LIBRI DA LEGGERE E REGALARE  PER IL PERIODO FESTIVO

Libro Consigliato:

Il climatismo: una nuova ideologia

Mario Giaccio

Edito a Roma da 21esimo Secolo

LA DITTATURA DEL CLIMATISMO

Marco Respinti
Il tempo cambia senza chiedere permesso all’uomo. A Parigi è in corso la 21sima Conferenza sul Clima (COP21) per decidere che caldo farà, ovvero trovare un accordo mondiale che dal 2020 subentri alla famosa piattaforma di Kyoto. Il must, ripetuto come un mantra, è la temperatura media superficiale del pianeta non superi i due gradi rispetto ai livelli preindustriali. Ma, osserva Uberto Crescenti, professore Emerito di Geologia Applicata nell’Università Gabriele d’Annunzio di Chieti-Pescara, «se si fa un confronto con il Periodo Caldo Medioevale, in cui le temperature erano di circa 2-3 gradi superiori a quelle attuali, si propone, in pratica, che il riscaldamento debba essere limitato tanto che la temperatura risulti inferiore a quella già verificatasi nel Medioevo (e in molte epoche precedenti) quando non sono avvenute tutte le catastrofi che puntualmente ci vengono preannunciate». Crescenti lo scrive nella presentazione a un libro nuovo di zecca di cui conviene dotarsi subito, Il climatismo: una nuova ideologia, edito a Roma da 21esimo Secolo. L’autore è Mario Giaccio, professore ordinario di Tecnologia e innovazione nonché di Tecnologia ed economia delle fonti di energia nel Dipartimento di Scienze nel succitato ateneo.

Il suo curriculum parla da sé: a Pescara ha presieduto nove anni la Facoltà di Economia e cinque quella di Scienze Manageriali; ha insegnato nelle Università di Bari, Modena, Bologna, Ancona e Milano Bicocca; ha diretto la rivista scientifica Journal of Commodity Science, Technology and Quality (con comitato scientifico e referee internazionali); è responsabile scientifico del Research Centre for Evaluation and Socio-Economic Development e membro dell’United Nation Academic Impact; e nella sua faretra ci sono oltre 100 lavori scientifici pubblicati su periodici italiani e internazionali.

Il grande problema dell’allarmismo climatico, infatti, non è che il primo che passa dice la sua, ma il fatto che nella civiltà degli hashtag i quidam de populo sono vangelo. Il che sarebbe solo folcloreda Speaker’s Corner se non fosse che i governi c’investono miliardi, i costi fiscali per i cittadini crescono, il regressismo tecnologico incombe e la civiltà arretra invece di avanzare. Uno dei padri nobili del climatismo è James Hansen, che nel 1981 divenne direttore del Goddard Institute for Space Studies della Nasa e che oggi è professore aggregato nel Dipartimento di Scienze terrestri e ambientali nella Columbia University di New York. Prende lo stipendio da scienziato, ma è un profeta, capace di indirizzarsi a un mostro sacro come Barack Obama per dettargli l’etica: «la questione morale predominante del secolo XXI […] sarà il cambiamento climatico, paragonabile al nazismo affrontato da Churchill nel secolo XX e alla schiavitù affrontata da Lincoln nel secolo XIX».

Dal 1988 alle Nazioni Unite non si parla di altro. A dettare legge è l’Intergovernmental Panel on Climate Change. Per suo tramite s’impongono quei summit che volenti o nolenti gli Stati sono costretti a frequentare per non essere esclusi dal jet-set (come capita all’Italia quando François Hollande e Angela Merkel discutono di cose serie lasciando Matteo Renzi a giocare con Twitter). Da lì è un piano inclinato fino alla casalinga di Voghera. Il riscaldamento globale per colpa dell’uomo è una verità scientifica accettata all’unanimità dagli scienziati. Chi lo ha detto? La soubrette e la fiction in tivù. Ma sono bubbole. Le cause delle variazioni climatiche sono tante e nessuna riconducibile a colpe umane. C’entrano l’attività del Sole e la variazione delle macchie solari, le irregolarità dell’orbita terrestre che producono effetti ciclici ogni tot migliaia di anni (o persino decine e centinaia di migliaia di anni), il moto di rotazione del nostro pianeta sul proprio asse, l’influenza enorme dei mari (che non sono mai uguali a se stessi), e così via.

