Il bello degli esperti. di G. Ciccarelli

 L’amico Ciccarelli, teologo ed esperto di arte, entra nel dibattito aperto da Venanzi e rilanciato da Fantoni e chiama in ballo anche me citando una mia proposta che “va bene solo per gli africani” si tratta evidentemente di una mia figura retorica: organizzare l’agricoltura africana sarebbe anche  per l’Europa il business del secolo. Certo non per gli esercenti la carità pelosa che si fa oggi. adm

 “Il bello degli esperti è di sapere tutto su quello che già si sa. Il bello del genio è di sapere magari una sola cosa che ancora non si sa. Faccio un esempio che non c’entra nulla (pare)

Papa Alessadro VII Chigi. Pronipote di Papa Paolo V. Ciccarelli lo coinvolge nel dibattito sui paesi emergenti

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La antica e venerabile basilica di s. Pietro di origine costantiniana nel 1450 è vecchia; non è solo “venerabile” è proprio “vecchia”. Ma il Papa del momento, Nicolò V, non essendo un genio, vuole ampliarla, e affida il compito a un architetto molto noto, ma che anche lui non è un genio, Bernardo Rossellino. La basilica, anche se diventa un poco più grande resta sempre vecchia. Cinquanta anni dopo, il Papa del momento, che è Giulio II Della Rovere, è un genio e concepisce l’idea di rifare da capo la basilica, distruggendo ab imis quella antica di Costantino. Giulio II è un genio perché per un problema antico (quello della vecchiezza della basilica) adotta una soluzione assolutamente nuova e non codificata (buttiamo giù tutto e rifacciamo tutto da capo); ed è un genio perché in questo modo costringe tutti a pensare verso un futuro che avverrà dopo 150 anni, quando Bernini e un altro Papa, Alessandro VII Chigi, inaugureranno piazza s. Pietro. Giulio II chiama per la sua opera Bramante, che accorgendosi della enormità del progetto e temendo che –magari alla morte di Giulio II- qualcuno lo boicotti, va avanti con una programma rapidissimo di distruzione della vecchia basilica (verrà indicato come “Mastro Ruinante”) in modo che anche se avvenisse un ripensamento non sarà più possibile non procedere sulla via intrapresa.

Usciamo di metafora. Problemi assolutamente nuovi –come quelli che pone Venanzi e poni tu- se aggrediti con metodi noti e tradizionali non si risolvono,; al più si spostano nel tempo o si tamponano.

Da decenni il mondo industrializzato sta andando avanti con soluzioni drogate, tipo quella di  Nicolò V e Rossellino: nel 1940 si vendono calze di nylon e frigoriferi e nel 2000 si vendono telefonini e Ipod, in mezzo si vendono televisori e automobili. Poi si arriva – dopo 70 anni, che non è una enormità- al punto che tutti hanno almeno quattordici paia di calze di nylon, in ogni casa ci sono due frigoriferi (o un frigorifero e un freezer), ogni bambino da otto anni in su ha il suo telefonino e ogni adulto ne ha almeno due se non tre (miei amici medici ne hanno uno per i clienti, uno per la famiglia e uno per l’ amante) e spesso in una famiglia di tre persone ci sono tre automobili. Esaurito “il mercato” occidentale, ora la soluzione che si propone è vendere auto ai cinesi a agli indiani (e magari, perché no ?- agli africani che non hanno da mangiare, ma a volte hanno un televisore).

Mi sembrano soluzioni “non geniali”, ma “tamponanti”, soluzioni che pensano al 1450 di Nicolò V, non al 1667 di Alessandro VII. Ad un certo punto però- sorgerà sicuramente un Giulio II che magari ci porterà a vivere su Marte o sulla luna. Il mondo cambia, ma non finisce con noi.

L’Impero Romano di occidente non crolla certo nel 476 d. Cr., ma inizia a crollare quando Diocleziano va a Spalato e dopo di lui Costantino a va a Costantinopoli; lo Stato della Chiesa non sorge certo con Stefano II e la donazione di Costantino, ma quando Gregorio I Magno sostituisce alle autorità civili inesistenti dopo la guerra Greco-Gotica le diaconie ecclesiastiche.

Certo non è detto che l’Europa –specie da quando è dominata da burocrati privi non solo di genio ma di buon senso- tra cento o duecento anni domini il mondo come lo dominava cento o duecento anni fa, ma il cambiamento non significa “fine”.

Termino con un altro aggancio alla storia, stavolta dell’arte. Giorgio Vasari quando scrive le sue “Vite” è convinto che dopo Michelangelo l’arte morirà, avendo raggiunto in quel genio il suo culmine: cinquanta anni dopo la morte di Michelangelo (meno che il tempo tra le calze di nylon e l’ipod) sarà sorto Caravaggio e poi arriverà Tiepolo e poi Monet e poi Picasso e l’arte sarà sempre più viva: diversa, ma viva. Non sono pessimista come Venanzi, ma non credo che una soluzione “che  va bene solo per gli africani” avrà mai l’appoggio convinto di chi africano non è (proprio perché farebbe il bene “solo” degli africani; e perché dovremmo adottarla, se non “in linea di principio” e in quelle “riunioni plenarie” di una qualche organismo nazionale o internazionale che servono solo a far vivere benissimo, in ville lussuose alcuni –pochi- africani che non vivono in Africa ?).

giC, 18 gen 2011

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