COME SALVARE L’EURO. UN ARTICOLO DEL DIRETTORE DEL TIMES ( JAMES HARDING) PUBBLICATO IN ITALIA DA REPUBBLICA. CAMBIO DI DIREZIONE?

Ecco un post scritto in un linguaggio semplice e perfetto, completo in ogni sua parte ed esageratamente obbiettivo. Lo ha scritto il direttore del TIMES e lo ha pubblicato , nella traduzione italiana di Fabio Galimberti, LA REPUBBLICA dell’11 febbraio.

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TUTTI noi, in Europa vogliamo credere che l’uscita dal tunnel sia vicina. La Grecia ha quasi raggiunto un accordo. Mario Draghi, senza dare nell’occhio, ha realizzato una fondamentale inversione a U nella politica della Banca centrale europea e ha risuscitato il settore bancario del vecchio continente. Mario Monti ha dimostrato che gli italiani sono gente seria, non solo giocatori seri. Lavorando di concerto, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy hanno dimostrato una straordinaria determinazione a trovare nuovi metodi per assicurare il funzionamento dell’Europa. E naturalmente vogliamo credere che le cose stiano volgendo al meglio non solo perché è nell’interesse economico dell’Europa, ma anche perché auguriamo ogni bene ai nostri amici e vicini europei. Però. C’è un però.

Le prospettive a breve termine per l’Eurozona non sono così cupe come sembrava alla fine del 2011, ma ci sono comunque poche ragioni per essere ottimisti sul lungo termine. Come continente , sembriamo destinati a un percorso a ostacoli, mentre gli Usa ripartono, l’Asia e l’America Latina corrono e l’Africa finalmente riesce a mettere piede sui primi gradini della scala economica globale. Anche se si riuscisse a raggiungere un accordo, la ripresa della Grecia è stentata, e troppi greci stanno patendo troppo da troppo tempo. I nordeuropei dovranno continuare a mandare soldi agli assolati Stati del sud. E nel frattempo l’Europa si occupa a malapena dei problemi, comuni a quasi tutto il continente, di una competitività in declino e di una spesa pubblica eccessiva. Le prospettive politiche di lungo termine sono ancora più incerte di quelle economiche. L’Unione Europea avanza a tentoni verso una confederazione con poteri federali, dove il Governo risponde sempre meno del suo operato e i diritti democratici dei cittadini sono sempre più diluiti.

Questo succede perché mentre ci si affanna freneticamente per risolvere gli interrogativi economici della crisi, non c’è nessuna risposta di lungo periodo ai problemi politici sostanziali dell’Eurozona. Per riuscire a dare questa risposta,i leader europei devono tornare ai principi fondanti dell’unione monetaria. Nel 1991 i Paesi dell’Unione Europea presero una decisione di fondo, e fu un errore di fondo: decisero di unirsi per dare vita a una moneta unica.

Creare l’euro era qualcosa di completamente diverso da tutto quello che le nazioni europee avevano fatto fino a quel momento. Non era come creare un mercato unico, non era come collaborare sulla politica estera, non era come fare fronte comune per gli accordi commerciali: fino ad allora si era trattato di mettere in comune elementi della sovranità. L’euro era un passo verso uno Stato unico. La ragione è semplice: una valuta unica, come la recente crisi ha dimostrato, esige un’unione delle politiche di bilancio. E un’unione delle politiche di bilancio non può (quantomeno non dovrebbe) funzionare senza un’unione politica. Ci sono solo due modi per aggirare il problema. Il primo è cercare di far funzionare la moneta senza trasferimenti finanziari tra una nazione e l’altra.

