata egemonia virile della sponda sud e una certa nostalgia per l’ossessione delle corna – di origine biblica – che noi abbiamo imparato a portare con una certa disinvoltura, anche se ogni tanto qualche coltellata ancora ci scappa.
Gli arabi, hanno gli stessi nostri problemi di supremazia con le proprie donne , con la differenza che non avendo avuto una economia essenzialmente agricola come da noi ( piuttosto pastorizia) ed avendo una separazione netta tra casa e lavoro , hanno riconosciuto alla donna la supremazia tra le mura domestiche, mantenendo così – almeno per gli “estranei” – il controllo degli affari esteri della famiglia.
Le case del nord Africa hanno ingressi molto bassi perché, leggenda vuole che l’uomo sia costretto a inchinarsi entrando, come omaggio alla padrona di casa. Se non è vera , è ben trovata. Un uomo non si azzarderebbe mai ad arredare o a scegliere la stoffa di un divano o un tappeto. Molti invece vanno a fare la spesa al suk posto in cui le donne hanno ” troppe occasioni di contatto con estranei”.
Nello stesso campo, il divorzio, crudele istituzione con cui si è costretti a troncare un rapporto che si è evoluto invece di mantenerlo adattandolo, viene visto in Europa come estremo rimedio contro l’accettazione della poliginia.
In teoria, ma la giurisprudenza di tutti i paesi mediterranei non lo consente, i mussulmani che possono permetterselo – fisicamente, per censo e saldezza di nervi – potrebbero avere più di un legame in contemporanea. In pratica, non ne ho mai incontrato uno. A noi europei, in teoria è vietato, anche se praticato con mille sotterfugi.
La conseguenza, in Europa, è che tutti hanno l’amante ( non conosco nessuno che non l’abbia, l’abbia avuta o speri di avercela), con la conseguenza che una delle due ( o più) donne rischia di restare senza diritti – o con diritti reali limitati – per se e/o per la prole. Si pensa con ossessiva sospetta insistenza ai diritti delle coppie omosessuali, ma nessuno che protegga lo status delle amanti o compagne che dir si voglia. Ci si è limitati a riconoscere l’eguaglianza tra figli naturali e legittimi, ma la donna viene ignorata.
Credo sarebbe più semplice e meno ipocrita riconoscere la naturalezza dell’impulso di chi ( maschio o femmina ) ne senta il bisogno ed abbia poliforme capacità di amare .
Personalmente penso che gli uomini italiani siano dei monogami seriali e che alla base di questo comportamento acquisito (e non innato) vi siano molti accadimenti boccacceschi e di cronaca nera, provocati dalla cocciutaggine di mantenere rigida una istituzione che fa a pugni con la natura e che fu codificata quando la speranza di vita di una persona non superava i 40 anni.
In campo matrimoniale, gli arabi mussulmani hanno da secoli un’ istituzione cui potremmo interessarci, magari studiando qualche adattamento dettato dalla esperienza: il matrimonio a tempo ( in arabo, mutaa: è una costumanza, erroneamente attribuita agli sciiti, ufficialmente meno usata dai sunniti e che si traduce letteralmente in “il piacere”).
Si trattava di un matrimonio di durata predeterminata, celebrato davanti all’autorità, con corresponsione di dote, impegno al mantenimento, determinazione della dote di divorzio e piena legittimità dei figli eventualmente nati dall’unione.
Questa usanza, caduta in desuetudine con l’avvento del trasporto aereo e resuscitata di recente dagli sceicchi petroliferi, pare essere nata quando i mercanti si incamminatisi sulla via della seta – attraversando zone sciite come l’attuale Iran – potevano restare lontani da casa per anni e spesso essere bloccati a lungo da una guerra in uno stesso luogo.
Di recente, è stata riesumata e sono nate distorsioni grottesche fino a rendere “legittime” forme di prostituzione interpretandole come “matrimonio a tempo” per la durata di una settimana, molto praticata dagli sceicchi sauditi e del golfo in gita in Egitto in cerca di bambine ( 13/15 anni) povere. In collusione con parenti nel complice silenzio delle autorità.
L’istituzione del mutaa serviva – ai tempi andati – ad assicurare la tranquillità sociale del villaggio ospitante e la serenità sessuale dell’ospite forzato nell’attesa della ripartenza.
Si salvava anche il sacro principio del dovere di ospitalità anche se protratta.
La donna a fine esperienza, rientrava a testa alta nella sua comunità assieme ad eventuali figli e , grazie alla ” buonuscita” , poteva aspirare – se lo voleva – anche a un marito stabile.