Un mondo che cambia, insomma, continuamente. Il climatismo, invece, poggia sull’assunto, assurdo, che la Terra ristagni e che ogni mutamento sia colpa perversa dell’unica specie indegna di difesa, l’uomo, il vero virus. È la stessa ideologia museale della conservazione mummificata del wildlife che ci porta ad adorare cadaveri impagliati di animali e foto di quanto era bello il pianeta senza industrie e altre schifezze umane solo perché non ci si ricorda più di come tutto fosse peggio.

Basta fare quattro passi fuori dall’Occidente per rendersi conto che lo “stato di natura” di Thomas Hobbes, John Locke e Jean-Jacques Rousseau è un incubo.

Mentre è stato sufficiente fare un giro al padiglione Expo 2015 d’Israele per rendersi conto, in pochi minuti gestiti con gusto, simpatia e innovazione, di come il genio dell’uomo sia capace di trasformare la sabbia in orto, raggiungendo eccellenze tecniche mai viste che poi esporta nel mondo vendendone (giustissimamente) i segreti persino agli “avversari”.

Il dito climatista è puntato contro l’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili. Che però è solo il 5% dell’anidride carbonica atmosferica. Il resto è business. «Il funzionamento del sistema di scambio delle emissioni è all’incirca il seguente», spiega Giaccio. «La Commissione Europea definisce i limiti di emissioni di anidride carbonica della Comunità e si occupa di distribuire le quote agli Stati membri. Gli Stati membri assegnano alle imprese la quantità che ciascuna può emettere» e da qui comincia il gioco della compravendita del “diritto a inquinare” con cui gli Stati controllano e taglieggiano le industrie.

«È il cosiddetto sistema di cap and trade, per cui si fissa un limite alla quantità totale di emissioni da produrre e si permette ai partecipanti di vendere o acquistare crediti (o “licenze”) che consentano loro di raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni». Tradotto significa frodi, corruzioni e nessun risultato apprezzabile di riduzione dell’anidride carbonica. Una cosa brutta, ma è la ricetta sicura per egemonizzare il pianeta, mettere il guinzaglio alla libertà d’intrapresa e condizionare il mondo.

Negli anni 1970 si è fatto lo stesso con la demografia, allorché il “Club di Roma” s’inventò la bugia della sovrappopolazione mondiale. Le due cose vanno sempre a braccetto e la vittima è sempre l’uomo. Esisteva il nazionalsocialismo, oggi c’è il climatosocialismo globale.

 

 

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Commenti

  • Anafesto  Il dicembre 9, 2015 alle 6:28 PM

    Excusatio non petita, accusatio manifesta!
    I fondamentalismi non sono mai aspicabili da qualunque parte essi provengano, c’è tuttavia la netta sensazione che nella specifica disciplina regni incontrastata la legge di Murphy, illuminante è l’aforisma sull’argomento di un grande scienziato italiano, Emilio Del Giudice: “è mai possibile che noi dobiamo ottenere tutto (quello che ci abbisogna) con la violenza e lo stupro, ma la persuasione e la seduzione non sono cose di questo mondo?”. Credo sapesse molto bene di cosa stava parlando essendo un pioniere dell’elettrodinamica quantistica in coerenza di fase.
    Detta in altre parole: le tecnologie (più rispettose dell’ambiente) ci sono o possono venir facilmente implementate anche in tempi brevi, il guaio è che se non portano ricchezza ai soliti noti vengono boicottate … qualcuno ricorda Nikola Tesla emarginato da un paria della specie umana (JPM)?
    Quindi non si tocchi né il fossile, nè il nucleare entrambe tecnologie che richiedono la centralizzazione della produzione di energia, il resto è solo conseguente e ci ha portato dove siamo.

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