È un tentativo votato al fallimento. In un’unione valutaria, gli Stati più produttivi finiranno per sovvenzionare quelli meno produttivi. È un semplice principio economico, anzi matematico. È da parecchio tempo che l’UE si sforza di ignorare questa verità, e intanto la crisi si aggrava. È un atteggiamento comprensibile considerando quanto sia impopolare un sussidio del genere nei Paesi produttivi, quasi al punto ai essere politicamente impraticabile. Rimane quindi solo l’altra soluzione: cercare di effettuare questi trasferimenti senza dover ottenere il consenso, sfornando trattati senza approvazione popolare che creano regole di bilancio a cui gli Stati sono vincolati. Dovrebbe essere inaccettabile per i politici democratici europei, ma sembra che siano pronti ad accettarlo. L’Europa, quindi, in questo momento è senza leadership e senza soluzione.

Chiedere alla Grecia di ripagare i suoi debiti tagliando a tutto spiano non funzionerà. Chiedere alla Germania di pagare per gli Stati del sud non funzionerà. Un’unione delle politiche di bilancio senza un consenso politico non funzionerà. Cercare di ottenere il consenso politico senza un’unione politica non funzionerà. E cercare di ottenere un’unione politica senza il consenso politico non funzionerà. Tutto questo significa che l’euro non funzionerà senza una rivoluzione del sistema di governo europeo.

Le altre nazioni sono irritate con il Regno Unito per le critiche di Londra all’euro e per il nostro rifiuto di aderire alla moneta unica. Qualcuno nel mio Paese sperava oziosamente – ma sinceramente, perché ci teniamo a essere buoni vicini- che questa irritazione potesse attenuarsi di fronte all’evidenza che le nostre critiche erano esatte. Invece è successo il contrario: più le nostre critiche si dimostravano incontestabilmente fondate, più i nostri partner si arrabbiavano con noi per averle espresse. Ma questa irritazione non porterà alcun frutto ai membri dell’Eurozona. I problemi della moneta unica sono problemi di fondo e le sfuriate del presidente francese contro David Cameron non serviranno a risolverli. Gli inglesi vogliono – lo vogliamo disperatamente – una soluzione alla crisi dell’euro, che sta danneggiando la nostra economia. Il cancelliere dello scacchiere ha dichiarato, giustamente, che niente potrebbe essere più utile per la Gran Bretagna di una soluzione della crisi dell’euro.

Ecco perché accogliamo con piacere quello che la Banca centrale europea è riuscita a fare da quando è arrivato Mario Draghi. Stiamo diventando, credo, un po’ più ottimistici sulle prospettive di breve termine. Ma i problemi di fondo della moneta unica rimangono. I leader europei adesso devono scegliere.

Possono cercare di produrre un pacchetto di riforme politiche che sia all’altezza dell’ambizione rappresentata dalla moneta unica, e questo significa creare uno Stato democratico, guidato da politici tenuti a rendere conto ai cittadini del loro operato. Oppure possono cominciare a smontare la moneta unica, lasciando che gli Stati meno produttivi escano dall’euro e concentrandosi su un’area che non necessita di trasferimenti finanziari. Nel 1991 l’UE ha fatto qualcosa di fondamentale, ha varcato una linea. Vent’anni dopo, è finalmente arrivato il momento di trarre le conseguenze di quella decisione. (Traduzione di Fabio Galimberti)

 

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Commenti

  • Avatar di gicecca gicecca  Il febbraio 14, 2012 alle 4:40 PM

    Una sola domanda per il direttore: come si comporterebbe il Regno Unito di fronte a ciascuna delle due soluzioni proposte ? Aderirebbe alla unione politica ? Aderirebbe, ed eventualmente a quale delle due aree di euro proposte ? GiC

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    • Avatar di antoniochedice antoniochedice  Il febbraio 14, 2012 alle 4:52 PM

      Vedi la regina Elisabetta suddita di Barroso?

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  • Avatar di Orazio Orazio  Il febbraio 15, 2012 alle 6:19 PM

    Comprendo l’idea di JAMES HARDING, di veder rinascere l’Europa e l’euro, ma credo che sia più iteressato affinchè la storia vada avanti.
    Pensare che i nostri governanti facciano cose buone, mi fa sorridere!
    Mi chiedo se la sua dichiarazione, faccia invece parte di un modo di deviare l’attenzione, se poi lo riporta la repubblica, beh allora è quasi una certezza.

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