Una deputata austriaca a capo di un partito ( di cui disgraziatamente non ricordo il nome) ha proposto pochi anni fa che il matrimonio “occidentale” – come tutti i contratti – abbia una durata massima di sette anni , rinnovabile , invece di essere a durata indefinita come sancito dal concilio di Trento ( quando la speranza di vita era attorno ai 35 anni) e recepito nelle legislazioni del mondo occidentale.
Con la durata media attuale di tre anni per i matrimoni della nuova generazione italiana, sarebbe un bel passo avanti, come lo sarebbe il poter rinnovare la promessa periodicamente piuttosto di lasciar morire fatalisticamente il rapporto in una stanca ripetizione di ritualità imposte dall’abitudine.
Nei fatti il matrimonio a tempo già esiste in Italia, con la convivenza. La differenza è nei diritti che non vengono riconosciuti se non a fatica, nel caso in cui il rapporto non sfocia nel matrimonio classico. Hanno codificato solo la restituzione dell’anello di fidanzamento….
Un altro campo in cui ci starebbe bene una riforma per noi Europei, è il mercato, inteso come luogo degli acquisti. Nei paesi arabi l’istituzione del Suk ( o nell’altopiano turco-iranico Bazar) è ancora ben salda come da noi cinque secoli fa: a Roma esiste ancora nella toponomastica : via dei sediari, dei giubbonari, ecc.
In Oriente, in una stessa strada si trovano ancora tutte le produzioni di una stessa mercanzia ( sedie , cinture, scarpe, frutta, dolciumi ) in maniera che il consumatore possa in un batter d’occhio verificare tutte le tipologie merceologiche di un prodotto ed i relativi prezzi.
I negozianti – costretti dalla vicinanza – sorvegliano prezzi e qualità . Da noi accade l’esatto contrario ed è un inno alla stupidità del consumatore/trice: i supermercati offrono una falsa scelta ( speso solo un paio di marche di un prodotto di cui una è autoprodotta) .
Sui prezzi si confondono le idee con “offerte speciali” i consumatori vengono attratti da prezzi civetta su prodotti poco richiesti o allettati con promesse di regalie.
La grande varietà delle offerte ( ma se guardate meglio non ci sono mai tutte le marche di un prodotto) spinge all’acquisto di prodotti non indispensabili, con azioni dettate più dall’impulso e dall’emulazione che dalla necessità.
In una frase, il supermercato è il regno di chi vende, mentre il Suk/Bazar è il regno di chi compra.
Non sarebbe meglio ristudiare costumi e situazioni invece di baloccarsi con slogan cretini e critiche legate a dichiarazioni mal tradotte che mirano a mettere in cattiva luce il machista di turno, il suo paese e le sue politiche ?
Il vero schiavista delle donne non è forse rappresentato dalle esigenze del commercio che vuole acquirenti-prede, che è capace di sfruttare il sesso ed i suoi impulsi naturali per spingere ad acritici acquisti? Per cianciare di indipendenza ? Per contrapporre e sfruttare la frustrazione conseguente?
Vive la difference.
Commenti
Sig. Antonio é fortunato che la Chiesa cattolica si stia ‘aprendo’ al mondo (traduzione mia: si stia suicidando) perchè per Lei in altri tempi con le tesi esposte nel suo post sarebbero stati ..zz.. amari, 🙂
Ma mi tolga una curiosità: ultimamente ha frequentato Silvio B. e ne ha ascoltato doglianze ed aspettative?
Andiamo non mi banni, ma mi risponda con una delle sue taglienti ma simpatiche battute!
Così ci rido sopra pure io.
Però le confesso che l’idea del matrimonio ad ore (non settimane però, mica son scemo, Se la tasa mai mi rincretinisce) mi tenta. 🙂
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Non ho mai frequentato Silvio B. Non parlo milanese e da quel che sento dai media è tornato a promettere per esistere quel che aveva rinnegato per esistere. Quanto alla religione, rifletta: ci sono tre religioni che sostengono esista un Dio unico. Mi pare ovvio che dopo qualche migliaio di anni si faccia strada l’idea che possa trattarsi dello stesso. Non vedo scandali. La chiesa cattolica segue la legge di Darwin: adattarsi o morire. Se facciamo il matrimonio temporaneo, l’unico legame i dissolubile sarà il rapporto di lavoro ( art 18). Non banno gli sfottò , ma solo gli insulti, gli interventi fuori tema e i link a articoli sconosciuti che non mi va di leggere.
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Tonino, ti sei scatenato, ma in quello che scrivi c’é molta veritá.
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