La NUOVA REPUBBLICA 3 puntata

Lo stesso spirito sistemico si riscontra nei lavori della Commissione dei 70 ( costituenti che ebbero l’incarico di stendere la bozza da portare in aula). La commissione si divise in due sottocommissioni, la seconda incaricata  specificamente di redigere la parte dedicata  a redigere le norme dedicate alla organizzazione dello Stato.

Costantino Mortati, relatore sul tema Potere legislativo, nella seduta del 3 settembre 1946, su richiesta del presidente Terracini ( PCI), fece una premessa sulle questioni  della forma di Governo e sui rapporti tra i poteri: non nascose le sue preferenze per la Repubblica parlamentare, ma osservò anche – e la nota è preziosa nella situazione attuale –  ” una scelta fatta in sede politica, implica la conoscenza dei presupposti di carattere giuridico e sociale, per cui una forma, in un dato ambiente storico,può apparire preferibile ad un’altra.

Di questi presupposti uno, rispetto alla forma presidenziale, è l’accertamento della funzione esecutiva del Presidente, il quale deriva la sua origine direttamente dal popolo. Questo importa ( sic) il pericolo che si accentri  in tale organo un complesso di poteri tale che esso possa abusarne. Nel regime Nord Americano non esistono  controlli alla funzione esplicata dal Presidente; gli organi legislativi si occupano  semplicemente della funzione legislativa, e l’attività di controllo sull’esecutivo non esiste, appunto perché si vuole attuare una separazione netta dei poteri.

Il pericolo di  abuso da parte del Presidente importa che il potere dell’esecutivo non sia eccessivamente esteso: si vuol dire che un regime di vasto decentramento, o un regime federale, è il presupposto di questo ordinamento di Governo che, altrimenti, senza questa limitazione derivata dalla struttura decentrata  dello Stato, potrebbe dar luogo a gravi inconvenienti.”.

Nella mutata situazione storica attuale, il ragionamento andrebbe capovolto, sulla stessa base del buon senso: di fronte  a una contrazione dell’intervento diretto dello Stato ed a una espansione dei poteri autonomi locali – a maggior ragione se in senso federalista – il contrappeso di un esecutivo forte ed autorevole , perchè espressione diretta e generale della sovranità popolare, è indispensabile.

Se vogliamo rifarci alle fonti PUBLIUS ( George Hamilton) nei federalist papers ( LXVII) stigamatizzava i critici del progetto di  Costituzione americana che sembrano ” have taken pains to signalize their talent of misrepresentation” facendo leva sull’avversione del popolo per la monarchia britannica, cercando di rappresentare la figura del proposto Presidente degli Stati Uniti, come progenie del monarca tanto detestato.

Ancora una citazione in inglese, ma molto comprensibile:” a feeble executive implies a feeble execution of the government. A feeble execution is  but another phrase for a bad execution; and a government ill executed , whatever it may be in theory, must be, in practise, a bad government.” ( LXX). Feeble vuol dire flebile e bad vuol dire cattivo.

Nella seduta della Costituente del 4 settembre,  la sottocommissione – sempre presieduta da Terracini –  ascoltò gli interventi di Perassi ( per il regime parlamentare), di Einaudi ( molto critico verso il sistema americano), di Ambrosini ( ” Il regime presidenziale non si confà alla nostra tradizione ed alle esigenze della nostra vita politica”. Lui era un esperto delle esigenze politiche nostrane avendo varato la legge fascista sulla razza.).

Nella seduta del 5 settembre  intervennero La Rocca e Bozzi ( che poi presiedette la famosa commisione che da lui prese il nome per studiare una riforma. 7.000 pagine e nulla di fatto.), ambedue contrari al regime presidenziale, con abbondanza di argomenti. LUSSU invece, espresse avviso favorevole per la Repubblica parlamentare per considerazioni pratiche ( “per evitare la guerra civile, grazie alle maggiori possibilità di manovre, di equilibrio, di transazioni tra partiti”) ma ribadì la sua preferenza, dal punto di vista teorico, per la Repubblica presidenziale, confutando le tesi di Einaudi ed affermando :

” la realtà dimostrata dall’esperienza è che i regimi democratici  di tipo presidenziale, funzionano bene nei paesi in cui il problema socile non è sentito con eccessiva intensità, come gli Stati Uniti e in Inghilterra dove si ha una relativa pace sociale…”

 

Calamandrei riconoscendo di essere l’unico nella sottocommissione , ricordò che la dittatura non era nata da un regime presidenziale ” ma parlamentare, anzi parlamentaristico” e incalzò: ” le dittature sorgono non dai governi che governano ma dalla impossibilità di governare dei  governi democratici”. A questa intuizione anticipatrice di Calamandrei, cercò di rispondere il costituzionalista Tosato proponendo , tra l’altro, la “sfiducia costruttiva“, ma riconoscendo che bisognava ”  evitare la degenerazione del governo parlamentare in governo di assemblea, cioé, in concreto, governo dei comitati direttivi dei partiti dominanti“.

Un altro costituzionalista, Porzio,  ritenne di aver trovato il modo di dare stabilità ai governi abolendo la proporzionale, pur riconoscendo che “bastò la più piccola questione – ad esempio la nomina di un segretario della camera – perché si potesse dire che il governo era stato battuto. E fu così che l’Italia ebbe Mussolini”. Il socialiusta Targhetti insorse dicendo “la proporzionale potrà essere corretta, ma che non gli sembrava possibile  dimenticare che “ il collegio uninominale fu sempre scuola di incultura politica” . Un altro profeta !

Alla votazione i risultati furono 22 a favore del regime parlamentare e sei astenuti. Calamandrei non era così solo come credeva.

 

 

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